lunedì 30 dicembre 2013
venerdì 20 dicembre 2013
Agenzia delle Entrate:Befera e i dirigenti senza concorso
Befera e i dirigenti senza concorso
Sono 767. Il Tar ha annullato i loro incarichi. Ora se ne occuperà la Consulta
Sono 767. Il Tar ha annullato i loro incarichi. Ora se ne occuperà la Consulta
Dopo il "Porcellum", l'Agenzia delle Entrate. Per risolvere l'ennesimo pasticcio all'italiana servirà ancora la Corte costituzionale. L'Agenzia ha 767 dirigenti su 1.143 a rischio illegittimità. Funzionari promossi a incarichi di vertice senza concorso, le cui nomine sono state per questo annullate dal Tar. Con la possibilità che pure i loro avvisi di accertamento siano impugnati. Il governo Monti provò a metterci una pezza con una norma che ha sanato le nomine, ma adesso il Consiglio di Stato si è rivolto alla Consulta: potrebbe essere stato un escamotage per «aggirare la regola dell'accesso mediante concorso».
Finora l'Agenzia guidata da Attilio Befera ha fatto spallucce: gli incarichi - dice - non solo sono legittimi, ma necessari, pena la paralisi. Non la pensa così Giancarlo Barra, segretario generale di Dirpubblica, il sindacato che ha impugnato le nomine. «Gli incarichi», spiega, «sono lo strumento con cui la politica si spartisce in modo bipartisan le influenze nell'Agenzia. Si mettono nei posti chiave persone che, per come vengono selezionate, sono poi in difficoltà a dire dei "no". Tra loro ci sono colleghi capaci, ma è una questione di legalità: non esistono scorciatoie».
Nella sola sede centrale gli incaricati sono 91, di cui ben 13 responsabili (su 20) della Direzione del personale, come Marco Annecker (organizzazione), Antonio Campanella (professionalità), Ester Battistini (personale centrale). Non mancano poltrone di peso nemmeno tra gli 11 incaricati della Direzione accertamento, altro settore cardine, con i responsabili antifrode Filippo Caporali, controlli Dario Sencar e riscossione Rosa Romano. Idem nelle sedi periferiche. «Gli incarichi», sostiene Barra, «sono solo la punta dell'iceberg di un fenomeno con ragioni politiche profonde. L'Agenzia va tenuta sotto controllo. Non si fa più una vera lotta all'evasione. Le grandi indagini, come quella su Bulgari, partono dalle Procure. Invece di andare a spulciare i bilanci delle grandi imprese, facciamo i blitz a Cortina e a Firenze. Risultato: su 180 miliardi evasi ogni anno ne recuperiamo circa 7».
Accuse che l'Agenzia respinge con forza. Proprio per rafforzare la lotta all'evasione e gestire la complessa macchina della fiscalità, si sostiene, occorre premiare il merito, affidandosi a «dirigenti efficienti, dotati di capacità manageriali: un tipo di selezione che non si fa con un concorso tradizionale
venerdì 13 dicembre 2013
Bloom a Strasburgo: ‘Appena capiranno i vostri inganni, vi impiccheranno’
Ue, Bloom a Strasburgo: ‘Appena capiranno i vostri inganni, vi impiccheranno’
“Quando i popoli si renderanno conto di cosa siete, non gli servirà molto tempo per prendere d’assalto questo Parlamento e impiccarvi. E avranno ragione”. Questa la dichiarazione dell’europarlamentare inglese Godfrey Bloom che ha rivolto all’Aula di Strasburgo il 21 novembre durante la discussione sulla stesura del nuovo budget dell’Unione Europea per il periodo 2014-2020. Senza troppi giri di parole, l’europarlamentare ha accusato i colleghi europarlamentari: “Voi siete i più grandi evasori di tutta Europa e sedete qui a pontificare. Scoprirete che gli euroscetticitorneranno a giugno sempre più numerosi”. Bloom è stato espulso lo scorso settembre dal Partito per l’Indipendenza del Regno Unito (UKIP), guidato da Nigel Farage, politico che più volte ha rivolto al Parlamento europeo dichiarazionipopuliste apertamente euroscettiche per chiedere l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa
venerdì 6 dicembre 2013
Di Ue si muore, spiegatelo a Laura Boldrini
Di Ue si muore, spiegatelo a Laura Boldrini
