mercoledì 12 febbraio 2014

BANCHE, NOVITA’ IMPORTANTISSIMA



BANCHE, NOVITA’ 

IMPORTANTISSIMA

 Mutui, fidi, leasing, derivati ecc, è dovuta alle banche solo la restituzione del capitale perché la Commissione Europea le ha condannate a 1,71 miliardi di euro di multa per la falsificazione dell’euribor, del libor e del tabor, e per violazione dell’antitrust..


La multa di 1,71 miliardi di euro della Commissione Europea alle principali banche è una goccia nel mare di ciò che le banche hanno rubato.
Sennonché, la condanna che la svergognatissima Commissione Europea è stata alla fine costretta ad infliggere alle banche per aver falsificato l’euribor, il libor e il tabor (cioè i tassi interbancari sui quali poi si stabiliscono i tassi in danno di noi comuni mortali per ogni genere di operazioni), e per avere violato per anni (a cielo aperto) le norme antitrust (di cui tutti si riempiono la bocca), spiana la strada alle azioni civili e penali per chiedere di pagare il solo capitale nei mutui, fidi, leasing, derivati ecc.
Diviene cioè a questo punto concreta la possibilità di una contestazione sia di massa che individuale. Salvo purtroppo i casi di coloro che ‘devono tacere’ perché sono ‘in mano alla banca’.
Il PAS-FermiamoLeBanche&LeTasse può ora organizzare un’azione di massa contro questi criminali, mettendosi a disposizione di chiunque scriverà a info@pas.it (o contatterà telefonicamente l’800660815) per chiedere i moduli, le informazioni e i dati per presentare la denunzia penale, inviare la raccomandata di diffida alla banca, iniziare la procedura per il tentativo di conciliazione (conciliazione obbligatoria inventata solo per rubare altri soldi e rendere più problematiche le azioni giudiziarie) e, in mancanza, le cause civili per chiedere il pagamento del solo capitale, senza alcun interesse, sul mutuo, fido, leasing, derivato ecc., oppure per farsi restituire gli interessi indebitamente pagati.
La magistratura, infatti, non riuscirà più ormai a difendere i crimini delle banche e dovrà, specie se saremo uniti, iniziare infine a difendere il diritto e la gente.
Fermo restando che la verità, anche a prescindere dal signoraggio primario, è molto più grave di quel che sembra, perché i tassi non sono comunque frutto di nessun ferreo criterio oggettivo, ma solo, e da sempre, di volgari accordi truffaldini tra banche in un regime di (palese) violazione dell’antitrust: organizzazione pur essa al servizio di chi dovrebbe controllare.
Tutti svergognatissimi perché la questione, che è stata ‘lasciata perdere’ dai media (i quali non dovrebbero parlar d’altro), è esplosa in realtà solo in seguito ad un intreccio di conflitti interni alle banche e casi giudiziari.
Senza contare la sfacciataggine della Commissione di diminuire le multe di miliardi perché alla fine le banche, dopo che erano state scoperte, avrebbero ‘collaborato’, o addirittura di perdonare la UBS e Barclays perché hanno denunziato il cartello dopo avere rubato per anni più delle altre.
Miliardi di multa che sono quisquilie, secondo il commissario ai servizi finanziari Michel Barnier, il quale ha dichiarato che, attraverso questa truffa,le banche hanno maggiorato i tassi relativi ad un volume complessivo di operazioni per mille trilioni di euro (Barnier a settembre 2013: «questa situazione non può andare avanti, perché con lo scandalo Libor e Euribor le banche hanno mentito sui tassi applicati e l’indice stesso è stato falsato, e l’impatto di questa manipolazione ha cifre enormi, perché il volume di mercato cui si applicano questi indici sistemici è di mille trilioni»).
Un regime di in realtà antica, notoria e sistematica illegalità la cui condanna consente però ora di impugnare qualsiasi contratto di qualsiasi banca, e non solo delle banche direttamente coinvolte, stante la violazione delle norme antitrust, in seguito alle quali, ripeto, va restituito loro il solo capitale senza interessi, spese né competenze o gli va chiesta la restituzione di quanto pagato in più.
