NEW YORK - In Italia abbiamo "salari bassi e un costo del lavoro comparativamente elevato. Bisogna scardinare questa situazione, soprattutto aumentando la produttività". Così il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha commentato i dati di Eurostat secondo cui un lavoratore dipendente in media guadagna in Italia la metà che in Germania.
Per il ministro del lavoro, dunque, l'aumento della produttività è la vera chiave per sbloccare la situazione. Anche perché - ha sottolineato Fornero "difficilmente bassi salari creano crescita". Proprio quella crescita di cui attualmente il Paese ha bisogno.
Fornero è "fiduciosa" sulla possibilità di un'ampia intesa sulla riforma del mercato del lavoro e sull'articolo 18, ma mette in guardia le parti sociali: "Il tema va affrontato in maniera laica, senza levate di scudi". E alla vigilia dell'incontro di giovedì incontrerà il premier Mario Monti.
"Voglio convincere le parti sociali e gli italiani che ci sono molte cose da cambiare nel mercato del lavoro, non perché ce lo chiedono l' Ocse o l' Fmi, ma perché bisogna creare un mercato più inclusivo". Ha detto il ministro, sottolineando come bisogna "aprire nuove prospettive ai giovani e alle donne, eliminando quella flessibilità che genera precariertà". Fornero ha quindi assicurato che la riforma degli ammortizzatori "si fa oggi ma si attua negli anni,non ora che siamo in crisi".
IN ITALIA STIPENDI TRA PIU' BASSI IN EUROZONA - L'Italia in Europa risulta tra i paesi con le retribuzioni lorde annue più basse, secondo una rilevazione di Eurostat, che fa riferimento a dati del 2009, la Penisola si piazza in dodicesima posizione nell'area euro, fanno meglio anche Irlanda, Grecia, Spagna e Cipro. Soprattutto il valore dello stipendio annuo per un lavoratore di un'azienda dell'industria o dei servizi (con almeno 10 dipendenti) è pari a 23.406 euro, ovvero la metà di quanto si guadagna in Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) o Germania (41.100). Insomma anche guardando ai cosiddetti Pigs, l'Italia riesce a superare solo il Portogallo (17.129). Eurostat riporta l'elenco delle paghe lorde medie annue dei Paesi dell'Unione europea, nell'ultimo rapporto diffuso 'Labour market Statistics', anche per gli anni precedenti all'ultimo aggiornamento (2009), così da poter anche osservare la crescita delle retribuzioni.
L'avanzamento per l'Italia risulta tra i più ridotti: in quattro anni (dal 2005) il rialzo è stato del 3,3%, molto distante dal +29,4% della Spagna, dal +22% del Portogallo. E anche i Paesi che partivano da livelli già alti hanno messo a segno rialzi rilevanti: Lussemburgo (+16,1%), Olanda (+14,7%), Belgio (+11,0%) e Francia (+10,0%) e Germania (+6,2%). Una buona notizia per l'Italia, invece, arriva dalle differenze di retribuzioni tra uomini e donne, quello che Eurostat chiama "unadjusted gender pay gap", l'indice utilizzato in Europa per rilevare le disuguaglianze tra le remunerazioni (definito come la differenza relativa, espressa in percentuale, tra la media del salario grezzo orario di lavoratori e lavoratrici). Ma è solo un'illusione.
La Penisola, infatti, con un gap che supera di poco il 5% (con riferimento al 2009) si colloca ampiamente sotto la media europea, pari al 17%, risultando il paese con la forbice più stretta alle spalle della sola Slovenia; ma, appunto, non è tutto oro quel che luccica. Perché a ridurre le differenze di stipendio in Italia contribuiscono fenomeni di cui non si può andare fieri, come il basso tasso di occupazione femminile e lo scarso ricorso (a confronto con il resto d'Europa) al part time. Non a caso tra i Paesi che vantano una minor divario ci sono anche Polonia, Romania, Portogallo, Bulgaria, Malta, ovvero tutti stati con una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.