martedì 27 maggio 2014

La Finanza creativa di Unipol e Coop Rosse, “la Consob di Vegas chiuse gli occhi su un ‘buco’ di almeno 400 milioni”

Unipol, “la Consob di Vegas chiuse gli occhi su un ‘buco’ di almeno 400 milioni”


Nelle carte della Procura di Milano le scottanti accuse alla gestione dell'ex vice di Tremonti della maxi fusione che ha fatto grande il gruppo delle coop e tutelato i crediti di Mediobanca verso i Ligresti

Unipol, “la Consob di Vegas chiuse gli occhi su un ‘buco’ di almeno 400 milioni”

Nel discusso via libera alla fusione tra Unipol e Fondiaria Sai tanto caldeggiata dal creditore Mediobanca, il presidente della Consob Giuseppe Vegas non volle vedere un potenziale buco di almeno 400 milioniche si aggirava nei conti della compagnia delle coop. Che avrebbe così abbassato il controvalore dell’operazione a suo carico. E’ quanto emerge dal decreto di perquisizione firmato la scorsa settimana dal procuratore di Milano, Luigi Orsi, in seguito al quale la Guardia di Finanza si è recata sia presso la sede di Unipol a Bologna, sia presso la stessa Consob, sequestrando tra il resto 60 computer. In particolare nelle carte si legge che la documentazione dell’Ufficio analisi quantitative della Commissione di vigilanza dei mercati guidato da Marcello Minenna, quella arrivata sul tavolo dei vertici della Consob a dicembre per il via libera definitivo alla più importante operazione finanziaria italiana degli ultimi tempi, indicava come Unipol attribuisse ai suoi derivati un valore decisamente superiore a quello di mercato: la differenza è stata quantificata in una cifra compresa tra 592 e 647 milioni di euro. La valutazione, però, è rimasta praticamente inascoltata: anche tenendo conto delle rettifiche per 240 milioni che la Consob aveva imposto a Unipol nell’aprile di quell’anno, ballerebbero ancora almeno 400 milioni. Certo, il valore reale degli strutturati a distanza di tempo potrebbe essere cambiato in linea con l’andamento dei mercati, ma ciò non toglie che la fotografia di partenza potrebbe essere stata ritoccata, falsando così anche il risultato finale. Tutto a scapito delle minoranze che non erano della partita.  
I VALORI SBALLATI E IL TELEFONO SENZA FILI CON LA VIGILANZA ASSICURATIVA - In particolare il decreto parla di “un differenziale negativo di fair value” nel portafoglio strutturati “rispetto ai valori comunicati da Unipol, che si colloca tra i 592 e i 647 milioni di euro” e del fatto che le valutazioni di Minenna non sono state accolte nella delibera sugli strutturati adottata il 13 dicembre 2013 dalla Consob. Quel giorno la Commissione – con il voto decisivo del presidente Giuseppe Vegas che vale doppio, quello contrario di Michele Pezzinga e l’astensione di Paolo Troiano – non ha chiesto nuove correzioni a Unipol e ha approvato in via definitiva la fusione, preferendo fare proprie le valutazioni della Divisione Informazione Emittenti guidata da Angelo ApponiLo stesso personaggio, cioè, che in una serie di telefonate del luglio 2012 con Flavia Mazzarella, l’allora vicedirettore della vigilanza delle assicurazioni (la ex Isvap oggiIvass)  raccontava di aver incontrato l’ad di Unipol Carlo Cimbri, a sua volta indagato proprio per le irregolarità dell’operazione, che “era preoccupato (per le decisioni in corso sulla fattibilità della fusione, ndr) ma lui lo ha rassicurato”. Pochi giorni dopo era arrivato il via libera della Commissione all’esenzione di Unipol dal lancio di una costosa Offerta pubblica di acquisto sulla Milano Assicurazioni.
A proposito di Ivass, dallo stesso decreto della settimana scorsa emerge come l’ex commissario della Consob, Michele Pezzinga, abbia accusato il presidente Vegas di non aver fornito alla vigilanza delle assicurazioni, nel giugno 2013, gli esiti parziali dell’analisi del portafoglio strutturati di Unipol, allora “già altamente affidabili”. Pezzinga ha in particolare riferito al pm quanto aveva dichiarato nella seduta del 13 dicembre 2013 della Commissione. Da quel verbale emerge lo stupore dell’ex Commissario per uncarteggio tra Vegas e l’Ivass, che nel giugno del 2013, mentre si accingeva a chiudere l’istruttoria sulla fusione tra Unipol e FonSai, aveva chiesto informazioni alla Consob sul valore del portafoglio titoli strutturati di Unipol. “I titoli sino ad ora esaminati non costituiscono un affidabile campione dell’insieme” era scritto nella lettera di risposta firmata da Vegas il 7 giugno e citata da Pezzinga. “I dati ad oggi disponibili risultano parziali e non hanno un sufficiente grado di definizione”.
In realtà, ha affermato Pezzinga, “i risultati allora raggiunti erano già altamente affidabili ai fini di una proiezione di quelli finali, tant’è che da allora (analizzati circa la metà dei 358 titoli complessivi) il differenziale di pricing successivamente riscontrato si è modificato solo di pochi milioni di euro”. L’Ivass, emerge ancora dalle dichiarazioni dell’ex commissario, espresse in una nuova lettera del 27 giugno il suo “disappunto per non essere stati aggiornati circa le risultanze dell’esame del portafoglio titoli strutturati UGF (Unipol Gruppo Finanziario, la controllante di Unipol Assicurazioni, ndr), atteso che questo esame, così veniva loro comunicato, non era ancora concluso e ogni risultanza preliminare poteva non essere indicativa del risultato finale”. Eppure venerdì scorso la stessa Consob in scia alla notizia che il nuovo filone dell’inchiesta milanese sul dissesto del gruppo Ligresti si stava occupando anche di lei, ha mandato a dire tra il resto che la propria delibera era comunque successiva a quella dell’Ivass sottolineando come la fusione tra Unipol e Fondiaria Sai “era stata già autorizzata, nell’estate 2013, dall’Ivass, autorità competente per i profili di stabilità”. Come dire che il danno l’aveva fatto qualcun altro, non certo la Commissione, mentre oggi emerge al contrario che la vigilanza delle assicurazioni non aveva le stesse informazioni del presidente della Consob. 
