Si chiama Rankl ed è una proteina in grado di infiammare il fegato e di causare in questo modo il diabete di tipo 2. La scoperta, di enorme importanza perché potrebbe aprire la strada ad una terapia innovativa in grado non solo di trattare, ma forse anche di prevenire il diabete di tipo 2, è il frutto di decenni di complesse ricerche condotte nell’arco di una ventina d’anni da vari gruppi di ricercatori italiani (Ospedale di Brunico, Università di Verona, Università Cattolica del Sacro Cuore) in collaborazione con altri gruppi italiani ed europei tra xcui l’università di Napoli Federico II. Lo studio è pubblicato on line sulla prestigiosa rivista Nature Medicine. Sul fronte epidemiologico determinante è stata l’osservazione, fatta nella popolazione di Brunico (Bolzano), che la presenza di elevate concentrazioni nel sangue di Rankl rappresentano un forte e indipendente predittore di diabete di tipo 2. Rankl è una proteina che svolge un ruolo importante nei processi di infiammazione presenti in malattie come l’artrite reumatoide e l’artrite psoriasica – spiega Enzo Bonora dell’Università di Verona, presidente eletto della Società italiana di Diabetologia (Sid) – gli stessi processi di infiammazione sono coinvolti nella patogenesi del diabete e delle malattie cardiovascolari”. I ricercatori sono andati dunque a testare sugli animali da esperimento l’ipotesi che bloccando il Rankl a livello sistemico e
nel fegato in topi da esperimento diabetici, si potesse riuscire ad ottenere un miglioramento della sensibilità insulinica a livello del fegato e dunque un calo della glicemia. Per verificare se elevati livelli di Rankl potessero avere un ruolo causale nel determinare il diabete, un gruppo di ricercatori tedeschi ha modificato geneticamente alcuni topi (aggiungendo o levando la proteina Rankl), confermando così che essa è effettivamente coinvolta nel metabolismo del glucosio. Tra l’altro questa ipotesi spiegherebbe, almeno in via teorica, le guarigioni dal diabete dopo intervento di by-pass gastrointestinale con l’esclusione del duodeno dal transito della bile. laddove il fattore tossico potrebbe agire per via retrograda sul pancreas endocrino lungo i condotti che conducono al pancreas esocrino.
Lo studio
“E’ stato anche osservato – spiega il professor Andrea Giaccari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e consigliere della società Italiana di Diabetologia (Sid) – che, nei topi resi
diabetici, bloccare Rankl comporta un miglioramento delle alterazioni responsabili del diabete. In particolare bloccare questa proteina aumenta la capacità del fegato di rispondere all’insulina e riduce l’eccessiva produzione epatica di glucosio, un’alterazione metabolica tipica del diabete tipo 2”.Queste importanti scoperte sono state ottenute grazie a collaborazioni con ricercatori dell’Università di Innsbruck in Austria, Cambridge in Inghilterra, e Harvard negli Stati Uniti. Questo studio riveste una grande importanza perché rappresenta la prima dimostrazione clinica, confermata da studi molecolari sull’animale, del ruolo dell’infiammazione cronica nell’insorgenza
del diabete tipo 2.
Che cos’è Rankl
Rankl è una citochina appartenente alla stessa famiglia del Tumor necrosis Factor (Tnf) e funziona legandosi al suo recettore espresso tra l’altro sulle cellule del fegato e sulle cellule beta del pancreas (quelle che producono insulina). Quando Rankl si lega al suo recettore, va ad attivare l’Nf-k (Nuclear Factor B), l’Nf-kb attivato si sposta nel nucleo della cellula e lì va ad accendere i geni che codificano i mediatori dell’infiammazione. La reazione infiammatoria che ne consegue, provoca insulino-resistenza nel fegato e apoptosi (cioè morte) delle cellule beta pancreatiche. Le persone che hanno una maggiore quantità di questa proteina nel sangue hanno un maggiore rischio di sviluppare il diabete (elevate concentrazioni di Rankl conferiscono un aumento del rischio pari al 300-400 per cento di ammalarsi di diabete).