In dettaglio, per chi ha la pazienza di approfondire, la Commissione ha ‘scoperto’ d’un subito – ohibò! – due cartelli, uno legato all’euro (EIRD: Euro interest rate derivatives) e uno legato allo yen (YIRD: Yen interest rate derivatives), che sono cruciali per la determinazione del rischio legato alle fluttuazioni di interesse in base ad alcuni fondamentali criteri di riferimento (detti benchmark, per non farci capire niente, dagli ‘addetti’: spesso degli asini che si atteggiano ad esperti nascondendosi dietro il loro misero gergo straniero).
È stato quindi falsato sia l’Euribor (euro), che il Libor (sterlina) che il Tibor (yen).
Le banche accusate di aver manipolato i tassi attraverso diversi cartelli, sono Deutsche Bank, Société Générale, Rbs, JP Morgan, Citigroup e Rp Martin. 
Nessuna multa è stata inflitta a UBS e Barclays, che hanno manipolato i tassi di interesse su derivati sia in euro che in yen, ma hanno ‘rivelato’ l’esistenza dei cartelli (di cui erano al corrente decine di migliaia di persone). 
Gli illeciti in euro sono relativi al periodo settembre 2005 – maggio 2008, le indagini della Commissione sono iniziate nell’ottobre del 2011, e il procedimento è stato aperto a marzo 2013: otto anni lasciati a questi criminali per dargli tutto il tempo per svenare la società.
La manipolazione dei derivati in yen, come molto tardivamente rilevato dall’antitrust UE, è stata posta in essere da 7 cartelli bilaterali (eccetto tutti gli altri che magari stanno occultando con lo scandalo relativo a questi), durati da 1 a 10 mesi, nel periodo 2007 – 2010. 
Quel pagliaccio di Joaquín Almunia, commissario UE alla concorrenza, si dice (ridicolmente) ‘scioccato’ dal fatto che banche che dovrebbero essere in concorrenza tra loro, invece colludano, manifestando così, tra l’altro, di non capire nemmeno che i due concetti (colludere ed essere in concorrenza) non sono necessariamente in contrasto, e che, pertanto, è stato scelto ad occupare quel ruolo perché è l’unico a non sapere queste cose in Europa.
Secondo costui la multa di 1,71 miliardi sarebbe un chiaro segnale del fatto che la Commissione è decisa a combattere questi cartelli per istituire così una «sana concorrenza», omettendo di aggiungere «tra questi ladri ed assassini».
In pratica – fermo restando l’illiceità in generale degli interessi sui prestiti di denaro altrui (cioè signoraggio secondario, per non parlare della creazione del denaro dal nulla: signoraggio primario) – c’è stato (e c’è, perché vi sarete accorti che, nel mentre, incredibilmente, non è cambiato un bel niente) un cartello rivolto a gonfiare i tassi interbancari sia dell’area euro (Euribor) che dell’area yen (Yird). 
Le multe sono state: per Deutsche Bank, di 725,3 milioni (465,8 per l’Euribor e 259,5 milioni per lo Yird); per Société Générale, di 445,8 mln; per Royal Bank of Scotland, di 391 milioni (131 milioni e 260 milioni); per Jp Morgan per 79,9 milioni; e per Citigroup per 70 milioni.
La Commissione ha consentito a UBS di evitare una multa di 2,5 miliardi, e a Barclays di 690 milioni, per la predetta auto-denunzia, mentre le altre banche hanno ottenuto sconti per la ‘collaborazione’.
Ci saranno poi delle ulteriori indagini nei confronti di Crédit Agricole, Hsbc e Jp Morgan «secondo la procedura standard», che non prevede transazioni (meno male!).
Storie vecchie e reiterate perché già a dicembre 2012 l’UBS, colta con le mani nel sacco, si era detta pronta a pagare, in una diversa circostanza, una multa di 1,6 miliardi di dollari per la manipolazione del Libor, e addirittura nel 2007 era stata accusata di aver manipolato il Tibor (tasso interbancario giapponese) attraverso la sua filiale di Tokyo. Così come la Barclays, che ha già pagato a suo tempo 290 milioni di sterline per aver manipolato il Libor. 
Orsù, insomma, cari italiani, ricordiamo tutti insieme alla magistratura che non è al servizio delle banche ma nostro, altrimenti continuerà a far finta di dormire e a sostenere questi criminali attraverso ogni espediente.
Non fatevi infatti mai sfuggire che il problema non è il ladro, che ‘giustamente’ non può far altro che rubare, ma il gendarme, che è colluso con lui..
11.2.2014

