martedì 12 giugno 2012

Fornero impazzzita


Caos esodati, vendetta Fornero: vuole silurare i vertici Inps

Il ministro: "Se non fosse un ente pubblico cambierei i vertici". Vuole licenziare Mastropasqua perché l'ha sbugiardata con le cifre

12/06/2012
Esodati, vendetta Fornero: 
vuole silurare i vertici Inps
Qual è il tuo stato d'animo?
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Elsa Fornero medita la vendetta: la voce, l'indiscrezione circolava già nella mattinata. Poi è deflagrata con le parole pronunciate proprio dal ministro del Lavoro. "E' grave l'episodio riguardante l'uscita dei numeri sull'entità degli esodati. Se l'Inps facesse parte di un settore privato, questo sarebbe un motivo per riconsiderare i vertici". La Fornero, sconfessata dall'Inps sui prepensionati dalle aziende che per la riforma della previdenza da lei firmata rimangono con un pugno di mosche, non maschera nemmeno il suo desiderio: vuole silurare il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua. Il punto è che l'istuto nazionale di previdenza ha spiegato che gli esodati "sono quasi 400 mila". Una cifra iperbolica, mostruosamente più alta da quella snocciolata con colpevole incuria e sottostima de Elsa, che nel decreto di copertura ha scritto che i prepensionati sono 65 mila.
Poi la 'frenatina' - Dopo lo sfogo rabbioso, dopo le parole piccate di un ministro messo alle corde (come tutto il governo) per i suoi stessi errori, la Fornero cerca di mitigare le sue dichiarazioni: "Tuttavia siamo in un settore pubblico, ci sono le leggi, c'è il Parlamento, e tutte queste procedure vanno rispettate". Ma a chi gli rinfacciava il caos creato sugli esodati con l'insostenibile balletto delle cifre, il ministro delle Lacrime ha replicato: "Sono usciti dei documenti che contengono numeri parziali e non spiegati, e questa non è mai una bella cosa. Il ministero non ha mai voluto dire che i numeri non debbano essere dati: io dico soltanto che quelli sono parziali e non interpretati. E allora - ha proseguito -dare dei numeri così, su questioni che interessano molti italiani è molto improprio e deresponsabilizzante. Quindi questo è un episodio grave".
Pdl: "Elsa disarmante" - La replica del presidente dell'Inps Mastropasqua, l'uomo nel mirino di Elsa, il dirigente pubblico che il ministro non ha fatto mistero di voler silurare, è arrivata a stretto giro: "Non voglio commentare le parole del ministro", ha tagliato corto rispondendo a una domanda dell'agenzia di stampa AdnKronos. Parole più piccate sono arrivare dal Pdl, dove il vicepresidente dei deputati, Maurizio Bianconi, ci è andato già duro: "La disinvoltura, l'opacità e l'incapacità del ministro Fornero nell'affrontare la quetione degli esodati è disarmante. Come si fa - ha proseguito - a tacere la realtà dei numeri occultando la relazione dell'Inps, nelle sue mani già prima della firma del decreto che fissa a soli 65mila i lavoratori salvaguardati. Ma soprattutto - ha continuato Bianconi - con che coraggio la Fornero condanna a vivere senza un reddito da lavoro o da pensione centinaia di migliaia di persone, la cui unica colpa + stata quella di fidarsi di uno Stato che la Fornero vorrebbe tedesco quando c'è da chiedere molto 'levantino' quando deve asolvere ai suoi doveri? Ministro Fornero - se vuole pianga pure, ma smetta di far piangere gli italiani".
Di Pietro: "Fornero deprecabile" - Un duro commento è arrivato anche da Antonio Di Pietro. "E' deprecabile - ha tuonato il leader dell'Italia dei Valori - che un ministro in carica dia dei numeri diversi da quelli forniti dall'Inps, che è l'ente di riferimento, ed è inammissibile che Fornero continui a giocare allo scaricabarile senza rendersi conto delle conseguenze e dei drammi sociali provocati dalle sue scelte. Quella sugli esodati - ha proseguito Tonino - non può essere considerata solo l'ennesima incomprensione. Per questo l'Idv ha chiesto al ministro del Lavoro di venire a riferire in Parlmento. In ogni caso - ha concluso Di Pietro -, sarebbe meglio fare a meno di un ministro dal comportamente irresponsabile e ignorante, poiché ignora come stanno realmente le cose. E' lei che dà i numeri e che deve essere essere sfiduciata".

