Per capire la catastrofe spagnola, bisogna comprendere la Spagna nel contesto UE e nel sistema finanziario globale.
I primari dati economici della Spagna sono i seguenti:
- l’economia spagnola (circa 1 miliardo di euro) è la quarta in Europa, e la dodicesima nel mondo;
- la Spagna ha un debito/Pil del 68% e un deficit/Pil al 5,3-5,8%;
- il tasso di disoccupazione è al 24%, il più alto dei paesi industrializzati;
- il tasso di disoccupazione dei giovani spagnoli è al 50%, pari a quello greco.
Il carico del debito e del deficit, non sembrano messi così male. Quindi dobbiamo chiederci: “perché è così alto il tasso di disoccupazione e perché i titoli del debito sovrani spagnoli a 10 anni si avvicinano al temuto 7%?” (il livello al quale la Grecia ed il Portogallo hanno iniziato a chiedere gli aiuti).
La risposta si trova nei risvolti del boom economico della Spagna degli anni 2000, e nel suo sistema bancario. Per cominciare, il boom economico iberico non è stato dovuta ad una crescita organica, ma era la conseguenza di una bolla immobiliare causata dall’abbassamento dei tassi interesse spagnoli al fine di entrare nell’UE. Inoltre, quella della Spagna, non era una vecchia bolla immobiliare, ma una montagna (linea blu sotto) in confronto alla piccola collina della bolla USA (linea grigia).
Negli Stati Uniti, durante gli anni del boom, era comune per le persone abbandonare il loro lavoro per andare nel settore immobiliare. In Spagna, il boom era così drammatico che gli studenti abbandonavano la scuola per andare a lavorare nel real estate (da qui gli elevati tassi di disoccupazione dei giovani spagnoli). Gli studenti spagnoli non erano i soli che erano andati a lavorare nell’immobiliare.
Tra il 2000 e il 2008, la popolazione spagnola è cresciuta da 40 a 45 milioni (più 12%), con gli immigrati entrati nel paese per infilarsi nel boom economico. In effetti dal 1999 al 2007, l’economia spagnola ha rappresentato più di un terzo di tutta la crescita occupazionale dell’UE. Questa è la Spagna, paese con appena 46 milioni, che rappresenta oltre un terzo della crescita occupazionale di una zona con 490 milioni di persone. Le conseguenze sono una crisi immobiliare peggiore di quella americana. Ma anche i dati bancari iberici, sono particolarmente pessimi.
- Le banche spagnole hanno preso 227 miliardi di euro dalla BCE, quasi il 50% del totale dei prestiti concessi a Febbraio;
- le banche spagnole rappresentano il 29% dei prestiti totali della BCE;
- I rendimenti dei titoli spagnoli sovrani a 10 anni si stanno avvicinando al 7%; il punto di svolta in cui la Grecia ed altre nazioni hanno chiesto i salvataggi (bailauts).
Anche se pessimi, questi numeri sottostimano la cattiva situazione del sistema bancario spagnolo. La ragione è dovuta alla struttura del sistema bancario diviso in due livelli: le grandi banche (Santander, BBVA) e le cajas territoriali. Il sistema delle cajas risale al diciannovesimo secolo. A quei tempi le cajas erano simili al villaggio, erano dei centri finanziari rurali. Il risultato è che la penisola iberica è completamente satura; c’è una caja ogni 1900 abitanti. In confronto c’è una banca ogni 3130 persone negli USA e ogni 6200 persone in Inghilterra.
Fino a poco tempo fa, il sistema bancario delle caja non era, praticamente, regolato. Si, avete letto bene, fino al 2010-2011 non ci sono state regole per queste banche (che rappresentano il 50% dei depositi spagnoli). Essi non dovevano rivelare la percentuale dei loro prestiti, la qualità delle garanzie ipotecate, o qualsiasi altra cosa dei loro affidamenti. Come si poteva prevedere, durante il boom immobiliare iberico, le cajas hanno dato i prestiti ai costruttori. Hanno anche scoperto un secondo gruppo, sempre crescente, di mutuatari e cioè i giovani spagnoli adulti che hanno approfittato dei bassi tassi di interesse per iniziare a comperare casa (prima del boom immobiliare, la tradizione era che i giovani adulti vivessero con i genitori fino al matrimonio).
Semplicemente, dal 2000 al 2007, le cajas erano essenziali in un sistema non regolamentato, che dava denaro a chiunque volesse costruire od acquistare un immobile in Spagna. Le cose peggiorarono solo dopo il picco della bolla immobiliare del 2007. In un periodo in cui le banche spagnole più grandi cominciarono a rallentare il ritmo delle erogazioni, le cajas entrarono nel mercato immobiliare da protagonisti, offrendo prestiti a chiunque.
Per darvi un idea di come le cose sono andate fuori controllo, si consideri che nel 1998 il debito ipotecario spagnolo in rapporto al Pil era del 23% circa. Entro il 2009 aveva raggiunto il 70% del Pil. Per contro, nello stesso periodo di tempo, il debito ipotecario di Pil degli stati Uniti è salito dal 50% al 90%.
Come ho scritto prima, la bolla immobiliare spagnola è stata finanziata da un sistema bancario non regolamentato che ha finanziato chiunque avesse l’impulso di firmare un contratto. Infatti, queste banche sono così cariche di spazzatura, che un 20% delle loro attività sono composte da rate di prestiti fatti sottoscrivere dai costruttori.
Io non mi riferisco ai prestiti in sé i (i mutui), mi riferisco alle rate dei prestiti; il denaro che i costruttori stavano inviando alle banche. Per mettersi in questa prospettiva, immaginate se Bank of America avesse improvvisamente annunciato che il 20% dei suoi asset siano stati inviati in pagamento da parte dei debitori, per coprire i debiti ipotecari.
Non obbligazioni, non mutui, non prestiti..ma i pagamenti vengono inviati in banca sui prestiti e sui mutui. Questo è il vero problema del sistema bancario spagnolo. E’ saturo di muti subprime e sub-subprime fatti in una delle bolle immobiliari più grosse degli ultimi 30 anni.
Anzi, per darvi un’idea di come vadano male le cose con le cajas, si consideri che nel febbraio 2011 il governo spagnolo ha fatto una legge che chiede a tutte le banche di avere un capitale almeno pari all’8% della loro attività di rischio. Le banche che non hanno soddisfatto questo requisito dovevano fondersi con banche più grandi o subire una nazionalizzazione parziale. Il termine ultimo era settembre 2011.
Tra febbraio 2011 e settembre 2011, il numero delle cajas è sceso da 45 a 17. In altre parole, oltre il 60% delle cajas non ha potuto mettere il capitale richiesto per soddisfare il requisito patrimoniale del capitale almeno pari all’8% delle loro attività di rischio ponderate.
Come risultato, 28 cajas con bilanci tossici sono state fuse con altrettante banche in difficoltà o parzialmente nazionalizzate. In tal senso credo che l’Unione europea, nella sua forma attuale, sia ai capitoli finali.
Che si tratti di implosione della Spagna o della Germania che uscirà dall’Euro, ora abbiamo raggiunto il punto di non ritorno; i problemi che affliggono l’Unione Europea (Spagna e Italia) sono troppo grandi per essere risolti. Semplicemente, non esistono fondi o enti di dimensioni sufficienti per gestire questi problemi. Tradotto da Zero Hedge