12 modi per abbassare la pressione sanguigna senza ricorrere ai farmaci

12 modi per abbassare la pressione sanguigna senza ricorrere ai farmaci

Camminate ogni giorno, lasciate stare il caffè, ma non rinunciate a un bicchiere di vino. I piccoli gesti quotidiani per stare bene col proprio cuore
  • Respirare Profondamente

     
    Magari facendo tai chi, aiuta ad allontanare gli ormoni dello stress
  • Potassio

     
    Mangiare frutta e verdura che lo contengono, aiuta il vostro benessere
  • Sodio

     
    Da evitare a tutti i costi per chi soffre di ipertensione
  • Cioccolato

     
    Quello fondente potrà lenire la mancanza di sali per gli ipertesi
  • Vino

     
    Un bicchiere sì, due no
  • Caffè

     
    Da evitare in quanto la caffeina è un vasocostrittore
  •  
    Quello all'ibisco, bevuto con la frequenza di tre tazze al giorno, diminuisce la pressione arteriosa sistolica
  • Lavorare meno

     
    Fare tardi in ufficio comporta un'alimentazione disordinata
  • Musica

     
    Quella che piace, ascoltata regolarmente, abbassa la pressione sistolica secondo una ricerca dell'Università di Firenze
  • Controllate il sonno

     
    Le apnee notturne alzano i livelli di aldosterone, ormone che aumenta la pressione del sangue
  • Soia

     
    Adottando cibi che ne sono pieni in sostituzione di alcuni carboidrati raffinati, migliorerete la circolazione del sangue
01/12

