Nel dibattito politico spagnolo la scorsa settimana si è parlato di cristianesimo. È stata un’eccezione. Di queste cose, infatti, non si parla in pubblico in questo Paese. Ma non c’è ragione di gioire. Non se n’è parlato molto, né bene. La questione era mal posta. Si è parlato del cristianesimo perché il Partito popolare (Pp), che è al governo, ha tenuto il suo XVII Congresso. Il Pp continua a definirsi un partito che “è ispirato dai valori della democrazia, della tolleranza e dell’umanesimo cristiano”. Alcuni rappresentanti dell’ala liberale del partito hanno proposto che da queste parole fosse tolto l’aggettivo cristiano da sostituirsi con “occidentale” o “europeo”. La richiesta è stata respinta con una maggioranza schiacciante. Vedremo se questo servirà a fermare lo zapaterismo sociale che avanza nel centrodestra spagnolo.
Siamo sinceri. Ammettiamo che, per come stanno le cose, c’è una certa logica nella proposta dei liberali. In fondo stiamo parlando di un insieme di valori che, nel tempo, sono diventati sempre più sbiaditi. Se non considerassimo le problematiche legate all’aborto e al matrimonio omosessuale sarebbe difficile sapere se coloro che attaccano e difendono l’umanesimo cristiano hanno posizioni tanto distanti.
Poi c’è, ovviamente, la questione storica. La Spagna era isolata dall’Europa quando un umanesimo cristiano per nulla intimorito, insieme alla tradizione liberale e socialista, ha ricostruito il Vecchio Continente devastato da due guerre mondiali. L’umanesimo cristiano, che nel nostro caso è il cattolicesimo, ha giocato un ruolo decisivo nella costruzione di quella riconciliazione che ha reso possibile la Transizione (periodo storico spagnolo che va dalla morte di Franco all’approvazione della nuova Costituzione, ndr). Il Concilio Vaticano II è stata la chiave per un ritorno pacifico della democrazia in Spagna. Ma la Chiesa stessa, sbagliando, si è preoccupata di minimizzare il suo ruolo storico.
I liberali possono identificare l’umanesimo cristiano con un generico riferimento ai valori occidentali, perché, nella maggior parte dei casi, i cristiani hanno accettato che la loro esperienza si riducesse a una sorta di a priori culturale o a un’etica. Domina un tipo di fede che è ridotta a esempio morale: è la stessa riduzione fatta dal monaco Pelagio nel V secolo. “Questo è l’occulto e orrendo veleno - diceva Agostino d’Ippona ai Pelagiani - della vostra eresia: voi volete che la grazia del Cristo stia nel suo esempio e non nel suo dono” (Opera incompiuta contro Giuliano). Il cristianesimo ispanico, che è quello che dà forma all’America Latina, mostra una sorprendente facilità a trasformarsi in un’etica, accessibile e raggiungibile con una volontà forte e determinata.
È lo stesso Agostino, con una precisione che ci risulta molto vicina, a descrivere la vera natura del cristianesimo. Lo fa spiegando che tipo di problema risolve. Nella sua opera “De libero arbitro” è contenuta una discussione cui ha partecipato nell’autunno del 387. I termini sono assolutamente postmoderni. Agostino disse: “Se fosse in mio potere esser felice, già lo sarei di certo; lo voglio anche ora e non lo sono perché non io ma egli mi rende felice”. Questo è il cuore del cristianesimo. Non un struttura filosofica o un tradizione che con il tempo vede scomparire i suoi tratti, ma un Uomo che ti viene incontro e che risponde alla tua incapacità di ottenere la felicità desiderata.
Dal XVII secolo il cattolicesimo in Spagna è stato considerato, in molti casi, come qualcosa di già saputo e acquisito. Ma il cristianesimo è, in realtà, Qualcuno che accade. Chi può sentirsi provocato o sfidato da un umanesimo cristiano rimasto senza contenuto? Questo umanesimo può essere difeso, e alcuni lo hanno fatto con tanta energia. Ma la sua capacità di cambiare è quasi pari a zero. Il vero cambiamento è possibile quando c’è un’esperienza come quella che porta Agostino a dire: “Non io ma egli mi rende felice”.
Da qui nasce anche una presenza cristiana nel mondo della politica. Se ci sono uomini e donne come Agostino c’è un soggetto cristiano. Ed è tale soggetto che può fare la politica cristiana, non le etichette.