mercoledì 5 dicembre 2012
Casa, obbligo di assicurazione contro eventi climatici estremi. Dal governo nuova stangata
Casa, obbligo di assicurazione contro eventi climatici estremi. Dal governo nuova stangata
Il Governo Dopo aver regalato la RCA(senza un dovuto controllo) alle compagnie adesso si regala anche questo!!vi assicuro che adesso i costi per una assicurazione sulla casa saliranno alle stelle!!!!
Assicurazione obbligatoria sulla casa contro i rischi di eventi climatici estremi: è quanto prevede un disegno di legge introdotto nella bozza sulle "Linee strategiche per l’adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile e la messa in sicurezza del territorio" che il ministro dell'Ambiente Corrado Clini ha inviato al Cipe. Nella bozza, come misure urgenti, vengono attivate le Autorità distrettuali di bacino idrografico, le quali da sei anni avrebbero dovuto sostituire le vecchie Autorità di bacino soppresse dalla legge 152 del 2006. Inoltre compare anche il "divieto immediato di abitare o lavorare nelle zone ad altissimo rischio idrogeologico".
Le proteste dei consumatori - Il provvedimento contenuto nella bozza inviata dal ministro Clini, secondo il Codacons, rappresenta una "proposta assurda, che avrà come unico risultato quello di arricchire le casse delle imprese assicuratrici". "Qualora dovesse passare questo provvedimento, si tratterebbe di un enorme regalo che il Governo fa alle compagnie di assicurazioni - afferma il presidente dell'associazione dei consumatori, Carlo Rienzi -. Se le case infatti sono costruite nel rispetto delle leggi e in aree sicure, è assurdo costringere i cittadini ad una polizza obbligatoria contro le calamità". "Inoltre - prosegue Rienzi - in assenza di tariffe calmierate imposte dallo Stato, si determinerebbe una abnorme disparità: da un lato l'obbligo per i cittadini di assicurare un immobile, dall'altro la totale libertà delle compagnie di assicurazioni di applicare le tariffe che preferiscono, con crescite abnormi di anno in anno come avvenuto per l’rc auto". Di certo c'è che tra aumento delle bollette energetiche e Imu, la casa rischia di diventare per gli italiani un vero e proprio bene di lusso.
Bravo Monti non è cambiato nulla ..anzi..Corruzione: Transparency Italia 72/a, scende 3 posti
Corruzione: Transparency Italia 72/a, scende 3 posti
L'Italia e la Grecia peggiorano nella classifica pubblicata nel consueto rapporto annuale
L'Italia e la Grecia peggiorano nella classifica della corruzione pubblicata nel consueto rapporto annuale di Transparency International. I due paesi sono rispettivamente al 72/o e al 94/o posto della graduatoria mondiale, con solo 42 e 36 punti (da un massimo di 100 a un minimo di zero) e perdono rispettivamente tre e 14 posti rispetto all'anno passato. Il nostro paese ha un livello di corruzione equivalente a quello della Tunisia (41 punti), mentre la Grecia eguaglia la Colombia. L'organizzazione responsabile dello studio nota che la corruzione colpisce ''in quei paesi piu' affetti'' dalla crisi economica e finanziaria. Meno duramente colpite dalla crisi stessa, Germania e Francia si piazzano rispettivamente 13/a e 22/a con punteggi superiori a 70. Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda sono i paesi piu' virtuosi e raggiungono i 90 punti. Afghanistan, Corea del Nord e Somalia occupano la 174/a e ultima posizione della classifica con soli 8 punti.
Italia,non perdiamo questa occasione,«Il grano è il nuovo petrolio» Il guru dell'ambientalismo Lester Brown racconta le Ilva americane. E spiega perché i cereali decidono la geopolitica.
«Il grano è il nuovo petrolio»
Il guru dell'ambientalismo Lester Brown racconta le Ilva americane. E spiega perché i cereali decidono la geopolitica.
cronisti se ne stanno appollaiati in cerchio, attorno al cono di luce della telecamera. In attesa paziente del loro turno, hanno il tempo di osservarlo nei dettagli, impegnato a scavare l'aria con ampi movimenti delle mani per trasmettere al mondo un senso di urgenza.
Ai piedi, lasciati fuori dall'inquadratura, ha comode scarpe da ginnastica, su cui scivolano pantaloni talmente larghi da sembrare una tuta, camicia bianca e una sobria giacca da smoking, adatta alla cornice televisiva di uno show americano.
