mercoledì 13 febbraio 2013

Crozza, fischi targati Pdl,ormai il Berlusca è alla frutta!!


Crozza, fischi targati Pdl

Munafò è uno dei contestatori. Fu candidato di Silvio nel 2012. Ora dice: «Politica? La gente è stufa».

Si chiama Letterio Munafò uno dei misteriosi contestatori di Maurizio Crozza durante la puntata d'esordio del Festival di Sanremo (guarda il video).
Ha 66 anni, da 40 è presidente degli agenti della Carige Assicurazioni, oltreché essere vicepresidente del Lecce calcio. Il suo passato politico spiega molte cose.
CON MOGLIE E AMICI. Era in platea all'Ariston con la moglie e una coppia di amici: «Non eravamo solo in due a contestare, c'era tanta altra gente assieme a me», ha raccontato.
«LA GENTE È STANCA». Quali sono le ragioni di quel gesto (vota il sondaggio)? «La gente si è stancata. La gente viene al Festival per vedere la canzone italiana e assistere a uno spettacolo, che deve essere al di sopra di tutte le parti», ha spiegato il signor Munafò.
Peccato che il picco degli ascolti, arrivato a 17 milioni di spettatori, sia stato toccato proprio durante l'esibizione di Crozza. Alla faccia della 'gente'.
«ABBIAMO BISOGNO DI ALTRO». «Mi sono trovato per tre quarti d'ora a sentire il signor Crozza parlare di questioni politiche. In questo momento non ne abbiamo bisogno, le cose stanno andando in un modo disastroso dal punto di vista politico ed economico», ha aggiunto.
«Io organizzato? Io sono venuto con mia moglie, un amico e sua moglie. Fate presente al presidente della Rai che non c'era nessuna organizzazione. Si informino chi è Letterio Munafò, d'altro canto io ho dato i miei documenti».
CANDIDATO NEL 2012 COL PDL. In effetti il signor Munafò non è proprio il classico cittadino simbolo della società civile stanco di un certo tipo di politica: è stato candidato nelle amministrative 2012 nella lista del Popolo della libertà a Legnano, nel Milanese.
Chissà se Silvio Berlusconi - che ha detto «Crozza è stato un boomerang per la sinistra» - conosceva la reale identità di chi ha innescato la miccia: un uomo del suo partito.

Elezioni a Roma: le beghe di Alemanno


Elezioni a Roma: le beghe di Alemanno

Criminalità. Parentopoli. Sprechi. Gli ostacoli di Gianni. In corsa per il Campidoglio con l'appoggio del Cav.

Gianni Alemanno, sindaco di Roma.

