lunedì 28 gennaio 2013

Pyongyang, allarme cannibalismo Boom di chi mangia carne umana in Corea del Nord schiacciata dalla fame. E il governo pensa ai missili.


Pyongyang, allarme cannibalismo

Boom di chi mangia carne umana in Corea del Nord schiacciata dalla fame. E il governo pensa ai missili.

Kim Jong-un, leader della Corea del Nord.

Nord Corea: un Paese la cui popolazione è talmente affamata da essere spinta al cannibalismo. È quanto è emerso da un report di Asia Press e pubblicato in esclusiva sul Sunday Times e che ha dipinto con toni cupi le abitudini alimentari del controverso Stato asiatico.
Sarebbe una fame endemica la causa dei frequenti casi di cannibalismo scoperti in Nord Corea. Tra questi spicca la storia di un uomo che ha ucciso i propri figli offrendoli poi in pasto all’ignara moglie. Ma anche quella di un nonno che si è nutrito dei nipoti e di un altro padre che ha bollito la carne del figlio per poi gustarla per cena.
Tutti sono stati arrestati, ma secondo il giornale inglese nei dintorni della capitale Pyongyang almeno 10 mila persone sarebbero morte perché affamate e in alcuni casi per cause relative al cannibalismo.
NUMEROSI EPISODI DI CANNIBALISMO. La veridicità del report, ha scritto l’Independent che ha ripreso la notizia, non è stata confermata dalla Corea del Nord, ma si tratta di un documento lungo 12 pagine e giudicato attendibile.
Secondo Asia Press, infatti, «è scioccante come la gente ci abbia parlato senza difficoltà degli episodi di cannibalismo; i testimoni sono numerosi».
In particolare le testimonianze hanno raccontato di chili di cibo e alimenti che sono stati confiscati nelle zone a Nord e a Sud della capitale e che hanno spinto la gente a uccidere per fame.

La classe media sopravvive con il kimchi e il riso

Il fatto che i nord-coreani abbiano sofferto perché affamati non è una novità: il Daily Mail ha ricordato il 1990, anno conosciuto come «Arduo Marzo», un periodo di tempo in cui la mancanza di cibo ha ucciso tra le 240 mila e i 3,5 milioni di persone. Cifre differenti tra loro e che è difficile verificare con precisione proprio a causa del costante silenzio di informazioni che trapelano oltre il confine del Paese.
Anche per questo ha colpito il libro che ha recentemente pubblicato l’ex ambasciatore d’Inghilterra in Nord Corea,John Everard sulla vita della gente comune nel Paese.
Secondo Everard la situazione, per lo meno a Pyongyang, non è difficile come viene spesso dipinta. Certo, ha scritto, non si può dire che i nord-coreani vantino una dieta ricca: la carne scarseggia sempre, il kimchi (piatto tipico a base di cavolo cinese) abbonda e il riso è l’unico ingrediente davvero immancabile a tavola.
Improbabile inoltre riuscire a farsi una doccia calda: l’acqua c’è, ma non viene riscaldata. In generale però lo stile di vita della classe media nella capitale pare sia accettabile.
MAGGIORI SOFFERENZE IN CAMPAGNA. La situazione è molto diversa in provincia e soprattutto nelle campagne, spesso colpite anche dal problema della siccità.
Nei casi più disperati per fronteggiare la fame si è arrivati fino al cannibalismo. Nel 2012 gli episodi sono aumentati: a maggio un uomo ha ucciso 11 persone e ha venduto i loro corpi spacciandoli per carne di maiale, mentre l’Istituto per l’unificazione nazionale della Corea del Sud ha riportato di un tale arrestato e ucciso dopo che aveva mangiato parte di un suo collega e aveva a sua volta cercato di vendere il resto come montone.
LA POLITICA PENSA AL NUCLEARE. Altri due casi sono trapelati nel 2011: sarebbe proprio la perenne assenza di carne dalla dieta dei nord-coreani a spingere al cannibalismo.
Ma dalla politica non arrivano altro che smentite e silenzi. E mentre il suo popolo soffre la fame fino a cibarsi di se stesso, il leader nord coreano Kim Jong-un si è limitato a lanciare nuovi moniti riguardo alla presenza del nucleare sul territorio.