La "controriforma" per salvarci da banche e prof


La "controriforma" per salvarci da banche e prof

martedì 12 giugno 2012
CRISI/ Sapelli: la controriforma per salvarci da banche e prof
Nella lingua di Goethe debito significa anche colpa: Schuld. È questo l’immaginario collettivo che guida la signora Merkel e il signor Schäuble e buona parte del laboriosissimo e satollo popolo tedesco in questo terribile frangente, in questi terribili tempi di inizio millennio. Ho il tremendo sospetto che i tedeschi pensino che anche la situazione spagnola, che si va aggravando sempre più, sia questione di colpa o di non colpa, ossia un fenomeno che dipende soltanto dall’antropologia dei popoli e non invece dai meccanismi di una crisi che è diventata drammatica per la caduta della capacità di autoregolazione del capitalismo mondiale. Ma ce n’è anche per i paesi non capitalistici, dato che persino dalla Cina giungono notizie tempestose: la banca centrale abbassa i tassi di interesse e per la prima volta nella sua storia il partito comunista cinese sarà costretto a rinviare il suo congresso per le divisioni nel suo seno provocate dalla paura che la crescita si interrompa.
Obama e Bernanke dagli Usa attaccano l’Europa perché temono che l’inizio della depressione europea metta in crisi i deboli segni di ripresa dell’economia americana. In tutti i paesi del mondo, anche quelli che un tempo correvano più degli altri (i Brics) la crescita o si è interrotta o presenta gravi problemi o la depressione trionfa. Siamo arrivati al punto che l’unico Paese al mondo che non ha questi problemi è il Canada, dove, guarda caso, il sistema bancario è in larghissima misura di tipo cooperativo e non ha provocato, come altrove, la strage degli innocenti, di cui sono stati attori le banche capitalistiche.
Per quanto riguarda l’industria e per capire la situazione in cui siamo bisogna ricordare due cose. La prima è che a livello mondiale ci avviamo verso una colossale depressione che durerà molti anni, ossia come diceva Keynes, una situazione in cui staremo sempre a mezzo tra sprazzi di timida ripresa e passeggiate sull’abisso della catastrofe. Che questo sia vero io ne sono convinto da sempre, ossia da quando trent’anni fa ho cominciato a studiare Keynes e poi Minsky, ma ora sono convinto di essere nel giusto quando leggo sulFinancial Times dell’8 giugno di quest’anno che anche uno dei padri del liberismo dispiegato, ossia Samuel Brittan, è d’accordo con le tesi che Paul Krugman espone nel suo ultimo libro testé edito negli Usa: End this depression now! Se lo dice Brittan, e non solo Sapelli, vuol dire che solo le ricette neokeynesiane possono salvarci e che la Merkel deve essere posta nell’impossibilità di nuocere. Eppure, per la signora Merkel il debito vuole ancora dire colpa. Senza una decisa azione politica mi sembra difficile superare questa situazione.
Ai distratti giornalisti italici, soprattutto a quelli economici, è sfuggito il fatto che qualche giorno fa il Parlamento europeo ha votato una dichiarazione bipartisan, ossia votata dalla maggioranza del Ppe e da tutto il Pse, che richiedeva la riforma dello statuto della Bce e l’inizio di una politica di forti stimoli alla crescita. Il fatto straordinario è che la Commissione europea, ai cui tavoli siedono Commissari e Ambasciatori, non ha neanche preso in considerazione queste deliberazioni. Questo vuol dire che alla Commissione della volontà degli eletti del popolo sovrano non è importato assolutamente nulla. E devo dire che anche i singoli partiti nazionali, per quel che posso seguire con i miei poveri mezzi attraverso la stampa nazionale europea, non hanno sollevato alcuna questione.
Quindi, oltre a esserci un problema di malfunzionamento della poliarchia rispetto ai poteri situazionali di fatto - ossia le banche e le grandi imprese che prevalgono sulla volontà dei parlamenti - la poliarchia a livello europeo registra uno sbilanciamento a favore delle istituzioni non elettive piuttosto che di quelle elettive. Si aggiunga poi che chiunque conosca l’inquinamento da patronage, e quindi da incompetenza clientelare superpagata di cui è affetta la tecnostruttura europea, non si può meravigliare che l’angoscia pervada le persone consapevoli. È una fortuna che la consapevolezza sia solo di una minoranza, perché se no avremmo l’esplosione della microviolenza di massa oppure il dilagare della depressione psichica di intere comunità.
Quindi le aspettative che si stanno creando sulla riunione del 28 giugno in Europa, dove la Commissione europea dovrebbe prendere definitive misure per scongiurare la crisi, proprio non le capisco. Lo ho già detto mille volte: se non si riforma lo statuto della Bce e insieme non si spaccano in due le grandi banche che ci hanno portato al crollo e, ancora, non si inizia a creare uno tsunami di spesa pubblica, infrastrutturale e non, e di detassazione sul capitale e sul lavoro, la depressione europea dilagherà in tutto il mondo, sino a sommergere il nido dell’aquila di Berchtesgaden, dove Eva Braun e Hitler passarono giornate indimenticabili al Berghof. Il che sarebbe veramente qualcosa di tragico, ma che in ogni caso ci ricorda che una nuova guerra è in corso.
Per nostra fortuna essa non è più condotta con le armi. E per nostra fortuna, però, ancora, gli Usa continuano a esistere. C’è da sperare che giungano nuovamente gli americani, come accadde l’8 maggio ‘45 al Berghof, imponendo ancora una volta misure radicali per risollevare l’Europa. Per gli amanti delle metafore storiografiche ricordo che il Berghof, tuttavia, fu conquistato prima dai francesi, che arrivarono il 6 maggio, facendo infuriare gli americani. Spero che questo sia un incoraggiamento per Hollande perché faccia sentire tutto il peso della storia francese sulla signora Merkel. Monti giungerà al seguito, ne sono sicuro.

