mercoledì 15 aprile 2015

Donna aggredita con una mannaia alla fermata dell'autobus: arrestato l'autore“

Foggia, aggredita alla fermata del bus: un arresto
Donna aggredita con una mannaia alla fermata dell'autobus: arrestato l'autore

La mannaia sequestrata

Foggia, aggredita alla fermata del bus: un arresto

E’ ricoverata nel reparto di neurochirurgia degli Ospedali Riuniti di Foggia, la donna foggiana, residente a Borgo Mezzanone, aggredita ieri sera al capolinea Ataf di via Galliani, nei pressi dell’autobus della linea 24, che fa la spola tra il capoluogo dauno e la borgata.
Per lei, venti punti di sutura al capo, ferite da taglio alla mano e al braccio sinistro e uno shock difficile da superare: secondo quanto accertato dagli agenti della sezione volanti della questura di Foggia, coordinati dal vice questore aggiunto Pasquale Fratepietro, la donna è stata vittima di un attacco brutale e immotivato, che ha scatenato l’ira dei presenti, che si sono letteralmente avventati contro l'aggressore.
Il fatto è successo poco dopo le 20, e la maggior parte di segnalazioni giunte al 113 indicavano una violenta rissa in atto: l’uomo, successivamente arrestato per tentato omicidio e resistenza e violenza a pubblico ufficiale, ha infatti rischiato il linciaggio da parte dei presenti. Si tratta di  Katalhin Mohamed Rahmane, 36enne nato in Afghanistan e attualmente ospitato presso il centro Cara di Borgo Mezzanone.
Tutto sarebbe partito da uno spintone involontario sull’autobus: questa la scintilla che ha fatto scattare la rabbia del 36enne che ha prima aggredito la malcapitata (a lui sconosciuta) con calci e pugni e poi l’ha colpita con una piccola mannaia al capo. Colpi ripetuti e fortunatamente non profondi, ma che hanno causato ferite visibili e una copiosa perdita di sangue per la donna.
Immediato l’allarme lanciato alla polizia che, con non poche difficoltà, è riuscita a placare gli animi, bloccare l’uomo e condurlo negli uffici della questura. Sul posto, i sanitari del 118 - che hanno medicato la donna e predisposto il trasporto al pronto soccorso - due volanti della polizia e altri due equipaggi del Reparto prevenzione crimine, insieme alla polizia municipale che ha regolato il traffico in quella zona.