Ustica: lo Stato condannato a risarcire i familiari delle vittime


Ustica: lo Stato condannato a risarcire i familiari delle vittime

La Cassazione: 'Strage fu causata da un missile'. E' la prima verità sulla fine del DC9 dell'Itavia


Il relitto del DC9 nel Museo della Memoria di Ustica

La strage di Ustica avvenne a causa di un missile e non di una esplosione interna al Dc9 Itavia con 81 persone a bordo, e lo Stato deve risarcire i familiari delle vittime per non aver garantito, con sufficienti controlli dei radar civili e militari, la sicurezza dei cieli. Lo sottolinea la Cassazione in sede civile nella prima sentenza definitiva di condanna al risarcimento. E' la prima verità su Ustica dopo il niente di fatto dei processi penali.
E' "abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile" accolta dalla Corte di Appello di Palermo a fondamento delle prime richieste risarcitorie contro lo Stato presentate dai familiari di tre vittime della strage di Ustica, scrive la Cassazione.

Antonini: prima del mio stipendio, la verità su Viareggio


Antonini: prima del mio stipendio, la verità su Viareggio


Mi restituite il lavoro? No, grazie. Prima di tutto, serve la verità sul rogo di Viareggio, quei 32 morti e 25 feriti del 29 giugno 2009. Riccardo Antonini è irremovibile: rifiuta l’accordo sul reintegro, già accettato dall’ad delle Ferrovie, Mauro Moretti, e vuole un regolare processo sul suo caso: licenziato per aver detto verità scomode su quel disastro. Il rogo di Viareggio, scrive Claudio Giorno sul suo blog, puzza di strage di Stato: mentre gli apparati di potere si coprono, per il momento a pagare è solo chi si è dato disponibile a testimoniare di fronte ai giudici le discutibili “scelte aziendali” all’origine del disastro. Tagli pericolosi, che forse nessun giudice riuscirà a individuare come causa diretta della morte di tante persone innocenti, ma che «sicuramente sono alla base dello stato di abbandono in cui nelle ferrovie italiane versa ogni settore che non sia funzionale agli appalti sempre più costosi del progetto Alta Velocità».
Riccardo Antonini, continua Giorno, è un macchinista ferroviere della vecchia guardia, di quelli che, con deferenza, i colleghi chiamavano Riccardo Antonini“maestro”. Ha i capelli bianchi, ma non è vecchio: «Appartiene a quella generazione cui dobbiamo i diritti», e per cui «l’etica dellavoro e la responsabilità civile debbono camminare perfettamente paralleli: proprio come le rotaie, solidamente ancorate alle traversine perché il treno possa viaggiare sì veloce, ma senza deragliare». Antonini? Una sorta di eroe civile, in quest’Italia scassata: onnipresente nelle manifestazioni di Viareggio ma anche all’Aquila di fronte alle macerie della “casa dello studente”, o a Milano durante l’ultimo congresso nazionale di “Medicina Democratica”. In giro per l’Italia, in servizio permanente: non si tira mai indietro, Riccardo, «dovunque lo si inviti a portare la sua testimonianza di uomo giusto».
Antonini è stato licenziato dalle Ferrovie il 7 novembre del 2011 «non per una grave negligenza – ricorda Claudio Giorno – ma per aver testimoniato la verità al processo in corso contro l’amministratore delegato di Fs ed altre intoccabili figure della catena di comando», fino ai responsabili della manutenzione degli impianti. Dirigenti e operatori a cui viene imputato un qualche ruolo nel terribile incidente: una vera e propria strage, «una delle tante stragi di questo paese di cui s’è persa la memoria». Storie atroci, «che debbono essere trasmesse ai giovani senza poter corredare il racconto coi nomi di chi ne sono stati i responsabili», commenta Giorno con amarezza. E allora, “Riccardo non mollare”: «E’ la frase che più volte mi sono sentito ripetere in questi mesi», scrive Antonini sulla sua mailing list, ormai una comunità di fedeli supporter. Suo malgrado, aggiunge Giorno, l’ex ferroviere «è diventato non solo un testimone in un normale processo che dovrebbe servire almeno a individuare le vere negligenze e i veri negligenti, ma un Viareggio, la disperazione dei familiari delle vittimesimbolo di chi non si vuole arrendere alla richiesta sempre più arrogante di omertà che viene dagli oligarchi delle aziende di Stato».
Uomini di potere, «che sempre più interpretano il loro ruolo col pugno di ferro, stroncando ogni accenno critico possa venirgli da sottoposti e persino dai cittadini», non solo vittime di disservizi ma anche di tragedie familiari devastanti e non risarcibili, come nel caso di Viareggio. Un comportamento tanto più sgradevole, continua Giorno, perché lo stesso Moretti ha raggiunto il vertice supremo delle Fs dopo aver militato a lungo nella Cgil come dirigente sindacale. «E chissà come deve avergli dato fastidio che proprio all’etica del sindacato si richiami continuamente Antonini», scrive Giorno, che cita i passaggi più forti dell’ultima esternazione pubblica di Riccardo: «Ho sempre dichiarato che questo licenziamento è un’offesa alle vittime, ai familiari ed alla città di Viareggio, oltre ad essere una vile intimidazione nei confronti di delegati Rls e lavoratori impegnati concretamente e coerentemente sul fronte della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio».
«Ogni rappresaglia nei confronti di chi si “spende” per questi diritti è un’aggressione all’intera collettività», sostiene Antonini. «Il licenziamento era un possibile conto da pagare proprio sulla base dell’esperienza di questi anni in ferrovia». Altri ferrovieri «sono stati intimiditi, minacciati, sanzionati con multe, sospensioni, licenziamenti». Lui non ha taciuto, non ha voluto «sottostare ad alcun ricatto», proprio in memoria delle vittime e dei loro familiari. L’enorme solidarietà individuale e collettiva ricevuta fin dal primo giorno del licenziamento – da parte di lavoratori, delegati sindacali, associazioni, Consigli comunali e provinciali – lo hanno aiutato a Mauro Morettitener duro: «Hanno rafforzato la mia convinzione a non mollare e di essere dalla parte giusta». Tutti con lui: “Riccardo, non mollare”.
Claudio Giorno, che segue il caso di Antonini da un’altra trincea ferroviaria – quella della valle di Susa in lotta contro il Tav Torino-Lione – teme che assisteremo ad «un tentativo dilatorio da parte dei gerarchi delle Ferrovie», perché quegli uomini di potere «non sono in condizione di accettare che l’esempio di Riccardo possa far proseliti». Il rischio? Evidente: la “resistenza” civile di Antonini può «aprire altre crepe nel muro di gomma eretto in questi anni per trasformare quella che era una rete di stazioni a servizio del territorio nella più grande “stazione appaltante” del paese», ormai «al servizio delle banche e della politica, che sempre più si scambiano i ruoli depredando i cittadini», magari fino a metterne a repentaglio la vita, come nel caso di Viareggio. «Per questo Riccardo non ha mollato e per questo Riccardo non mollerà».