Camminare

 
30 minuti al giorno a ritmo sostenuto, aiutano il cuore a pompare meglio il sangue
La pressione alta sanguigna è uno di quei fattori da tenere perennemente sotto controllo per prevenire brutte sorprese, difatti, anche se non è causa diretta di decessi, può aumentare sensibilmente il rischio di infarti, ictus, aneurismi e insufficienza renale. Certo, la medicina ha fatto passi da gigante in tal senso, tuttavia gli effetti collaterali sono sempre dietro l’angolo e spesso sono assai fastidiosi (crampi, nausea, vertigini). In primo luogo, i medici consigliano che per tenere sotto controllo la pressione sanguigna è bene avere cura del proprio peso corporeo ma potrebbe non bastare…
Wired.it vi consiglia 12 passi senza ricorrere ad alcun farmaco.
1. Camminate a passo sostenuto
I pazienti ipertesi possono contare su delle sane camminate a passo sostenuto, difatti, l’esercizio fisico aiuta il cuore ad “usare” l’ossigeno in modo più efficiente e così il sangue viene pompato in modo più vigoroso. Un consiglio? Una camminata di 30 minuti al giorno a passo rapido è un buon modo per cominciare. In seguito, potrete anche allungare la distanza da percorrere, sfidando voi stessi.
2. Respirare profondamente
Volete tenere a bada la renina? Cominciate ad avere cura della vostra respirazione. Per tenere sotto controllo la renina, l’enzima proteolitico secreto dai reni che aumenta la pressione sanguigna, ci si può rivolgere a pratiche meditative come il qigong, lo yoga e il tai chi. 5 minuti al mattino e 5 alla sera, vi aiuteranno ad allontanare gli ormoni dello stress e a far piazza pulita delle tensioni. Provare per credere.
3. Potassio
Il potassio può essere un alleato determinante per il vostro benessere e dunque, non lesinate con frutta e verdura per riuscire ad ingerire fra i 2,000 e i 4,000 mg al giorno. Cosa mangiare? Patate dolci, pomodoro, banane, fagioli, piselli, prugne e uva secca.
4. Guerra al sodio
Il sodio è, invece, da evitare a tutti i costi per chi soffre di ipertensione e in generale gli esperti consigliano di non ingerire più di 1,500 mg al giorno. Di quanto stiamo parlando? Tenete conto che mezzo cucchiaino di sale ne contiene 1,200 mg di sodio! Ma la maggior parte del sodio lo ingeriamo nelle pietanze e dunque, occhi alle etichette: meglio sciapo che saporito.
5. Cioccolato dark
Il cioccolato fondente potrà lenire la mancanza di sale per gli ipertesi, visto che questa saporita pietanza contiene i flavanoli, capaci di rendere i vasi sanguigni più elastici. 15 grammi di cioccolato fondente al giorno faranno al caso vostro, a patto che contengano almeno cacao al 70%.
6. Un bicchierino sì. Due no.
Ovviamente nessun medico vi dirà mai di alzare il gomito eppure bere quantità moderate di alcool al giorno, secondo diverse ricerche, non solo aiuta a prevenire malattie cardiache ma potrebbe aiutare la vostra pressione sanguigna a diminuire. Ovviamente si parla di minime quantità: da un quarto a metà di 0,34 litri di birra (o 0,14 litri di vino) al giorno. Senza barare.
7. Dal caffè al dek
Gli scienziati hanno a lungo dibattuto sul destino riservato alla caffeina per gli ipertesi ma uno studio della Duke university ha stabilito che questa sostanza sarebbe da evitare semplicemente perchè si tratta di un vasocostrittore. E la situazione peggiora sotto stress: il cuore pompa più velocemente e la pressione inevitabilmente, sale. Meglio passare al decaffeinato.
8. Meglio un tè all’ibisco
I ricercatori della Tufts University hanno evidenziato come i partecipanti ad uno studio che hanno sorseggiato tre tazzè di tè all’ibisco, hanno riscontrato una diminuzione netta della pressione arteriosa sistolica di ben 7 punti in 6 settimane mediamente (chi prendeva un placebo ha avuto solo un punto di diminuzione). Le proprietà fitoterapiche dell’ibisco sembrano dunque capaci di diminuire la pressione alta e visto che molte tisane ne sono ricche, vale la pena farne uso.
9. Lavorare un po’ meno
Con la crisi economica attuale è difficile ipotizzare una vita rilassata in ufficio ma è certo che lavorare troppo fa salire la pressione e non solo per lo stress diretto: far tardi in ufficio, comporta spesso pasti frugali ed errati ed impedisce di andare in palestra o di fare sport. La California University ha studiato 24,205 soggetti e il 15% di questi, trascorrendo 41 ore in ufficio, ha avuto un aumento dell’ipertensione. Mettere un timer sul vostro pc e appena possibile…scappate a casa.
10. Relax musicale
Secondo i ricercatori dell’università di Firenze, se gli ipertesi sono liberi di scegliere quale musica ascoltare ogni giorno, in totale relax, per 30 minuti al giorno, gli effetti sono assicurati. 28 adulti già in cura con farmaci, hanno riscontrato 3,2 punti in meno di pressione sistolica media in una settimana e 4,4 punti in meno dopo un mese.
11. Meglio non russare
I ricercatori della Alabama University hanno evidenziato che la maggior parte dei soggetti che soffre di apnee notturne, ha alti livelli di aldosterone, un ormone che può far aumentare la pressione del sangue. Dunque curare le apnee notturne non solo vi farà riposare meglio ma, al diminuire dell’aldosterone, dovrebbe diminuire anche la pressione.
12. W la soia
Secondo il Journal of the American Heart Association, sostituendo alcuni carboidrati raffinati con alimenti ricchi di soia o delle proteine del latte, si può migliorare nettamente la circolazione e dunque, abbattere l’ipertensione. Dunque occhio alla vostra dieta.

Adriatico: una immensa discarica di armi chimiche “made in USA”

Adriatico: una immensa discarica di armi 

chimiche “made in USA"

