giovedì 29 ottobre 2015

Inizia il terremoto Tedesco"Deutsche Bank taglia 9mila posti di lavoro e si ritira da 10 paesi"

Deutsche Bank taglia 9mila posti di lavoro e si ritira da 10 paesi

  
Deutsche Bank taglia 9mila posti di lavoro e si ritira da 10 paesi
Deutsche Bank (Afp)
Deutsche Bank taglierà 9 mila posti di lavoro e si ritirerà da 10 paesi. Ad annunciarlo è lo stesso istituto bancario tedesco illustrando ilpiano strategico fino al 2020. Ai 9 mila posti di lavoro tagliati si aggiungeranno 6.000 posti di consulenti esterni.
I paesi dai quali Deutsche Bank intende ritirarsi sono Argentina, Cile, Messico, Perù, Uruguay, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Malta e Nuova Zelanda.
Deutsche Bank è intanto vicina al patteggiamento con le autorità americane, che l'accusano di aver violato le norme sulle sanzioni con transazioni con paesi quali Siria e Iran. Un accordo con The New York Department of Financial Services e la Federal Reserve sarà annunciato la prossima settimana.
L'accordo di Deutsche Bank con le autorità di regolamentazione non risolverà le inchieste aperte dall'ufficio del procuratore distrettuale di Manhattan e l'ufficio del procuratore di Manhattan. Deutsche Bank potrebbe dover affrontareindagini su possibili attività di riciclaggio di denaro a Mosca. Potrebbe essere anche messa sotto esame per possibili manipolazioni dei tassi di cambio.
L'istituto di credito ha detto di recente che prevede di accantonare altri 1,3 miliardi di dollari per coprire le sanzioni legali future. Deutsche Bank intanto ha annunciato che prevede di sospendere i dividendi per gli anni d'imposta 2015 e 2016. Il Consiglio di Gestione ha deciso di tornare a pagare i dividendi su azioni comuni dall'anno fiscale 2017.

Obama, l’uomo che non sapeva fare la guerra (né la pace)

Obama, l’uomo che non sapeva fare la guerra (né la pace)