L’INCARICATO DI VERIFICARE NON VERIFICANDO - Pezzinga ricorda poi che l’Ufficio Analisi Quantitative, i cui risultati sono stati disattesi dalla Consob, “insisteva affinché l’analisi” fosse condotta “su un campione rappresentativo di titoli contenenti le maggiori criticità, già allora individuato” e non su tutti i 358 strutturati in pancia a Unipol e “fosse riproposta su altre scadenze più utili per le verifiche della Commissione”, cioè al 30 settembre 2012, data rilevante per i concambi, cioè i valori alla base del prezzo della fusione tra le compagnie. Ma la volontà del direttore generale della Consob e braccio destro di Vegas,  Gaetano Caputi, era che si dovessero analizzare tutti i 358 derivati. E così, secondo Minenna, l’incarico affidatogli da Caputi di valutare il portafoglio titoli strutturati di Unipol “presentava caratteristiche che ne inficiavano l’efficacia“. La verifica,  ha spiegato Minenna, ”doveva focalizzarsi sul valore dei titoli strutturati alle date del 31 dicembre 2011 e 30 giugno 2012 senza considerare il valore dei titoli al 30 settembre 2012, data di riferimento per i concambi”, per la fusione tra Unipol Assicurazioni, FonSai, Milano Assicurazioni e Premafin. Gli fa eco Pezzinga lamentando “che non fummo mai coinvolti nella soluzione di questo dilemma su durata e utilità di un’analisi completa del portafoglio in questione, né circa l’individuazione di modalità differenti e sicuramente più efficaci per proseguire l’istruttoria, con il risultato che il lavoro si protrasse in tempi non compatibili con le finalità per le quali era stato richiesto dalla Commissione ed erano state inoltrate richieste informative da parte di Ivass e Procura”. L’ex commissario racconta quindi come l’8 ottobre “il commissario Troiano e il sottoscritto chiedemmo ad una voce aggiornamenti sulle note vicende esenzione da Opa su Fonsai e stato dell’arte dell’analisi del portafoglio strutturati Ugf, da prodursi in Commissione prima che le fusioni venissero deliberate a fine ottobre. Nuovi incarichi agli uffici, ma sempre nuovi silenzi“.
LE FALSE NOTIZIE DIFFUSE DA UNIPOL - Infine, per quanto riguarda le responsabilità dei vertici della Unipol, la Procura ha iscritto Cimbri e gli altri tre manager nel registro degli indagati per aggiotaggio perché “con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso diffondevano notizie false sul valore del portafoglio titoli strutturati detenuti da Unipol”. E lo hanno in particolare fatto in due comunicati stampa, nel progetto e nel documento informativo sulla fusione. Nel dettaglio, si legge nel provvedimento, il riferimento è al progetto di fusione sottoscritto e approvato dai cda di Unipol e dell’ex galassia Ligresti (Fondiaria, Milano Assicurazioni e Premafin) il 20 dicembre 2012, al comunicato stampa diffuso il 27 dicembre 2012, a un altro comunicato del 24 aprile 2013, al documento informativo sulla fusione datato 9 ottobre 2013 e infine al documento informativo aggiornato sulla fusione datato 24 dicembre 2013.
Sulla scorta “di dette false notizie sul valore dei titoli strutturati di Unipol e quindi sul valore delle azioni emesse da questa società, le assemblee delle quattro società approvavano il progetto di fusione e i legali rappresentanti delle società stipulavano l’atto di fusione per incorporazione del 31 dicembre 2013 secondo i concambi erronei e artificiosi individuati il 20 dicembre 2012″, scrive il pm Orsi. “Tutte condotte concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo delle società fondende e – osserva il procuratore – a manipolare il peso degli azionisti delle rispettive società nell’ambito della UnipolSai, oggetto della fusione”. Tra l’altro nel progetto di fusione sottoscritto e approvato dai cda di Unipol e dal gruppo assicurativo dell’ex galassia Ligresti (Milano Assicurazioni, Fondiaria e Premafin), documento reso noto al mercato attraverso il Nis della Borsa Italiana, si tace sul fatto che il 30 ottobre 2012 la Consob “aveva inviato a Unipol una lettera che comunicava l’avvio del procedimento finalizzato all’accertamento della non conformità dei bilanci d’esercizio e consolidato al 31 dicembre 2011 e del bilancio consolidato semestrale abbreviato al 30 giugno 2012 ai principi contabili”. E anche che Unipol “dubitava del valore di mercato di alcuni titoli strutturati già dal settembre 2012 quando aveva avviato accertamenti sulla valorizzazione del titolo denominato ‘willow’”. Non solo: nel comunicato del 24 aprile 2013 Unipol “non segnala che i 240 milioni di riduzione di fair value (la rettifica del valore di mercato scritto nel bilancio, ndr)” relativi a 48 titoli strutturati “sono dovuti per circa 200 milioni (ossia oltre l’80%) al solo titolo willow” e qualifica “come affinamento metodologico quello che in realtà è correzione di un errore di valutazione” rispetto al quale “si impone la correzione retroattiva anche sui bilanci degli esercizi precedenti” e dunque sulla situazione patrimoniale presa a riferimento per i concambi della fusione tra Unipol e FonSai.
E I CONTI ANCORA NON TORNANO - Dopo quasi due anni dalla pubblicazione del Progetto Plinio “pare dunque ancora controverso quale sia il valore del portafoglio titoli strutturati di Unipol e quale sia, quindi, ilpatrimonio netto di questa impresa“, è la conclusione del provvedimento del Procuratore. Una circostanza che “ha un riflesso rilevante sulla veridicità delle comunicazioni sociali di questo emittente. Ma soprattutto questa opacità può essersi riflessa sulla correttezza dei concambi di fusione. Pare chiaro che, se i valori rispettivamente ascritti alle quattro società fuse (Fondiaria, Premafin, Milano Assicurazioni e Unipol) non fossero stati correttamente individuati, ne sarebbe conseguita una iniqua ripartizione del peso dei soci delle quattro società in quella – UnipolSai – scaturita dalla fusione”.