Quello che sta per succedere e perché


Quello che sta per succedere e perché

Fabrizio Tringali

di Fabrizio TringaliDopo un 2012 turbolento, il nuovo anno è iniziato in un clima economico di relativa tranquillità. Gli spread sono bassi e la crisi sembra concedere una tregua. Ma cosa ci aspetta nel prossimo futuro? Le difficoltà sono davvero superate o sono destinate a riproporsi? Poiché esistono due opposte chiavi di lettura della crisi, per rispondere a queste domande è necessario capire quale sia la più convincente. Vediamole:


Chiave di lettura 1: Crisi dei debiti sovrani.

Secondo questa chiave di lettura, alcuni Paesi europei hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità. Hanno aumentato il loro debito pubblico senza migliorare la competitività, rischiando il default. L'aumento degli spread indica che i mercati sono restii ad investire in titoli di Paesi spendaccioni e già molto indebitati.
La soluzione della crisi consisterebbe dunque nel rafforzare la disciplina di bilancio, imponendo un tetto al rapporto debito/PIL e implementando drastiche misure di austerity che diminuiscano la spesa. Per scoraggiare la speculazione, a livello europeo andrebbero inoltre introdotte forme di mutualizzazione dei debiti sovrani (acquisto di titoli da parte della BCE, emissione di Eurobonds) in modo che tutti i Paesi si impegnino a garantire, collegialmente, il pagamento degli interessi e il rimborso dei titoli in scadenza emessi dai singoli Stati. Tuttavia, per evitare azzardi morali, i governi nazionali dovrebbero accettare di essere vincolati a realizzare le politiche indicate dagli organismi europei, indipendentemente dalla volontà dei loro cittadini.

Chiave di lettura 2: Crisi dell'euro.