Il senso dell’Europa per Laura Boldrini? Un dogma ultraterreno, forse. Un super-potere intoccabile, sacro e inviolabile come la monarchia medievale. Ortodossia granitica, che per Marco Della Luna è sintomo di «totalitarismo ideologico». Scandalizzato, l’analista indipendente, di fronte all’intervista che la presidente della Camera – portata in Parlamento da Nichi Vendola – ha rilasciato a “Tgcom 24” a fine novembre. La Boldrini «si è espressa in termini emotivi, etici, generici, spaziando tra l’ovvio e il celebrativo, sempre però evitando di parlare in concreto delle cause tecniche accertabili dei problemi e delle soluzioni tecniche possibili». Il passaggio più sconcertante? Quello in cui Laura Boldrini affronta il tema della disaffezione verso l’infame regime europeo: gli euroscettici sono innanzitutto un male, un problema, forse addirittura un pericolo di stampo neonazista. Non una parola sulle contestazioni ormai universali riguardo alla palese insostenibilità sia dell’euro, sia di un governo non democratico (non eletto) come quello di Bruxelles.
A irritare l’avvocato Della Luna, l’artificio «strumentale» in base al quale si identifica l’Unione Europea con l’Europastessa, «per poter così dire che chi è contrario o critico verso l’apparato Ue è contrario all’Europa», cioè alla culla della storia e della civiltà occidentale. Doppia operazione illiberale: non solo si preferisce delegittimare l’avversario per evitare di discutervi, ma si insiste anche nel negare l’evidenza della catastrofe provocata dall’ordinamento Ue-euro. «Dogmatismo pericoloso», annota Della Luna, prima di inoltrarsi tra le sorprese del Boldrini-pensiero: «E’ grazie all’Europa che non abbiamo più le discariche (ma gli inceneritori), è grazie all’Europa che vi sono limiti al livello di inquinamento delle città, è grazie all’Europa che gli studenti universitari hanno l’Erasmus». Attenzione: a parlare così non è una passante distratta, disinformata e disastrosamente qualunquista, ma la presidente della Camera.
«Begli argomenti a difesa dell’Unione Europea ha trovato questa protagonista della politica, tanto portata a giudicare tutto e tutti, appassionatamente e con grande sicurezza di sé, forte anche di un innegabile carisma verso moltissime persone, anche in posizioni di rilievo, che guardano a lei con speranza. Argomenti patetici, di una pochezza e di una puerilità inammissibili, adatti a persuadere chi? I bambini?». Della Luna è costernato: «Riflettiamo su quale dovrebbe essere il livello di competenza, di preparazione e di comunicazione al pubblico della terza carica dello Stato». Imbarazzante. Perché rivolgersi al pubblico in questo modo? I casi sono due: «O vive dentro un suo mondo dorato sconnesso dalle realtà, oppure pensa che l’opinione pubblica abbia un’età mentale e una capacità critica da quinta elementare».
mercoledì 4 dicembre 2013
Allarme rosso, anzi giallo: la Cina abbandona il dollaro
Allarme rosso, anzi giallo: la Cina abbandona il dollaro
«Con una scelta sovrana, la banca centrale cinese ha dichiarato senza mezzi termini che “accumulare riserve in valute estere non raccoglie più i favori della Cina”». Tutte le valute, naturalmente, «ma in modo particolare, e certamente preoccupante per gli Stati Uniti, a essere oggetto di questa decisione è il biglietto verde». Per Valerio Lo Monaco si tratta della notizia più importante, a livello macroeconomico e geopolitico, delle ultime settimane. «La stampa internazionale non le ha dato grande risalto, quella interna italiana non ne ha parlato proprio: tutta presa, come è da mesi e mesi, a commentare le quisquilie interne. Ivi inclusa la grottesca battaglia attorno ai 2 miliardi di euro per abolire la seconda rata dell’Imu nello stesso momento in cui l’Italia ne spende 1.600 all’anno e ne dovrà trovare ulteriori 50 nel corso del 2014 per rispettare il Fiscal Compact sottoscritto a suo tempo».
