La legge-truffa per rubare le elezioni e il sì di Mattarella
Una legge-truffa, costruita per restare al potere e continuare a rubare a mani basse. E’ la traduzione che Aldo Giannulifornisce dell’iter sgangherato dell’Italicum voluto da Renzi per cancellare ogni residuo di democrazia rappresentativa con l’alibi (comodo) della governabilità. «L’Italicum è legge, ed è già iniziato il pressing per farlo digerire agli organi di controllo costituzionale: prima il presidente poi la Corte». Per il politologo dell’ateneo milanese, «è un pressing di rara disonestà, cui la stampa si sta generosamente prestando». La Corte Costituzionale aveva bocciato il Porcellum per due ragioni: l’assenza di una soglia minima per ottenere il premio di maggioranza e l’assenza del voto di preferenza. Sulla questione del voto di preferenza, per la verità, non era stata chiarissima e aveva concesso che le liste bloccate avrebbero potuto essere accettate se fossero state “corte”, in modo che l’elettore potesse sapere chi stava eleggendo. «Una posizione da contorsionista del diritto, perché il punto non è se l’elettore conosce o no tutti i candidati, ma l’elezione in ordine di presentazione, che limita di fatto la libertà di scelta dell’elettore e mette nelle mani della segreteria di partito la scelta dei parlamentari».
Su questo punto «è stato facile, per il legislatore, aggirare la sentenza della Corte: collegi piccolissimi di sei o sette candidati, capilista bloccati e possibilità di esprimere preferenze per gli altri candidati. Una truffa, ma congegnata con l’apparenza del compromesso accettabile». Una truffa, insiste Giannuli, perché è evidente che, con quasi 100 collegi, solo il partito vincente, con i suoi 354 seggi, potrà esprimere altri deputati oltre i 100 capilista. Tutti gli altri partiti, che dovranno dividersi i restanti 276 seggi, eleggeranno solo i capilista: in pochissimi collegi scatterà un secondo eletto. Risultato: gli eletti con le preferenze non saranno più di 260-265 su 630. Truffa totale, poi, sulla questione della soglia per il premio di maggioranza, visto che «il senso della sentenza della Corte era quello di rispettare il principio di rappresentatività, impedendo che un partito possa avere un premio addirittura superiore alla sua consistenza, raddoppiando o anche più la sua rappresentanza». Qui la soglia è solo apparente, il 40% per ottenere il premio al primo turno: ma se non si ha quel 40%, si va al secondo turno fra i primi due partiti. «E qui, chiunque dei due abbia un voto più dell’altro, si aggiudica lo stesso il premio. Badate: non è neppure previsto un premio ridotto, ma esattamente lo stesso del primo turno».
Questo rafforza l’obiezione della Corte Costituzionale che bocciò il Porcellum: in base all’Italicum, infatti, è possibilissimo che al ballottaggio vinca il secondo arrivato al primo turno, raccogliendo tutti gli scontenti: un partito forte di appena il 16% potrebbe diventare padrone del Parlamento, col 54% dei seggi. «Vi sembra che questo sia un sistema che rispetta le regole della rappresentatività?». Per Giannuli, questo è «il gioco delle tre carte di un ceto politico di disonesti peggiore di qualsiasi tangentista (peraltro, mi pare che le tangenti i signori del Pd non se le fanno neppure mancare). Diciamo le cose come stanno: questa è una legge fatta per essere sicuri di restare al potere e tornare a rubare». E Mattarella? Il presidente «avrebbe dovuto far notare che questa legge è “leggermente” incostituzionale», ma soprattutto «il suo dovere sarebbe stato quello di tutelare le minoranze opponendosi ad una legge non consensuale sulle regole del gioco». Invece «si è precipitato a firmare». Inutile stupirsi: probabilmente «fra le condizioni che Renzi avrà posto a Mattarella per candidarlo al Colle ci sarà stato anche il solenne giuramento di firmare senza storie il Mattarellum».
Secondo Giannuli, l’unico presidente che avrebbe potuto rigettare la legge sarebbe stato un presidente eletto “contro” Renzi, non quello proposto da Renzi, ma questo sarebbe stato possibile solo eleggendo un candidato come Prodi, cosa che «la sinistra Pd non ha neppure provato a fare». A quel punto «era palese che il presidente sarebbe stato quello scelto da Renzi, con tutto quel che ne consegue». Il che però non impedisce ora alle opposizioni di richiamare il presidente ai suoi doveri istituzionali: «Anche quando si sa che il presidente lascerà fare, occorre metterlo davanti alle sue responsabilità». Ma attenzione, il nuovo inquilino del Quirinale non è agli ordini del premier: «Penso che Mattarella sia un congegno ad orologeria contro Renzi: lo pugnalerà appena dovesse iniziare una sua discesa». Restano due strade, la Corte Costizionale e il referendum. Entrambe in salita: la Consulta subirà pressioni indicibili («figuriamoci quali ricatti saranno fatti ai tre giudici che dovrebbero essere eletti nei prossimi mesi»), mentre il quesito referendario – per legge – va costruito prevedendo comunque che il paese non resti senza una legge elettorale praticabile. «Qualunque possa essere la piega che prenderanno le cose – conclude Giannuli – c’è una sola certezza: che il nemico da battere è il Pd».