A 78 anni Lester Brown è uso al meccanismo mediatico e se lo fa cucire addosso di buon grado. Accettandolo, si direbbe, come corollario alla sua missione.
UNA VITA PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE. Presidente dell'Earth Policy Institute di Washington, tra i più importanti enti di ricerca impegnati nella lotta al cambiamento climatico, nel 1974 fondò il Worldwatch Institute, il primo a occuparsi dell'emergenza ambientale. In trent'anni di lavoro, ha elaborato un 'piano B' per l'economia globale: un progetto per riconvertire il capitalismo allo sviluppo sostenibile. Oggi combina formule scientifiche, acqua e vento, sacchi di riso e vasche di sabbia, e li sintetizza in slogan e appelli all'azione.
SCENARI DI GUERRA PER LE TERRE DA COLTIVARE. Il suo ultimo saggio, Nove miliardi di posti a tavola, descrive un pianeta governato dal prezzo del grano. Guerre a venire per le falde acquifere e le terre da coltivare: «Una lotta tra i grandi investitori e le masse dei contadini dei Paesi emergenti», ha spiegato a Lettera43.it. Con voce ferma, racconta cosa ci aspetta se non si ridurranno le emissioni inquinanti. E comincia dai fumi densi dell'Ilva di Taranto.
DOMANDA. Un settore strategico per l'economia è causa di un disastro ambientale. Che fare?
RISPOSTA. Non è un unicum. Anche negli Stati Uniti abbiamo una situazione simile.
D. Cioè?
R. Ben 492 centrali a carbone,vecchie di 40, 50 e 60 anni, con tecnologia antiquata e quindi con un livello di emissioni inquinanti molto alto. E quello che abbiamo scoperto è che possiamo chiuderle.
D. Sì, ma i posti di lavoro?
R. Il punto è che negli Stati Uniti muoiono 30 mila persone all'anno a causa dell'inquinamento dell'aria. Parliamo di perdere posti di lavoro, quando in realtà perdiamo vite: le due cose non sono comparabili.
D. Ci dica come avete fatto in America.
R. Grazie alla forza delle organizzazioni ambientaliste circa 120 centrali hanno già chiuso e a livello federale si è arrivati a una moratoria della costruzione di nuovi impianti. Perché la verità è che l'unica cosa che non possiamo fare è continuare business as usual.
D. E come si fa business 'non' usual?
R. Dobbiamo apportare dei profondi cambiamenti all'economia. Il primo è sicuramente la ristrutturazione dell'economia energetica per stabilizzare il cambiamento climatico e riportarlo sotto controllo.
D. Facile dirlo. Ma farlo adesso con la crisi economica globale...
R. Sì, ma non c'è solo la crisi finanziaria. Tra il 2007 e il 2008 abbiamo avuto un'impennata dei prezzi dei cereali, dovuta anche all'aumento delle emissioni e al cambiamento climatico.
D. Si spieghi.
R. È l'effetto della crescita demografica e dell'emergere di nuove potenze. Ogni anno la popolazione mondiale cresce di 80 milioni di individui, oltre 200 mila al giorno. Ci sono 3 miliardi di persone che salgono nella catena alimentare: nella loro dieta aumenta il peso di carne, latte e uova. Ma per produrre alimenti proteici, si investe una quantità molto maggiore di cereali per nutrire il bestiame degli allevamenti.
D. E che c'entra il clima?
R. Il cambiamento climatico diminuisce i terreni da coltivare e aumenta la scarsità di cibo.
D. Ma ce ne siamo accorti solo ora?
R. In realtà è dal 1986 che siamo entrati in una nuova epoca: le nostre riserve di cereali hanno iniziato a scarseggiare. Adesso si è aggiunta anche la bolla tutta negativa dei biocarburanti. Così, dal 2005 a oggi, la domanda di cereali è passata da 21 milioni di tonnellate all'anno a 45 milioni.
D. E i prezzi sono aumentati.
R. I Paesi esportatori hanno avuto paura del rialzo dei prezzi sul mercato interno, e così hanno diminuito l'offerta di derrate agricole nel circuito commerciale globale. I prezzi sono scoppiati e da allora continuano a crescere.
D. Perché?
R. Quando si è registrato lo shock dei cereali, il mondo si è accorto dell'importanza del grano.
D. Importante quanto?
R. Tanto che nel futuro sarà l'indicatore economico principale.
Ai piedi, lasciati fuori dall'inquadratura, ha comode scarpe da ginnastica, su cui scivolano pantaloni talmente larghi da sembrare una tuta, camicia bianca e una sobria giacca da smoking, adatta alla cornice televisiva di uno show americano.