Secondo questa chiave di lettura, invece, alcuni Paesi europei avrebbero sfruttato l'appartenenza alla moneta unica per aumentare la loro competitività, a discapito di altri. Contenendo salari e domanda interna, avrebbero mantenuto la propria inflazione sistematicamente a livelli inferiori rispetto ai partners. I quali, condividendo la stessa moneta, non avrebbero potuto operare una svalutazione difensiva per determinare un riequilibrio. I primi avrebbero accumulato surplus commerciali, mentre i secondi avrebbero visto peggiorare i conti con l'estero, fino ad entrare in crisi.
L'aumento degli spread indicherebbe che i mercati sanno che in futuro il valore dei titoli dei Paesi in crisi potrebbe diminuire: essi potrebbero uscire dall'euro, svalutare, rinegoziare il debito o rinominarlo nella nuova valuta.
Per uscire dalla crisi servirebbe dunque introdurre un meccanismo automatico di riequilibrio fra i Paesi in surplus strutturale e quelli in deficit. Inoltre, data la recessione in atto, le politiche di austerity andrebbero smantellate e sostituite con interventi di segno opposto, a sostegno della domanda e dell'occupazione. Nei Paesi in surplus andrebbero poi alzati significativamente i salari.
Tuttavia, apparendo questa strada impercorribile, poiché presupporrebbe che tutti i principali Paesi europei invertano le politiche economiche adottate fino ad oggi, e che quelli più forti accettino trasferimenti automatici verso quelli meno competitivi, l'unica via di salvezza resterebbe l'uscita dall'euro e il recupero della sovranità nazionale in materia di politiche economiche e monetarie.

Quale è quella corretta?

Chiaramente, queste tesi sono fra loro inconciliabili. Se si accetta l’idea che ad andare in sofferenza siano stati quei Paesi che presentavano un alto rapporto debito/PIL, allora la prima spiegazione appare come quella corretta. Invece, se si crede che la crisi abbia colpito chi ha avuto un tasso di inflazione più alto, converrà orientarsi sulla seconda.
Ecco una breve tabella riassuntiva:
 
 debito pub / PIL (%)Squilibri esterni e differenziali di costo nell'eurozona
Paese199920072011Saldo conto corrente / PIL
(* 100) 1999-2012
Costo unitario del lavoro
var % 1999-2010
Indice prezzi al consumo
1999-2012
Germania
61
65
83
 52.0
 1.4
21.8
Portogallo
50
68
106
-132.2
11.1
35.1
Italia
114
104
121
 -24.4
28.5
30.9
Grecia
103
105
166
-123.2
54.9
43.1
Spagna
62
36
67
 -75.5
24.8
38.4
[Dati estratti da Europa: una crisi di debito o di bilancia dei pagamenti? - A.F. Presbitero, Università Politecnica delle Marche, pubblicato su linkiesta.it ]

