Commissione Trilaterale, Bruegel, Aspen, Astrid. E in primo piano la Fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema. Questi i soli e veri tavoli abilitati a giocare la partita per la guida del paese, tanto a Palazzo Chigi quanto al Quirinale: una ragnatela di interessi di
potere e personaggi collocati in ruoli di vertice, dentro sigle e fondazioni che da tempo reggono le sorti dei paesi occidentali. A sorpresa, scrive “
Dagospia” in un’analisi sui retroscena delle manovre, dentro gli organigrammi dei più “prestigiosi” istituti politici ricorre anche il nome di Giulio Napolitano, figlio del capo dello Stato uscente. «Partite che, alla luce di questi scenari, appaiono dall’esito scontato: proprio come ai tempi del Britannia», quando la transizione tra Prima e Seconda Repubblica fu “commissariata” dalle lobby mondiali delle privatizzazioni sul panfilo dei reali inglesi, nella cena in cui fu scelto il loro uomo: Mario Draghi.
All’inizio del 2013,
Mario Monti «appariva quasi una certezza assoluta a quei poteri che da tempo tirano i fili della nostra
economia, potendo contare su
uomini e apparati fidatissimi». Poi qualcosa è andato storto: lo smarcamento di
Berlusconi e la rivolta elettorale di Grillo, che spacca il Parlamento in “tre minoranze”, mandando a gambe all’aria il Piano-A. Fallito l’aggancio di Grillo, che «non abbocca» alle offerte di Bersani, scatta il Piano-B, quello dei “dieci saggi” di Napolitano. Attenzione: sono uomini «prelevati dalle fila di Trilateral, Aspen, Italianieuropei ed altre “creature” tanto care a quella
finanza internazionale che sta definitivamente espropriando gli italiani della loro terra e del proprio futuro». Stella polare della nuova commissione, il costituzionalista Valerio Onida, docente dell’ateneo milanese e già candidato alle primarie del capoluogo lombardo. «Meno nota – rileva “Dagospia” – è la comune presenza del professor Onida e di Giulio Napolitano, figlio del presidente della Repubblica Giorgio, nel comitato scientifico di Astrid, a sua
volta costola primaria della Fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema».
“Fondazione per l’analisi, gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sull’innovazione nelle amministrazioni pubbliche” fondata nel 2009, Astrid si finanzia «con i proventi degli abbonamenti agli studi, ricerche e documenti di Astrid sottoscritti da imprese private, amministrazioni pubbliche, dipartimenti universitari e studi professionali e con i proventi derivanti da convenzioni o contributi per progetti di ricerca». Presieduta da Franco Bassanini, marito della montiana Linda Lanzillotta, la fondazione vede al vertice del comitato scientifico Giuliano Amato. E fra i componenti, oltre ad Onida e Napolitano, compaiono personalità come Stefano Rodotà. Nel marzo 2011, Bassanini fu ascoltato dalla Commissione
Bilancio della Camera nella sua doppia veste di numero uno Astrid e presidente della Cassa Depositi e Prestiti.
Nel gruppo dei cinque “saggi”, accanto al professor Onida figura Luciano Violante: «Anche questo non è un caso», scrive il newsmagazine di Roberto D’Agostino, «perché Violante – al di là dei fiumi d’inchiostro scorsi in questi giorni sulle sue rassicurazioni in aula a
Berlusconi, nel 2003, a proposito dell’intoccabile conflitto d’interessi, che poi di fatto non fu mai toccato – è ovviamente da sempre un membro di primo piano dell’
advisory board di Italianieuropei». Alla cui presidenza c’è Giuliano Amato, uomo-ovunque della cabina di regia del
potere. Con Amato anche Giulio Napolitano, il vicesegretario del Pd Enrico Letta, l’ex ministro Vincenzo Visco, il ministro uscente Francesco Profumo e Marta Dassù, viceministro degli esteri, in primo piano dopo le dimissioni di Giulio Terzi per la vicenda dei due marò detenuti in India. Proprio la Dassù, aggiunge “Dagospia”, ci conduce dalle stanze della potente creatura dalemiana ad un’ancor più lobbistica compagine internazionale, e cioè il club di Aspen, nel cui organigramma l’ex vice di Terzi riveste ruoli di vertice. «Non meno rilevante la presenza della
politologa italiana all’interno della Trilateral, quel “cuore nero” della massoneria internazionale da cui dipendono i destini del mondo».