A 78 anni Lester Brown è uso al meccanismo mediatico e se lo fa cucire addosso di buon grado. Accettandolo, si direbbe, come corollario alla sua missione.
UNA VITA PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE. Presidente dell'Earth Policy Institute di Washington, tra i più importanti enti di ricerca impegnati nella lotta al cambiamento climatico, nel 1974 fondò il Worldwatch Institute, il primo a occuparsi dell'emergenza ambientale. In trent'anni di lavoro, ha elaborato un 'piano B' per l'economia globale: un progetto per riconvertire il capitalismo allo sviluppo sostenibile. Oggi combina formule scientifiche, acqua e vento, sacchi di riso e vasche di sabbia, e li sintetizza in slogan e appelli all'azione.
SCENARI DI GUERRA PER LE TERRE DA COLTIVARE. Il suo ultimo saggio, Nove miliardi di posti a tavola, descrive un pianeta governato dal prezzo del grano. Guerre a venire per le falde acquifere e le terre da coltivare: «Una lotta tra i grandi investitori e le masse dei contadini dei Paesi emergenti», ha spiegato a Lettera43.it. Con voce ferma, racconta cosa ci aspetta se non si ridurranno le emissioni inquinanti. E comincia dai fumi densi dell'Ilva di Taranto.
RISPOSTA. Non è un unicum. Anche negli Stati Uniti abbiamo una situazione simile.
D. Cioè?
R. Ben 492 centrali a carbone,vecchie di 40, 50 e 60 anni, con tecnologia antiquata e quindi con un livello di emissioni inquinanti molto alto. E quello che abbiamo scoperto è che possiamo chiuderle.
D. Sì, ma i posti di lavoro?
R. Il punto è che negli Stati Uniti muoiono 30 mila persone all'anno a causa dell'inquinamento dell'aria. Parliamo di perdere posti di lavoro, quando in realtà perdiamo vite: le due cose non sono comparabili.
D. Ci dica come avete fatto in America.
R. Grazie alla forza delle organizzazioni ambientaliste circa 120 centrali hanno già chiuso e a livello federale si è arrivati a una moratoria della costruzione di nuovi impianti. Perché la verità è che l'unica cosa che non possiamo fare è continuare business as usual.
D. E come si fa business 'non' usual?
R. Dobbiamo apportare dei profondi cambiamenti all'economia. Il primo è sicuramente la ristrutturazione dell'economia energetica per stabilizzare il cambiamento climatico e riportarlo sotto controllo.
D. Facile dirlo. Ma farlo adesso con la crisi economica globale...
R. Sì, ma non c'è solo la crisi finanziaria. Tra il 2007 e il 2008 abbiamo avuto un'impennata dei prezzi dei cereali, dovuta anche all'aumento delle emissioni e al cambiamento climatico.
D. Si spieghi.
R. È l'effetto della crescita demografica e dell'emergere di nuove potenze. Ogni anno la popolazione mondiale cresce di 80 milioni di individui, oltre 200 mila al giorno. Ci sono 3 miliardi di persone che salgono nella catena alimentare: nella loro dieta aumenta il peso di carne, latte e uova. Ma per produrre alimenti proteici, si investe una quantità molto maggiore di cereali per nutrire il bestiame degli allevamenti.
D. E che c'entra il clima?
R. Il cambiamento climatico diminuisce i terreni da coltivare e aumenta la scarsità di cibo.
D. Ma ce ne siamo accorti solo ora?
R. In realtà è dal 1986 che siamo entrati in una nuova epoca: le nostre riserve di cereali hanno iniziato a scarseggiare. Adesso si è aggiunta anche la bolla tutta negativa dei biocarburanti. Così, dal 2005 a oggi, la domanda di cereali è passata da 21 milioni di tonnellate all'anno a 45 milioni.
D. E i prezzi sono aumentati.
R. I Paesi esportatori hanno avuto paura del rialzo dei prezzi sul mercato interno, e così hanno diminuito l'offerta di derrate agricole nel circuito commerciale globale. I prezzi sono scoppiati e da allora continuano a crescere.
D. Perché?
R. Quando si è registrato lo shock dei cereali, il mondo si è accorto dell'importanza del grano.
D. Importante quanto?
R. Tanto che nel futuro sarà l'indicatore economico principale.
«Ci sarà la guerra tra l'1% degli investitori e il 99% dei contadini»
D. Quindi, la bolla dei cereali è peggio della bolla finanziaria?
R. È più pericolosa. Abbiamo visto l'impatto della crisi finanziaria e abbiamo dovuto affrontarla. Ma per fronteggiare la crisi alimentare dobbiamo ristrutturare l'intera economia. È possibile: abbiamo la tecnologia. Ma dobbiamo andare molto veloce.