Le prime colonne mostrano che la prima chiave di lettura è infondata: due dei Paesi più colpiti dalla crisi, il Portogallo e la Spagna, fino al 2007 presentavano un rapporto debito/PIL simile o addirittura migliore rispetto a quello della “virtuosa” Germania. La parte destra della tabella conferma quel che abbiamo già avuto modo di affermare: il problema non è il debito pubblico. La Germania ha beneficiato di una minore inflazione (ultima colonna) grazie al contenimento del costo del lavoro (penultima colonna) ed oggi vanta il “record” del maggior numero percentuale di lavoratori a basso reddito di tutta l'Europa occidentale (il 22.2%, secondo Eurostat). In questo modo ha aumentato la propria competitività, a discapito dei partners europei (terzultima colonna) mandandoli in crisi.
Dunque, i dati indicano che la tesi corretta è la seconda, la quale infatti è sostenuta da numerosi esperti nazionali ed internazionali. Tuttavia la quasi totalità dei media sposa la prima chiave di lettura, l'unica ad essere ufficialmente accettata da tutte le élite di governo europee, di destra come di sinistra. Questo non deve stupire:sia ai governanti dei Paesi forti che a quelli degli Stati in crisi conviene far credere che il problema principale siano la spesa dello Stato e il debito pubblico. In questo modo, infatti, i primi possono proseguire il contenimento della domanda interna, arricchendosi grazie alle esportazioni e garantendosi surplus utili ad acquisire aziende pregiate dei Paesi in crisi (come testimonia, per esempio, la recente acquisizione di Ducati da parte di Audi-Volkswagen). I secondi (gli stati in crisi)ottengono di poter sbandierare un “vincolo esterno” grazie al quale imporre ai cittadini quello che altrimenti sarebbe stato impossibile realizzare: tagli ai servizi pubblici e alle pensioni, restringimento delle tutele dei lavoratori, privatizzazioni, continue manovre finanziarie “lacrime e sangue”.
Così, mentre smantellano lo stato sociale, i governi di Italia, Francia e Germania danno vita ad un insulso gioco delle parti: quando Monti e Hollande spingono per introdurre forme di condivisione dei debiti sovrani, la Merkel risponde pretendendo cessioni di sovranità verso le istituzioni UE. Due facce della stessa medaglia, entrambe riconducibili alla chiave di lettura 1. Quella sbagliata.
In seno al Consiglio Europeo è stata già siglato l'accordo che consentirà a ciascun leader di cantare vittoria nella propria patria: da Giugno 2013 la Commissione UE potrà far sottoscrivere ad ogni Stato un vero e proprio contratto, ove indicherà le “riforme” da attuare e le modalità con cui realizzarle; eventuali “meccanismi di solidarietà” saranno riservati ai Paesi che avranno sottoscritto tali intese.
Ecco quindi il leitmotiv che ascolteremo nel 2013: “solidarietà” in cambio di cessioni di sovranità. Lo conferma il presidente del consiglio europeo, Van Rompuy, che però omette di precisare che la solidarietà sarà fasulla: le eventuali forme di mutualizzazione dei debiti saranno parziali e temporanee, come ha già chiarito Angela Merkel, intervenendo al Bundestag. E in ogni caso esse non potranno mai risolvere gli squilibri strutturali fra le economie.
Pertanto c'è da aspettarsi che la crisi riesploda. Anche perché dal primo gennaio 2013 è entrato in vigore il fiscal compact, che statuisce, tra le altre cose, che il rapporto debito/PIL deve assestarsi al 60%. L'Italia, per tentare di raggiungere l'obiettivo, dovrà varare manovre su manovre, ogni anno, per decine e decine di miliardi. In assenza di una crescita sostenuta, le conseguenze saranno inimmaginabili, come testimoniano le analisi della Corte dei Conti e l'ISPI. L'Italia e gli altri PIGS resteranno intrappolati in una spirale recessiva, senza via di uscita. Ma gli alfieri della chiave di lettura sbagliata non si fermeranno. Anzi, rincareranno la dose. Quelli italiani hanno già nel mirino la privatizzazione della sanità, che non a caso si sta già realizzando in Spagna.
Uno dopo l'altro i Paesi dell'eurozona dovranno richiedere gli “aiuti” del MES e, in cambio, dovranno cedere ogni residua forma di sovranità nazionale. Così, le decisioni verranno prese direttamente a Bruxelles e Francoforte, senza che né i cittadini né i Parlamenti nazionali possano opporvi resistenza. Ma ciò che è più drammatico è chealla gran parte dell'opinione pubblica, tutto ciò apparirà come necessario, in quanto coerente con la teoria della crisi dei debiti sovrani, propagandata dalla stragrande maggioranza dei media.
Per questo, il primo fronte sul quale schierare le forze che vogliono impedire lo sfacelo è quello dell'informazione. Un’informazione corretta sulle reali cause della crisi.

Fiducia consumatori gennaio peggio da'96 Istat, dato piu' basso dall'inizio delle serie storiche


Fiducia consumatori gennaio peggio da'96

Istat, dato piu' basso dall'inizio delle serie storiche




(ANSA) - ROMA, 28 GEN - A gennaio 2013 l'indice del clima di fiducia dei consumatori cala a 84,6 da 85,7 di dicembre. Lo rileva l'Istat, spiegando che si tratta del livello piu' basso dall'inizio delle serie storiche cominciate nel gennaio del 1996.

Mps:Viola,ok Bankitalia bene per mercati Lo dice l'Ad in vista riapertura borsa domani

MPS, Vergogna Boiardi,
Ma se dovessimo far valutare il prestito  a MPS da un direttore di una Qualsiasi filiale ,Direbbe" il Rating è molto basso lei sta alla soglia del fallimento!! La nostra banca non fa elemosina!!!Invece i grandi tecnici ,Boiardi, di Bankitalia ,Hanno detto che va bene?!?!!?tanto i soldi sono di noi Cittadini e loro non rischiano nulla!!



(ANSA) - SIENA, 27 GEN - ''Il fatto che Banca d'Italia abbia rilasciato l'autorizzazione per i 3,9 miliardi di Monti bond, e' senza dubbio un ulteriore elemento di tranquillita' anche per i mercati''. Lo ha detto l'Ad di BMPS Fabrizio Viola in vista della riapertura dei mercati di domani mattina dopo la difficile settimana passata.