lunedì 26 maggio 2014

Renzi come Silvio, l’Italia non può permettersi i Grillo

Renzi come Silvio, l’Italia non può permettersi i Grillo



«Chi davvero pensava tra i 5 Stelle che il sorpasso fosse possibile, usava droghe molto forti ma anche molto scadenti», scherza Andrea Scanzi, secondo cui «non ci voleva uno scienziato» per intuire che Renzi avrebbe battuto Grillo magari attestandosi attorno al 32%, con 5 punti di scarto sul M5S. «L’evento pressoché imprevedibile non è la vittoria, scontata, ma la portata enorme della vittoria: Renzi ha addirittura sfondato il muro del 40%, doppiando i rivali». Il Pdha preso più di 2 milioni di voti in più rispetto a un anno fa con Bersani. «Il 2014 sta a Renzi come il 1994 aBerlusconi», scrive il giornalista del “Fatto”. «Dominerà la scena politica per i prossimi vent’anni». Motivi solidi: incarna «un cambiamento morbido e garbato, prossimo al gattopardismo», essendo «scaltro e rassicurante». E ora si prenderà tutto: «Se non è scemo, e non lo è, a breve fa saltare il banco, va al voto, prende una maggioranza bulgara e con un Parlamento ferocemente renziano fa tutte le riforme che vuole».
Da ieri, aggiunge Scanzi, i Civati e i Cuperlo contano zero: «Se hanno un minimo di amor proprio vanno di corsa a dare una mano a Tsipras, o a chi ci Andrea Scanzisarà alle prossime politiche». Renzi? Ormai è «un uomo solo al comando», ancorché circondato spesso «da arroganti e sprovveduti», mentre il grande sconfitto è il Movimento 5 Stelle: non tanto per il voto, quanto le abnormi aspettative alimentate. «In un paese tradizionalista e conservatore come l’Italia, un movimento così anomalo e di rottura che va stabilmente a due cifre (e la prima è un “2”) ha del miracoloso», premette Scanzi. «Per dire: quando sono usciti gli exit poll, che davano Renzi al 33 e M5S al 26.5, fossi stato in loro avrei firmato tutta la vita. Non mi stupisce il secondo posto, e tutto sommato neanche il 21 scarso: mi stupisce il gap rispetto a Renzi. Nonostante i tre milioni di voti in meno rispetto al febbraio 2013, il risultato non è negativo in sé: a giugno 2013 era dato sotto al 20% e invece oggi è ormai seconda forza radicata: chi, 15 mesi fa, avrebbe detto che Di Battista sarebbe stato più forte di Berlusconi?».
I problemi sono altri: «Il primo è la forbice sovrumana con Renzi: accettabile fino a 5, dolorosa attorno al 12 (due mesi fa si parlava di Renzi 34% e M5S al 22%), disastrosa con i quasi 20 punti attuali». Il secondo problema, forse ancora più grave, è «la sopravvalutazione di se stessi». Ovvero: «Perché insistere con ‘sto “vinciamonoi”? Perché credere ciecamente nel sorpasso (ma sorpasso de che?)? Perché dare quasi per certo il raggiungimento del 30% o giù di lì? Perché farsi così tanti autogol (“Se non vinco mi ritiro”, cit Grillo)? E’ ovvio che, giustamente, ora mezzo mondo li sfotte. E fa bene a sfottere». Detta più chiaramente: «Numericamente è una sconfitta, ma visto le (folli) aspettative malamente alimentate è un’asfaltata». Evidentemente, i 5 Stelle si erano convinti «che il mondo reale fosse la rete o la piazza piena». Errore: «Hanno forse dimenticato che l’Italia che vota è fatta anzitutto da chi Beppe Grilloin piazza non ci va mai e magari decide all’ultimo momento». I milioni di indecisi, stavolta, «li ha presi tutti Renzi».
Certo, i militanti 5 Stelle sono molto più attivi di quelli del Pd, «ma anche questa non è una novità: pure Luttazzi riempiva i teatri e Santoro faceva incetta di share, ma convincevano i già convinti e la maggioranza reale restava sempre diBerlusconi». Adottando un profilo più basso, continua Scanzi, oggi il M5S avrebbe addirittura potuto sorridere, perché «in Italia la norma è che vincano i Renzi e l’anomalia è che i Grillo vadano sopra il 10 (figurarsi il 20). Se però ripeti ogni istante “vinciamo noi”, poi ti demoliscono per forza». Secondo Scanzi, nonostante tutto, per i 5 Stelle è meglio essere secondi: «A fare opposizione sono bravi, a governare non so». Se non vuole calare ancora, il M5S deve sottoporsi a un “bagno di umiltà” per valutare i troppi errori: «I parlamentari bravi li hanno: vediamo come reagiranno». Soprattutto, per il giornalista del “Fatto”, «un paese governato da Renzi con il pungolo costante dei 5 Stelle è oggi il massimo a cui l’Italia può ambire».

giovedì 22 maggio 2014

RETATA DI BANCHIERI! ARRESTATO IL VICE PRESIDENTE DELL’ABI: ASSOCIAZIONE A DELINQUERE. MA CHE COMBINAZIONE!