La Warren contro l’élite? Il mainstream la fa già a pezzi

La Warren contro l’élite? Il mainstream la fa già a pezzi


Ricordate quel fortunato motivetto che concludeva un famoso spot pubblicitario con la frase “dove c’è Barilla, c’è casa”? Mi è tornato in mente ragionando sugli eventi che stanno scuotendo la Turchia, regno di Recep Tayyip Erdoğan, già affiliato presso la famigerata Ur-Lodge Hathor Pentalpha di George H. W. Bush e Dick Cheney. Allo stesso modo, sulla scia della strage francese riguardante l’eccidio dei giornalisti in forza al giornale satirico “Charlie Hebdo”, è tornato guarda caso prepotentemente sulla scena politica transalpina il marito di Bruni Carlà, ovvero Nicolas Sarkozy, anch’egli affiliato al pari di Erdoğan all’interno della già menzionata superloggia “del sangue e della vendetta”. L’esempio fornito dagli attentati compiuti l’11 settembre del 2001, voluti e pianificati da membri apicali della loggia fondata da Bush padre, ha fatto scuola, incoraggiando evidentemente le gesta di molti emulatori e tardi epigoni. Quindi, parafrasando la frasetta ricordata in apertura di articolo, verrebbe voglia di canticchiare adesso a reti unificate“dove c’è Hathor, c’è strage”.
Lo schema, già applicato con successo anche in Italia negli anni in cui imperava la P2 (filiale della ben più potente loggia “Three Eyes” di Kissinger e Rockefeller), è sempre uguale: problema-reazione-soluzione. E se il problema non c’è, qualcuno Elizabeth Warren, candidata di sinistra alle primarie per la Casa Biancadovrà pur sobbarcarsi l’ingrato compito di crearne uno alla bisogna, non vi pare? Da quando Jeb Bush, fratello dell’ex presidente George W. Bush, ha annunciato la sua discesa in campo in vista delle presidenziali americane del 2016 il mondo è diventato d’incanto un luogo meno sicuro. Ci penserà poi Jeb, una volta arrivato malauguratamente al potere, a rimettere le cose a posto “a modo suo”. Problema-reazione-soluzione. Quale politico democratico sfiderà il prossimo anno l’uomo della Hathor Pentalpha per contendergli la conquista della Casa Bianca? I giornali di regime, quelli che fomentano perlopiù il terrorismo economico (“oddio lo spread!”), tifano chiaramente per Hillary Clinton, moglie di Bill, ex presidente rimasto famoso per via della nota passione per il “blowjob” e la “deregulation finanziaria”.
L’impoverimento del ceto medio e la conseguente crisi che attanaglia il modello di vita occidentale è diretta conseguenza delle scellerate scelte di indirizzo politico volute negli anni ’90 proprio dal consorte di Hillary, così miope da archiviare lo Steagall Act di rooseveltiana memoria e ridurre la politica ad ancella e serva di poteri ingordi, antidemocratici e plutocratici. La Clinton, non particolarmente carismatica nonché facilmente bollabile come mera emanazione degli interessi degli speculatori di Wall Street, avrebbe a mio avviso poche probabilità di sconfiggere nelle urne il candidato del partito repubblicano, favorito in partenza dal clima di disillusione e dal desiderio di discontinuità lasciato in eredità dal mediocre Barack Obama. Altra cosa è Maria Laura RodotàElizabeth Warren, vero astro nascente della politicastatunitense in grado di riaccendere l’entusiasmo popolare  e condurre il partito democratico verso una vittoria altrimenti problematica.
La Warren piace a molti, tranne naturalmente agli squali apolidi che usano ovunque lo spauracchio dei “mercati” per aumentare le disuguaglianze e schiavizzare i ceti deboli. Commentiamo ora insieme un pezzo vergato da Maria Laura Rodotà sul “Corriere della Sera”, organo semi-ufficiale dell’ O.U.O. (oligarchia universale organizzata, ndm). Già dalla lettura del solo incipit si coglie il desiderio di mistificare in capo alla giornalista esperta in problemi di cuore: «Elizabeth Warren fa sognare i repubblicani ed innervosisce i banchieri». E perché mai la Warren, in testa a tutte le classifiche di gradimento, dovrebbe far sognare gli avversari? La spiegazione, particolarmente risibile, la Rodotà la fornisce dopo poche inutili righe: «E’ la candidata presidenziale a sorpresa che i repubblicani vorrebbero: facile da accusare di bolscevismo, utile per attrarre ancora più finanziamenti elettorali da banchieri e grandi imprenditori». Ovvio, no? «Venerdì scorso», continua Rodotà trattenendo a stento l’entusiasmo, «rappresentanti di Goldman Sachs, Francesco Maria ToscanoCitigroup, Jp Morgan e Bank of America si sono riuniti per discutere su come ammorbidire Warren»
La nostra giornalista-fashion omette purtroppo di indicare le possibili soluzioni individuate sul finire di simile sobrio e nobile simposio. Resta quindi sospeso il dubbio: cosa possono fare i banchieri per “ammorbidire Warren”? Possono forse farla cadere in una vasca riempita con detersivo Coccolino per poi simulare un incidente domestico? O sono addirittura solleticati dall’idea di riproporre strategie già viste ai tempi di J.F. Kennedy e Martin Luther King? Maria Laura, lei che dice? Le sembra normale che alcuni gruppi di pressione dicano chiaramente di voler “ammorbidire” un rappresentante del popolo non particolarmente gradito? La sovranità, che fa rima con Rodotà, appartiene ancora ai cittadini, o è stata già di fatto trasferita nelle mani di banchieri armati di provvidenziale “ammorbidente”?  Rodotà si rassegni: il voto per censo non esiste più da un pezzo.