Le polemiche sul trasferimento nel porto di Gioia Tauro delle armi chimiche siriane non devono farci dimenticare che, fin dalla Seconda Guerra Mondiale, l’Adriatico è sempre stato utilizzato dalle forze armate americane e britanniche come discarica di ordigni letali, radioattivi e altamente inquinanti
Nelle ultime settimane tutti i giornali hanno dedicato spazio alle polemiche suscitate dalla decisione di trasferire nel porto calabrese di Gioia Tauro le armi chimiche provenienti dalla Siria che, nel quadro degli accordi internazionali, dovranno essere trattate per divenire inoffensive. Ma raramente i nostri mezzi d’informazione si ricordano di una terribile e sconcertante verità: il Mare Adriatico è un immenso cimitero di armi chimiche, radioattive e di ogni genere di ordigni letali. E questo già dalla fine del secondo conflitto mondiale, quando le forze armate occupanti, i cosiddetti “alleati”, decisero di farne la principale discarica per tutte le sostanze più pericolose e vietate dai trattati internazionali.
Le nostre autorità, sia politiche che militari, sono bene al corrente della cosa, come sanno bene del resto che questo allucinante “stoccaggio” di ordigni letali non ha conosciuto soste, protraendosi negli anni fino a tempi a noi molto vicini. Anche durante e dopo il barbaro attacco della NATO contro la Serbia del 1999, infatti, il nostro mare orientale è stato continuato ad essere utilizzato come discarica prediletta dall’esercito americano per occultare un numero impressionante di ordigni, comprese le micidiali bombe a grappolo (clustrer bombs) e quelle all’uranio impoverito.
Pochi giornalisti hanno fino ad oggi avuto il coraggio di denunciare la cosa e di evidenziare gli enormi rischi per la salute che questa discarica rappresenta per milioni di nostri concittadini che vivono e risiedono sulle coste adriatiche. Fra questi pochi si è sempre distinto Gianni Lannes, autore di numerose inchieste che hanno fatto luce su questa realtà drammatica.
Attraverso il suo blog Sulatesta!, Lannes è tornato recentemente sulla questione, denunciando come l’intero ecosistema dell’Adriatico sia ormai irrimediabilmente compromesso e rilevando come già dieci anni fa l’ICRAM (l’Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare) denunciava, alla luce di un accurato studio scientifico, l’inquinamento subito dall’intera catena alimentare.
Pezzi di questo ammasso informe (che si stima sia di oltre un milione di ordigni caricati con aggressivi chimici come l’Iprite e il Fosforo, soltanto se si contano quelli affondati nell’immediato dopoguerra) emergono sempre più spesso per via delle correnti marine che li depositano sulle spiagge. E capita spesso che questi ordigni rimangano impigliati nelle reti dei pescatori, che risultano i più esposti alla nocività di certe sostanze. Tanto che, come denunciato sempre da Lannes, viene applicato il Segreto di Stato sulle cartelle cliniche di tutti gli addetti del settore della pesca.
Già nel Marzo 2007 Gianni Lannes aveva pubblicato sul settimanale Left (di cui era condirettore Andrea Purgatori, il giornalista che sul Corriere della Seraaveva indagato fin dalle prime battute sulla strage di Ustica, scoprendone il “muro di gomma”) un’accurata inchiesta a riguardo, approfondendola poi sul campo in varie occasioni e pubblicando poi gli sconcertanti risultati delle sue scoperte cinque anni dopo, nel 2012, dedicandovi un intero capitolo (intitolato “Bombe amare”) del suo libro Il Grande Fratello, strategie del dominio.
Apprendiamo, dalle sue denunce, che la pratica di utilizzare i mari come discariche di ordigni letali e sostanze chimiche è sempre stata adottata dagli eserciti, soprattutto quello americano e quello britannico. Tanto che, al termine della Seconda Guerra Mondiale – tra il 1945 ed il 1947 – gli “alleati” hanno affondato un po’ ovunque a largo delle coste europee (oltre che nell’Adriatico anche nel Tirreno, nel Baltico e nell’Atlantico del Nord) enormi quantità di ordigni, tra cui oltre 60.000 tonnellate di agenti nervini. E, sempre parlando di gas nervini, risulta che le forze armate americane abbiano inabissato nell’Atlantico decine di migliaia dei propri razzi M-55, non stagni, e pieni del micidiale Sarin. Razzi che, essendo appunto non stagni, e quindi soggetti all’azione erosiva dell’acqua marina, hanno già iniziato da tempo a liberare il loro micidiale contenuto.