PRESUNTA TRUFFA ALLA CARIGE, ARRESTI E PERQUISIZIONI A GENOVA E LA SPEZIA




Roma – L’ex presidente di Banca Carige Giovanni Berneschi è stato arrestato questa mattina dalla Guardia di finanza che sta eseguendo 7 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di soggetti coinvolti in una presunta truffa all’istituto bancario Carige.Berneschi, che è vicepresidente dell’Abi, è ai domiciliari.
Ai domiciliari l’ex amministratore di Carige Vita Nuova Fernando Menconi.
In corso anche perquisizioni a Genova, Milano e La Spezia e il sequestro di beni per 22 milioni.
Nei confronti dei destinatari dell’ordinanza emessa dal gip del tribunale di Genova, vengono ipotizzati, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere, truffa aggravata, riciclaggio e intestazione fittizia di beni.
L’inchiesta nascerebbe da una costola dell’indagine che era stata aperta a Genova dopo l’ispezione della Banca d’Italia e relativi esposti alla magistratura.



lunedì 19 maggio 2014

La grande paura: se vince Grillo, nuove elezioni a ottobre

La grande paura: se vince Grillo, nuove elezioni a ottobre


C’è chi la chiama la “rivoluzione d’ottobre”: elezioni anticipate, nel caso Grillo alle europee bruciasse Renzi eBerlusconi restasse molto indietro. Ormai sono in tanti a parlarne, persino “Repubblica”: nuove elezioni a ottobre, «se tutto dovesse andare per il verso sbagliato», per il Pd e per Forza Italia. Se ne parla «nel centrosinistra e nel centrodestra, nel governo e nel partito democratico. Certo quel “se” è ancora molto grande. Eppure per molti, nel corso di questa campagna elettorale, sta diventando via via sempre più piccolo». Dopo l’inchiesta Expo, l’arresto di Scajola e il voto su Genovese, anche a Palazzo Chigi «i calcoli sono diventati sempre più serrati». Un boom dei grillini riuscirebbe a rompere l’attuale equilibrio? Dipende dai numeri dell’eventuale exploit dei 5 Stelle e dal loro distacco rispetto a Pd e Fi. «Tra i democratici e forzisti sta avanzando una sorta di “demone”, una paura per certi aspetti incontrollata che i pentastellati si avvicinino a insidiare la soglia di successo del Pd e che il distacco da Berlusconiriduca Forza Italia definitivamente al ruolo di terzo partito».
Grillo, che ostenta sicurezza, annuncia che in caso di vittoria chiederebbe subito le dimissioni di Napolitano e nuove elezioni. A sua volta, intervistato Beppe Grilloda Lucia Annunziata, Caseleggio spiega che – per la prima volta – i 5 Stelle si presenterebbero alle eventuali elezioni anticipate con una squadra di super-specialisti, personaggi di primo piano selezionati dai 130.000 iscritti in base a competenze riconosciute. L’altro giorno, scrive Claudio Tito in un servizio su “Repubblica” ripreso da “Dagospia”, nel Transatlantico di Montecitorio è scattato l’allarme tra deputati di prima nomina e veterani: «Un turbinio di bigliettini passava di mano in mano con i dati degli ultimi sondaggi. E ogni volta tutti sgranavano gli occhi. Scuotevano la testa e se ne andavano. Se quei numeri venissero confermati – è il ragionamento che molti fanno nel governo e nelle istituzioni – il primo effetto sarebbe il disconoscimento da parte del Cavaliere del cosiddetto “patto del Nazareno”», in base al quale Renzi si è accordato con Berlusconi per abolire il Senato e peggiorare ulteriormente il “Porcellum” con una legge elettorale ancora più antidemocratica, l’Italicum, che abbassa la quota per ottenere il maxi-premio di maggioranza e innalza muraglie per sbarrare il passo ai partiti minori.
«L’ex premier – scrive Tito – non potrebbe più accettare una legge elettorale che prevede il ballottaggio tra i primi duepartiti e quindi la sua ininfluenza. La riforma costituzionale – l’abolizione del Senato – salterebbe un minuto dopo. Senza contare che diventerebbe più complicato cambiare il sistema di voto e il quadro istituzionale senza o addirittura contro il M5S eventualmente irrobustito dalle urne europee». Far saltare le riforme – sia pure le pessime riforme di Renzi – significherebbe «far precipitare il governo nella “palude”: una delle “ragioni sociali” di questo esecutivo verrebbe di fatto meno». Anche secondo l’“Economist”, che segnala la carica del fronte euroscettico e no-euro, «la disillusione degli elettori può provocare una nuova crisi». E in autunno, aggiunge Tito, quando entrerà in gioco la “legge di stabilità”, in base ai programmi «il governo dovrà procedere con un’altra gigantesca opera di “spending review”, circa 19 miliardi». In tanti si domandano: possibile tagliare in modo così pesante la spesa pubblica «senza Giorgio Napolitanoun mandato elettorale e con le urla dell’opposizione ingigantite dal megafono elettorale del 25 maggio?».
Il percorso si prospetta costellato di enormi incognite. La prima riguarda proprio la legge elettorale: «Il rischio del voto a ottobre sarebbe quello di presentarsi agli italiani con il cosiddetto “Consultellum”, un sistema completamente proporzionale corretto solo dalle soglie di sbarramento», cioè il sistema che la Corte Costituzionale – in mancanza di una nuova legge elettorale – dispone di utilizzare, dopo aver bocciato come incostituzionale il “Porcellum”, col quale è stato eletto l’attuale Parlamento. «La possibilità che si riprecipiti nell’ingovernabilità sarebbe assai consistente», scrive “Repubblica”. «Non a caso sia nel Pd, sia in Forza Italia sta rispuntando l’idea di una sorta di “riforma transitoria”: il ritorno al “Mattarellum”», ovvero il sistema maggioritario uninominale varato col referendum Segni negli anni ‘90. La seconda incognita, infine, è quella del Quirinale. «Napolitano ha più volte fatto sapere che non intende sciogliere le Camere senza una nuova legge elettorale. Piuttosto sarebbe pronto a dimettersi». Ma se tutto dovesse precipitare, aggiunge Tito, le sue dimissioni risponderebbero anche ad un’altra esigenza: quella di far eleggere dall’attuale Parlamento il nuovo capo dello Stato. Ipotesi alla quale i grillini ovviamente si opporrebbero strenuamente. Anche per questo sarà determinante il risultato delle urne