D. Altrimenti?
R. Andiamo verso una crisi idrica, il cosiddetto picco dell'acqua. Noi beviamo quattro litri di acqua al giorno, ma per la produzione di cereali ne usiamo 2 mila.
D. Quindi?
R. C'è chi sta correndo ai ripari. Il primo effetto visibile è l'aumento del fenomeno del land grabbing, cioè l'accaparramento di terre - principalmente in Africa - per sfruttarne le risorse idriche e coltivare i campi.
D. Cosa significa?
R. Significa che milioni di contadini vengono espropriati dei campi senza neanche saperlo. Significa guerre per dighe e fiumi, forse rivoluzioni. E vuol dire anche che ci sarà un braccio di ferro tra l'1% degli investitori globali e il 99% di chi coltiva la terra davvero.
R. Secondo diverse organizzazioni non governative, in Italia hanno iniziato ad investire in terreni agricoli anche banche come Unicredit, Intesa e Monte dei Paschi di Siena
D. Questo dimostra quello che dico: il cibo è il nuovo petrolio e la terra il nuovo oro.
D. Come si inverte il trend? E quanto può costare?
R. Secondo i nostri calcoli, ci vorrebbero solo 200 miliardi: meno della metà del bilancio annuale della Difesa americana.
D. Da impiegare come?
R. Io lo paragono a Pearl Harbour.
D. Non sembra di buon auspicio.
R. Bè, il presidente Franklin Delano Roosvelt impose il blocco al settore automobilistico. Disse semplicemente: l'America non ha più bisogno di automobili, vieteremo le vendite. E obbligò l'industria a convertire la produzione in aerei militari. Senza possibilità di scelta.
D. Siamo nella stessa situazione?
R. Ogni tanto ci penso. L'ultima volta scendendo all'aeroporto di Seattle ho visto un aereo mastodontico con le sue ali d'acciaio e ho riflettuto: riuscirono a fabbricarne 129 mila in soli due anni, vinsero la guerra e gli Stati Uniti uscirono dalla depressione.
D. Dovremmo fare lo stesso?
R. Quello che non possiamo fare è continuare come prima. Forse non è necessario un cambiamento così repentino, ma rapido sì.
D. Anche perché la guerra è un'altra cosa.
R. In realtà il paragone è corretto. Solo che abbiamo ancora un concetto di “sicurezza” legato al passato.
R. È più pericolosa. Abbiamo visto l'impatto della crisi finanziaria e abbiamo dovuto affrontarla. Ma per fronteggiare la crisi alimentare dobbiamo ristrutturare l'intera economia. È possibile: abbiamo la tecnologia. Ma dobbiamo andare molto veloce.
D. Altrimenti?
R. Andiamo verso una crisi idrica, il cosiddetto picco dell'acqua. Noi beviamo quattro litri di acqua al giorno, ma per la produzione di cereali ne usiamo 2 mila.
D. Quindi?
R. C'è chi sta correndo ai ripari. Il primo effetto visibile è l'aumento del fenomeno del land grabbing, cioè l'accaparramento di terre - principalmente in Africa - per sfruttarne le risorse idriche e coltivare i campi.
D. Cosa significa?
R. Significa che milioni di contadini vengono espropriati dei campi senza neanche saperlo. Significa guerre per dighe e fiumi, forse rivoluzioni. E vuol dire anche che ci sarà un braccio di ferro tra l'1% degli investitori globali e il 99% di chi coltiva la terra davvero.
R. Secondo diverse organizzazioni non governative, in Italia hanno iniziato ad investire in terreni agricoli anche banche come Unicredit, Intesa e Monte dei Paschi di Siena
D. Questo dimostra quello che dico: il cibo è il nuovo petrolio e la terra il nuovo oro.
D. Come si inverte il trend? E quanto può costare?
R. Secondo i nostri calcoli, ci vorrebbero solo 200 miliardi: meno della metà del bilancio annuale della Difesa americana.
D. Da impiegare come?
R. Io lo paragono a Pearl Harbour.
D. Non sembra di buon auspicio.
R. Bè, il presidente Franklin Delano Roosvelt impose il blocco al settore automobilistico. Disse semplicemente: l'America non ha più bisogno di automobili, vieteremo le vendite. E obbligò l'industria a convertire la produzione in aerei militari. Senza possibilità di scelta.
