mercoledì 25 marzo 2015
La riforma delle banche popolari è legge, il Senato ha dato il via libera al Dl
La riforma delle banche popolari è legge, il Senato ha dato il via libera al Dl
La riforma delle banche popolari è legge. Il decreto ha ottenuto il via libera del Senato, dove il governo ha posto la fiducia, con 155 voti favorevoli e 92 contrari. Il provvedimento non ha subito modifiche, rispetto al testo approvato da Montecitorio in prima lettura, ed esce da palazzo Madama esattamente come era entrato. Resta la soglia degli 8 miliardi, per l'obbligo di trasformare in spa le vecchie Bp. Mentre il governo ha accolto le richieste del parlamento, di introdurre misure per evitare eventuali scalate. Viene limitato il diritto di voto, dando la possibilità agli istituti di inserire nel proprio statuto il tetto del 5%. Modifiche sostanziali, invece, sono state introdotte al capitolo sulla portabilità dei conti correnti. Il nuovo articolo 2 diventa più dettagliato sulle regole che dovranno essere rispettate dal sistema creditizio, stabilendo che il prestatore di servizi di pagamento dovrà eseguire il trasferimento entro 12 giorni lavorativi, altrimenti potranno essere inflitte delle sanzioni che vanno da 5.160 euro e arrivano fino a 64.555 euro.
EX POPOLARI: Le ex popolari che diventano spa potranno inserire nello statuto un tetto del 5% al diritto di voto. Rispetto alla normativa vigente, che già consente limitazioni di questo tipo, cambiano le regole per approvare le variazioni all'interno dello statuto: basterà la maggioranza semplificata.
INDENNIZZO C/C: Gli istituti di credito dovranno trasferire i conti correnti dei clienti entro 12 giorni lavorativi. In caso di inosservanza delle norme i dipendenti e dirigenti potranno essere sanzionati, con multe che vanno da 5.160 euro a 64.555 euro.
EXPORT: Cambia l'articolo 3 del decreto che attribuiva a Sace la competenza a svolgere attività creditizia per favorire l'internazionalizzazione dell'economia italiana. Con le modifiche introdotte sarà Cassa depositi e prestiti a erogare il credito tramite Sace e attraverso una diversa società controllata. Viene quindi autorizzato l’utilizzo dei fondi provenienti dalla gestione separata di Cdp per tutte le operazioni volte a sostenere l'internazionalizzazione delle imprese.
PMI INNOVATIVE: Diverse le novità che riguardano questo capitolo: anche le società di capitale e le coop potranno rientrare nella categoria della piccola e media impresa innovativa. Inoltre non è più richiesta l'assenza di possesso di azioni quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, previsto nella versione originale, ma che le proprie azioni non siano quotate su un mercato regolamentato. Dalle spese per ricerca e sviluppo, necessarie per poter ottenere le agevolazioni, sono escluse le spese per la locazione di beni immobili. Tra le informazioni necessarie per poter ottenere il bollino di pmi 'innovativa' si chiedono anche la ragione sociale e il codice fiscale, nonché il numero dei dipendenti, l’indicazione dei titoli di studio e delle esperienze professionali dei socie e del personale. Le aziende saranno esonerate dal versamento di alcuni diritti di bollo e di segreteria. Gli incentivi fiscali, per chi investe nel capitale sociale delle Pmi innovative, saranno riconosciuti saranno riconosciuti imprese che operano sul mercato da meno di sette anni dalla loro prima vendita commerciale. Per le attività che hanno superato i 7 anni gli incentivi saranno riconosciuti in seguito alla presentazione di un piano di sviluppo dei prodotti, servizi o processi nuovi nel settore interessato. Viene infine istituita una modalità alternativa, rispetto all’ordinaria disciplina civilistica e finanziaria, per la sottoscrizione e la circolazione di quote di start up innovative e Pmi innovative costituite in forma di società a responsabilità limitata.
PATENT BOX: Diventa rinnovabile l’opzione per il regime di tassazione dei redditi derivanti da beni immateriali.
SOCIETA' RISTRUTTURAZIONE IMPRESE: Gli enti previdenziali potranno entrare nel capitale della Società di servizio per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle imprese. L'intervento della società per la patrimonializzazione e la ristrutturazione potrà riguardare anche altre imprese, oltre a quelle industriali. Si precisa inoltre che la struttura dovrà favorire, in particolare, processi di consolidamento non solo industriale, ma anche occupazionale.