Terremoto/Nuova forte scossa, 4.3. Paura ma nessun danno


Nuova forte scossa, 4.3. Paura ma nessun danno

Alle 3:48 tra Mantova, Reggio Emilia e Modena

12 giugno, 08:48

Vigili del fuoco al lavoro nelle zone terremotate (archivio)
Nuova forte scossa, 4.3. Paura ma nessun danno
Sono state in tutto otto le scosse di terremoto registrate nella notte in Emilia. Secondo i rilievi dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), delle scosse avvenute dalle 23:45 di ieri alle 5 di oggi la più forte è stata alle 3:48 con magnitudo 4.3, mentre all'1:26 se ne è verificata una di magnitudo 3. Le altre hanno avuto magnitudo comprese tra i 2.1 e 2.8 gradi della scala Richter.

SCOSSA MAGNITUDO 4.3 TRA MANTOVA, REGGIO E MODENA - Una scossa di terremoto di magnitudo 4.3 è stata registrata alle 3:48 tra le provincie di Mantova, Reggio Emilia e Modena. Secondo i rilievi dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), il sisma ha avuto ipocentro a 10,8 km di profondità ed epicentro in prossimità del comune mantovano di Moglia, di quelli reggiani di Fabbrico, Reggiolo e Rolo, e di quelli modenesi di Carpi e Novi di Modena.

L'evento sismico è stato chiaramente avvertito dalla popolazione, in particolare nella provincia di Modena. Dalle verifiche effettuate dalla Sala situazione Italia del dipartimento della Protezione civile, non risultano danni a persone o cose
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Italia, dieci ragioni per cominciare a tremare