venerdì 16 maggio 2014

Quella che sta iniziando si chiama guerra mondiale

Quella che sta iniziando si chiama guerra mondiale


Perchè tolleriamo di minacciare un’altra guerra mondiale in nostro nome? Perchè permettiamo menzogne che giustifichino questo rischio? La portata del nostro indottrinamento, scrisse Harold Pinter, è un «brillante, persino arguto, atto di ipnosi di immenso successo», come se la verità «non fosse mai accaduta nemmeno mentre stava accadendo». Ogni anno lo storico statunitense William Blum pubblica il suo “Riassunto aggiornato della politica estera degli Usa”, il quale mostra come, dal 1945, essi abbiano provato a sollevare più di 50 governi, molti dei quali democraticamente eletti, abbiano massicciamente interferito nelle elezioni di 30 paesi, abbiano bombardato la popolazione civile di 30 nazioni, abbiano fatto uso di armi chimiche e biologiche e abbiano attentato alla vita di leader stranieri.
In molti casi il Regno Unito ne è stato complice. Il grado di sofferenza umana causato, per non parlare dei crimini perpetrati, è ben poco conosciuto in William BlumOccidente, malgrado la presenza del sistema di comunicazioni più avanzato del mondo e del giornalismo nominalmente più libero. Il fatto che la maggior parte delle vittime del terrorismo – il “nostro” terrorismo – sia musulmana non può essere detto. L’informazione che il jihadismo estremo, che portò all’11 Settembre, era stato coltivato come arma dalla politica anglostatunitense (“operazione ciclone” in Afghanistan) è stata soppressa. In aprile, il Dipartimento di Stato Usa ha reso noto che, in seguito alla campagna della Nato del 2011, «la Libia è divenuta un rifugio per terroristi».
Il nome del “nostro” nemico è cambiato nel corso degli anni, dal comunismo all’Islam, ma generalmente esso è incarnato da qualsiasi società indipendente dall’egemonia dell’Occidente che occupi un territorio strategicamente utile o disponga di abbondanti risorse naturali. I leader di queste nazioni scomode vengono generalmente deposti con la violenza, come i democratici Muhammad Mossedeq in Iran e Salvador Allende in Cile, o uccisi come Patrice Lumumba in Congo. Tutti loro vengono sottoposti a campagne denigratorie dai media occidentali – pensiamo a Fidel Castro, Hugo Chavez e ora Vladimir Putin. Il ruolo di Washington in Ucraina differisce solo per le sue implicazioni nei nostri confronti. Per la prima volta dalla presidenza Reagan, gli Stati Uniti stanno minacciando di ricondurre il mondo in guerraNeonazisti ucrainiL’Europa dell’est e i Balcani sono avamposti della Nato e l’ultimo “Stato cuscinetto” al confine con la Russia viene fatto a pezzi.
Noi occidentali stiamo sostenendo dei neonazisti nel paese in cui i nazisti ucraini sostennero Hitler. Dopo aver architettato il colpo di Stato di febbraio contro il governo democraticamente eletto a Kiev, il piano di Washington per la conquista della storica e legittima base navale Russa in Crimea è fallito. I russi si sono difesi, come hanno fatto per oltre un secolo di fronte ad ogni minaccia e invasione da parte dell’Occidente, ma l’accerchiamento da parte della Nato ha avuto un’accelerazione, insieme agli attacchi orchestrati dagli Stati Uniti contro gli ucraini di etnia russa. Se Putin venisse provato ad accorrere in loro aiuto, il suo ruolo di paria predestinato giustificherebbe la Nato ad intraprendere una guerriglia che potrebbe trasferirsi all’interno dello stesso territorio russo.
Putin ha invece frustrato il partito della guerra cercando una distensione con Washington e l’Ue, ritirando le truppe russe dal confine e invitando gli ucraini di etnia russa a non partecipare ai provocatori referendum nelle regioni dell’Est. Questa parte di popolazione russofona e bilingue – un terzo del totale – aspira da tempo a una federazione democratica che rispecchi le differenze etniche del paese e che sia al contempo autonoma e indipendente da Mosca.Kiev, un estremista di destra anti-russoMolti di loro non sono né separatisti né ribelli, ma cittadini che vogliono vivere sicuri nella loro patria.
Come le rovine di Iraq e Afghanistan, l’Ucraina è stata ridotta a un parco divertimenti della Cia – diretto dal direttore della Cia John Brennan a Kiev, assieme ad “unità speciali” che sovrintendano ad attacchi selvaggi su coloro i quali si oppongono al golpe di febbraio. Guardate i video, leggete le denunce dei testimoni oculari del massacro di Odessa di questo mese. Squadre di criminali fascisti hanno bruciato la sede dell’unione del commercio, uccidendo le 41 persone intrappolate al suo interno. Guardate la polizia starsene a guardare. Un dottore ha raccontato di aver tentato di salvare alcune persone, «ma sono stato fermato dai sostenitori dei nazi. Uno di loro mi ha spinto via rudemente, promettendomi che presto io e gli altri ebrei di Odessa avremmo avuto la medesima sorte… mi chiedo perchè il mondo intero se ne stia in silenzio».
Gli ucraini russofoni stanno lottando per la loro sopravvivenza. Quando Putin ha annunciato il ritiro delle truppe russe dal confine, il segretario della difesa della giunta di Kiev – un membro fondatore del partito fascista Svoboda – ha rincarato dicendo che gli attacchi contro “i ribelli” sarebbero proseguiti. In perfetto stile orwelliano, la propaganda in Occidente ha ribaltato il tutto in “Mosca cerca di fomentare il conflitto e la provocazione”, secondo il segretario degli Esteri britannico William Hague. Il suo cinismo fa da pari con i grotteschi complimenti di Obama alla giunta per la sua «notevole compostezza» nel seguire il massacro di Odessa. Benchè sia fascista e illegale, la giunta è descritta da quest’ultimo come «propriamente William Hagueeletta». Ciò che conta non è la verità, ha detto una volta Henry Kissinger, ma ciò che è percepito essere vero.
Nei media statunitensi, le atrocità di Odessa sono state presentate come «confuse» e «una tragedia» in cui i «nazionalisti» (neonazisti) hanno attaccato i «separatisti» (persone che raccoglievano firme per un referendum a sostegno della Federazione Ucraina). Il “Wall Street Journal” di Rupert Murdoch ha condannato le vittime: “La sparatoria è stata probabilmente innescata dai ribelli ucraini, dice il governo”. La propaganda in Germania è stata guerra fredda allo stato puro, con il “Frankfurter Allgemeine Zeitung” che avvertiva i suoi lettori della “guerra ancora non dichiarata dalla Russia”. Per i tedeschi è una fantastica ironia che John PilgerPutin sia l’unico leader a condannare l’ascesa del fascismo nell’Europadel 21° secolo.
Una popolare banalità è che “il mondo sia cambiato dopo l’11 Settembre”, ma cosa è veramente cambiato? Secondo il grande informatore Daniel Ellsberg, un golpe silenzioso è già avvenuto a Washington e ora a governare è un militarismo rampante. Il Pentagono ultimamente svolge “operazioni speciali” – guerre segrete – in 124 paesi. In patria, una povertà crescente e una morente libertà sono il corollario ad uno stato di guerra perpetua. Aggiungiamo il rischio di unaguerra nucleare e la domanda è: perchè tolleriamo tutto ciò?