Quella cinese, al contrario, è una vera bomba da 3,66 trilioni di dollari: a tanto ammontano le riserve cinesi in moneta statunitense, «operazione messa in piedi per tenere alto il livello del dollaro e allo stesso tempo basso quello dello yuan, onde rendere quest’ultimo estremamente competitivo per le esportazioni cinesi». Ma la musica sta cambiando. Con questa storica decisione, Pechino «imprime una nuova accelerazione alla strategia già in atto da tempo di dismissione delle riserve in valuta statunitense», scrive Lo Monaco su “La Voce del Ribelle”. La Cina smette di comprare dollari? «Gli Usa dovrebbero tremare». Se finora lapolitica economica cinese ha favorito il proprio export mettendo fuori gioco le nostre aziende, ora lo “smarcamento” dal dollaro significa che «lo yuan è pronto a invadere il mondo», sostituendo gradualmente il dollaro come valuta internazionale di scambio.
«Dal punto di vista prettamente statunitense, la cosa è di portata enorme», insiste Lo Monaco, perché «per avere dei prestiti, gli Usa dipendono fortemente da chi ne acquista i titoli di Stato». Ma se questi iniziano a non essere più graditi, «il dollaro, di fatto, inizia a non valere più nulla». Già ora, tutto si regge quasi esclusivamente sulla “promessa” del valore del biglietto verde. Se il gigante asiatico lo “ripudia”, è facile immaginare i contraccolpi negli Usa ma anche in Europa. «Cresceranno probabilmente i tassi di interesse che gli Usa dovranno concedere per vendere i propri titoli», mentre lo yuan insidierà il dollaro come moneta di scambio per la materia più importante di tutte, il petrolio: secondo la Reuters, alla Borsa di Shangai si inizierà prestissimo a quotare i diritti di acquisto (futures) sul greggio in yuan.
A cosa servirà più, dunque, il dollaro? E a cosa “serviranno” più gli Usa? Come si terranno in piedi? Dalle sconfitte internazionali delle politiche neocon di Iraq e Afghanistan alla crisi dei subprime agli schiaffi presi giorno per giorno dalla Russia sul caso Siria e Iran sino a questo ulteriore pugno in pieno volto proveniente da Shanghai: l’Impero sta per cadere in ginocchio, dice Lo Monaco. «Allora, molto chiaramente: la Cina è pronta per diventare il punto di riferimento per tutta l’Asia, in sostituzione degli Stati Uniti». E, complice anche la decadenza costante dell’euro, «a questo punto non si vede altra moneta mondiale, e altra potenza commerciale, in grado di contrastarla». In tempi non brevissimi, naturalmente.
«Questa della dismissione di dollari è politica in atto ormai da anni, e la tappa relativa al commercio di petrolio in yuan necessita di passaggi successivi». Ma la direzione è ormai tracciata. Conseguenze: «Le merci acquistate dagli statunitensi, dopo la caduta del dollaro, costeranno molto di più. E il tenore di vita tenuto artificiosamente alto, o almeno a galla, dopo lo scoppio dell’ultima crisi, è destinato a crollare sensibilmente». Morale: «La falsa – e cieca – prosperità degli Stati Uniti appare arrivata al termine e a presentare i conti». Accettabile? No, ovviamente. «A una azione di questo calibro della Cina non potrà che esserci una reazioneUsa». Ammonivano Bush e Cheney ancora prima del 2.000: «Il tenore di vita degli americani non è negoziabile». Almeno fino a quando gli Usa conserveranno l’attuale supremazia: quella delle portaerei.