Gianni Alemanno correrà di nuovo per il Campidoglio. Sarà lui il candidato sindaco per il Pdl. Tanto che, il 12 febbraio, è stato benedetto da Silvio Berlusconi in persona.
Una corsa, però, che si presenta in salita. Nel 2008, quando fu eletto battendo Francesco Rutelli, la forza e la popolarità del giovane rampollo del Popolo della libertà, ex di Alleanza nazionale, erano molto elevate. Poi nel corso del quinquennio si sono incrinate perché la sua amministrazione ha dovuto fronteggiare veleni, scandali, rimpasti, e gestioni poco lungimiranti.
ROMA INSICURA, COLPA DELLO STATO. Alemanno ha provato a schivare i colpi e persino di fronte alla città poco sicura afflitta dalle infiltrazioni mafiose e dall'ondata di omicidi del 2011, ha tentato di sdoganarsi da ogni responsabilità, parlando piuttosto di risposte «inadeguate» dello Stato.
Invece, quando si è scatenata la bufera della 'parentopoli romana', le assunzioni clientelari nelle aziende municipalizzate Ama e Atac, ha sempre ribadito che «i processi si fanno in tribunale e non sui giornali».
CONTRO MONTI PER I GIOCHI DEL 2020. Contro il sindaco ci si è messo pure il maltempo. Un caso su tutti, la nevicata del febbraio 2012 che paralizzò Roma. Il primo cittadino respinse ogni accusa e se la prese con la Protezione civile e il ministero dell'Interno.
Nei giorni in cui si consumava il flop della mancata candidatura della città all'Olimpiade del 2020, Alemanno parlò di «errore» del premier Mario Monti per il mancato sostegno a Roma e non ammise la sconfitta: «Ci riproveremo con i Giochi del 2024», disse. A chi poi gli ha imputato di aver avallato un sistema di consulenze d'oro durante il mandato, ha risposto bollando le accuse come «false e diffamatorie».
IL CROLLO NEI SONDAGGI. Infine, con l'ultima bufera, la presunta tangente che sarebbe passata attraverso la sua segreteria, destinata all'acquisto di 45 bus Breda-Menarini per una società del Comune, è sbottato affermando che né lui, né la sua segreteria c'entravano nulla.
Insomma, Alemanno ha provato a smarcarsi in ogni modo dalle polemiche, ma ne è stato inevitabilmente risucchiato. E ne ha risentito, in primo luogo, il grande consenso che aveva accumulato.
Oggi i sondaggi più ottimistici lo danno alla pari con qualsiasi candidato del centrosinistra, che si chiami Enrico Gasbarra, Paolo Gentiloni o David Sassoli.

Nel 2011, 35 omicidi poi calati a 20 nel 2012

Quando vinse le elezioni al grido di «Roma città non sicura», Alemanno appariva all'opinione pubblica come il sindaco-colonnello dalla schiena dritta che avrebbe raddrizzato la Capitale. Ma proprio sulla sicurezza è iniziata a vacillare l'efficienza del centrodestra.
L'avanzata della criminalità in città è stata infatti una delle tegole che si è abbattuta con più forza sul Campidoglio. Un'escalation culminata con i 35 omicidi nel 2011: per una metropoli di 2,7 milioni di abitanti, vuol dire più di un morto ogni 100 mila abitanti.
La situazione è leggermente migliorata nel 2012 quando i morti ammazzati sono stati 'solo' 20. Omicidi che si riferiscono a regolamenti di conti o a vere e proprie spedizioni punitive di piccole bande che agiscono per conto delle 'ndrine calabresi.

L'NDRANGHETA NELLA CAPITALE. Queste ultime mettono radici sopratutto nei quartieri periferici della Capitale, dislocati lungo il Grande raccordo anulare. Ne sarebbero attive una dozzina secondo l'Antimafia.

La Dia, nell'ultimo rapporto del 30 gennaio 2013, ha parlato di «situazione particolarmente critica, si balla sul limite di un precipizio», in merito alla penetrazione della 'ndrangheta a Roma, che controlla «locali pubblici, bar, ristoranti». Nella stessa giornata è stato annunciato il sequestro di beni per 20 milioni di euro nella Capitale, tutti riconducibili alle cosche calabresi.
Il sindaco già nel novembre 2011 riconosceva che «le bande territoriali sono più attive e virulente del solito e hanno un contatto diretto con la grande criminalità organizzata, che rifornisce la droga» e «c’è il rischio che le due componenti entrino in contatto e cerchino una legittimazione, come avvenne per la Banda della Magliana. Se avviene questo contatto avremo il problema di una criminalità di stampo mafioso a Roma».

ALLARME MICROCRIMINALITÀ. Inoltre c'è una situazione poco felice anche sotto l'aspetto della microcriminalità: scippi e rapine sono all'ordine del giorno anche in pieno centro.

