LAVORO RIFORMA PENSIONI
L’esperto: prima della flessibilità tagliamo gli assegni d’oro
RIFORMA
PENSIONI, FLESSIBILITA' E MODIFICHE ALLA LEGGE FORNERO
Si ritiene che riformare la normativa
previdenziale a ogni cambio di governo non sia opportuno. Tranne questa volta.
Il consenso sulla necessità di apportare significative modifiche alla legge Fornero,
pur senza stravolgerla radicalmente, è piuttosto generalizzato. Sia in campo
politico che accademico. Gli errori che ha prodotto sono tanti e tali da non
poter esser ignorati. A partire dalla vicenda degli esodati. Centinaia di
miglia di lavoratori (392mila, secondo l’Inps) che avevano cessato il rapporto
con le proprie aziende prima dell’età di pensionamento,perché a quest’ultime
conveniva così, in cambio di un congruo indennizzo e che, per effetto
dell’innalzamento repentino dei requisiti di età voluti dall’ex ministro, si trovano
o rischiano di trovarsi senza reddito da lavoro e da pensione. Sugli esodati,
il governo ci sta lavorando. Sta lavorando anche, ma finora si tratta di una
fase del tutto preliminare, a un meccanismo di flessibilità che consenta di
scegliere quando andare in pensione, in una forbice che va dai 62 ai 70 anni.
Chi va prima, riceve dei disincentivi, chi va dopo, degli incentivi. Luca Spataro,
professore associato di Economia politica presso l’Università degli studi di Pisa
ed esperto di previdenza, ci spiega cosa ne pensa delle opzioni in ballo.
Anche lei pensa che la riforma vada ritoccata?
Vede, il problema è che la crisi che si sta
prolungando ormai da anni sta determinando sempre più problemi di equità
intergenerazionale. E’ evidente, per esempio, che le famiglie giovani, o i
giovani, stiano soffrendo sempre più la saltuarietà del lavoro, stipendi
piuttosto bassi, o disoccupazione che si protrae per lunghi periodi. Ciò significa
che i giovani di adesso, che andranno in pensione tra svariati decenni con il sistema
contributivo pieno, rischieranno di trovarsi un importo previdenziale decisamente
ridotto.
Cosa
suggerisce?
Abbiamo quasi finito di raschiare il fondo del
barile ma, probabilmente, in termini di giustizia attuariale esistono ancora
dei margini: mi riferisco, in particolare, alle baby pensioni e alle pensioni
d’oro. Tenendo conto dello stato patrimoniale e reddituale complessivo della
famiglie che godono di tali benefici, sarebbe legittimo chiedere un sacrificio
nell’ottica di una politica ridistributiva.
Come
giudica, invece, la possibilità di introdurre un meccanismo di flessibilità?
In
Italia l’età media di pensionamento, benché sia cresciuta rispetto agli anni
passati, è ancora bassa. Abbiamo, inoltre, pochi lavoratori anziani rispetto ai
Paesi più avanzati della Comunità europea. Non possiamo permetterci, quindi,
un’eccessiva flessibilità sull’età di pensionamento, a meno che non si
prevedano delle forti penalizzazioni per chi va prima, o si individuino casi
specifici quali i lavori usuranti.
Come crede che vada risolta la vicenda
degli esodati? Una volta per tutte, o gradualmente, reperendo di anno in anno
le risorse necessarie, come sta facendo il governo?
In
un’economia in crescita, non si avrebbero problemi e ipotizzare misure di
Lavoro salvaguardia per tutti e subito. Allo stato attuale, tuttavia, non si
potrà fare altro che verificare, un anno dopo l’altro, caso per caso.
C’è chi parla
dell’ipotesi di una staffetta generazionale: il lavoratore senior accetta un
part time, l’azienda, in cambio, assume un giovane. Sarebbe concretamente
applicabile una misura di questo tipo?
In
un’economia efficiente che segue le regole del mercato non ci sarebbe bisogno
di una staffetta del genere. Ciascun lavoratore, infatti, sarebbe pagato in
misure proporzionale alla sua produttività.