lunedì 2 dicembre 2013
Qualità della vita,maglia nera per Foggia
Qualità della vita, la migliore è a Bologna
, male tutto il Sud
Pubblicati i risultati della ricerca realizzata dal 'Sole 24 Ore' per individuare la provincia italiana dove si vive meglio. Tra le metropoli in testa Milano, al 19esimo posto. Tra i parametri presi in esame tenore di vita, occupazione, servizi e ordine pubblico
Luminarie nel centro di Bologna
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ROMA - E' Bologna la provincia italiana dove si vive meglio, mentre a quella di Foggia va la maglia nera della vivibilità. Lo stabilisce la ventiduesima edizione della ricerca annuale deIl Sole 24 Ore sulla "Qualità della vita nelle province italiane". Tra le realtà maggiori la migliore è Milano, che sale al diciannovesimo posto, mentre Roma è al ventitreesimo ma guadagna ben dodici posizioni. Napoli e Torino si piazzano invece rispettivamente al 105esimo posto e al 51esimo.
L'indagine, attraverso le statistiche più recenti mette a confronto la vivibilità nelle 107 province italiane in sei aree significative: Tenore di vita, Affari e lavoro, Servizi-ambiente-salute, Popolazione, Ordine pubblico e Tempo libero. Ciascuna area è suddivisa a sua volta in 36 parametri e alla pagella finale si arriva attraverso il calcolo dei 'voti' ottenuti nei 36 parametri e nelle sei tappe dell'indagine.
Oltre a quello tra metropoli e centri minori, l'indagine ripropone l'annoso divario Nord-Sud. Nella classifica finale infatti, per arrivare alla prima realtà del Mezzogiorno bisogna scendere fino al quarantacinquesimo posto occupato daOlbia-Tempio; al contrario partendo dal fondo classifica bisogna risalire fino all'ottantaquattresimo gradino per incontrare una provincia non meridionale, Frosinone.
Anche nelle singole categorie presein esame dalla ricerca è il Nord a prevalere: Treviso vince nel "Tenore di vita", Ravenna in "Affari e Lavoro", Trieste nei "Servizi", Piacenza nella "Popolazione" e Rimini nel tempo libero. Unica vittoria del Sud nell'Ordine pubblico, conOristano che conquista la palma della sicurezza.
La provincia di Bologna arriva al vertice della classifica generale grazie soprattutto ai buoni risultati riportati in quasi tutte le sei aree e in particolare nel capitolo 'Servizi-ambiente-salute', dove è seconda, ma con un primato riguardo ai posti disponibili negli asili nido. Per quanto riguarda Foggia, la maglia nera è frutto invece di un peggioramento dopo che già lo scorso anno il capoluogo pugliese si era piazzato in penultima posizione. A determinare il crollo la discesa con piazzamenti tra l'82/o e il 106/o posto in tutte le sei aree di indagine. In particolare sul fronte dell'Ordine pubblico è ultima assoluta per le estorsioni e terzultima per l'incidenza dei furti di automobili, che risulta quasi cinque volte la media nazionale.
L'indagine, attraverso le statistiche più recenti mette a confronto la vivibilità nelle 107 province italiane in sei aree significative: Tenore di vita, Affari e lavoro, Servizi-ambiente-salute, Popolazione, Ordine pubblico e Tempo libero. Ciascuna area è suddivisa a sua volta in 36 parametri e alla pagella finale si arriva attraverso il calcolo dei 'voti' ottenuti nei 36 parametri e nelle sei tappe dell'indagine.
Oltre a quello tra metropoli e centri minori, l'indagine ripropone l'annoso divario Nord-Sud. Nella classifica finale infatti, per arrivare alla prima realtà del Mezzogiorno bisogna scendere fino al quarantacinquesimo posto occupato daOlbia-Tempio; al contrario partendo dal fondo classifica bisogna risalire fino all'ottantaquattresimo gradino per incontrare una provincia non meridionale, Frosinone.
Anche nelle singole categorie presein esame dalla ricerca è il Nord a prevalere: Treviso vince nel "Tenore di vita", Ravenna in "Affari e Lavoro", Trieste nei "Servizi", Piacenza nella "Popolazione" e Rimini nel tempo libero. Unica vittoria del Sud nell'Ordine pubblico, conOristano che conquista la palma della sicurezza.
