Svizzera.Banche: gli impiegati nelle mani della giustizia americana
Il governo svizzero ha autorizzato undici banche a trasmettere alla giustizia americana i nomi e i dati dei loro collaboratori attivi sul mercato americano. Una misura senza precedenti, che suscita indignazione negli ambienti bancari e contestazioni da parte dei politici.
“Per sfuggire alle folgori del fisco americano, i re del segreto bancario consegnano i nomi dei loro collaboratori, che ora sono condannati a rimanere rintanati nei loro cantoni”, si diverte il settimanale satirico francese Canard Enchainé, per il quale si tratta di “una tragicommedia tipicamente svizzera”.
In Svizzera questa tragicommedia – ossia la vicenda dei dati di migliaia d’impiegati e consulenti bancari trasmessi da alcune banche alla giustizia americana – non fa ridere nessuno. Per alcuni, il prezzo da pagare per difendere il segreto bancario è diventato da tempo troppo alto. Per altri, si tratta di una nuova concessione inaccettabile del governo alle autorità americane, che compromette la sovranità nazionale e indebolisce la piazza finanziaria elvetica.
Impiegati traditi
Le concessioni prendono inizio nel 2009, quando il governo deve intervenire in soccorso dell’UBS, finita nel mirino della giustizia americana per aver aiutato migliaia di clienti ad evadere il fisco negli Stati uniti. Per la prima volta nella storia del segreto bancario elvetico, le autorità elvetiche trasmettono ad un altro Stato i dati di migliaia di clienti di una banca svizzera. Fino ad allora, le informazioni venivano fornite al contagocce, dopo una lunga procedura di assistenza amministrativa, e solo per casi di frode fiscale.
Nel 2011 altre undici banche attive in Svizzera si ritrovano sotto inchiesta negli Stati uniti per violazione delle leggi fiscali: avevano tra l’altro ripreso numerosi clienti abbandonati nel 2009 dall’UBS. In dicembre il dipartimento americano di giustizia esige dalle banche tutti i documenti relativi alle loro operazioni negli Stati uniti, compresi i nomi degli impiegati attivi sul mercato americano. In aprile il governo autorizza la consegna dei dati per salvaguardare gli interessi delle banche.
Cinque istituti bancari trasmettono a Washington i nomi di migliaia di impiegati e consulenti bancari, che in molti casi non vengono nemmeno informati in anticipo e non possono neppure opporsi. La vicenda suscita indignazione non solo nel settore bancario, ma anche nel mondo politico. “Gli impiegati sono stati traditi in modo abominevole dai loro dirigenti, i quali non hanno saputo o voluto trarre le giuste lezioni dal caso UBS”, dichiara il deputato socialista Jean Christophe Schwaab, presidente della sezione romanda dell’Associazione svizzera degli impiegati di banca.
Nessuna misura di protezione
In giugno e in settembre, una decina di parlamentari presentano una serie di interpellanze urgenti per chiedere spiegazioni al governo. In particolare, per sapere se ha ottenuto garanzie da parte americana, affinché i dati trasmessi non vengano utilizzati per perseguire gli impiegati delle banche. Nessuna garanzia, risponde a tutti il governo.
“Molto ingenuamente partivo dall’idea che, mettendo in pericolo queste persone, il governo avrebbe preso parallelamente delle misure di protezione. La mia domanda concerneva proprio questo, che misure sono state prese? E la risposta del governo è stata: nessuna”, rileva Yves Nidegger, deputato dell’Unione democratica di centro (UDC), secondo il quale nel settore bancario si denota ormai un certo panico.
“Diversi impiegati non osano più uscire dalla Svizzera. Alcuni sono stati perfino invitati dalla direzione della loro banca a non viaggiare all’estero”, afferma Jean Christophe Schwaab. “Nessuno può garantire agli impiegati che non saranno arrestati. Ed è proprio questa la cosa peggiore: dovranno vivere nell’incertezza ancora per alcuni anni”.
Nessun’altra scelta
Secondo vari esperti di diritto, con la consegna dei nomi non sono state probabilmente rispettate le norme legali in materia di assistenza amministrativa, di protezione dei dati e della sfera privata. L’autorizzazione del governo violerebbe inoltre l’articolo 273 del Codice penale (trasmissione di un segreto di fabbricazione o di affari ad un organismo ufficiale o privato dell’estero).
Per la ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf, responsabile del dossier, “il governo non aveva altra scelta”: rifiutando agli istituti bancari di collaborare con la giustizia americana, avrebbe messo in pericolo numerosi posti di lavoro e rischiato la chiusura di altre banche. In gennaio la banca Wegelin era stata costretta a cessare le attività in seguito all’inchiesta aperta nei suoi confronti negli Stati uniti.
Le motivazioni del governo non hanno convinto i parlamentari, che hanno chiesto alle commissioni di gestione di far luce sulla vicenda. Per la destra è in gioco la sovranità nazionale: “Lo Stato non può rinunciare al rispetto delle sue leggi. Il diritto è infatti la sola arma, di cui dispone un paese piccolo come il nostro dinnanzi agli altri. Se rinunciamo ad applicare il nostro diritto sul nostro territorio, domani non saranno solo gli americani, ma anche i nostri vicini a voler imporci il loro”, sostiene Yves Nidegger.
Modello di affari
Secondo il deputato dell’UDC, la Svizzera deve resistere alle pressioni internazionali per salvaguardare il segreto bancario e difendere la sua piazza finanziaria. “L’obbiettivo degli Stati uniti non è di sradicare l’evasione fiscale dal mondo intero, altrimenti sopprimerebbero le società anonime del Delaware o della Florida. La ricerca degli averi non dichiarati è solo un pretesto per lanciare una guerra contro la nostra piazza finanziaria. Ma non è di certo capitolando che riguadagneremo il rispetto degli americani”.
Una visione non condivisa dalla sinistra, per la quale la Svizzera potrà mantenere una piazza finanziaria forte solo se adotterà rapidamente una strategia basata sulla trasparenza e il denaro pulito. “Se oggi siamo attaccati da ogni parte è perché le banche svizzere hanno utilizzato troppo a lungo l’evasione fiscale come modello di affari, violando le leggi di altri paesi. Ormai tutti sanno che il segreto bancario non serve a tutelare la sfera privata, ma a proteggere i truffatori e gli evasori fiscali”, dichiara Jean Christophe Schwaab
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