 Italia, dieci ragioni per cominciare a tremare

martedì 12 giugno 2012
FINANZA/ 1. Italia, dieci ragioni per cominciare a tremare
Accidenti, cos’è questo mortorio? Ma come, l’Ue per una volta agisce rapidamente e sgancia fino a 100 miliardi per salvare il sistema bancario spagnolo e l’euforia sui mercati dura solo un paio d’ore? Addirittura, all’ora di pranzo la Borsa di Milano virava in negativo fino a chiudere le contrattazioni al -2,79% e lo spread, sceso in mattinata al minino di 422 punti da 438 dell’apertura, veleggiava a quota 465, salvo chiudere a 473, portando il rendimento dei nostri decennali sopra la quota psicologica del 6%. Ma cosa diavolo vogliono questi maledetti mercati per tranquillizzarsi, il sangue? No, solo un po’ di realismo e la fine delle pantomime politiche. Vediamo qualche punto di criticità.
Primo, la Spagna dovrà sottoporsi ai controlli della troika come tutti gli altri paesi europei che hanno ricevuto aiuti, lo ha detto chiaro e tondo il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble. Quindi, un bello stigma per i mercati che verrà scontato sulla curva dello spread iberico, esattamente come accaduto per i tre Pig. Indirettamente, infatti, Schaeuble ha smentito i proclami di vari esponenti del governo di Madrid in merito al piano di sostegni che intende chiedere all’Ue. In particolare, il ministro del Bilancio spagnolo, Cristobal Montoro, aveva sostenuto che in Spagna non sarebbero arrivati i “men in black” della troika, come in Grecia, Irlanda e Portogallo. «Ci sarà una troika come è avvenuto in altri casi. In questo modo - ha detto Schauble - verrà monitorato il programma che si esegue», posto che questo monitoraggio in Spagna sarà appunto limitato alla gestione del settore bancario, laddove nei paesi che sono stati “salvati” riguarda tutta la politica economica e le riforme. Temo che i mercati non terranno troppo in considerazione questa sottile, ancorché decisiva differenza.
Secondo, «il piano di aiuti europei che la Spagna ha annunciato di voler chiedere a favore delle sue banche evidentemente avrà un impatto sul debito pubblico». Lo ha affermato non il sottoscritto, ma il portavoce del vicepresidente della Commissione europea, Olli Rehn, responsabile per gli Affari economici e euro. E sapete di che cifretta stiamo parlando? Attualmente il debito spagnolo è di 1178 miliardi di euro, mentre dopo il salvataggio salirà a 1858, pari a una ratio debito/Pil del 146,60%!
Terzo, 100 miliardi di euro sono una bella cifra, ma guardando in faccia la disastrosa realtà bancaria spagnola scopriamo che solo verso il settore immobiliare, le banche iberiche sono esposte per 400 miliardi di euro, 150 dei quali già oggi definiti come tossici, ovvero inesigibili: una volta che queste perdite verranno messe davvero a bilancio, cosa se ne faranno dei 100 miliardi dell’Ue? Tanto più che la situazione del real estate iberico è definita tendente a una china da subprime statunitense dalla maggior parte degli analisti, europei e non. Dati recentemente diffusi dal Knight Frank Global House Index ci dicono che il valore delle proprietà immobiliari spagnole è sceso del 7,3% annualizzato alla fine dello scorso marzo, mentre dati ufficiali iberici parlano di un -20% dal picco della bolla creata dal governo Zapatero: peccato che questo dato sia basato sulle valutazioni delle banche, le quali ovviamente hanno tutto da guadagnare a non valutare il dato reale mark-to-market e le vendite effettive. Stime più credibili parlano chiaramente di un -30% dal picco e con tendenza a peggiorare, fino a quota -50% che dovrebbe essere il floor prima di risalire, esattamente come accaduto in Irlanda. Non a caso, un recente report di JP Morgan parlava di necessità reali di ricapitalizzazione delle banche spagnole valutabili in 350 miliardi di euro.
Quarto, in tema di Irlanda, ecco cosa è trapelato ieri da fonti governative di Dublino attraverso la France Press: «L’Irlanda vuole rinegoziare il suo piano di salvataggio al fine di beneficiare dello stesso trattamento della Spagna, la quale pare otterrà il salvataggio delle proprie banche senza dover dar vita, in cambio, ad alcun riforma economica in grande stile». Insomma, un’altra forma di contagio. La quale, potrebbe rivelarsi decisiva in vista del delicatissimo voto politico di domenica in Grecia, visto che la sinistra di Syriza, accreditata come primo partito e decisa a rinegoziare essa stessa i piani di austerity, potrebbe dimostrare all’elettorato che un’alternativa al rigore tout-court esiste e la Spagna ne ha beneficiato. Il giochino messo in pratica da Ue e Madrid, infatti, è ingegnoso, ma un po’ troppo furbetto: i soldi dell’Efsf, visto che l’Esm nascerà solo a luglio, andranno infatti non a Madrid come governo ma al Frob, il fondo per la ricapitalizzazione delle banche iberiche, evitando quindi l’effetto commissariamento tout court che impone agli altri governi, come appunto quello di Atene, la dolorosa agenda di tagli e riforme. E perché Atene non dovrebbe poter rinegoziare il suo piano di salvataggio?
Quinto, subordinazione. Di fatto i prestiti dell’Efsf viaggiano pari passu con i bonds esistenti, trasformando il cosiddetto il settore ufficiale (vedi la Bce) in creditore senior. All’ora di pranzo di ieri, è stata la stessa Commissione Ue a confermare che «qualsiasi aiuto che arrivasse dall’Esm, che è atteso cominci a funzionare dal prossimo mese, avrebbe status di creditore privilegiato, secondo solo al Fmi». Gli ottimisti si fanno forza del fatto che i 100 miliardi dell’Ue rappresentano solo il 13% del debito pubblico spagnolo, circa il 10% del Pil del 2011. Vero, peccato che nell’arco di una settimana le necessità di ricapitalizzazione delle banche spagnole è salita da 40 a 100 miliardi: si fermerà qui o salirà ancora dopo il 21 giugno, data entro la quale Madrid dovrà comunicare il dato reale? Il fatto che ieri Goldman Sachs invitasse la gente ad acquistare bonds spagnoli a breve scadenza come un vero affare, fa venire altri dubbi: se Goldman vuole vendere, di solito è meglio non comprare. Inoltre, non si sa quali saranno i creditori dell’operazione Efsf-Frob, né se ci sarà un’emissione obbligazionaria: si sa, però, che ci sarà subordinazione e questo non è certo un viatico per acquisti di massa di bonds spagnoli, visto il precedente greco.
Sesto, mentre le Borse europee si godevano le loro due ore di euforia, la Germania ha collocato titoli di Stato semestrali (Bubill) zero coupon per 3,53 miliardi di euro, poco meno dell’ammontare massimo prefissato di 4 miliardi, con un rendimento quasi a zero e una domanda che ha raggiunto in totale i 4,4 miliardi. Il rendimento medio è sceso allo 0,007% dallo 0,037% dell’asta di maggio: capito, la gente era talmente eccitata per il salvataggio spagnolo che invece i comprare Bonos o titoli di Santander, si è lanciata ad acquistare Bubill che rendono zero!
Settimo, non ci vuole Gordon Gekko e neppure David Einhorn per capire quale sarà l’atteggiamento dei mercati di fronte alla subordinazione del mercato obbligazionario spagnolo: vendere i bonds emessi sotto legislazione spagnola e comprare in massa quelli emessi sotto legislazione inglese con clausola di “negative pledge”, gli stessi che hanno fatto la fortuna di hedge funds e vulture funds dopo lo swap greco e che si preparano a diventare la pietra tombale del Portogallo. Non appena avverrà il prestito Esm al Frob, i detentori di questi bonds faranno valere la loro “negative pledge” e chiederanno un interesse di sicurezza, anche alla luce del fatto che sarà l’Efsf ad anticipare i fondi a Madrid. E la Spagna è piena di questo tipo di bonds, soprattutto a livello regionale, ma anche sovrano nazionale. Il grande short può partire, fare hedge sul mercato obbligazionario drogato della Spagna è cosa molto semplice.
Ottavo, il piano dell’Ue è talmente risolutivo che la Bce ha già chiesto alla Spagna di avviare dei piani per creare una “bad bank” dove parcheggiare gli asset tossici immobiliari delle banche iberiche. È quanto emerge da un documento ufficiale dell’istituto di Francoforte, nel quale si chiede a Madrid di convogliare gli asset tossici in una “bad bank”, in attesa di rivenderli successivamente. Non vi ricorda qualcosa? E, soprattutto, alla luce di questa necessità, i famosi 100 miliardi saranno sufficienti, visto che gli assets tossici legati al settore real estate già oggi viaggiano a quota 150 miliardi di euro?
Nono, il breve ritracciamento dai minimi toccati in tarda mattinata, sia a livelli di spread che di indici azionari, altro non è stato che l’ennesimo “buy the rumors, sell the news” che vedrebbe la Bce pronta a riattivare, contestualmente al piano di salvataggio bancario, il programma di acquisti obbligazionari sul mercato secondario, per dar vita a un combinato congiunto capace di congelare i rendimenti e permettere alla Spagna di piazzare in serenità il 42% di debito da rifinanziare per quest’anno. La Germania, visto l’atteggiamento da Kevin Spacey in “Seven” tenuto da Wolfgang Schauble in mattinata, lo permetterà a Mario Draghi? Difficile, resta l’opzione di una terza asta Ltro con durata minore e importo calmierato ma anche in questo caso siamo nell’ambito delle supposizioni.
Decimo, una riprova della bontà dell’operato Ue verso la Spagna la avremo dalle aste obbligazionarie che riempiono la settimana appena iniziata. Oggi emetteranno bonds l’Austria (1,1 miliardi di euro), l’Olanda (1,5-2,5 miliardi di euro) e la Grecia, mentre domani toccherà a Berlino collocare 5 miliardi di Bund decennali e a Roma piazzare 6,5 miliardi di Bot a 12 mesi, con il nostro Tesoro impegnato giovedì anche nella prova più dura dell’asta a medio e lungo termine. Al di là dei proclami, saranno i numeri a parlare. E io, ve lo dico chiaramente, non sono affatto ottimista. Anzi. Soprattutto perché se si fallisce con la Spagna come si è fatto con la Grecia (e mi pare che la strada sia quella), in linea diretta di contagio c’è l’Italia. Non a caso, ieri a un’ora dalla chiusura di contrattazioni, tutte le Borse europee erano ancora positive, compresa Madrid: Milano era al -1,20%.
Temo si stia già prezzando altro sui mercati, non il piano di salvataggio delle banche iberiche. Il cds spagnolo a 5 anni, infatti, ieri ha toccato quota 603 punti base (+19%, +31 punti base), poiché in molti vedono un “credit event” (cioè la condizione che fa scattare le clausole per il pagamento dei cds) nel caso la Spagna ricevesse fondi dall’Esm. Come ampiamente dimostrato nel pezzo, infatti, questo, rispetto agli altri portatori di titoli di stato spagnoli, è un creditore privilegiato. Complimenti Europa, stavolta l’hai fatta davvero grossa: Madrid non è Atene. Non a caso, ieri, fonti Ue hanno dovuto ammettere che tra le ipotesi allo studio in caso di uscita della Grecia dall’euro - anche non organizzata - ci sarebbero controlli sui capitali, limitazione dei prelievi, sospensione del Trattato di Schengen con aumento dei controlli alle frontiere. Dallo “Spailout”, siamo già allo “Spanic”.

