A L'Aquila gli scienziati della Commissione Grandi Rischi sono sotto processo.
Accusati di non aver previsto quella scossa che ha distrutto la città e causato quelle morti.
In Emilia adesso ci sono dei sindaci che minacciano di denunciare gli scienziati, ma per procurato allarme. Colpevoli di aver annunciato la possibilità di un nuovo violento terremoto. Facile pensare che il recente comunicato sia figlio di quell'azione giudiziaria frutto dell'emotività e dalla voglia di ricercare un colpevole a ogni costo, non volendo accettare che ci sono eventi e casualità che non dipendono dall'uomo e che nonostante lo sviluppo tecnologico non siamo in grado di prevedere e contrastare. Non ci vogliamo arrendere alla constatazione che la Natura sia più forte di noi. Ma non è storia di oggi. È un vizio antico. La caccia alle streghe risale alla notte dei tempi. E la superstizione accompagna l'uomo fin dalle origini. Nei Promessi Sposi, Manzoni, parlando della peste di Milano del 1630, si occupa della caccia agli untori, uomini ingiustamente ritenuti responsabili di aver provocato la diffusione del morbo. Anche allora il colpevole non poteva essere il caso. Ci volevano dei responsabili. A L'Aquila gli uomini della scienza, non sapendo leggere il futuro, hanno ritenuto giusto non allarmare la popolazione. Del resto a che sarebbe servito fare il contrario? Sulla base di ipotesi tre quarti dell'Italia dovrebbe vivere in tenda. Perché tutti o quasi siamo a rischio. Nella memoria di ogni persona nata nel dopoguerra ci sono i ricordi del terremoto del Belice del 1968, del Friuli del '76. Poi l'Irpinia nel 1980. E ancora quello dell'Umbria e delle Marche, Molise, poi l'Aquila e ora l'Emilia. Solo per citare i fenomeni più gravi. Da Nord a Sud l'Italia, lo dicono le statistiche e gli esperti, è a rischio. Il dato drammatico è che nonostante questo siamo sempre impreparati. Non perché non prevediamo i terremoti (cosa impossibile), ma perché edifici pubblici, scuole e strutture industriali sono vulnerabili. In Emilia sono caduti capannoni costruiti senza le necessarie precauzioni. Così questa fragilità diventa preoccupazione che si manifesta con atteggiamenti contraddittori: si rassicura comunque per non creare panico, oppure si crea allarme quasi a giustificazione futura. Luciano Maiani, presidente della Commissione Grandi Rischi, ha precisato il senso dell'intervento. Ha confermato l'imprevedibilità dei terremoti, ma ha confermato la probabilità che il fenomeno si ripeta e dunque c'è la necessità di non lasciarsi trovare impreparati. E dunque l'allarme, a suo avviso è stato equivocato, non voleva essere un invito a una fuga generale, ma a verificare la vulnerabilità degli edifici. Importante, precisa Maiani, è fare prevenzione. E chi non concorda? Il problema è che questo sembra essere un ritornello che va avanti da anni. Dopo ogni calamità se ne parla, si garantisce, ci si impegna. Superata l'emergenza le promesse diventano un ricordo. Stavolta però c'è una novità. La decisione di non proseguire sulla strada delle rassicurazioni ha creato allarme. Ma se non determina solo panico può essere la strada giusta. Dobbiamo sempre stare attenti. Magari evitando uscite casuali che, se non sono seguite da atti concreti, rischiano di essere solo dei proclami per salvarsi la coscienza. Un atteggiamento difensivo per chi ha delle responsabilità e non a favore delle popolazioni. Appelli che rischiano di apparire come quei foglietti illustrativi presenti nei medicinali: c'è scritto di tutto. Dalle possibili controindicazioni, agli effetti secondari e ai rischi, fino a quello della morte. Meno male che chi fa uso di farmaci si fida del proprio medico e dunque non darà molta importanza a quello che c'è scritto. Pensate se fosse il medico ad esprimersi e ripetere alla lettera quello che c'è scritto nel foglietto, creerebbe solo paura. Il paziente ha bisogno di risposte, di indicazioni di cui fidarsi. Per mettergli paura non ha bisogno di apporti esterni. Così con i terremotati. La paura ce l'hanno dentro. Non c'è bisogno che qualcuno, soprattutto se autorevole, la incentivi. Chi ha il potere per farlo spinga invece sulla prevenzione e più che comunicati pubblici non sarebbe meglio dare indicazion precise ai prefetti, ai sindaci, alla protezione civile? Non sarebbe meglio agire? Ma questo è un antico vizio. Sono decenni che i responsabili di governo parlano di fisco ingiusto. Già ma a chi lo dicono? Ai cittadini? E si salvano la coscienza. Così ricordiamo che dopo l'emozione per il disastro in quella scuola di San Giuliano di Puglia si denunciarono i rischi nelle scuole, si invocarono controlli. Sono passati dieci anni da quel tragico episodio, i controlli sono stati fatti ovunque? Le scuole italiane non sono più a rischio? Lo speriamo, ma non ne siamo per nulla certi. Allora è ora di fare meno denunce pubbliche e più azioni. Sono più utili.