La provincia di Bologna arriva al vertice della classifica generale grazie soprattutto ai buoni risultati riportati in quasi tutte le sei aree e in particolare nel capitolo 'Servizi-ambiente-salute', dove è seconda, ma con un primato riguardo ai posti disponibili negli asili nido. Per quanto riguarda Foggia, la maglia nera è frutto invece di un peggioramento dopo che già lo scorso anno il capoluogo pugliese si era piazzato in penultima posizione. A determinare il crollo la discesa con piazzamenti tra l'82/o e il 106/o posto in tutte le sei aree di indagine. In particolare sul fronte dell'Ordine pubblico è ultima assoluta per le estorsioni e terzultima per l'incidenza dei furti di automobili, che risulta quasi cinque volte la media nazionale.
mercoledì 27 novembre 2013
I migliori maestri della scienza italiana secondo "Nature"
I migliori maestri della scienza italiana secondo "Nature"
Al fisico Giorgio Parisi, al chimico Vincenzo Balzani e alla biologa Michela Matteoli è stato conferito il prestigioso Nature Award for Mentoring in Science 2013, un premio espressamente dedicato ai ricercatori che più hanno saputo ispirare il lavoro delle nuove generazioni non solo producendo risultati di rilievo ma anche coltivando i rapporti umani. Il premio è stato consegnato ieri al Quirinale alla presenza del presidente Napolitano
Il merito di uno scienziato si può misurare certamente con i risultati che ha saputo raggiungere con le sue ricerche. Ma anche per un altro aspetto troppo spesso trascurato: la capacità di ispirare il lavoro delle nuove generazioni.
È per valorizzare questa capacità che la rivista “Nature” organizza ogni anno il Nature Award for Mentoring in Science, un premio per gli scienziati che più hanno saputo trasmettere ai giovani conoscenze e saperi, conferito per l'edizione 2013 a Giorgio Parisi, fisico teorico dell'Università Sapienza di Roma, al chimico Vincenzo Balzani dell’Università di Bologna, e infine alla biologa Michela Matteoli dell’Università degli Studi di Milano.
Consegnato ieri presso il Palazzo del Quirinale alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il premio prevede una serie di candidature presentate proprio da ex allievi, ogni anno in una nazione diversa. Il vincitore viene poi scelto da un'apposita commissione di scienziati, in questo caso presieduta da Luciano Maiani, ordinario di fisica teorica all’università “La Sapienza” di Roma e già presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Il premio conferito a Giorgio Parisi arriva a coronamento ideale di 40 anni di ricerche ad altissimo livello nel campo della fisica teorica e della meccanica statistica, con risultati di tale ampiezza e profondità da ispirare diverse successive generazioni di ricercatori. Allievo di Nicola Cabibbo alla Sapienza, Parisi ha insegnato e svolto le sue ricerche prima alla Columbia University e poi all'Institut des Hautes Études Scientifiques e all’École normale supérieure di Parigi, prima di fare ritorno nel 1981 a Roma, con la nomina di professore ordinario di fisica teorica.
I maggiori contributi di Parisi sono nel campo della Meccanica statistica, e inparticolare nei sistemi disordinati noti come vetri di spin, che hanno trovato inaspettate applicazioni nella teoria dell'ottimizzazione e anche nella biologia e nell'immunologia. Si possono ben comprendere quindi le motivazioni del Premio e l'entusiasmo di coloro che ne hanno sostenuto la candidatura.
“Il lavoro innovativo che ha condotto sui vetri di spin ha aperto la strada per applicare gli strumenti quantitativi all'analisi dei sistemi complessi in biologia”, ha spiegato Roberto Benzi, docente di Fisica teorica all’Università Tor Vergata di Roma.
Guido Martinelli, direttore della Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste (SISSA) ha voluto sottolineare anche la capacità di Parisi di coltivare i rapporti umani e professionali.
“Molti studenti desiderano lavorare con lui non solo per la qualità della sua ricerca, ma anche perché è una persona cordiale e disponibile”, ha ricordato Martinelli. “Ha creato generazioni di fisici eccezionali in diversi settori, che ricoprono posizioni di rilievo in importanti istituti di ricerca e università in tutto il mondo".