P.S. Cipro ha bisogno in modo «eccezionalmente urgente» di un piano di salvataggio internazionale, a causa della forte esposizione delle sue banche al debito greco. Lo ha affermato, stando a quanto riportava il sito del Wall Street Journal, il ministro delle Finanze di Nicosia, Vasos Shiarly, parlando con la stampa dopo un’audizione in Parlamento. «Si tratta di un problema urgente, sappiamo che la ricapitalizzazione delle banche deve essere completata entro il 30 giugno», ha sottolineato Shiarly, «mancano solo pochi giorni, quindi si tratta di una questione di eccezionale urgenza». Evvai, altro giro, altro bail-out, altri soldi pubblici.


Brunetta "fannullone"


Brunetta "fannullone": il Comune di Venezia lo licenzia




Durante il suo mandato, l'ex ministro della Pubblica Amministrazione aveva condotto una vera e propria crociata contro l'assenteismo. Peccato che adesso ci sia cascato lui: il Comune di Venezia lo ha liquidato a causa delle "troppe assenze"








Brunetta
© LaPresse
Licenziato a causa delle "scarse presenze": proprio lui, che durante il suo mandato al dicastero della Pubblica Amministrazione e Innovazione aveva condotto una vera e propria crociata contro l'assenteismo e i "fannulloni".Renato Brunetta è stato licenziato dal Comune di Venezia, dove ricopriva un incarico minore, a causa dei troppi impegni che lo tenevano continuamente lontano dalla città lagunare. Non solo: la lista civica che portava il suo nome è stata rinominata dai suoi ex-sostenitori "Impegno per Venezia, Mestre, isole", in ritorsione all'ex ministro assenteista.
Il provvedimento è stata annunciato da Stefano Zecchi, capogruppo del Psl:
"La decisione è stata assunta considerando con rammarico l'assenza dalle iniziative relative al lavoro del Consiglio comunale dell'ispiratore e animatore della lista originaria, nata per affrontare le elezioni del 2010 a sindaco di Venezia".