Alemanno non è riuscito a debellare il fenomeno dei baby-borseggiatori di etnia rom che portano a segno i loro colpi soprattutto nelle stazioni più centrali della metropolitana.
D'altro canto parlano i numeri: nella classifica stilata nel 2012 dal Viminale, Roma e provincia sono balzate a 257.434 denunce per reati come borseggi, furti, rapine, (con un aumento di circa l'8% rispetto al 2010), dietro solo alla provincia di Milano.
Il sindaco ha però snocciolato altri numeri, scorporando il dato romano: «Dal 2007 al 2011 i reati nella nostra città sono calati da 225.774 a 194.945, con una riduzione del 14%», si difendeva ad agosto 2012.

La vicenda di clientelismo nella 'Parentopoli romana'

L'immagine del primo cittadino è stata poi scalfita dal doppio scandalo della cosiddetta 'Parentopoli romana'.
Va detto che Alemanno non è stato mai indagato, ma è uscito con le ossa rotta da una vicenda di clientelismo, che ha coinvolto le principali aziende municipalizzata della città (Ama e Atac).
All'Ama, che si occupa di raccogliere e smaltire i rifiuti di Roma, è finito nell'occhio del ciclone il reclutamento, dopo le elezioni del 2008, di 841 nuovi dipendenti su chiamata diretta. A partire dal 2008, sono stati assunti, tra gli altri, il genero dell'ormai ex amministratore delegato Franco Panzironi, braccio operativo della Fondazione alemanniana Nuova Italia e la figlia del caposcorta del sindaco, Giorgio Marinelli.
Nel dicembre 2012 Panzironi è stato rinviato a giudizio con altre sette persone per le assunzioni irregolari: l'accusa, per tutti, è abuso d'ufficio.

ASSUNZIONE DI PARENTI IN ATAC. Il secondo capitolo della «parentopoli» capitolina ha riguardato l'Atac, società del trasporto pubblico romano che, dopo il voto che ha incoronato Alemanno, ha imbarcato 854 dipendenti, sempre per chiamata diretta.

La scrematura operata dal magistrato Francesco Dall’Olio ha portato a evidenziare 41 casi, tutti di persone assunte in violazione della legge Brunetta (mancanza di requisiti idonei). Otto gli indagati, tutti per abuso d’ufficio, tra cui l’attuale assessore all’Ambiente del Comune di Roma Marco Visconti per la vicenda dell'assunzione della moglie, Barbara Pesimena, a capo del presidio «Gestione eventi sanitari» con uno stipendio lordo di 73 mila euro l’anno.

La gestione dell'emergenza maltempo a febbraio 2012

Altra vicenda che ha macchiato l'operato dell'amministrazione Alemanno è stata la gestione dell'emergenza maltempo nel febbraio 2012.
Trenta centimetri di neve scatenarono il caos in città, paralizzando traffico e trasporti. Ne nacque uno scontro aspro tra il sindaco e il capo della Protezione civile Franco Gabrielli che affermava «di avere alcuni dubbi sulla adeguatezza del sistema antineve della Capitale», mentre l'opposizione chiedeva a gran voce le dimissioni di Alemanno.
Infine, alle lamentele della gente rimasta bloccata in casa, il primo cittadino rispondeva invitando tutta la cittadinanza a spalare la neve con le pale fornite dal Comune.

IL NO DEL PREMIER SULL'OLIMPIADE. Sempre a febbraio 2012 è datata la mancata candidatura di Roma all'Olimpiade del 2020.

L'amministrazione aveva puntato con decisione a ottenere il via libera del governo per l'evento sportivo. Il dossier olimpico sembrava avere buone possibilità di vittoria, sia per il credito che la Città eterna vanta con il Cio - la candidatura di Roma è già stata bocciata quando era sindaco Rutelli - sia per l’assenza di valide alternative. Inoltre Alemanno aveva ottenuto anche il sostegno unanime del parlamento.
Ma dopo un’attenta valutazione dei costi e dei benefici legati all’operazione, Monti decise che lo Stato, impegnato in una frettolosa e rigida operazione di rientro del debito pubblico, non era nelle condizioni di supportare la candidatura della Capitale ai Giochi.