"Le mie attività s’inquadrano nella lunga tradizione dei grandi 'maestri' della scuola di fisica romana, a partire da Enrico Fermi, Edoardo Amaldi; questo premio sarebbe andato certamente al mio 'maestro' Nicola Cabibbo, se non fosse prematuramente scomparso tre anni fa", ha detto Parisi nel discorso di accettazione del Premio.
I grandi maestri come Cabibbo e Parisi hanno saputo costruire negli anni una grande scuola, che ora rischia di scomparire per mancanza di allievi. Per questo Parisi ha colto l'occasione della consegna del Premio di Nature per rivolgere un accorato appello.
"Signor Presidente – ha detto Parisi rivolgendosi a Giorgio Napolitano – la Scienza continua ad aver bisogno del Suo appoggio, specialmente in un periodo come l'attuale, dove le difficoltà economiche e la contrazione dei finanziamenti dello Stato costringono all'emigrazione i nostri migliori ricercatori, facendo sì che il frutto del nostro impegno di “maestri” non si trasformi più in un arricchimento culturale dell'Italia. Piange il cuore a vedere molte delle migliori intelligenze di questo paese essere costrette a emigrare, senza che ci sia la minima traccia di un contrapposto flusso verso l’Italia. La Sua presenza qui è estremamente significativa proprio nella speranza che possa servire a contrastare questa situazione che mi riempie di tristezza".
Il Nature Award for Mentoring in Science alla carriera è stato condiviso da Parisi con Vincenzo Balzani, uno dei chimici più citati in tutto il mondo, soprattutto per i suoi pionieristici studi sulla fotochimica e la fotofisica. Laureatosi presso l'università di Bologna, ha insegnato in questo stesso ateneo dal 1973 al 2011, quando è stato nominato professore emerito. Nicola Armaroli, direttore di ricerca del CNR, suo allievo, lo descrive come “uno dei più originali e produttivi chimici italiani, un uomo nato per insegnare la scienza”.
Il secondo Premio del Nature Award for Mentoring in Science, dedicato agli scienziati più giovani, è andato a Michela Matteoli, attualmente professore Associato di Farmacologia presso la Facoltà di Medicina dell’Università degli studi di Milano. Laureatasi a Pisa nel 1983 in Scienze biologiche, ha conseguito nel 1988 il dottorato in Scienze della visione. Dal 1992 dirige il suo laboratorio presso l'Istituto di Neuroscienze del CNR.
“Michela è sempre aperta ad accettare approcci innovativi e possiede una capacità unica di interagire in modo efficace con i più eminenti neuroscienziati di tutto il mondo”, ha sottolineato Claudia Verderio, ricercatrice del CNR. “Inoltre, è un'insegnante di assoluto valore, in grado di attrarre nel suo laboratorio gli studenti migliori e più entusiasti”.
Caro presidente, caro premier ecco perché il nostro paese sta morendo
Caro presidente, caro premier
ecco perché il nostro paese sta morendo
Il mondo ci guarda esterrefatto. L'editoriale di Nature Neuroscience addita l'Italia come un esempio negativo a cui gli altri paesi occidentali devono guardare per evitare di fare la stessa fine.
L'oggetto della reprimenda è la legge sulla sperimentazione animale votata dal Parlamento italiano che, di fatto, fermerà ogni sviluppo della ricerca biomedica, nel senso che comporterà un peggioramento delle capacità di lavoro dei nostri gruppi di ricerca. Peggiorerà la loro capacità di attrarre con la forza delle loro idee finanziamenti stranieri: nostri soldi che andranno quindi alle ricerche - anche sugli animali - degli altri Paesi. Ebbene, se si cercano risposte sul perché molti giovani, scienziati ma non solo, fuggono dall'Italia, ecco la risposta.