Obama sta entrando nell’ultimo anni della sua presidenza ed è tempo di un primo bilancio storico. Marc Bloch sostenne che i contemporanei hanno diritto ad essere i primi a scrivere la storia del proprio tempo. Ovviamente, si tratta sempre di una storia diversa da quella che scriveranno le generazioni a venire: nessuno, come i contemporanei, sarà mai in grado di apprezzare le più sottili sfumature di linguaggio, le pieghe della mentalità, i particolari delle istituzioni e dell’economia, in una parola, il “colore di quel tempo”. In compenso, i posteri godranno il vantaggio del distacco, conosceranno cose prima segrete, individueranno meglio le tendenze e lo stesso giudizio storico dei contemporanei sarà un pezzo della loro analisi. Dunque, due forme di conoscenza diverse ma non per questo una di maggior pregio dell’altra, e in qualche modo, complementari. Dunque, che giudizio possiamo iniziare a formarci di questa presidenza?
Obama arrivò alla Casa Bianca in un momento certo non facile: la crisi finanziaria si era appena conclamata, la situazione in Iraq ed Afghanistan si era incancrenita, la crisi georgiana rivelava al mondo una Russia tornata potenza decisa a ripristinare Obamala propria influenza di area e le olimpiadi di Pechino rivelavano una Cina in anticipo di circa venti anni sul ruolino di marcia immaginato. E il progetto monopolare americano entrava in crisimentre sorgeva la sfida degli emergenti per un mondo multipolare. Obama promise l’uscita dalla crisi, la riforma della finanza, una cauta ripresa delle politiche di welfarestate (riforma sanitaria), una parziale redistribuzione della ricchezza ed una America sempre unica superpotenza, ma prima fra pari, insomma un progetto egemonico fatto di forza ma anche di consenso, a metà fra il mono-polarismo unilateralista di Bush e il progetto multicentrico degli emergenti.
Vediamo i risultati: la crisi ha superato il primo momento, per riaffacciarsi (prevalentemente sul versante europeo) nel 2010-11 e, anche in questa occasione, il momento peggiore è stato superato, ma ora ci sono preoccupazioni per gli emergenti (Cina, Brasile, Russia), l’Europa tarda a riprendersi e gli stessi Usa registrano una ripresa ben lontana dal rimbalzo di altre occasioni, sostenuto dagli animal spirits del suo capitalismo. Per certi versi la sensazione è che la crisi stia per diventare meno acuta ma endemica, per adagiarsi in una lunga stagnazione. Peraltro, la riforma della finanza è restata in larga parte sulla carta e, sostanzialmente non se ne parla più, nonostante sia ormai vicina la scadenza del 2018 come data limite per la sua entrata in Egittovigore. E il capitalismo raider ha ripreso vigorosamente le pratiche di sempre. Non solo il sistema è restato uguale, ma non è stato neppure riformato nei suoi aspetti più discutibili. Su questo piano siamo al punto di partenza.
La riforma sanitaria, che avrebbe dovuto assicurare cure gratuite a 46 milioni di americani si è rivelata il classico topolino partorito dalla montagna. Quanto alla redistribuzione della ricchezza, il divario fra ricchi e poveri ha continuato tranquillamente a crescere come prima, macellando il ceto medio. Non pare che il registro della politicainterna e della politica economico finanziaria esibisca un bilancio positivo, anzi direi che viaggiamo fra il tre e mezzo e il quattro meno meno. In compenso, in politica estera, i risultati sono decisamente peggiori e il voto è ancora più basso. Obama (unico caso di Premio Nobel per la Pace a futura memoria) fece ben sperare per le promesse di soluzione delle crisi mediorientali e, per la verità, andò anche un po’ al di là del segno con il discorso del Cairo in cui si sbracciò a rassicurare l’Islam che l’Occidente non è suo nemico, anzi è amico, anzi è disposto a portargli il caffè a letto. Va bene: un po’ di enfasi diplomatica. Dopo vennero le primavere arabe nelle quali non seppe bene cosa fare, e giocò male la carta libica, con il risultato di mettere in giro questa mina vagante di una Libia tribalizzata che – forse, insisto: forse – trova solo ora una qualche composizione.
Poi il colpo di Stato in Egitto nel quale ha sostenuto i militari: possiamo anche capire che i Fratelli Musulmani erano peggio, ma così siamo tornati alla casella di partenza come nel gioco dell’oca. Poi la guerra civile in Siria, dove ha alternato minacce e blandizie senza ottenere nulla con le prime e peggiorando tutto con le seconde. Ad un certo punto (settembre 2014) sembrava che sarebbe intervenuto entro 48 ore, ma poi bastò una mezza mossa di Putin e non se ne parlò più. Nel frattempo, cercò una via di uscita onorevole da Iraq ed Afghanistan, ma non trovandola, si risolse ad un ritiro precipitoso e  senza misure Obama con Putinprudenziali. Risultato: trovarsi fra i piedi l’Isis contro la quale ha stimolato la nascita di una coalizione di paesi islamici che è l’alleanza più inutile della storia. Gli Usadicono di fare una guerra aerea spietata all’Isis, ma le truppe fondamentalisti dilagano lo stesso.
Questo anche perché ha scelleratamente deciso di attaccare briga con la Russia per la questione ucraina nella quale protegge il governo fascistoide di una nazione inventata che rivendica il possesso di province da sempre russofone (come il Donbass) o semplicemente russe (come la Crimea). Il tutto al prezzo di far saltare quel minimo di equilibrio fra potenze che si era creato. Non amo affatto Putin, ma in questa storia Obama si sta comportando come un cavallo ubriaco che non sa dove andare ma scalcia in tutte le direzioni. Insomma, se dovessi scrivere il paragrafo a lui dedicato in un libro distoria, lo intitolerei “Il presidente che non sapeva fare la guerra, ma non sapeva fare neppure la pace”.

Gli onorevoli che "Rappresentano " la provincia di Foggia

Il sonno dell’on. Cera e lo ribattezza il Mourinho della politica

Stanchezza incontrollabile’ è il titolo del servizio andato in onda ieri sera, che ritrae l’onorevole foggiano mentre dorme tra i banchi della Camera dei deputati:
Un'immagine dal video di Striscia la Notizia
Un'immagine dal video di Striscia la Notizia
Dopo ‘Le Iene’ anche ‘Striscia la Notizia’ prende di mira il parlamentare della Repubblica e sindaco di San Marco in Lamis, l’on. Angelo Cera, “detto il Mourinho della politica”. ‘Stanchezza incontrollabile’ è il titolo del servizio andato in onda ieri sera, che ritrae l’onorevole foggiano mentre dorme tra i banchi della Camera dei deputati: “Che dite dorme? Per forza, con tutti questi incarichi sarà stanchino” sussurra Ezio Greggio.
Già ‘Tra i mejo del parlamento’ su La7 e per la Zanzara “il deputato picchia duro più temuto dai grillini”, quattro anni fa si rese protagonista di una magra figura ai microfoni di Sabrina Nobile de ‘Le Iene’, che l’anno successivo e poi nel 2014, tornarono ad incalzarlo.
In base all’indice di produttività parlamentare – di appena il 34,5% - l’on. Cera occupa la 553esima posizione su 630 deputati e vanta il 43,71% di assenze. Svolge l’attività di deputato da 7 anni e 183 giorni e nell’ultima legislatura non è stato mai primo firmatario di una proposta di legge o di una mozione.