Elezioni a Roma: le beghe di Alemanno
Una corsa, però, che si presenta in salita. Nel 2008, quando fu eletto battendo Francesco Rutelli, la forza e la popolarità del giovane rampollo del Popolo della libertà, ex di Alleanza nazionale, erano molto elevate. Poi nel corso del quinquennio si sono incrinate perché la sua amministrazione ha dovuto fronteggiare veleni, scandali, rimpasti, e gestioni poco lungimiranti.
ROMA INSICURA, COLPA DELLO STATO. Alemanno ha provato a schivare i colpi e persino di fronte alla città poco sicura afflitta dalle infiltrazioni mafiose e dall'ondata di omicidi del 2011, ha tentato di sdoganarsi da ogni responsabilità, parlando piuttosto di risposte «inadeguate» dello Stato.
Invece, quando si è scatenata la bufera della 'parentopoli romana', le assunzioni clientelari nelle aziende municipalizzate Ama e Atac, ha sempre ribadito che «i processi si fanno in tribunale e non sui giornali».
CONTRO MONTI PER I GIOCHI DEL 2020. Contro il sindaco ci si è messo pure il maltempo. Un caso su tutti, la nevicata del febbraio 2012 che paralizzò Roma. Il primo cittadino respinse ogni accusa e se la prese con la Protezione civile e il ministero dell'Interno.
Nei giorni in cui si consumava il flop della mancata candidatura della città all'Olimpiade del 2020, Alemanno parlò di «errore» del premier Mario Monti per il mancato sostegno a Roma e non ammise la sconfitta: «Ci riproveremo con i Giochi del 2024», disse. A chi poi gli ha imputato di aver avallato un sistema di consulenze d'oro durante il mandato, ha risposto bollando le accuse come «false e diffamatorie».
IL CROLLO NEI SONDAGGI. Infine, con l'ultima bufera, la presunta tangente che sarebbe passata attraverso la sua segreteria, destinata all'acquisto di 45 bus Breda-Menarini per una società del Comune, è sbottato affermando che né lui, né la sua segreteria c'entravano nulla.
Insomma, Alemanno ha provato a smarcarsi in ogni modo dalle polemiche, ma ne è stato inevitabilmente risucchiato. E ne ha risentito, in primo luogo, il grande consenso che aveva accumulato.
Oggi i sondaggi più ottimistici lo danno alla pari con qualsiasi candidato del centrosinistra, che si chiami Enrico Gasbarra, Paolo Gentiloni o David Sassoli.
Nel 2011, 35 omicidi poi calati a 20 nel 2012
Quando vinse le elezioni al grido di «Roma città non sicura», Alemanno appariva all'opinione pubblica come il sindaco-colonnello dalla schiena dritta che avrebbe raddrizzato la Capitale. Ma proprio sulla sicurezza è iniziata a vacillare l'efficienza del centrodestra.
L'avanzata della criminalità in città è stata infatti una delle tegole che si è abbattuta con più forza sul Campidoglio. Un'escalation culminata con i 35 omicidi nel 2011: per una metropoli di 2,7 milioni di abitanti, vuol dire più di un morto ogni 100 mila abitanti.
La situazione è leggermente migliorata nel 2012 quando i morti ammazzati sono stati 'solo' 20. Omicidi che si riferiscono a regolamenti di conti o a vere e proprie spedizioni punitive di piccole bande che agiscono per conto delle 'ndrine calabresi.
L'NDRANGHETA NELLA CAPITALE. Queste ultime mettono radici sopratutto nei quartieri periferici della Capitale, dislocati lungo il Grande raccordo anulare. Ne sarebbero attive una dozzina secondo l'Antimafia.
La Dia, nell'ultimo rapporto del 30 gennaio 2013, ha parlato di «situazione particolarmente critica, si balla sul limite di un precipizio», in merito alla penetrazione della 'ndrangheta a Roma, che controlla «locali pubblici, bar, ristoranti». Nella stessa giornata è stato annunciato il sequestro di beni per 20 milioni di euro nella Capitale, tutti riconducibili alle cosche calabresi.
Il sindaco già nel novembre 2011 riconosceva che «le bande territoriali sono più attive e virulente del solito e hanno un contatto diretto con la grande criminalità organizzata, che rifornisce la droga» e «c’è il rischio che le due componenti entrino in contatto e cerchino una legittimazione, come avvenne per la Banda della Magliana. Se avviene questo contatto avremo il problema di una criminalità di stampo mafioso a Roma».
ALLARME MICROCRIMINALITÀ. Inoltre c'è una situazione poco felice anche sotto l'aspetto della microcriminalità: scippi e rapine sono all'ordine del giorno anche in pieno centro.
Alemanno non è riuscito a debellare il fenomeno dei baby-borseggiatori di etnia rom che portano a segno i loro colpi soprattutto nelle stazioni più centrali della metropolitana.
D'altro canto parlano i numeri: nella classifica stilata nel 2012 dal Viminale, Roma e provincia sono balzate a 257.434 denunce per reati come borseggi, furti, rapine, (con un aumento di circa l'8% rispetto al 2010), dietro solo alla provincia di Milano.
Il sindaco ha però snocciolato altri numeri, scorporando il dato romano: «Dal 2007 al 2011 i reati nella nostra città sono calati da 225.774 a 194.945, con una riduzione del 14%», si difendeva ad agosto 2012.