Acea/ finisce in maxi-rissa


Campidoglio, la discussione su Acea finisce in maxi-rissa

Nuovo atto della discussione che sta tenendo banco da settimane in Campidoglio: oggi il dibattito sulla cessione delle quote di Acea è degenerato in rissa. Umberto Marroni, capogruppo del Pd, rimane leggermente ferito nei tafferugli

Continua ad infiammare il dibattito dentro e fuori l'aula Giulio Cesare la discussione sulla cessione delle quote di Acea, multiservizi attiva nel settore idrico con un bacino di utenza di oltre 8 milioni di abitanti, gestore del servizio idrico integrato di Roma e Lazio, e presente anche in Toscana, Umbria e Campania. Da settimane il Comune di Roma dibatte sulla cessione delle quote dell'azienda e oggi la tensione è sfociata in rissa dopo che presidente del Consiglio Marco Pomarici aveva dato il via libera alla votazione.
Alcuni consiglieri dell'opposizione si sono avvicinati allo scranno di Pomarici, mentre i rappresentanti dei movimenti per l'acqua pubblica si sono avvicinati ai banchi della maggioranza. Nei tafferugli è rimasto leggermente ferito a una mano Umberto Marroni del Pd, che ora minaccia di passare a vie legali.
Non si placano le polemiche: Paolo Masini, consigliere comunale del Pd ha definito l'accaduto come
"Un vero e proprio blitz antidemocratico, chiara opera di una maggioranza in stile cileno e con un atteggiamento tipicamente fascista. Purtroppo per Roma questa è la maggioranza guidata da Gianni Alemanno, persone incapaci di rispettare chi ha un opinione diversa e che usano la violenza, anche fisica, per imporre il proprio pensiero. Ma nessuno si farà intimidire, la vergognosa svendita di Acea e dell'acqua pubblica ai soli noti non passerà mai e poi mai. Se lo ricordino Alemanno e suoi consiglieri".