Tra i vertici della commissione fondata da David Rockefeller spicca il nuovo presidente del comitato esecutivo, Jean-Claude Trichet, l’uomo che firmò insieme a Draghi il “diktat” della Troika per far cadere
Berlusconi, prima di cedere all’ex governatore di Bankitalia le redini della Bce. «Un ottimo amico di
Mario Monti, Trichet: basti pensare che ha da poco dato il cambio all’attuale premier italiano come numero uno di Bruegel, la creatura montiana di cui si era occupata “La Voce” nel febbraio scorso, rivelandone l’esistenza e la potenza economica». Del resto, aggiunge “Dagospia”, lo stesso Monti è tuttora indicato nell’organigramma della Trilateral Commission e compreso fra gli ex componenti di spicco attualmente impegnati in cariche governative. «Altro influente membro italiano della Trilateral è Enrico Letta, di cui viene ricordato l’incarico di sottosegretario durante il governo guidato da Romano Prodi. Circostanza, evidentemente, tutt’altro che trascurabile per il plenipotenziario Pd. Né manca, al tavolo dei potenti della
Trilateral, Carlo Secchi, rettore della Bocconi e già per questo riconducibile sul piano culturale sempre allo stesso Monti».
In un’intervista rilasciata al “Fatto Quotidiano”, il professor Secchi ha ricordato che componente della Trilateral era stato lo stesso Prodi, mentre nel medagliere del rettore bocconiano spicca fra l’altro la presenza al vertice di un organismo chiamato “Centrale Finanziaria SpA”, fondato e presieduto dal massone Giancarlo Elia Valori. «Nessuna meraviglia, perciò, che nella nomenklatura 2013 di Trilateral ci sia anche, fra gli italiani, il patron della Techint, Gianfelice Rocca, da sempre collegato a Valori e alle sue potentissime trame internazionali, nonché uomo assai vicino all’Opus Dei. Nel 2010 “Centrale Finanziaria SpA” di Valori e Secchi dichiarava di amministrare patrimoni
per oltre un miliardo e mezzo di euro, avendo un capitale sociale da appena 10.000 euro».
Lungo la piramide Trilateral si incontra Stefano Silvestri, che con il suo Iai (Istituto Affari Internazionali) è strettamente collegato, anche attraverso appositi link, alla Fondazione Italianieuropei di D’Alema. Di Silvestri, racconta sempre “Dagospia”, si occupano Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato nel libro “Attentato al Papa” (Chiarelettere), in cui si legge, fra l’altro che l’agente “Nino”, già «vicedirettore dell’Istituto per gli Affari Internazionali», vicino ai ministeri italiani degli esteri e della difesa, «era un contatto confidenziale della
Residentura del Kgb di Roma», nonché membro del comitato di
crisi nominato da Francesco Cossiga nei giorni del sequestro di Aldo Moro. Nel libro “Doveva Morire”, sempre Imposimato analizza la relazione di Silvestri: «La forza delle Br è solo nel fatto di avere tra le mani Moro vivo. Se Moro muore, finisce il ricatto brigatista. L’altra soluzione sarebbe la liberazione di Moro. Il Silvestri liquida subito questa ultima ipotesi, ritenendola impraticabile e aggiunge che lo Stato faceva male a voler evitare il peggio. E
cioè? Semplice: lo Stato sbaglia a curarsi della vita di Moro e a cercare di salvarlo».