D. Siamo nella stessa situazione?
R. Ogni tanto ci penso. L'ultima volta scendendo all'aeroporto di Seattle ho visto un aereo mastodontico con le sue ali d'acciaio e ho riflettuto: riuscirono a fabbricarne 129 mila in soli due anni, vinsero la guerra e gli Stati Uniti uscirono dalla depressione.
D. Dovremmo fare lo stesso?
R. Quello che non possiamo fare è continuare come prima. Forse non è necessario un cambiamento così repentino, ma rapido sì.
D. Anche perché la guerra è un'altra cosa.
R. In realtà il paragone è corretto. Solo che abbiamo ancora un concetto di “sicurezza” legato al passato.
«Il concetto di sicurezza va cambiato: l'instabilità politica dipende dal cibo»
D. Cosa intende?
R. I governi hanno come primo obiettivo la sicurezza. Nel 900, che ha avuto due conflitti mondiali e una Guerra fredda, il concetto era militare. E noi lo abbiamo ereditato senza modifiche.
D. Ma?
R. Le minacce attuali sono diverse. Si chiamano crescita demografica e cambiamento climatico, scarsità idrica e alimentare e quindi crescente instabilità politica. Questo è lo scenario in cui si gioca la sicurezza degli Stati del terzo millennio.
D. Quindi che misure propone?
R. Bisogna ridisegnare l'economia.Applicare una riforma fiscale verde: spostare le tasse dal reddito ai costi ambientali, per esempio. Ma soprattutto ristrutturare l'energia.
D. Cioè?
R. Meno macchine e più pale eoliche. Le rinnovabili stanno facendo molto di più di quello che pensavamo.
D. Crede nella rivoluzione all'idrogeno?
R. Negli Usa ci sono state delle sperimentazioni. Ma non è successo quasi nulla, l'economia all'idrogeno non si è realizzata. Soprattutto se comparata con l'effetto degli investimenti in celle solari o impianti eolici.
D. C'è chi propone di abbandonare l'agricoltura industriale.
R. Penso che il modello della coltivazione organica sia positivo e che nei piccoli centri possa diffondersi. Però non abbiamo scelta in termini di sostenibilità globale: dobbiamo nutrire 7 miliardi di persone nel pianeta.
D. Insomma i Paesi devono usare la tecnologia per provare a migliorare le rese agricole.
R. Sì, anche se ci sono nazioni come il Giappone e la Corea del Sud, la Francia, la Germania e la Gran Bretagna dove si è già raggiunto il massimo della resa. L'innovazione tecnologica qui non funziona più come moltiplicatore della produzione, ha raggiunto il suo limite.
D. E cosa si può fare?
R. Bisogna aumentare l'efficienza del coltivato, scegliere per esempio i cereali che impiegano meno acqua, quindi il frumento piuttosto che il riso.
D. E le biotecnologie agrarie, gli ogm?
R. Gli ogm possono essere usati in diversi modi. Non si può generalizzare.
D. Cioè?
R. Facciamo un esempio: un campo di cotone infestato di insetti che distruggono il raccolto. Posso riempire il campo di pesticidi: uccido gli insetti e aumento l'inquinamento. Oppure usare gli ogm per creare una semente di cotone resistente agli insetti ed evitare quindi la diffusione di pesticidi nell'ambiente.
D. Ma la biodiversità?
R. È ovvio che c'è anche l'esempio negativo: spargo gli erbicidi in un campo di soia. E uso le biotecnologie per ottenere semi di soia resistenti a quegli stessi erbicidi. Qui ho un impatto sia sulla biodiversità che un maggiore inquinamento: quindi nessun beneficio.
R. I governi hanno come primo obiettivo la sicurezza. Nel 900, che ha avuto due conflitti mondiali e una Guerra fredda, il concetto era militare. E noi lo abbiamo ereditato senza modifiche.
D. Ma?
R. Le minacce attuali sono diverse. Si chiamano crescita demografica e cambiamento climatico, scarsità idrica e alimentare e quindi crescente instabilità politica. Questo è lo scenario in cui si gioca la sicurezza degli Stati del terzo millennio.
D. Quindi che misure propone?
R. Bisogna ridisegnare l'economia.Applicare una riforma fiscale verde: spostare le tasse dal reddito ai costi ambientali, per esempio. Ma soprattutto ristrutturare l'energia.