Con queste leggi, il Paese non solo umilia la scienza e la cultura, ma umilia i nostri figli, suggerendo loro che il loro impegno e i loro studi a questo Paese non servono. Queste "non scelte" politiche lasciano frastornati i colleghi all'estero, abituati a lavorare con scienziati italiani internazionalmente stimati e competitivi. Ci chiedono: ma come è possibile che versi in condizioni così pietose il Paese dove lavorano Luigi Naldini, che a Milano ha messo a punto un'avanzatissima terapia genica che utilizza alcuni virus modificati, o Michele De Luca che con il suo Centro di Medicina Rigenerativa a Modena, insieme al San Raffaele, ha sviluppato trattamenti straordinari con staminali per due condizioni di malattia, oppure Giacomo Rizzolatti, un neuroscienziato che alla soglia della pensione ha sbaragliato la ferrea competizione dello European Research Council e che tutto il mondo ci invidia per la spettacolare scoperta dei neuroni specchio (usando scimmie) e che ora punta a capire l'autismo. Potrei andare avanti a lungo. Forse non tutti si rendono conto di quanto arido sia il nostro deserto.
Gli stranieri che ci offrono opportunità lontano da qui si chiedono perché continuiamo a restare. E si prendono i nostri giovani. Ma noi, meno giovani, continuiamo a sentire il dovere di restare e lottare, anche in nome di una Costituzione che prevede il diritto di fare ricerca. Avendo conosciuto, anche sulla mia pelle, lo sfacelo di leggi antiscientifiche, mi chiedo come l'Italia riesca ancora a dare alla luce a scoperte e scienziati così unici al mondo. Signor Presidente del Consiglio, Signor Presidente della Repubblica, non so dirvi per quanto resisteremo. Bisogna far qualcosa. Il Paese muore.
*biologa e senatrice a vita
L'oggetto della reprimenda è la legge sulla sperimentazione animale votata dal Parlamento italiano che, di fatto, fermerà ogni sviluppo della ricerca biomedica, nel senso che comporterà un peggioramento delle capacità di lavoro dei nostri gruppi di ricerca. Peggiorerà la loro capacità di attrarre con la forza delle loro idee finanziamenti stranieri: nostri soldi che andranno quindi alle ricerche - anche sugli animali - degli altri Paesi. Ebbene, se si cercano risposte sul perché molti giovani, scienziati ma non solo, fuggono dall'Italia, ecco la risposta.
Con queste leggi, il Paese non solo umilia la scienza e la cultura, ma umilia i nostri figli, suggerendo loro che il loro impegno e i loro studi a questo Paese non servono. Queste "non scelte" politiche lasciano frastornati i colleghi all'estero, abituati a lavorare con scienziati italiani internazionalmente stimati e competitivi. Ci chiedono: ma come è possibile che versi in condizioni così pietose il Paese dove lavorano Luigi Naldini, che a Milano ha messo a punto un'avanzatissima terapia genica che utilizza alcuni virus modificati, o Michele De Luca che con il suo Centro di Medicina Rigenerativa a Modena, insieme al San Raffaele, ha sviluppato trattamenti straordinari con staminali per due condizioni di malattia, oppure Giacomo Rizzolatti, un neuroscienziato che alla soglia della pensione ha sbaragliato la ferrea competizione dello European Research Council e che tutto il mondo ci invidia per la spettacolare scoperta dei neuroni specchio (usando scimmie) e che ora punta a capire l'autismo. Potrei andare avanti a lungo. Forse non tutti si rendono conto di quanto arido sia il nostro deserto.
Gli stranieri che ci offrono opportunità lontano da qui si chiedono perché continuiamo a restare. E si prendono i nostri giovani. Ma noi, meno giovani, continuiamo a sentire il dovere di restare e lottare, anche in nome di una Costituzione che prevede il diritto di fare ricerca. Avendo conosciuto, anche sulla mia pelle, lo sfacelo di leggi antiscientifiche, mi chiedo come l'Italia riesca ancora a dare alla luce a scoperte e scienziati così unici al mondo. Signor Presidente del Consiglio, Signor Presidente della Repubblica, non so dirvi per quanto resisteremo. Bisogna far qualcosa. Il Paese muore.
*biologa e senatrice a vita
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