Sempre nella compagine Trilateral, infine, siede Enrico Tomaso Cucchiani, numero uno di Banca Intesa, nonché membro di Aspen Institute,
think tank euroatlantica che presenta come presidenti onorari Giuliano Amato, Gianni De Michelis, Cesare Romiti e Carlo Scognamiglio. Attualmente il numero uno è Giulio Tremonti. Tra i suoi vice, Enrico Letta e John Elkann, entrambi presenti anche nella Trilaterale. Nel
board, l’immancabile Marta Dassù, direttrice della rivista “Aspenia”, e la giornalista Rai Lucia Annunziata, ai vertici anche di Italianieuropei. «Va ricordato che, nella sua lunga attività di conferenziere in giro per il mondo, restano memorabili gli interventi di Giorgio Napolitano ad Aspen, Colorado». Nel comitato esecutivo di Aspen anche il piddino Letta, insieme allo zio Gianni, eminenza grigia berlusconiana, e gli stessi Monti, Cucchiani e Prodi. «Tutti insieme, tutti lì». Sulla opacità dell’istituto, «che rappresenterebbe un autentico buco nero della
democrazia europea e italiana», si sono espressi molti commentatori: la miccia è stata accesa dalle stesse dichiarazioni d’intenti della “creatura”, nel cui sito si legge, alla voce “valori e leadership”: «Il “metodo Aspen” privilegia il confronto ed il dibattito “a porte chiuse”,
favorisce le relazioni interpersonali e consente un effettivo aggiornamento dei temi in discussione»
Attorno al tavolo Aspen discutono leader del mondo industriale, economico, finanziario, politico, sociale e culturale «in condizioni di assoluta riservatezza e libertà espressiva». I fantasmi di queste compagini “riservate” aleggiano sull’Europa per stabilirne i destini. In prima linea il Bilderberg, blindatissimo vertice annuale dei super-potenti, cui nel 2012 hanno preso parte, fra gli italiani, gli stessi Enrico Letta e John Elkann, oltre alla giornalista Lilli Gruber e al manager Telecom Franco Bernabè. In Italia, è la fondazione Italianieuropei il vero «bunker degli affari», nel cui crogiolo maturano le scelte. Presidente il “padre fondatore” D’Alema, nel comitato di indirizzo a lungo presieduto da Alfredo Reichlin (padre di Lucrezia Reichlin, ricercatrice di spicco nella montiana Bruegel), troviamo anche il presidente
Pd della Toscana Enrico Rossi e il “saggio” di Napolitano Luciano Violante, mentre Marta Dassù e Giulio Napolitano sono nell’
advisory board.
Un perimetro di
potere racchiuso fra pochi fidatissimi circoli, cui sembra richiamarsi la strana commissione convocata da Napolitano. Filippo Bubbico, un altro dei “saggi” convocati al Colle, per “Dagospia” ha rischiato di essere sfiorato dalle indagini di Luigi De Magistris sulla Basilicata, territorio scandagliato da un altro pm d’assalto, Henry John Woodcock, che nel 2006 a Potenza indagava su un «diffuso e metodico rapporto collusivo» tra un clan mafioso lucano e ambienti politici, amministrativi e imprenditoriali della regione, di cui il politico dalemiano è stato presidente. Nessun problema giudiziaro, però, per Bubbico, che «ha continuato al fianco di Bersani e D’Alema – dei quali è notoriamente un
fedelissimo – la sua escalation
politica, oggi giunta ai massimi livelli con l’investitura da parte di Napolitano».
Dulcis in fundo, l’avvocato siciliano Giovanni Pitruzzella e il senatore berlusconiano Gaetano Quagliariello. «Un tandem che si compatta nel 2011, quando una ventata di polemiche accompagna l’investitura di Pitruzzella al vertice dell’Antitrust per volontà del nuovo primo ministro
Mario Monti». Se insorge Claudio Fava di “Sel”, ricordando che Pitruzzella, «oltre che amico personale di Renato Schifani, è stato autore di libri insieme a Totò Cuffaro, condannato definitivamente per mafia», Quagliariello (altro “saggio” di Napolitano) scende subito in campo e tuona: «I presidenti del Senato e della Camera hanno nominato un valente giurista alla guida dell’Antitrust». Chiude il cerchio Massimo D’Alema, che in quella stessa circostanza si butta a corpo morto in sostegno di Monti e delle sue scelte, rivendicando «la collaborazione di molti esponenti del nuovo esecutivo con la Fondazione Italianieuropei».