Pagliacci assassini, vi raccontano che il cattivo è Putin

Pagliacci assassini, vi raccontano che il cattivo è Putin


La prima notizia è che Barack Obama scorrazza impunemente per l’Europa, senza doversela vedere con manifestazioni di protesta. Obama stringe mani di “alleati” belanti, nonostante quello che i suoi tagliagole hanno appena combinato a Kiev, a Odessa, nell’Est dell’Ucraina. L’altra notizia è che questo spettacolo non piace all’opinione pubblica europea: un sorprendende sondaggio dell’“Independent” rivela che il 90% degli inglesi stima Putin, il quale sta agendo in modo legittimo secondo l’ex cancelliere tedesco Schmidt. Lo pensano anche milioni di cittadini tedeschi: la Russia, minacciata dal golpe organizzato dagli Usa a Kiev, si è dovuta muovere tempestivamente per salvare la sua unica base navale in acque calde, sul Mar Nero, in Crimea, peraltro decisiva – meno di un anno fa – per organizzare la protezione della Siria e scongiurare l’attacco della Nato. Ma, anche in Germania, i media non stanno dalla parte dei cittadini: quelli che si attengono semplicemente ai fatti, dice Diana Johnstone, vengono definiti “Putinversteher”, cioè “persone che capiscono Putin”, individui stravaganti.
«Non siamo tenuti a capire, noi dobbiamo odiare: i media esistono per questo motivo», dice la Johnstone, autrice del libro-denuncia sulla “crociata Diana Johnstonedei dementi” (“Fools’ Crusade: Yugoslavia, Nato, and Western Delusions”). Mentre l’Occidente si rifiuta ostinatamente di “capire” Putin, annota la saggista in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”, il capo del Cremlino sembra comprendere benissimo che lui e la sua nazione «vengono sistematicamente attirati con l’inganno in una trappola mortale da un nemico che eccelle nell’arte contemporanea della “comunicazione”». In una situazione di guerra, «la comunicazione della Nato dimostra che non è importante chi fa cosa: l’unica cosa che conta è chi racconta la storia». E i media occidentali stanno recitando un copione prestabilito: Putin è il nuovo Hitler pronto all’invasione. A Odessa, dove i neonazisti anti-russi hanno organizzato un massacro raccapricciante, «i mediaoccidentali non hanno notato atrocità, non hanno sentito di alcuna violenza, non hanno riferito di crimine alcuno. Hanno solamente condannato una “tragedia” che era appena accaduta in un qualche modo imprecisato».
Odessa, aggiunge la Johnstone, è la dimostrazione che, qualunque cosa accada, la classe politica della Nato – militari, leader politici e media – punta sulla “sua” storia e si attene ad essa: «I nazionalisti che hanno preso il potere a Kiev sono i “buoni”, mentre le persone che vengono assaltate a Odessa e nell’est dell’Ucraina sono “filo-russi” e, di conseguenza, i “cattivi”». E dire che non ci va molto a “capire” Putin, a patto che si sappia distinguere tra verità e palesi menzogne. Come quelle che racconta il ministro degli esteri inglese William Hague, secondo cui la Russia sta «cercando di orchestrare conflitti e provocazioni» nel sud e nell’est dell’Ucraina, come se Putin fosse improvvisamente impazzito, felice di avere una guerra civile sulla porta di casa e, di conseguenza, i missili della Nato piazzati a 400 chilometri da Mosca. «Putin può solo desiderare di trovare una soluzione pacifica al caos ucraino», scrive la Johnstone, perché sa che il golpe di Kiev è stato una Neonazisti a capo della rivolta anti-russa in Ucrainatrappola ispirata da strateghi americani come Zbigniew Brzezinski, il cui sogno è la caduta di Putin e il potenziale smembramento della Russia.
Per questo, Putin ha aperto un nuovo canale diplomatico con lo svizzero Didier Burkhalter, presidente dell’Ocse, e ha appena allontanato l’esercito russo dal confine ucraino, temendo una provocazione “false flag”, un falso sconfinamento organizzato tra Washington e Kiev per poi attribuirne a Mosca la responsabilità. Il ritiro delle truppe ha spaventato i russofoni, che temono di essere abbandonati dal Cremlino sotto la pressione dell’Occidente, ma Putin si è anche speso con energia perché fossero evitati i referendum dell’est dell’Ucraina. Molto serio, peraltro, l’allarme sulla possibile violazione dei confini: i russi hanno appreso che l’Sbu, il servizio segreto ucraino, aveva segretamente inviato 200 uniformi russe e i documenti (falsi) di 70 ufficiali russi a Donetsk, una delle capitali della protesta, per mettere in scena un falso attacco contro le pattuglie di frontiera ucraine. Il piano, sostiene l’agenzia di stampa russa “Ria Nòvosti”, sarebbe stato quello di «simulare un attacco contro truppe di frontiera ucraine e filmarlo per i media». Al che, «una dozzina di combattenti dall’ultra-destra nazionalista avrebbero dovuto attraversare il confine e rapire un soldato russo, al fine di presentarlo come “prova” dell’incursione militare russa. L’operazione era prevista per l’8 o il 9 maggio».
Spostando le truppe russe più lontano dal confine, aggiunge la Johnstone, Putin potrebbe sperare di rendere l’operazione “false flag” meno plausibile, e magari scongiurarla. Ma non c’è da stare tranquilli, perché «l’intera operazione ucraina, almeno in parte diretta da Victoria Nuland del Dipartimento di Stato Usa, è stata caratterizzata da operazioni “false flag”, tra cui quelle maggiormente note tramite i cecchini che hanno improvvisamente propagato i massacri e il terrore in piazza Maidan a Kiev, distruggendo di fatto l’accordo di transizione sponsorizzato a livello internazionale. I ribelli “filo-occidentali” hanno accusato il presidente Yanukovich di aver inviato gli assassini, e costretto il resto del Parlamento a dare il potere di governo al protetto della signora Nuland, Arseniy Yatsenyuk. Tuttavia, sono uscite fuori un gran numero di prove a dimostrare che i misteriosi cecchini erano mercenari filo-occidentali: prove fotografiche, seguite dalla dichiarazione telefonica di conferma del ministro degli esteri dell’Estonia, e infine dal canale televisivo tedesco “Ard”, il cui documentario del programmaIl ministro estone Urmas Paet al telefono con la Ahston: a Maidan, cecchini mercenari per incolpare Yanukovich“Monitor” ha concluso che i cecchini provenivano dai gruppi di estrema destra anti-russi coinvolti nella rivolta di Maidan».
Tutte le prove conosciute portano a un un’operazione “false flag” da parte dei fascisti inquadrati dagli americani a addestrati in Polonia, eppure i mediae i politici occidentali continuano ad addossare tutte le colpe alla Russia. «Qualunque cosa faccia, Putin deve  rendersi conto che sarà volutamente “frainteso” e rappresentato in maniera distorta». La verità, conclude Diana Johnstone, è che «sopra le teste del popolo americano, dei tedeschi, dei francesi e degli  altri europei, un accordo privato per rianimare la guerra fredda è certamente stato raggiunto tra gli “oligarchi” occidentali, al fine di garantire all’Occidente un “nemico” abbastanza serio da salvare il complesso militare-industriale e unire la comunità transatlantica contro il resto del mondo». Naturalmente, gli oligarchi non stanno con le mani in mano neppure sul fronte degli affari: Hunter Biden, figlio del vicepresidente americano Joe Biden, ha appena avuto in dono il business del gas ucraino. Se non altro, settori sempre più vasti dell’opinione pubblica “vedono” quello che i media negano: è l’America che cerca di trascinare in guerra la Russia, perché ha interesse a destabilizzare l’EstEuropa in vista dello scontro strategico con la Cina. E se il mondo non precipiterà nella catastrofe, almeno per ora, dovrà ringraziare innanzitutto Putin.