BOOM DI CONSULENZE D'ORO. Altra nota dolente sono le consulenze d'oro. Il Campidoglio avrebbe speso infatti 20,7 milioni di euro per pagare i consulenti esterni: ben 1.020 dal 2010 al 2012.

Nonostante un numero cospicuo di dipendenti (25 mila), sembra infatti che Alemanno non riesca a fare a meno di ricorrere a questa pratica. Un paradosso, se si ricordano i suoi proclami del 6 maggio 2008: «Tagliando le consulenze d'oro del Comune, si può abolire il 30% dell'Ici sulla prima casa», diceva allora il sindaco. Che ha proposto, insieme con l'assessore al bilancio Carmine Lamanda, numeri diversi da quelli pubblicati dalla stampa: «Negli ultimi due anni Roma Capitale ha pagato per studi e consulenze 299.735,02 euro in tutto».

LA GRANA DELLE MAZZETTE. Ultima in ordine di tempo, è stata la bufera su una commessa da 20 milioni di euro del 2009 per l'acquisto di 40 bus da parte di Roma Metropolitane, società del Comune di Roma. Appalto che sarebbe stato subordinato, secondo la procura capitolina, a una maxi tangente da 600 mila euro realizzata tramite il meccanismo delle sovrafatturazioni.

Un imprenditore veneto, Edoardo D'Incà Levis, arrestato a gennaio, ha detto agli inquirenti che il suo ruolo nella vicenda è stato quello di procacciare il denaro in nero attraverso il quale la Breda Menarini, una delle aziende fornitrice dei bus, avrebbe pagato la mazzetta. Da consegnare alla segreteria di Alemanno.
Il sindaco ha, però, respinto ogni addebito: «La mia segreteria non ha mai preso denaro e non ha mai interferito negli appalti».  