Ed anche il Pacifico, oggi sconvolto dagli effetti dell’inquinamento radioattivo di Fukushima, risulta essere costellato da discariche contenenti migliaia di tonnellate di armi chimiche affondate, oltre che dagli Americani, anche dalle forze armate britanniche e australiane.
Il Bulletin of the Atomic Scientists, citando uno studio condotto nel 1993 dalla US Arms Control and Disarmament Agency (ACDA, Agenzia USA per il controllo delle armi e il disarmo), riporta testualmente che  “in tutto, gli Stati Uniti sono responsabili di aver effettuato 60 scarichi in mare, per un totale di 100.000 tonnellate di armi chimiche piene di materiali tossici. I siti statunitensi si trovano nel Golfo del Messico, al largo del New Jersey, della California, della Florida, di New York e del South Carolina e nei pressi di India, Italia, Norvegia, Danimarca, Giappone e Australia”.
Ma l’Adriatico rappresenta, soprattutto per noi Italiani, alla luce di ciò che nasconde sui suoi fondali, una vera e propria bomba ad orologeria.
Secondo quanto emerge da documentati rapporti della Questura di Bari, consultati da Gianni Lannes presso l’Archivio di Stato del capoluogo pugliese, le forze armate di Sua Maestà Britannica, al termine del secondo conflitto mondiale, hanno deliberatamente affondato a poche miglia dal litorale barese, in fondali bassi e pescosi, migliaia di ordigni contenenti armi chimiche. Sulla vicenda il Governo di Londra ha imposto una censura militare tutt’oggi in vigore, nonostante che i primi documenti sanitari sui pescatori italiani contaminati da quelle sostanze risalgano al 1946.
La cosa più sconvolgente è che l’ubicazione esatta di queste discariche, oltre ad essere talvolta scarsamente nota alle nostre autorità militari, non viene criminalmente segnalata alla popolazione, mettendo così a rischio, oltre a quelle dei pescatori, le vite di chiunque lavori sul mare e degli ignari sub e dei bagnanti, che sempre più spesso si imbattono in distese di ordigni che le mareggiate portano alla luce sui fondali.
Emblematico è il caso di Pianosa, la più remota delle isole dell’arcipelago delle Diomedee, ultimo lembo nell’Adriatico di suolo italiano prima del confine con le acque internazionali, di fronte al Gargano. Come denuncia sempre Gianni Lannes, quella che è classificata come un’incontaminata riserva naturale marina con fondali cristallini e varietà di flora e fauna marine uniche in tutto il Mediterraneo, è in realtà un cimitero di ordigni letali.
Eppure un decreto interministeriale del  14 Luglio 1989 stabilisce che sull’isola e attorno ad essa è vietata «l’alterazione con qualsiasi mezzo dell’ambiente geofisico o delle caratteristiche biochimiche dell’acqua, nonché l’introduzione di armi, esplosivi e di qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, nonché sostanze tossiche o inquinanti» e né il Portolano della navigazione né le carte nautiche, neanche le più aggiornate, fanno menzione alcuna del tappeto di bombe che si estende su quei fondali. Nessuna comunicazione a riguardo viene ufficialmente data alla popolazione ed ai turisti, nonostante che le nostre autorità militari siano ben consapevoli di ciò che le acque di Pianosa nascondono.
Presso la Capitaneria di Porto di Manfredonia, infatti, nonostante la mancata collaborazione istituzionale, lo stesso Lannes ha avuto modo di verificare una precisa ordinanza classificata come “numero 27″, risalente al 18 Ottobre 1972. Il documento, firmato dal Tenente Colonnello Mariano Salemme, rende noto che «Nella zona di mare circostante l’isola di Pianosa, per una profondità di metri 100, sono depositate su fondo marino un numero imprecisato di bombe aeree che rendono quella zona pericolosa alla navigazione, ancoraggio e sosta di qualsiasi natante, e per la pesca, la pesca subacquea e la balneazione». Pertanto, prosegue il documento,  «Dalla data odierna fino a nuovo ordine, nella zona di mare sopra indicata, per una profondità di mare di metri 500 (cinquecento), sono vietata la navigazione, l’ancoraggio e la sosta di qualsiasi natante, la pesca, la pesca subacquea e la balneazione».
