Marò, gaffe mondiale: l’ultima infamia del governo tecnico
Mezza Italia si scandalizza per la vicenda dei marò. Invece non dovremmo stupircene, proprio per nulla. Il governo che sarà in piedi ancora per poco (salvo prorogatio per la quotidiana amministrazione), era un governo tecnico. Il che non significava, come hanno cercato di farci credere, “governo di persone specializzate e competenti ai posti giusti, invece di politici ignoranti”, ma ben altro: significava “governo incaricato esclusivamente di ottemperare alle richieste economico-finanziarie di organismi sovranazionali”. Questo, e basta. Non era un governo che doveva governare: e infatti ha trascurato gli affari interni, le questioni sociali, la sorte di terremotati e suicidi, e per finire non ha avuto alcuna attività in politica estera.
In pratica, si è completamente disinteressato del paese e ha ignorato tutti i gravosi compiti che deve affrontare chi lo governa. Tra i quali, appunto, esiste l’imprescindibile capacità di gestire con abilità tutte le sottigliezze e le trattative che servono alla nazione per mantenere il suo peso, la sua dignità e la sua affidabilità in campo internazionale. Stiamo parlando di un paese del G8, non di un’isoletta del Pacifico, ma questo aspetto non è interessato a nessuno per mesi. Qualche dichiarazione di aderenza alle solite amicizie, qualche inchino ai soliti potenti, e null’altro. A gennaio scorso, in un post titolato “Finisce la politica, e ci lascia soli”, scrivevo: «Governare significa occuparsi di un paese, e non solo dei suoi debiti e della finanza. Sembrano una confraternita di asceti dediti solo all’attuazione di un programma già scritto da qualcun altro, che attraversano il momento storico italiano conservando saldi i propri paraocchi».
Scrive oggi “Repubblica”: «In fondo, il caso dei marò è stato l’unico episodio di risonanza mondiale del governo dei tecnici. Ed è stato un episodio in due atti. Primo: darsela a gambe fedifraghe. Secondo: arrendersi senza condizioni al primo “bau”». Il caso marò dimostra a che punto è ridotta l’ormai nulla politica estera dell’Italia, sacrificata anch’essa sull’altare di euro, Bce, “riforme strutturali” e sacrifici di sangue al dio Europa. Siamo soli, anche su questo
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