Che farsa: ci hanno rovinati, e vogliono pure il voto utile


Che farsa: ci hanno rovinati, e vogliono pure il voto utile


È tornato lo spread, è tornata la Germania, sono tornati rigore ed austerità. Sembravano scomparsi da questa penosa campagna elettorale. Le principali forze politiche, dopo aver governato assieme per più di un anno, appena iniziato lo spettacolo televisivo del voto, se ne erano dimenticate. Sembrava una villeggiatura, quelle dove si cerca di staccare dalle preoccupazioni quotidiane. Magari una villeggiatura a Cortina visto che si parlava solo di tasse. Forse si sperava che questa vacanza dalla realtà durasse fino al 27 febbraio, invece è finita prima. Non sono solo le vendite di tappeti in saldo di Berlusconi, lo scandalo della banca senese, le incertezze per il Senato a far ripartire la cosiddetta sfiducia dei mercati.
Il regime politico informativo oggi dominante, anch’esso in vacanza sulle Alpi, oggi fa lo scandalizzato, ma è colpevole come i partiti della grande Bersanifinzione e ancora una volta depista dalla realtà. Che è molto semplice e brutale: la crisi economica si è aggravata e si aggraverà in Italia e in tutta Europa e i mercati lo sanno. Il numero reale di disoccupati nel nostro paese sfiora i cinque milioni. Decine di migliaia di studenti universitari mancano all’appello, eppure la lotta alla disoccupazione di massa e la catastrofe della pubblica istruzione non sono entrate nello spettacolo elettorale. Non è un caso. Centrodestra e centrosinistra hanno governato, assieme ora e nel passato in alternanza, sulla base degli stessi principi liberisti di fondo. Hanno approvato la controriforma delle pensioni e dell’articolo 18, il pareggio costituzionale di bilancio e il Fiscal Compact.
Cioè hanno già definito i capisaldi di una politica economica di rigore e massacro sociale che ha prodotto la depressione economica più grave dagli anni trenta del secolo scorso. Non solo, ma si sono impegnati a continuarla, al di là delle battute elettorali. L’ultimo voto attuativo del pareggio di bilancio c’è stato alla Camera a fine dicembre scorso ed è stato unanime. Con buona pace di Vendola, ha ragione Bersani quando afferma che nella carta dei principi di “Italia Bene Comune” tutto il centrosinistra è impegnato a rispettare i patti che sanciscono rigore ed austerità. Il governo, assieme a Monti, è dunque una concreta possibilità alla luce del sole dei programmi di Giorgio Cremaschifondo, e non degli accordi sottobanco. Bersani e Monti sono destinati a governare assieme perché così vogliono lo spread e chi lo governa.
La dimenticanza di disoccupazione e scuola non è dunque solo frutto di una rimozione, ma ha qualcosa di consapevole. Con i vincoli che si sono assunti non c’è alcuno spazio per creare davvero lavoro dignitoso o finanziare la formazione pubblica. Non ci sono i soldi, meglio parlare d’altro finché si può. O forse è peggio ancora, cioè si preferisce non dire cosa si farà davvero per mantenere i patti che si sono sottoscritti, altre manovre e altri tagli sono rinviati a dopo il voto. Certo che sarebbero necessarie invece elezioni-verità. Si sarebbe dovuto chiedere ai cittadini di scegliere tra la continuità della austerità e del rigore, con i costi sociali che comporta, o la rottura con essa. Un vero scontro tra via liberista e di mercato e via pubblica ed egualitaria per affrontare tare la crisi: questo sarebbe servito, questo sarebbe stato un segno di verademocrazia, un confronto elettorale utile. Ma questo scontro avrebbe frantumato i principali schieramenti e messo incrisi i loro gruppi dirigenti e, nel paese del trasformismo e del “ma anche”, sperare questo per ora è una pura utopia. Così Bersani, Monti e Berlusconi sono andati avanti a litigare sulle spese della villeggiatura, finché la brutalità dellacrisi li ha interrotti. E hanno anche il coraggio di chiedere il voto utile, utile a che

Meglio essere informati e fare scelte consapevoli. Fate girare! grazie.


Meglio essere informati e fare scelte consapevoli. Fate girare!
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BARILLA non è più italiana ma americana e usa grano con tassi di micotossine altissimo (ammuffito), derivante da lunghi stoccaggi al prezzo più basso possibile. L'UE nel 2006 ha alzato con un colpo di mano i livelli accettati di micotossine presenti nel grano duro, di modo che tanti paesi potranno produrre grano duro in climi non adatti badando solo alla quantità, distruggendo i contadini del sud Italia il cui grano non contiene micotossine e portando al fallimento le industrie sementiere mediterranee. Per esportare pasta in USA (Canada) il grano deve avere un tasso di micotossine di circa la metà di quello che la UE accetta per le importazioni di grano duro dagli stessi paesi, così succede che i prezzi internazionali del grano duro crollano. I commercianti italiani e i monopolisti internazionali acquistano al prezzo più basso possibile da contadini che hanno bisogno di soldi perpagare i debiti, per poi speculare quando tutto il grano è nei loro magazzini (ammuffito)- gli stessi commercianti esportano il grano migliore 
italiano all'estero lucrandoci sul prezzo e importano grano ammuffito e radioattivo dall'estero per avvelenare il pane e la pasta venduti in Italia.
Boicottare la Barilla è cosa saggia perchè dobbiamo comprare solo 
pasta da grano duro coltivato in Italia e Biologico, senza micotossine, 
né pesticidi né OGM.
*Barilla è presente anche con i seguenti marchi: Motta, Essere, Gran Pavesi, le Tre Marie, le Spighe, Mulino Bianco, Pavesini, Voiello, Panem.

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Dott.ssa Giuliana Icardi
Universita' del Piemonte Orientale - Biblioteca DiGSPES "N. Bobbio"
Via Cavour, 84  15121 Alessandria  Italia