C/C TRANSFRONTALIERI: Diventa più facile aprire un conto transfrontaliero per i consumatori. Con l'introduzione dell'articolo 2-bis viene recepita la direttiva Ue sulla comparabilità delle spese dei conti correnti e sui trasferimenti. In particolare l'istituto di credito che riceve la richiesta di trasferimento verso un istituto bancario di uno Stato membro comunitario, dovrà fornire una specifica assistenza.
IIT: Fondazione Istituto italiano si potrà costituire o partecipare a startup innovative e altre società anche con soggetti pubblici e privati, italiani e stranieri, anche rivolte alla realizzazione di progetti in settori tecnologici strategici.
FONDO GARANZIA PMI: L’operatività del Fondo viene estesa alle imprese di assicurazione per le attività di finanziamento, diverse dal rilascio di garanzia, verso soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle microimprese. Dovranno essere rispettati i limiti stabiliti dal codice delle assicurazioni private e dagli organismi di investimento collettivo del risparmio.
FONDO CENTRALE GARANZIA: Con una delibera del Cipe dovranno essere emanate specifiche direttive, per assicurare il più ampio accesso delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno agli interventi del Fondo di garanzia, anche tramite l'individuazione di eventuali priorità di accesso alla garanzia tenuto conto dei soggetti beneficiari e delle operazioni finanziarie ammissibili. Il diritto alla restituzione nei confronti del beneficiario finale e dei terzi prestatori di garanzie delle somme liquidate a titolo di perdite dal Fondo di garanzia, costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro diritto di prelazione.
ILVA: Viene riconosciuta priorità di istruttoria e delibera, alle richieste di accesso al Fondo centrale di garanzia, per le Pmi legate all'Ilva. Per semplificare ulteriormente l’accesso al Fondo per le predette imprese, si specifica che il Consiglio di gestione del Fondo deve pronunciarsi entro 30 giorni dalle richiesta e che decorso tale termine la richiesta si intende accolta.
Compie 100 anni Pietro Ingrao, una vita nel Pci da 'comunista eretico'
Compie 100 anni Pietro Ingrao, una vita nel Pci da 'comunista eretico'
"Nelle città venni al tempo del disordine, quando la fame regnava. Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte, e mi ribellai insieme a loro".Pietro Ingrao, lo storico leader comunista, che lunedì 30 marzo compirà 100 anni, prende in prestito queste parole da Bertolt Brecht, per presentarsi ai suoi lettori su Internet: "Sono un figlio dell'ultimo secolo dello scorso millennio - scrive su www.pietroingrao.it -. Quel Novecento che ha prodotto gli orrori della bomba atomica e dello sterminio di massa, ma anche le speranze e le lotte di liberazione di milioni di esseri umani".
Che abbia un sito internet (e pure ben fatto) non deve stupire, perché la Politica, quella con la 'P' maiuscola, attecchisce dappertutto. E qui non parliamo di quanti 'like' o di quanti 'followers' abbia il 'comunista eretico senza scisma' (secondo la felice definizione che di lui ne ha dato Fausto Bertinotti).
Non è mai stato un problema di (grandi) numeri e di (ampio) consenso, infatti, per Ingrao. Che ha attraversato la storia del comunismo italiano quasi sempre da posizioni minoritarie, una voce critica che non ha mai vinto un congresso del partito, ma che ha sempre affascinato fuori e dentro a Botteghe Oscure
Pietro, nipote di Francesco Ingrao, un mazziniano, poi garibaldino, in fuga dalla Sicilia, nasce a Lenola, in provincia di Latina, il 30 marzo del 1915. Secondogenito di una famiglia di quattro figli. Prima di lui vedono la luce Francesco, poi Anna e Giulia. Dopo gli studi classici a Formia, si trasferisce a Roma, dove si laurea in Giurisprudenza e in Lettere e Filosofia. Ventenne, a cavallo degli anni '30, è allievo regista presso il Centro sperimentale di cinematografia nella Capitale, per una passione, quella per la settima arte, che lo seguirà per tutta la vita.
Nel 1936 matura la scelta politica a favore del Pci, l'antifascismo diventa militante, e Pietro viene in contatto con Lucio Lombardo Radice e sua sorella Laura, che sposerà nel 1944. Ingrao si muove nella clandestinità, spostandosi tra la Lombardia e la Calabria, su e giù per lo Stivale. Il 26 luglio 1943, il giorno dopo la caduta del duce, è tra gli organizzatori del comizio di Porta Venezia a Milano, in prima fila con Vittorini. Nel 1945 nasce Celeste, la prima figlia, seguiranno Bruna (1947), Chiara (1949), Renata (1952) e Guido (1958).