D. Cioè?
R. Meno macchine e più pale eoliche. Le rinnovabili stanno facendo molto di più di quello che pensavamo.
D. Crede nella rivoluzione all'idrogeno?
R. Negli Usa ci sono state delle sperimentazioni. Ma non è successo quasi nulla, l'economia all'idrogeno non si è realizzata. Soprattutto se comparata con l'effetto degli investimenti in celle solari o impianti eolici.
D. C'è chi propone di abbandonare l'agricoltura industriale.
R. Penso che il modello della coltivazione organica sia positivo e che nei piccoli centri possa diffondersi. Però non abbiamo scelta in termini di sostenibilità globale: dobbiamo nutrire 7 miliardi di persone nel pianeta.
D. Insomma i Paesi devono usare la tecnologia per provare a migliorare le rese agricole.
R. Sì, anche se ci sono nazioni come il Giappone e la Corea del Sud, la Francia, la Germania e la Gran Bretagna dove si è già raggiunto il massimo della resa. L'innovazione tecnologica qui non funziona più come moltiplicatore della produzione, ha raggiunto il suo limite.
D. E cosa si può fare?
R. Bisogna aumentare l'efficienza del coltivato, scegliere per esempio i cereali che impiegano meno acqua, quindi il frumento piuttosto che il riso.
D. E le biotecnologie agrarie, gli ogm?
R. Gli ogm possono essere usati in diversi modi. Non si può generalizzare.
D. Cioè?
R. Facciamo un esempio: un campo di cotone infestato di insetti che distruggono il raccolto. Posso riempire il campo di pesticidi: uccido gli insetti e aumento l'inquinamento. Oppure usare gli ogm per creare una semente di cotone resistente agli insetti ed evitare quindi la diffusione di pesticidi nell'ambiente.
D. Ma la biodiversità?
R. È ovvio che c'è anche l'esempio negativo: spargo gli erbicidi in un campo di soia. E uso le biotecnologie per ottenere semi di soia resistenti a quegli stessi erbicidi. Qui ho un impatto sia sulla biodiversità che un maggiore inquinamento: quindi nessun beneficio.
«Un giorno la Cina reclamerà i cereali degli Usa»
D. Qual è la prima urgenza per i leader del mondo riuniti a Doha a discutere di clima?
R. Abbassare le emissioni. Ora. Non possiamo aspettare il 2050, bisogna farlo nei prossimi sette, otto anni. Perché il sistema agricolo e quello climatico da un po' sono due ingranaggi che non combaciano. E incastrarli sarà sempre più difficile.
D. Cosa si rischia?
R. Il rischio è l'autodistruzione.
D. Lei cita Sumeri e Maya come esempi di popoli che si sono estinti per uno scorretto uso del suolo.
R. Sì, ecco, se la domanda è sulla profezia, non penso che abbia niente a che vedere con questo. Ma la posta in gioco è altissima.
D. Ma chi potrebbero essere i nostri Maya?
R. In Medio Oriente stati come l'Arabia Saudita, ma anche altri meno ricchi e percorsi da conflitti come Siria e Iraq stanno vivendo in una bolla dell'acqua. Stanno usando soprattutto falde a esaurimento: vanno verso l'emergenza.
D. E in Europa?
R. In Europa la stessa cosa succede in Spagna. Ma i problemi si concentrano soprattutto nei nuovi colossi emergenti.
D. Cina e India?
R. Secondo la Banca mondiale oggi 175 milioni di indiani mangiano grazie a falde sotterranee che rischiano di esaurirsi. Mentre 135 milioni cinesi, nelle pianure del Nord, affrontano la desertificazione, le tempeste di sabbia e il rischio di enormi carestie.
D. Tutto questo potrebbe cambiare la geopolitica mondiale?
R. Andiamo verso una nuova geopolitica del cibo. La Cina oggi importa l'80% del suo consumo di soia. E gli Stati Uniti, il Brasile e l’Argentina da soli esportano il 90% della soia.
D. Quindi Washington vince ancora su Pechino?
R. La questione è affascinante. Gli Stati Uniti sono certamente una super potenza alimentare. Ma abbiamo bisogno di qualcuno che ogni mese compri il nostro deficit.
D. Cosa comporta?
R. Io penso che la Cina non si sia ancora resa conto di questa stretta doppia interdipendenza che la lega agli Usa, cioè del possibile scambio: dollari-cereali. Ma un giorno, forse, verrà a reclamare il raccolto americano.
R. Abbassare le emissioni. Ora. Non possiamo aspettare il 2050, bisogna farlo nei prossimi sette, otto anni. Perché il sistema agricolo e quello climatico da un po' sono due ingranaggi che non combaciano. E incastrarli sarà sempre più difficile.
