La classifica dei migliori piatti della cucina romana
Tracciare un percorso o una classifica dei migliori piatti della tradizione non è impresa facile. In un pomeriggio di quelli grigi, brutti e afosi ai quali ci ha abituato un estate avida di belle giornate, il gruppo dei redattori romani di Agrodolce si è riunito per scegliere quali, tra i piatti che continuano a deliziare i nostri palati, siano le preparazioni più vocate per rappresentare l’intera cucina romanesca. Creare un elenco ordinato di quelli che per molti di noi sono piatti del cuore non è stata affatto una questione semplice. Alla fine ce l’abbiamo fatta: ecco i piatti migliori della cucina romana secondo la redazione di Agrodolce.
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Cacio e pepe. Tre ingredienti: una buona pasta (meglio se fatta in casa) cacio e pepe. Un’ode alla semplicità che richiede una giusta dose di maestria nell’arte della mantecatura. Per tradizione il sugo sapido e speziato si accompagna ai tonnarelli, ma non manca chi predilige gli gnocchi, anche fritti. Numerose le rivisitazioni che fanno del magico duo di formaggio e pepe il ripieno per i ravioli o il legante cremoso del risotto o l’aroma che non ti aspetti all’interno del supplì.
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Pollo con peperoni. Un classico che nella mente del romano doc si associa al ricordo di giornate roventi di mezza estate passate nella calura della capitale. Il piatto tipico di ferragosto unisce il sapore delicato del pollo all’aroma ricco dei peperoni, che di solito vengono cucinati a parte e uniti alla carne bianca solo in seguito.
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Carbonara. Tracciare la vera storia di una delle paste più amate tanto a Roma quanto in Italia è un compito davvero difficile. Il suo successo è recente, sono pochissime ed effimere, infatti, le tracce di questa preparazione anteriori alla fine della seconda guerra mondiale. Che sia figlia dello sbarco alleato o una trasformazione del cacio e ova ciociaro o ancora che sia sempre esistita a livello popolare ma mai codificata, la carbonara resta uno dei capisaldi dell’offerta gastronomica romanesca.
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Coratella. Il nome romano delle interiora di agnello o abbacchio si è via via diffuso per tutta la penisola, sostituendo in qualche caso o accompagnando lemmi regionali. Le ricette tradizionali prevedono che il quinto quarto possa essere insaporito da abbondante trito di cipolla ed eventualmente dal carciofo romanesco, varietà locale di questo ortaggio.
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Carciofi alla giudia. La cucina ebraica ha influenzato quella romanesca lasciando tracce evidenti nelle preparazioni e in alcuni piatti tipici. I carciofi, introdotti in Italia nel XV secolo ad opera degli arabi sono man mano diventati un elemento fondamentale della cucina laziale. Per questa preparazione occorre una discreta manualità ma il successo è assicurato. Tornito il carciofo e allargate le foglie, si immerge in olio bollente fino a che il cuore non è cotto, successivamente si procede ad alzare la fiamma e a rendere croccanti i carciofi.
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Trippa alla romana. Preparato tradizionalmente con il reticolo di vitello o manzo, questo piatto è arricchito da pecorino e menta anche se ne esistono numerose varianti. La ricetta tradizionale si è via via modificata semplificando la cottura e preferendo partire spesso da una trippa sbiancata o precotta che ha un sapore meno intenso e risulta più digeribile: a ragione i puristi storceranno il naso.
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Abbacchio alla scottadito. La tenerezza dell’agnello da latte caratterizza queste costolette che vengono cotte sulla brace nel periodo pasquale, la cottura perfetta non è facile da ottenere. Le costolette sono spesso molto piccole e il rischio è che, cotte per troppo tempo, risultino secche. Per tradizione questo piatto è mangiato molto caldo e direttamente con le mani, è d’obbligo poi leccarsi le dita.
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Vignarola. Che accompagni la pasta o sia presentato nella sua versione tradizionale (zuppa che si assapora intingendovi del pane), questo è il piatto che celebra la primavera. Fave, piselli, carciofi, lattuga, cipolle novelle e guanciale compongono una pietanza gustosa tra le più amate e reinterpretate.
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Coda alla vaccinara. In passato questo taglio di carne povera aveva un valore economico così esiguo che era spesso regalato a coloro che macellavano i capi di bestiame. Deriva proprio da questa abitudine il nome di questo piatto goloso di difficile preparazione. Vi è ben poca carne tra le vertebre caudali del bovino e solo una cottura lenta alla giusta temperatura riesce a conferire la consistenza morbidissima a cui siamo abituati. Il sugo poi è un ottimo intingolo in cui immergere fette di pane.
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Amatriciana. Il sugo accompagna rigorosamente i bucatini. Originario della città di Amatrice (un tempo città abruzzese) nasce come variante creativa della gricia. Fondamentale per la riuscita di questo primo piatto è un guanciale asciutto che conferisca al sugo quella parte grassa e succulenza di cui i bucatini hanno bisogno per risultare ben mantecati.
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Fettuccine con le rigaglie di pollo. Le interiora di pollo (fegatini, cuore, stomaco ma anche bargigli e testicoli) rendono questa pasta all’uovo tanto amata dai romani da sfiorare il podio della nostra classifica.
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Broccoli e arzilla. La zuppa tradizionale della cucina ebraica stupisce per la sua semplicità. I broccoli romaneschi (quelli che con le loro punte formano graziosi frattali) ben si sposano con le carni sapide della razza, il brodo è reso corposo e vellultato da un ricco soffritto. Alla zuppa sono spesso aggiunti spaghetti o pasta corta per creare un primo piatto di sicuro impatto.
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Baccalà. I filetti fritti sono l’antipasto più adatto per iniziare al meglio una serata in pizzeria. Le carni leggermente sapide del merluzzo vengono avvolte da una pastella croccante che non deve affatto inzupparsi di olio. Il risultato è un finger food di rara bontà. Si rischia di abusarne.
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Pajata. La prima parte dell’intestino sia vitello sia di angello, viene cotta per intera con il chimo al suo interno. Si prepara alla griglia o alla cacciatora ma comunemente è utilizzata per insaporire un sugo denso realizzato con pomodori freschi o con triplo concetrato di pomodoro. Il connubio perfetto? Un abbondante piatto di rigatoni cotti al dente.