Negli anni dello stalinismo e della Guerra fredda, Ingrao è direttore dell’Unità, incarico che ricoprirà fino al 1956. Dal '48 entra nel comitato centrale del Pci, venendo eletto deputato per la prima volta. In Parlamento troverà un seggio, ininterrottamente per quasi mezzo secolo, per ben dieci legislature, fino a quando, nel 1992, si tirerà fuori dalle liste del partito, ai tempi di 'Tangentopoli'.
Nel 1956, dalle colonne dell'Unità Pietro Ingrao si schiera con i carri armati sovietici che hanno invaso l'Ungheria: "Quando crepitano le armi dei controrivoluzionari, si sta da una parte o dall'altra della barricata", scriveva Ingrao. Nel 2001 definirà "pessimo" quel suo articolo di fondo.
All’XI Congresso del Pci, nel 1966, il primo dopo l'improvvisa scomparsa di Togliatti, Ingrao si smarca dall'ortodossia stalinista e guida la componente di 'sinistra' che si fronteggia con quella di 'destra' di Giorgio Amendola.
Ingrao viene messo in minoranza, rivendicando il tema del 'diritto al dissenso'. Ma molte proposte della sua piattaforma diventeranno linee guida del partito: dalla riflessione sul 'modello di sviluppo', alla attenzione da rivolgere al dissenso cattolico e ai movimenti giovanili.
Ingrao però non riesce a mediare quando il partito fa fuori gli eretici de 'Il Manifesto'. Più volte negli anni si rimprovererà di non aver detto un 'no', nel 1969, alle radiazioni di Luigi Pintor, Rossana Rossanda, Aldo Natoli, Luciana Castellina, Valentino Parlato, Lucio Magri, Eliseo Milani, Filippo Maone e tanti altri. Con Rossanda, nel 1995, scriverà un libro 'Appuntamenti di fine secolo', con non poche riflessioni autocritiche.
Nel 1968 Ingrao è capogruppo comunista alla Camera dei Deputati. Inizia una stagione di impegno e di riflessione sui temi istituzionali, un decennio che lo vedrà assumere il ruolo di presidente del Centro di Studi e Iniziative per la Riforma dello Stato (CRS) e poi, nel 1976, eletto presidente della Camera dei Deputati, fino al 1979, anno in cui lascia Montecitorio, nonostante Berlinguer lo volesse per un altro mandato.
Da presidente della Camera vivrà i drammatici giorni del sequestro e dell'omicidio di Moro.
Nel 1989, Ingrao è tra gli oppositori della svolta della Bolognina, voluta dal segretario del Pci, Achille Occhetto, che decide di cambiare nome al partito. Ma non vuole sentire parlare di scissioni, ed entra, due anni dopo, nel 1991, nel Pds, divenendo il leader dell'area dei Comunisti democratici. Abbandona però il partito nel ’93, aderendo a Rifondazione comunista, partito di cui terrà la tessera fino al 2008.
L'impegno nel partito e nelle istituzioni termina in quegli anni, il vecchio leader si fa da parte, facendo sentire forte la sua voce sui temi della pace, del razzismo, e della democrazia. Nel 2007 pubblica la sua autobiografia, 'Volevo la luna'.
"Il mondo è cambiato, ma il tempo delle rivolte non è sopito: rinasce ogni giorno sotto nuove forme. Decidi tu quanto lasciarti interrogare dalle rivolte e dalle passioni del mio tempo, quanto vorrai accantonare, quanto portare con te nel futuro", scrive rivolgendosi alle nuove generazioni il centenario Ingrao.
Odiano Putin perché intercettò i missili Nato contro la Siria
Odiano Putin perché intercettò i missili Nato contro la Siria
Gli americani hanno dichiarato guerra a Putin, ma quello che non vi dicono è decisivo. La crisi in Ucraina è stata scatenata dopo che la flotta russa schierata nel Mediterraneo a difesa di Damasco ha neutralizzato un attacco missilistico segreto, scatenato nel 2013 contro la Siria. Mai accaduta una cosa simile, dal 1945: le armi russe avrebbero “parato” i missili statunensi, facendoli inabissare in mare aperto prima che potessero raggiungere la costa siriana. Lo afferma l’Ossin, osservatorio internazionale indipendente che annovera tra i suoi collaboratori grandi esperti, giornalisti e giuristi anche italiani, attenti osservatori del Maghreb e del Medio Oriente. L’associazione avvalora oggi le prime notizie, mai confemate all’epoca ma diffuse subito da fonti libanesi, che nel 2013 parlarono addirittura di abbattimenti di aerei Nato in prossimità della Siria a opera della contraerea di Mosca. Non di caccia si trattò, ma di missili Tomahawk, scrive Ossin: i missili furono intercettati dal sistema russo anti-missilistico dispiegato al largo delle coste siriane, “assediate” da un vasto contingente aeronavale angloamericano e forse anche francese.