Ai numerosi ordigni rilevati dalla Marina Militare nel 1972, sui fondali di Pianosa si sono poi aggiunti quelli risalenti al recente conflitto nei Balcani. E numerosi involucri esplosivi, inclusi quelli risalenti all’attacco NATO alla Serbia del 1999, perdono il loro micidiale contenuto, alterando l’habitat marino con gravi conseguenze ambientali e sanitarie. Lo confermano i dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ha censito fino ad oggi soltanto una minima parte delle bombe americane presenti nell’area. «Le indagini hanno evidenziato un notevole stress per gli animali marini campionati – rivela Luigi Alcaro, ricercatore dell’ISPRA – segni di sofferenza e alterazioni a livello biochimico e istologico che possono essere diretta conseguenza del TNT disperso dalle bombe».
Il TNT, secondo la letteratura scientifica, è un composto solido, giallo e inodore prodotto dalla combinazione di acido nitrico e adido solforico. Numerose ricerche hanno dimostrato la tossicità di questa sostanza sull’organismo umano che si manifesta a diversi livelli provocando epatite e anemia emolitica, danni all’apparato respiratorio, eritemi e dermatiti. Inoltre essa è stata qualificata a livello internazionale anche come potenziale agente cancerogeno.  
Lo studio dell’ICRAM datato Maggio 2003 parla chiaro, come ha rilevato Gianni Lannes nelle sue inchieste. Non a caso il rapporto è intitolato “Contaminanti rilasciati dalla corrosione di residuati bellici sui fondali dell’isola Pianosa”.
Un’interrograzione parlamentare rivolta il 13 Luglio 2004 dal deputato dei Verdi Mauro Bulgarelli ai Ministri dell’Ambiente e della Difesa, affermava testualmente: «Nelle acque di Pianosa operano abitualmente pescatori di frodo e in prossimità dell’isola transitano petroliere e spesso gettano l’ancora natanti fuoribordo, circostanze che rendono possibile l’esplosione degli ordigni una volta che essi venissero a contatto con gli scafi». Bulgarelli aveva chiesto inoltre: «quali iniziative si intendano adottare per rimuovere nel più breve tempo possibile gli ordigni giacenti sui fondali, fonti di gravissimo pericolo per l’ecosistema, per la navigazione e la salute delle popolazioni dell’arcipelago delle Tremiti?»
L’unica risposta “istituzionale” agli allarmi lanciati dagli scienziati, ai rapporti dell’ICRAM e alle interpellanze dei Verdi risale al 14 Ottobre 2005. L’allora Ministro della Difesa Antonio Martino si limitò ad ammettere, nel caso di Pianosa «il rinvenimento di un numero imprecisato di ordigni bellici risalenti alla Seconda Guerra Mondiale» (tacendo quindi su tutti gli ordigni inabissati intenzionalmente dal dopoguerra fino ad oggi), ma si guardò bene dall’adoperarsi per predisporre una qualsiasi bonifica dei fondali.
Ma, sia nel caso delle Tremiti che per tutti gli altri numerosi siti contaminati dell’Adriatico e del Tirreno, nonostante la gravità inaudita della situazione, l’opinione pubblica è ancora tenuta colpevolmente all’oscuro dalle autorità e i vari governi che si sono succeduti negli ultimi anni non sono mai seriamente intervenuti, né mai si è parlato di dare inizio a delle bonifiche.
Si preferisce, da parte dei politici, nascondere la testa sotto la sabbia e fingere che il problema non esista, come è stato fatto per ben diciassette anni nel caso della “Terra dei Fuochi”, su cui si arrivò addirittura a imporre il Segreto di Stato, mentre la gente continua ad ammalarsi e a morire.
«Oggi siamo tutti danneggiati. Il problema non si deve ignorare ma risolvere. Tutto purtroppo è ancora nell’ombra», ammonisce Antonio Savasta, sostitutore procuratore a Trani.
Infrangere il muro di gomma, secondo Gianni Lannes, è un bene per tutti: i responsabili – soprattutto il governo USA – dovrebbero assumersi le proprie responsabilità e caricarsi gli oneri delle bonifiche, ammesso che vi siano le condizioni per poterle ancora fare, ammesso che per i nostri mari non sia ormai già troppo tardi.
Ma quali assunzioni di responsabilità ci si potrebbe mai aspettare, aggiungo io, da un esercito, quello degli Stati Uniti d’America, che dal 1945 continua ad occupare militarmente il nostro territorio e che ha sempre considerato i nostri mari alla stegua di un immenso immondezzaio?
E quali assunzioni di responsabilità ci potremmo aspettare da una classe politica che non solo ha permesso tutto questo, ma che ha anche contribuito a nasconderlo per decenni all’opinione pubblica e ai cittadini?