La vicenda di clientelismo nella 'Parentopoli romana'
L'immagine del primo cittadino è stata poi scalfita dal doppio scandalo della cosiddetta 'Parentopoli romana'.
Va detto che
Alemanno non è stato mai indagato, ma è uscito con le ossa rotta da una vicenda di clientelismo, che ha coinvolto le principali aziende municipalizzata della città (Ama e Atac).
All'Ama, che si occupa di raccogliere e smaltire i rifiuti di Roma, è finito nell'occhio del ciclone il reclutamento, dopo le elezioni del 2008, di 841 nuovi dipendenti su chiamata diretta. A partire dal 2008, sono stati assunti, tra gli altri, il genero dell'ormai ex amministratore delegato Franco Panzironi, braccio operativo della Fondazione alemanniana Nuova Italia e la figlia del caposcorta del sindaco, Giorgio Marinelli.
Nel dicembre 2012 Panzironi è stato rinviato a giudizio con altre sette persone per le assunzioni irregolari: l'accusa, per tutti, è abuso d'ufficio.
ASSUNZIONE DI PARENTI IN ATAC. Il secondo capitolo della «parentopoli» capitolina ha riguardato l'Atac, società del trasporto pubblico romano che, dopo il voto che ha incoronato Alemanno, ha imbarcato 854 dipendenti, sempre per chiamata diretta.
La scrematura operata dal magistrato Francesco Dall’Olio ha portato a evidenziare 41 casi, tutti di persone assunte in violazione della legge Brunetta (mancanza di requisiti idonei). Otto gli indagati, tutti per abuso d’ufficio, tra cui l’attuale assessore all’Ambiente del Comune di Roma Marco Visconti per la vicenda dell'assunzione della moglie, Barbara Pesimena, a capo del presidio «Gestione eventi sanitari» con uno stipendio lordo di 73 mila euro l’anno.
La gestione dell'emergenza maltempo a febbraio 2012
Altra vicenda che ha macchiato l'operato dell'amministrazione Alemanno è stata la gestione dell'emergenza maltempo nel febbraio 2012.
Trenta centimetri di neve scatenarono il caos in città, paralizzando traffico e trasporti. Ne nacque uno scontro aspro tra il sindaco e il capo della Protezione civile Franco Gabrielli che affermava «di avere alcuni dubbi sulla adeguatezza del sistema antineve della Capitale», mentre l'opposizione chiedeva a gran voce le dimissioni di Alemanno.
Infine, alle lamentele della gente rimasta bloccata in casa, il primo cittadino rispondeva invitando tutta la cittadinanza a spalare la neve con le pale fornite dal Comune.
IL NO DEL PREMIER SULL'OLIMPIADE. Sempre a febbraio 2012 è datata la mancata candidatura di Roma all'Olimpiade del 2020.
L'amministrazione aveva puntato con decisione a ottenere il via libera del governo per l'evento sportivo. Il dossier olimpico sembrava avere buone possibilità di vittoria, sia per il credito che la Città eterna vanta con il Cio - la candidatura di Roma è già stata bocciata quando era sindaco Rutelli - sia per l’assenza di valide alternative. Inoltre Alemanno aveva ottenuto anche il sostegno unanime del parlamento.
Ma dopo un’attenta valutazione dei costi e dei benefici legati all’operazione, Monti decise che lo Stato, impegnato in una frettolosa e rigida operazione di rientro del debito pubblico, non era nelle condizioni di supportare la candidatura della Capitale ai Giochi.
BOOM DI CONSULENZE D'ORO. Altra nota dolente sono le consulenze d'oro. Il Campidoglio avrebbe speso infatti 20,7 milioni di euro per pagare i consulenti esterni: ben 1.020 dal 2010 al 2012.
Nonostante un numero cospicuo di dipendenti (25 mila), sembra infatti che Alemanno non riesca a fare a meno di ricorrere a questa pratica. Un paradosso, se si ricordano i suoi proclami del 6 maggio 2008: «Tagliando le consulenze d'oro del Comune, si può abolire il 30% dell'Ici sulla prima casa», diceva allora il sindaco. Che ha proposto, insieme con l'assessore al bilancio Carmine Lamanda, numeri diversi da quelli pubblicati dalla stampa: «Negli ultimi due anni Roma Capitale ha pagato per studi e consulenze 299.735,02 euro in tutto».
LA GRANA DELLE MAZZETTE. Ultima in ordine di tempo, è stata la bufera su una commessa da 20 milioni di euro del 2009 per l'acquisto di 40 bus da parte di Roma Metropolitane, società del Comune di Roma. Appalto che sarebbe stato subordinato, secondo la procura capitolina, a una maxi tangente da 600 mila euro realizzata tramite il meccanismo delle sovrafatturazioni.
Un imprenditore veneto, Edoardo D'Incà Levis, arrestato a gennaio, ha detto agli inquirenti che il suo ruolo nella vicenda è stato quello di procacciare il denaro in nero attraverso il quale la Breda Menarini, una delle aziende fornitrice dei bus, avrebbe pagato la mazzetta. Da consegnare alla segreteria di Alemanno.
Il sindaco ha, però, respinto ogni addebito: «La mia segreteria non ha mai preso denaro e non ha mai interferito negli appalti».