Fine programmata della democrazia: l’ha deciso l’élite

Fine programmata della democrazia: l’ha deciso l’élite


I veri padroni del mondo non sono più i governi, ma i dirigenti di gruppi multinazionali finanziari o industriali, e di istituzioni internazionali opache (Fmi, Banca Mondiale, Ocse, Wto, banche centrali). Purtroppo, questi dirigenti non sono stati eletti, malgrado l’impatto delle loro decisioni sulle popolazioni. Il potere di queste organizzazioni viene esercitato su una dimensione planetaria, mentre il potere di uno Stato è ridotto ad una dimensione nazionale. Tra l’altro, il peso delle multinazionali nei flussi finanziari ha da tempo superato quello degli Stati. Di dimensione internazionale, più ricche degli Stati, ma anche principale fonte finanziaria dei partiti politici di ogni tendenza nella maggior parte dei paesi, queste organizzazioni si trovano quindi al di sopra delle leggi e del potere politico, al di sopra della democrazia. La democrazia ha già cessato di essere una realtà.
I responsabili delle organizzazioni che esercitano il potere non sono eletti, e il pubblico non viene informato sulle loro decisioni. Il margine d’azione degli Henry KissingerStati viene sempre più ridotto da accordi economici internazionali per i quali i cittadini non sono stati né consultati, né informati. Tutti questi trattati elaborati negli ultimi 10 anni (Gatt, Omc, Ami, Ntm, Nafta) hanno un unico scopo: trasferire il potere degli Stati verso organizzazioni non elette, tramite un processo chiamato “mondializzazione”. Una sospensione proclamata della democrazia avrebbe senz’altro provocato una rivoluzione. Ecco perché sembra essere stato deciso di mantenere unademocrazia di facciata, e di piazzare il potere reale verso nuovi centri. I cittadini continuano a votare, ma il loro voto è privo di senso. Votano per dei responsabili che non hanno più un potere reale. Ed è senz’altro perché non c’è più nulla da decidere, che i programmi politici di “destra” e di “sinistra” si assomigliano sempre di più in tutti i paesi occidentali.
Per riassumere, non possiamo scegliere il piatto, ma possiamo scegliere il contorno. Il piatto si chiama “nuova schiavitù”, e il contorno può essere o piccante di destra, o agro-dolce di sinistra. Dai primi anni ‘90, l’informazione è stata progressivamente tolta dai media destinati al grande pubblico. Come le elezioni, i telegiornali continuano ad esistere, ma sono privi di senso. Un telegiornale contiene al massimo 2 o 3 minuti di vera informazione. Tutto il resto è costituito da soggetti da rivista, servizi aneddotici, fatti diversi e reality show sulla vita quotidiana. Le analisi di giornalisti specializzati e le trasmissioni di informazione sono state quasi totalmente eliminate. L’informazione si restringe ormai alla stampa, letta da un numero ridotto di Telegiornalepersone. La sparizione dell’informazione è un segno tangibile che il nostro regime politico ha già cambiato natura.
I responsabili del potere economico provengono quasi tutti dallo stesso mondo, lo stesso giro sociale. Si conoscono, si incontrano, condividono gli stessi punti di vista e gli stessi interessi. Condividono quindi naturalmente la stessa visione di ciò che dovrebbe essere il futuro mondo ideale. E’ quindi naturale che si mettano d’accordo e sincronizzino le loro azioni verso degli obbiettivi comuni, inducendo a delle situazioni economiche favorevoli alla realizzazione dei loro obbiettivi, come ad esempio: indebolimento degli Stati e del potere politico, deregolamentazione, privatizzazione dei servizi pubblici, disimpegno totale degli Stati dall’economia, compresi i settori dell’educazione, della ricerca e, tra breve, dell’esercito e della polizia, destinati a diventare dei settori sfruttabili da ditte private.
Indebitamento degli Stati tramite la corruzione, lavori pubblici inutili, sovvenzioni a ditte senza contropartita, spese militari. Quando una montagna di debiti viene accumulata, i governi sono costretti alla privatizzazione e allo smantellamento dei servizi pubblici. Più un governo è sotto il controllo dei “Padroni del Mondo”, più fa aumentare i debiti del suo paese. Precarietà del lavoro e mantenimento di un alto livello di disoccupazione, intrattenuti tramite il decentramento e la mondializzazione del mercato del lavoro: tutto ciò aumenta la pressione economica sui lavoratori, che sono quindi costretti ad accettare qualsiasi stipendio o condizione di lavoro. Riduzione dell’aiuto sociale per aumentare le motivazioni del disoccupato ad accettare qualsiasi tipo di lavoro o qualsiasi stipendio: un aiuto sociale troppo elevato impedisce alla disoccupazione di fare una pressione efficace sul mercato del lavoro. Impedire l’espansione di rivendicazioni salariali nel Terzo Mondo, mantenendovi dei regimi politici totalitari o corrotti: se i lavoratori del Terzo Mondo venissero pagati meglio, il principio stesso del decentramento, e della pressione che esercita sul mercato del lavoro nella società occidentale, verrebbe frantumato. Ciò costituisce un lucchetto strategico essenziale che Mercenari Usa ingaggiati a Kievdeve essere preservato ad ogni costo. La famosa “crisiasiatica” del 1998 è stata innescata nello scopo di mantenere questo lucchetto.
