giovedì 25 giugno 2015

Emorragia nel Pd pugliese, lasciano in dieci. “Partito pieno di muri, auguri a chi resta. Noi al fianco di Civati”

Emorragia nel Pd pugliese, lasciano in dieci. “Partito pieno di muri, auguri a chi resta. Noi al fianco di Civati”

pd


LECCE – “Il Partito Democratico che immaginavamo non era questo. L’avevamo espresso nella mozione congressuale con la quale Giuseppe Civati si è candidato a segretario nel 2013, perdendo. Abbiamo cercato di dare il nostro contributo e di portare avanti quella visione anche dopo, negli organi del partito. Con coerenza ed umiltà. Doti che non abbiamo riconosciuto in chi avrebbe dovuto garantirne l’integrità”.
Parole durissime con cui alcuni esponenti del Pd pugliese comunicano la decisione ufficiale di lasciare il partito, dare le dimissioni dalle cariche istituzionali ricoperte fino ad oggi e iniziare un nuovo percorso al fianco dell’ex dissidente dem Pippo Civati che, salutato il partito, ha lanciato il movimento “Possibile“. Si tratta di Gianclaudio Pinto, della segreteria regionale PD, Vanessa Nicolardi, della direzione regionale PD, Diego Dantes, dell’assemblea nazionale PD, Michele Mongelli, dell’assemblea regionale e provinciale PD Bari, Valentina Tafuni, esponente dell’assemblea regionale PD, della segreteria provinciale GD Bari, della segreteria GD Acquaviva delle Fonti, Federica Bruno Stamerra, dell’assemblea regionale PD e membro del direttivo cittadino PD Brindisi, Chiara Pisanello, dell’assemblea regionale PD e membro del direttivo cittadino PD Gallipoli, Paolo Soccio, rappresentante del partito in seno alla direzione provinciale e all’assemblea provinciale di Foggia, Giuseppe Luigi Bianco, del PD di Putignano, Vito Di Venosa del PD di Trani.
Il partito che immaginavamo non era pieno di muri. Muri che sembrano ergersi per chi la pensa diversamente all’interno, ma non per chi persegue una politica antitetica ai nostri ideali di centrosinistra, e coi quali invece si stringono alleanze più o meno solide nel nome della governabilità o della vittoria. A quale prezzo? Al prezzo di non riconoscere più i confini tra le proprie idee e le altrui, al prezzo di non farsi più riconoscere. Pian piano fuori dai nostri circoli è rimasto tutto il popolo che per vocazione, ormai otto anni fa, ci eravamo promessi di rappresentare. E che si è visto garantire rovesci invece che diritti”, affermano.
Un’emorragia di grave portata per il Pd pugliese e per i territori, conseguenza diretta della presa di distanza, da parte di Giuseppe Civati, dal metodo renziano. E non è finita qui. All’assemblea del movimento “Possibile”, domenica scorsa a Roma, c’erano molti esponenti Sel, non a caso: lo stesso leader Nichi Vendola parla da tempo di altri orizzonti e altre sfide da cogliere. E altri rappresentanti della minoranza nazionale dem come Stefano Fassina sono dati da tempo con un piede praticamente fuori dal partito. Al nuovo soggetto politico che va profilandosi all’orizzonte potrebbe poi guardare con interesse anche un leader sindacale del calibro di Maurizio Landini (Fiom Cgil): insomma, il fermento necessario per dare vita a una nuova esperienza a sinistra del Pd c’è tutto. Non manca certo l’amarezza da parte dei fuoriusciti, ma non manca neppure l’entusiasmo. Che poi, a ben guardare, è la vera forza motrice del cambiamento.
“Ci si è aperti alla partecipazione tramite le primarie, non dotandosi di regole che salvaguardassero l’identità e la storia.Si osanna ormai il decisionismo, l’uomo solo al comando, dopo essersi affidati a piccole e grandi consorterie che hanno irrimediabilmente influenzato, svilito e poi spento il dibattito interno. Come in un ribaltamento della realtà o in un contrappasso dantesco, invocando la rottamazione, ci si è autorottamati”, evidenziano ancora i civatiani in una lunga nota in cui spiegano le loro motivazioni.
“Il legame con i territori è diventato via via più blando, le decisioni sono ormai centralizzate e affidate a un gruppo elitario. Anche il momento nel quale i cittadini possono esprimersi circa la cosa pubblica, e cioè il voto democratico, è stato dissacrato da una legge elettorale che sminuisce la rappresentanza e rende pericolosamente squilibrati i rapporti di forza”, proseguono. Perché, oltre che nel metodo, il dissenso investe anche i contenuti, dallo Sblocca Italia all’Italicum, dalla riforma della scuola a quella del lavoro.
“Esiste sempre – affermano – la possibilità di smarcarsi dal pressappochismo, dal cinismo, dal trasformismo. Di tornare a rappresentare chi non si sente più rappresentato e si iscrive nel silenzio al più grande partito italiano, quello dell’astensione. Per noi questa possibilità non esiste più nel luogo ideale che doveva essere il PD. Per questo intendiamo non rinnovare la tessera 2015 e lasciare tutte le cariche che, fino ad oggi, abbiamo ricoperto. Auguriamo buon lavoro a chi compie una scelta diversa dalla nostra, mettendoci ancora passione e convinzione, nella speranza che un giorno ci si possa ritrovare. Continueremo ad impegnarci nella costruzione di un percorso alternativo.Seguiamo Civati, o meglio gli camminiamo a fianco. Sappiamo di scegliere una strada tortuosa e difficile, ma ci rincuorano ed entusiasmano il coraggio e la limpidezza delle nostre idee. Quelle a cui siamo affezionati, da buoni nostalgici sì, ma di un futuro migliore. E che preserviamo e anteponiamo a ogni strumento quale può essere un partito. Senza rassegnarci né da soli né in compagnia. Perché un altro modo di fare politica, che ci assomigli di più, è Possibile”, concludono.