Questa, sostiene il centro studi, è la ragione segreta – e forse determinante – che ha spinto Obama e i falchi del Pentagono a premere l’acceleratore sull’Ucraina, facendo esplodere la crisi per rappresaglia contro Putin, il capo del Cremlino che ha osato opporsi con le armi all’attacco illegale scatenato dalla Nato contro la Siria per poi minacciare direttamente l’Iran. Sullo sfondo, un torbido retroterra di depistaggi: dalle accuse false al regime di Assad di aver usato gas tossici contro la popolazione di Damasco, fino all’abbattimento del volo Mh-17 in Ucraina attribuito ai filo-russi, nonostante le evidenze fornite dimostrino che l’aereo di linea fu colpito da un missile aria-aria, scagliato da un jet militare di Kiev tracciato dai radar russi. La “guerra” contro Mosca è ovviamente originata da motivi geopolitici: Washington non sopporta che l’Europa dipenda dalla Russia per l’energia, proprio mentre Putin allaccia relazioni strategiche con la Cina e insieme a Pechino guida i Brics, il gruppo di paesi emergenti (India, Brasile, Sudafrica) impegnati a promuovere un sistema economico mondiale che non dipenda più dal dollaro, cioè dai ricatti politici del Fmi e della Banca Mondiale.
«L’elemento scatenante della improvvisa ostilità contro la Russia e Putin», scrive Ossin sul suo sito, si può però individuare «in quasi tutti gli avvenimenti, non resi pubblici, che si sono susseguiti tra la fine di agosto e l’inizio di settembre 2013». Ovvero: «Un attacco a sorpresa della Nato contro la Siria è stato stoppato dalla Russia». Secondo Ossin, «è stata probabilmente la prima volta, dopo la Seconda Guerra Mondiale, che un attacco militare organizzato dall’Occidente si è trovato contro una forza sufficiente a imporre il suo annullamento». Attenzione: «Non lo si è detto alla gente in Occidente». Troppo imbarazzante per Obama e i leader europei. Meglio allora lasciare la presa sulla Siria e optare per il nuovo piano, e cioè «demolire l’Ucraina e impadronirsi della Crimea». Ma anche l’acquisizione della strategica Crimea è fallita, come si sa: la popolazione, attraverso un referendum, ha scelto di tornare alla madrepatria russa, da sempre presente nella penisola con la grande base navale di Sebastopoli che ospita la flotta del Mar Nero, quella che fu impiegata in Siria nel 2013 per sventare l’attacco della Nato.
Ossin riferisce che il 31 agosto 2013 un ufficiale statunitense telefonò alla segreteria del presidente francese Hollande per preannunciargli una telefonata di Obama che avrebbe dato il via all’attacco. Così, Hollande dispose che i caccia Rafale fossero armati con missili da crociera Scalp, da lanciare contro la Siria da 400 chilometri di distanza. Poi, invece, Obama chiamò Hollande a fine giornata per annunciargli che l’attacco previsto per l’indomani, 1° settembre, alle 3 di notte, non ci sarebbe stato. Tre giorni dopo, scrive Ossin, alle 6,16 del 3 settembre, «venivano lanciati due missili contro le coste siriane “dalla zona centrale del Mediterraneo”», ma i due missili «si sono inabissati in mare». Secondo Israel Shamir, che cita fonti diplomatiche attraverso la stampa libanese, quei missili sarebbero stati lanciati da una base aerea della Nato in Spagna, e sarebbero stati abbattuti «da un sistema russo di difesa mare-aria, posto a bordo di navi russe». “Asia Times” sostiene che i russi abbiano fatto ricorso ai loro disturbatori di frequenza Gps «per rendere impotenti i costosissimi Tomahawk, disorientandoli e rendendoli inefficaci». Un’altra versione, infine, attribuisce il lancio ai “soliti” israeliani.