Le organizzazioni multinazionali private si stanno progressivamente dotando di tutti gli attributi della potenza degli Stati: reti di comunicazione, satelliti, servizi di spionaggio, dati sugli individui, istituzioni giudiziarie (stabilite dal Wto e l’Ami, accordo tramite il quale una multinazionale potrà fare causa ad uno Stato davanti ad una corte internazionale speciale). La prossima e ultima tappa per queste organizzazioni sarà di ottenere il potere militare e poliziesco che corrisponda alla loro nuova potenza, creando i loro propri eserciti, dato che gli eserciti e le polizie nazionali attuali non sono adattate alla difesa dei loro interessi nel mondo. Tra breve, gli eserciti diventeranno società private, presteranno servizio sotto contratto con gli Stati, o con qualsiasi altro cliente capace di pagarli. Ma all’ultima tappa del piano, questi eserciti serviranno quasi esclusivamente gli interessi delle multinazionali, e attaccheranno gli Stati che non si piegheranno al nuovo ordine economico. Nel frattempo, questo ruolo viene assunto dall’esercito dei Stati Uniti, il paese meglio controllato dalle multinazionali.
Oggi il denaro è essenzialmente virtuale. La sua realtà è una serie di 0 e di 1 nei computer delle banche. La maggior parte del commercio mondiale si opera senza denaro liquido, e solo 10% delle transazioni finanziarie quotidiane corrispondono a degli scambi economici nel “mondo reale”. Gli stessi mercati finanziari costituiscono un sistema di creazione di denaro virtuale, di profitto non basato su una creazione di ricchezze reali. Questa creazione di denaro senza creazione di corrispondente ricchezza economica è la definizione della creazione artificiale del denaro. Ciò che la legge vieta ai falsificatori di denaro, e ciò che l’ortodossia economica liberale vieta agli Stati, è quindi legale e possibile per un numero ristretto di beneficiari. Se si vuol capire ciò che realmente è il denaro e a che cosa serve, basta invertire la famosa frase “il tempo è denaro”: il denaro è tempo. Permette di comprare il Terratempo degli altri, il tempo necessario a produrre i prodotti o i servizi che consumiamo.
E’ evidente che siamo oggi urtando i limiti ecologici dell’attività economica. I modelli economici attuali sono incapaci di stimare al suo giusto valore la “produzione” della natura, indispensabile alla nostra sopravvivenza: produzione d’ossigeno, fissazione dei gas carbonici dalle foreste e gli oceani, regolazione della temperatura, protezione dai raggi del sole, riciclaggio chimico, spartizione delle alluvioni, produzione d’acqua potabile, di alimenti. La produzione della natura è stata valutata a 55.000 miliardi di dollari annui da un gruppo di scienziati dell’Institute for Ecological Economics dell’Università del Maryland nel 1997. La scomparsa della natura è inevitabile, poiché voluta dal nuovo potere economico. La scomparsa della natura e l’aumento dell’inquinamento renderanno gli individui ancora più dipendenti del sistema economico per la loro sopravvivenza, e permetteranno di generare nuovi profitti, tra i quali un consumo crescente di Sylvain Timsitmedicine e prestazioni mediche.
Tutto quello che può portare un individuo a pensare e a vivere con la propria testa è potenzialmente sovversivo. Il più grande pericolo per l’ordine sociale è la spiritualità che porta l’individuo a rimettere in gioco il proprio sistema di valori e quindi il proprio atteggiamento. Questo nuovo potere è globale, planetario. Non ha quindi né alternativa, né scappatoia. Costituisce un nuovo livello di organizzazione della civilizzazione, una specie di super-organismo. D’altronde l’unificazione del mondo per via dell’economia e il declino degli Stati-nazione sono stati in parte decisi per una nobile causa: rendere impossibile una nuova guerra mondiale che, all’era atomica, significherebbe la fine della civilizzazione. La globalizzazione non è una cosa negativa in sé: potrebbe permettere una forma di pace mondiale durevole. Ma se continua ad essere organizzata a beneficio di una minoranza di persone e se conserva la sua attuale direzione neoliberista, non tarderà ad instaurare una nuova specie di totalitarismo, il commercio integrale degli esseri viventi, la distruzione della natura e una forma inedita di schiavitù.