D. Cosa si rischia?
R. Il rischio è l'autodistruzione.
D. Lei cita Sumeri e Maya come esempi di popoli che si sono estinti per uno scorretto uso del suolo.
R. Sì, ecco, se la domanda è sulla profezia, non penso che abbia niente a che vedere con questo. Ma la posta in gioco è altissima.
D. Ma chi potrebbero essere i nostri Maya?
R. In Medio Oriente stati come l'Arabia Saudita, ma anche altri meno ricchi e percorsi da conflitti come Siria e Iraq stanno vivendo in una bolla dell'acqua. Stanno usando soprattutto falde a esaurimento: vanno verso l'emergenza.
D. E in Europa?
R. In Europa la stessa cosa succede in Spagna. Ma i problemi si concentrano soprattutto nei nuovi colossi emergenti.
D. Cina e India?
R. Secondo la Banca mondiale oggi 175 milioni di indiani mangiano grazie a falde sotterranee che rischiano di esaurirsi. Mentre 135 milioni cinesi, nelle pianure del Nord, affrontano la desertificazione, le tempeste di sabbia e il rischio di enormi carestie.
D. Tutto questo potrebbe cambiare la geopolitica mondiale?
R. Andiamo verso una nuova geopolitica del cibo. La Cina oggi importa l'80% del suo consumo di soia. E gli Stati Uniti, il Brasile e l’Argentina da soli esportano il 90% della soia.
D. Quindi Washington vince ancora su Pechino?
R. La questione è affascinante. Gli Stati Uniti sono certamente una super potenza alimentare. Ma abbiamo bisogno di qualcuno che ogni mese compri il nostro deficit.
D. Cosa comporta?
R. Io penso che la Cina non si sia ancora resa conto di questa stretta doppia interdipendenza che la lega agli Usa, cioè del possibile scambio: dollari-cereali. Ma un giorno, forse, verrà a reclamare il raccolto americano.
Vergogna Italia Quelle slot machine che entrano nelle case con l'ok dello Stato
Quelle slot machine che entrano
nelle case con l'ok dello Stato
Mille nuovi giochi autorizzati online
Aveva detto appena una settimana fa Magistro in un'intervista al Corriere : sulle slot machine «dovremo intensificare i controlli, ma anche ripianificare la collocazione, evitandone la presenza vicino alle scuole, ai luoghi di culto, agli ospedali»; semmai, ha aggiunto Magistro, bisognerà «concentrare la presenza nel territorio» e «limitare al massimo l'introduzione di nuovi giochi».
Detto fatto. È appena asciutto l'inchiostro su quelle frasi, che dall'altro ieri le slot machine sono entrate nelle case (benché Magistro avesse dimenticato di dirlo). È la sorpresa di Natale: da lunedì, più di mille nuovi giochi di modello slot sono legalmente «online». Basta introdurre codice fiscale e numero di carta di credito, quindi giocare sul computer dal sofà in soggiorno. Sarà forse lontano dagli ospedali e dalle scuole, dalle chiese, dalle sinagoghe o dalle nuove moschee, come sancisce il decreto voluto dal ministro della Salute Renato Balduzzi per difendere i più vulnerabili. Ma è in tinello a portata dei figli, dei nipoti, dei vecchi genitori e dei cassaintegrati rimasti a casa tutto il giorno.
Secondo i Monopoli dello Stato, non è che l'applicazione di una legge di due anni fa. Altri tempi. Nel frattempo però né l'agenzia né il ministero del Tesoro, che la controlla, hanno rinunciato a distribuire 50 nuove concessioni per le slot sul web. In fondo è solo il prosieguo di un aumento dell'offerta di gioco d'azzardo (legale) che ha sprigionato tassi di crescita cinesi in un Paese che, per il resto, vive una decrescita del Pil fra le più rapide al mondo. Nelle scommesse legali gli italiani hanno speso 15,4 miliardi di euro nel 2003 e 79,8 miliardi nel 2011. È un incremento del 22,8% l'anno, per un fatturato che vale il 5% del Pil e mette il settore fra le prime industrie del Paese. In base ai dati dei Monopoli, in Italia la spesa media in scommesse per abitante maggiorenne è stata di 1.586 euro nel 2011: il 13,5% del reddito. È ormai una delle grandi voci di spesa degli italiani, che nel frattempo tirano la cinghia su tutto il resto. Ogni euro in più speso in scommesse, spesso, è un euro in meno in acquisti di prodotti utili di imprese italiane rimaste oggi senza mercato nel Paese.