«Vi è stato l’invio da parte della Russia di una forza navale operativa, messa insieme frettolosamente, ma competente, verso la costa siriana», scrive un accanito oppositore di Obama come il blogger geopolitico “The Saker”. Quella russa «non era una forza tale da poter battere la marina Usa», ma era comunque «in grado di fornire all’esercito siriano una visione completa del cielo, al di sopra e oltre la Siria». In altri termini, aggiunge “The Saker”, «per la prima volta, gli Stati Uniti non hanno potuto realizzare un attacco a sorpresa», né con i missili da crociera, né con la loro potenza aerea. «Peggio: la Russia, l’Iran e Hezbollah si sono impegnati in un programma nascosto ma dichiarato di assistenza materiale e tecnica della Siria, che è riuscito alla fine a battere l’insurrezione wahhabita», lo jihadismo finanziato dagli Usa che poi, come sappiamo, è stato “dirottato” in Iraq sotto la sigla “Isis”. «Ci è difficile conoscere tutte le manovre sotterranee che si sono susseguite tra agosto e settembre 2013», ammette Ossin, «ma il risultato finale è chiaro: dopo anni di tensioni crescenti e di minacce, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno deciso di non attaccare la Siria, così come avevano deciso». A stopparli, è stata la fermezza di Putin.
«Ora, dopo il ripiegamento – continua Ossin – possiamo constatare che questo attacco diretto fallito contro la Siria ha dato luogo a un crescente attacco indiretto e alla crescita di quello che viene attualmente conosciuto come Stato Islamico». L’osservatorio sostiene che non ci sono solo cattive notizie, ricordando che il 29 agosto 2013 il Parlamento di Londra tenne conto dell’opinione pubblica, contraria all’attacco, e negò al governo Cameron l’autorizzazione ad aggredire la Siria. Fondamentale, inoltre, la clamorosa iniziativa pubblica di Papa Francesco, con veglia di preghiera contro l’attacco Nato (per inciso, la diplomazia vaticana è in contatto con tutti i paesi del mondo, compresi quelli non rappresentati all’Onu). L’altra ragione della rinuncia all’attacco, aggiunge Ossin, è l’ampiezza della concentrazione di truppe della Siria, della Russia, e anche della Cina: «Russi e cinesi non si sono accontentati di bloccare gli Stati Uniti in ambito di Consiglio di Sicurezza, hanno “votato” anche con la loro forza militare». In quei giorni infatti si parlò di navi da guerra di Pechino dirette verso il Canale di Suez per rinforzare la flotta russa. «Quand’è che i cinesi hanno inviato l’ultima volta loro navi da guerra nel Mediterraneo?».
Per Shamir, si è trattato di un punto di svolta epocale: «L’egemonia statunitense è cosa del passato, il bruto è stato messo sotto controllo: abbiamo doppiato il Capo di Buona Speranza, simbolicamente parlando, nel settembre 2013. Con la crisi siriana il mondo si è trovato di fronte ad una biforcazione essenziale della storia moderna. Era un lascia o raddoppia, rischioso quasi come la crisi dei missili cubani del 1962». Secondo l’analista, «ci vorrà un po’ di tempo perché ci si renda pienamente conto di quanto abbiamo vissuto: è normale, per avvenimenti di tale portata». Russia e Cina «hanno semplicemente costretto gli Stati Uniti a ritirarsi e ad annullare i loro piani di guerra». Inoltre, «la gente comune – negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in molti altri paesi – era del tutto contraria all’attacco, quanto lo stesso popolo siriano». Un altro analista internazionale di peso, come Pepe Escobar, è ancora più drastico: «La Cina si è tolta i guanti diplomatici. E’ giunto il momento di costruire “un mondo disamericanizzato”», dotato cioè di «una moneta di riserva internazionale che sostituisca il dollaro».
Per Escobar, «invece di adempiere ai propri obblighi come una potenza che esercita una leadership responsabile», una Washington «egocentrica» ha di fatto «abusato della posizione di superpotenza e ha perfino accresciuto il caos mondiale trasferendo i propri rischi finanziari all’estero, provocando tensioni regionali nei conflitti territoriali e impegnandosi in guerre senza senso, giustificate da menzogne». La Cina non starà più a guardare: vuole fermare «le avventure militari degli Stati uniti», poi allargare l’adesione alla Banca Mondiale e al Fmi ai paesi emergenti, e infine preparare una nuova moneta di riserva internazionale, «che sostituisca la dominazione del dollaro». E’ per questa ragione, conclude Ossin, che i leader dell’Occidente non celebrano la guerra che non vi è stata: in Siria, russi e cinesi «hanno costretto l’Occidente a rispettare il diritto internazionale e ad evitare una guerra illegale». Inoltre, i cinesi vedono in questo l’inizio di una nuova era della politica mondiale: Usa, Europa e Giappone «dovranno rassegnarsi al fatto che non potranno più prendere da soli tutte le importanti decisioni del mondo». L’instabilità planetaria dunque si accentuerà, ma almeno ora sappiamo perché la diffidenza verso Putin si è trasformata in scontro senza quartiere: tutta “colpa” di quei missili inabissati in mare, emblema di una superpotenza non più onnipotente.
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