Palermo top secret


Palermo top secret

Accordi, trattative, tavoli di accomodamento e “barbe finte” che si muovono nell’ombra. Dentro ogni mistero, giù a Palermo, ce n’è nascosto un altro e poi un altro ancora. Sono come le scatole cinesi. C’è la trattativa tra lo Stato e la Mafia, e quel signor Franco, che gioca su più tavoli e che Massimo Ciancimino, il figlio scapestrato di Don Vito, ha tirato in ballo, ma che nessuno ha finora identificato. E quindi, chissà se esiste davvero. C’è l’arresto delCapo dei capi, Totò Riina, e la mancata perquisizione della sua villa in via Bernini, un altro rompicapo infinito. E poi la mancata cattura da parte del Ros di Binnu Provenzano, nelle campagne di Mezzojuso nel ’95, e il suo arresto, compiuto undici anni dopo dalla polizia. E, ancora, la storia di «Svetonio», la fonte che porta l’Aisi a un passo dalla cattura di Matteo Messina Denaro, l’ultimo grande latitante, il nuovo capo della Cupola siciliana, imprendibile da diciannove anni.
LA RESA DI BINNU
In Sicilia nulla è come appare, le storie di mafia non hanno mai un the end, neanche dopo i processi e le sentenze. Mancano sempre dei pezzi e nell’ombra si muovono sempre i soliti faccendieri, messaggeri, informatori ed emissari. L’ultima vicenda, che chiama in causa lo Stato e Cosa nostra, e chi nel mezzo trattava con entrambi, riguarda proprio Bernardo Provenzano. Non è una trattativa, non ci sono né pizzini né papelli, ma condizioni  - anzi “tavoli di accomodamento” – e tanti danari. E anche qui c’è uno strano personaggio che si muove nell’ombra, a libro paga della guardia di finanza e del Servizio segreto militare. Si spaccia per commercialista esperto in flussi finanziari, parla romano stretto ai microfoni di «Servizio pubblico», e racconta di quando Provenzano, tramite un altro misterioso contatto, provò a mediare la sua resa. Il tutto si consumò tra il 2003 e il 2005. Una vera e propria trattativa con un emissario che detta le regole e le condizioni di resa. Il messaggero diBinnu u tratturi è un informatore della guardia di finanza dall’86, uno che conosce bene la lingua dei mafiosi. Sulla scena, oltre lui, si muovono anche gli uomini del Sismi al comando del generale Walter Cretella Lombardo. Nel novembre del 2003 è la finanza ad accompagnare l’emissario dall’allora procuratore nazionale antimafia, Pier Luigi Vigna. A raccontarlo, in un’audizione al Csm, è il suo successore, Piero Grasso. «Quando nell’ottobre del 2005 presi il posto del procuratore Vigna, mi fu prospettata, da parte dei colleghi, la situazione di un informatore, di un qualcuno che voleva rendere delle dichiarazioni e collaborare per la cattura di Provenzano». E poi ancora: «In quell’occasione mi si prospettò, da parte della Guardia di Finanza, questo signore che diceva addirittura di avere dei contatti con il latitante Provenzano, il quale si doveva trovare in località naturalmente non precisata ma comunque nel Lazio». Per arrendersi Provenzano vuole 2 milioni di euro da depositare su un conto in Costa Rica e la garanzia che a gestire l’operazione sia lo stesso Vigna, e non i magistrati di Palermo. L’intermediario, che tuttavia non ha un contatto diretto con il boss, prospetta l’operazione anche a due magistrati calabresi, Alberto Cisterna e Vincenzo Macrì, e fa presente che il latitante più longevo della storia è disponibile ad arrendersi in segreto. Mentre a reperire il denaro doveva pensarci il Sismi. L’informatore della finanza, e per sua stessa ammissione anche del Servizio segreto militare, incontrerà per due volte consecutive Vigna e gli altri due magistrati e arriverà a prospettarli anche una possibile collaborazione di Provenzano. L’operazione salta a novembre del 2005 quando l’emissario si ritrova davanti Grasso che nel frattempo ha preso il posto di Vigna alla Dna. Grasso non si fida di quell’uomo, vuole una prova, possibilmente biologica, che porti all’identificazione certa di Binnu. «Quando ero procuratore a Palermo – spiega il procuratore antimafia al Csm – avevamo fatto un’indagine sulla presenza di Provenzano a Marsiglia: eravamo riusciti a ottenere un frammento di un reperto medico». La prova non c’è e il messaggero non vuole rivelare l’identità dell’uomo che lo tiene in contatto con il capo di Cosa Nostra. La trattativa si ferma qui. A catturare Provenzano, tra forme di formaggio e pizzini, pochi mesi dopo, l’11 aprile 2006 sulla Montagna dei Cavalli sopra Cor- leone, saranno gli agenti della catturandi di Palermo e dello Sco di Roma.
LE LETTERE DI SVETONIO
Doveva essere la sua ultima missione, la più importante. L’agente segreto Svetonio, al secolo Antonino Vaccarino, per anni fonte riservata del Sisde a Palermo, doveva consegnare nelle mani di Matteo Messina Denaro un cd-rom contenente alcuni documenti e un virus informatico. E quell’invisibile software spia, una volta annidatosi nella memoria del personal computer, doveva permettere agli 007 di individuare il covo del numero uno di Cosa Nostra, sul cui capo pende tuttora una taglia dei Servizi da un milione e mezzo di euro. Messina Denaro, il quarto criminale più ricercato del mondo, avrebbe dovuto inserire quel cd in uno dei suoi computer, e il resto della missione, secondo i piani dell’intelligence interna, lo avrebbe fatto proprio quel “cavallo di Troia”, permettendo di localizzare il luogo da cui il boss si connetteva. La storia della fonte Sve- tonio parte da lontano: da Castelvetrano, sua città natale, ma anche dello stesso Messina Denaro. E’ un insegnante di lettere, ma è stato anche consigliere comunale per la Dc, assessore, sindaco e – infine – uomo del Servizio segreto civile. Una fonte specializzata nel doppio gioco: al Sisde, che lo coltivava fin dal 2001, prometteva informazioni per catturare Messina Denaro, al boss, via lettera, prospettava aiuti politici e informazioni riservate. Nel 2007 i magistrati della Dda di Palermo, analizzando la sua corrispondenza – decine di pizzini trovati nel covo di Provenzano, che davano prova del rapporto di fiducia nato tra l’ex sindaco e un certo “Alessio”, identificato poi in Messina Denaro – si sono trovati davanti anche a una inconsueta conferma da parte dell’Aisi. Svetonio era una loro fonte e così è venuta fuori anche la storia di quel virus, appositamente progettato per portare alla cattura del boss. Svetonio e Alessio nelle loro lettere ragionavano di politica, di appalti (come quello per la costruzione di una stazione di servizio sulla Palermo-Mazara del Vallo), di 41bis e addirittura di cultura. Leggendo quelle missive, infatti, balzarono agli occhi degli inquirenti anche alcune sorprendenti citazioni del boss, come i pensieri dello scrittore brasiliano Jorge Amado, sulla politicizzazione della magistratura, o il paragone con un personaggio nato dalla penna di Daniel Pennac, a cui il capomafia di Castelvetrano diceva di assomigliare tanto. Quel compact disk, almeno così pare, non fu mai consegnato a Messina Denaro perché Svetonio, dopo l’arresto di Provenzano, fu scoperto e i mafiosi fecero sapere che il suo tradimento lo aveva trasformato in un «morto che camminava». L’ex sindaco conosceva bene Matteo Messina Denaro, insegnò al fratello Salvatore, perciò era l’uomo giusto, e quella corrispondenza, che doveva portare a un incontro, aveva dato fino a quel momento molta fiducia agli analisti. L’indagine aperta sul conto di Vaccarino, dopo la scoperta di quei pizzini, fu archiviata nel settembre del 2007 su richiesta dalla Procura di Palermo «per mancanza di condotte concrete e penalmente rilevanti». Era accusato di associazione mafiosa, perché si sarebbe interessato ad appalti, offrendosi di agevolare operazioni poco chiare nell’interesse di Messina Denaro e – nella sua seconda veste – anche dei Servizi segreti.
                                                                                                                                                                   