Ma per i conti dello Stato, si sa, è una manna. Le concessioni agli impresari del gioco d'azzardo fruttano circa 8 miliardi l'anno all'Erario, a cui si aggiungono le tasse sulle vincite. In totale si tratta di entrate che riducono il deficit di quasi l'1% del Pil ogni anno. Il problema è che nel 2012, per la prima volta, la crescita delle scommesse sta frenando: saliranno al più del due per cento, mentre le entrate erariali sono per la prima volta in calo di 500 milioni.
Facile dunque sospettare che le nuove slot online servano (anche) a incrementare i flussi di cassa per lo Stato. Non solo a sfidare le piattaforme offshore, come si dice. Come fossero queste le riforme strutturali per risanare l'Italia
Stato-mafia, la rabbia di Ingroia
Stato-mafia, la rabbia di Ingroia
"La politica ha prevalso sul diritto"
Il pm critica la decisione della Corte costituzionale che ha dato ragione al presidente Napolitano sulle telefonate intercettate dai magistrati di Palermo: "Se fossi stato in Italia me ne sarei andato"
PALERMO - "Sono profondamente amareggiato - dice Antonio Ingroia, al telefono dal Guatemala - le ragioni della politica hanno prevalso su quelle del diritto. La sentenza della Corte Costituzionale rappresenta un brusco arretramento rispetto al principio di uguaglianza e all'equilibrio fra i poteri dello Stato. Definirei bizzarra questa decisione. E oggi sono convinto della bontà della mia scelta di lasciare l'Italia".
Rifarebbe dunque tutto?
"Senza alcun dubbio. I magistrati della Procura di Palermo hanno sempre rispettato la legge, ma abbiamo avuto un trattamento che non meritavamo".
A chi si riferisce?
"Fino ad oggi ho taciuto sul conflitto di attribuzioni sollevato dal Quirinale, per rispetto alla Corte Costituzionale. Ma adesso, voglio parlare chiaramente: la scelta del presidente della Repubblica di sollevare il conflitto di attribuzioni è stata dannosa per l'immagine delle istituzioni italiane nel suo complesso....
Monti e questi chi li controlla??pensi solo al ceto medio basso??
Truffe nei fallimenti, arresti
Operazione Gdf Roma, in manette avvocati e commercialisti
ROMA, 5 DIC - Una vasta operazione del Comando Provinciale di Roma della Guardia di Finanza ha portato in carcere questa mattina avvocati, commercialisti e imprenditori che sono riusciti ad appropriarsi di svariati milioni di euro insinuando in alcune procedure fallimentari dei crediti inesistenti. Le somme sottratte illecitamente sono state in gran parte incassate da società estere riconducibili ad un noto fiduciario e faccendiere, attraverso accrediti su conti correnti aperti in banche cipriote e svizzere.
Il 12/12/2012 è in avvicinamento,Filippine, tifone causa 230 morti
Filippine, tifone causa 230 morti
Colpito anche paradiso turistico Palawan
Sale a "230 morti e centinaia di dispersi" il bilancio delle vittime causate dal tifone Bopha nel sud delle Filippine. Lo riferiscono le autorità locali.
Bopha è il tifone più potente che ha colpito l'aerea quest'anno: dopo aver investito l'isola di Mindanao ha devastato Palawan, nota in tutto il mondo per le sue spiagge e punti di immersione.
Terremoto ad Ascoli piceno
Il terremoto ad Ascoli Piceno
05/12/2012 - Il sisma di magnitudo 4 è stato seguito da altre due scosse
Una scossa di terremoto di magnitudo 4 e’ stata distintamente avvertita dalla popolazione alle 2,18 nella zona di Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto. Secondo le prime informazioni raccolte dalla Sala regionale di Protezione civile, il movimento sismico non avrebbe provocato danni. Alle 2,12 nella stessa area c’era stata una scossa di magnitudo 2,1. Tante le chiamate dei cittadini ai centralini dei vigili del fuoco.
05/12/2012 - Il sisma di magnitudo 4 è stato seguito da altre due scosse
Una scossa di terremoto di magnitudo 4 e’ stata distintamente avvertita dalla popolazione alle 2,18 nella zona di Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto. Secondo le prime informazioni raccolte dalla Sala regionale di Protezione civile, il movimento sismico non avrebbe provocato danni. Alle 2,12 nella stessa area c’era stata una scossa di magnitudo 2,1. Tante le chiamate dei cittadini ai centralini dei vigili del fuoco.
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