Questo virus si autodistruggerà tra dieci secondi


Questo virus si autodistruggerà tra dieci secondi

Uno dei virus più pericolosi di sempre ha colpito paesi del Medioriente, ma potrebbe autodistruggersi. I suoi creatori ordinano il "suicidio" su alcuni computer in cui non si è installato correttamente

Questo virus si autodistruggerà tra dieci secondi
© Chung Sung-Jun/Getty Images News
Abbiamo già parlato di Flame, il nome supervirus, venti volte più potente e performante di tutti gli altri software malevoli. Aveva fatto notizia per aver colpito molti paesi del Medioriente tra cui l’Iran, l’Arabia Saudita, la Siria, il Libano, il Sudan, l’Egitto e i territori palestinesi. Flame aveva rubato diversi tipi di informazioni, aveva registrato comunicazioni e dialoghi, controllato il traffico effettuato sulla Rete, e addirittura scattato foto delle visualizzazioni sul video.
Repubblica scrive che Symantec, una delle aziende di antivirus, più impegnata sul fronte della lotta contro Flame, avrebbe fatto sapere che i creatori di Flame hanno ordinato il "suicidio" del virus su alcuni computer in cui non si è installato correttamente, per evitare di poter risalire a loro.
Basterebbe un comando per fa sparire Flame dai computer infettati:
"Le ipotesi formulate sono molteplici. Tra le più accreditate: si tratterebbe di un tentativo di rimuovere il virus da quei computer il cui contagio non è avvenuto in modo efficace, in modo da rendere impossibile a qualcuno di arrivare al quartier generale dei creatori di Flame. E non è tutto. Lo studio di Flame ha rivelato quanto sofisticato sia il codice usato. Talmente sofisticato da rendere improbabile la sia scrittura da parte di un semplice addetto ai lavori"
Ma ciò che aveva colpito di più di Flame era la complessità: Alexander Gostev, capo della sicurezza di Kaspersky, aveva ammesso che "ci vorranno dieci anni solo per capire come funziona". Flame è una spia in codice binario: può registrare le conversazioni effettuate via Skype o nelle immediate vicinanze del computer. Inoltre, trasforma i terminali dotati del sistema Bluetooth in sistemi in grado di prelevare dati e contatti da altri device. Non solo. Flame può scattare uno screenshot ogni dodici secondi. Ciò consente di monitorare in tempo reale tutte le attività prodotte da un dato computer. In questo modo, partendo da uno dei pc della rete si può arrivare ai pc dotati delle chiavi di qualsiasi rete locale.
Proprio per via della complessità alcuni esperti avevano cominciato a sostenere che si trattasse di un'idea di qualche ente governativo. E, visti i paesi coinvolti, alcuni avevano azzardato a fare i nomi di Stati Uniti e Israele come possibili mandanti. Ma niente è stato ancora scoperto e per ora si aspetta di vedere cosa succederà e quali saranno le prossime mosse dei misteriosi creatori.

THIAGO SILVA-PSG, AFFARE FATTO


THIAGO SILVA-PSG, AFFARE FATTO


Martedì le visite mediche e la firma


Thiago Silva, Lapresse
E' fatta per il trasferimento di Thiago Silva al Psg. Il difensore brasiliano ha già chiamato qualche compagno delMilan per annunciare il suo addio. Il club rossonero incasserà 50 milioni di euro, per il giocatore pronto un contratto a 9 milioni a stagione, il doppio di quanto percepisce attualmente. Martedì sono in programma le visite mediche e, secondo l'Equipe, la firma. Il contratto sarà però depositato solamente mercoledì.
Intercettato da alcuni cronisti all'uscita di servizio di un ristorante cittadino, Adriano Galliani ha sostanzialmente negato che ci siano novità, ma non ha nemmeno smentito l'esistenza di una trattativa con i francesi. Trattativa che, invece, all' "Equipe" ha confermato Leonardo, pur mantenendosi molto prudente: "Stiamo parlando, ma è difficile", ha detto il grande ex. E uno degli agenti del giocatore a Rmc: "So che il Paris Saint Germain è molto interessato al mio assistito, lui per ora rimane un giocatore del Milan, ma tutto è possibile".

Resta, insomma, il fatto che Thiago Silva è pronto a vestire maglia del Psg per quello che si annuncia uno dei trasferimenti più clamorosi del mercato estivo. Il Milan, nonostante le resistenze, espresse anche a parole attraverso l'ad rossonero Adriano Galliani ("Thiago Silva e Ibra restano al 99,9%", ha dichiarato al ritorno da Tunisi dopo qualche giorno a bordo della nave che ha ospitato la Crociera Rossonera nel Mediterraneo) alla fine ha ceduto all'offerta del club parigino. La fumata bianca per il forte difensore brasiliano, inseguito anche dal City di Roberto Mancini e dal Barcellona, è prevista già mercoledì.
Si vocifera, però, anche di un imminente arrivo a Milano dello stesso Thiago Silva. Non è chiaro, tuttavia, se il brasiliano debba parlare con la società del suo futuro o abbia fissato una visita per verificare le condizioni del ginocchio dolorante.