mercoledì 7 agosto 2013

Il patto: Renzi a capo di un’Italia svenduta alla Germania

Il patto: Renzi a capo di un’Italia svenduta alla Germania


Stanno cercando di vendere l’Italia: Renzi e De Benedetti alla Germania, Prodi alla Cina. In cambio, dai futuri padroni puntano a ereditare il controllo su un paese che, grazie a loro, sarebbe ridotto a un semplice protettorato. Pur nei suoi aspetti sgradevoli e controversi, la battaglia che Napolitano ha affidato a Letta e Alfano mira a scongiurare la svendita rovinosa del paese, mantenendo un rapporto strategico con gli Usa proprio per evitare la capitolazione definitiva di fronte a Francia e Germania, interessate a “smontare” il loro competitore più scomodo: l’Italia è ancora la seconda potenza manifatturiera d’Europa. E’ la tesi del professor Giulio Sapelli, secondo cui persino il governo Monti fu un tentativo di limitare i danni. Sapelli denuncia un vero e proprio complotto contro l’Italia, organizzato da un establishment che include “Repubblica”, settori di Bankitalia e dirigenti di Confindustria che fanno capo a Luca Cordero di Montezemolo. L’uomo su cui punterebbero? E’ Matteo Renzi.
I renziani, che remano contro il governo Letta, «sono organici al gruppo di De Benedetti», dichiara Sapelli a Lorenzo Torrisi, in un’intervista pubblicata Giulio Sapellida “Il Sussidiario”. «Oltre a volere un capitalismo subalterno al sistema franco-tedesco, perseguono un altro scopo: dare una spallata definitiva alle componenti di sinistra, sia cattoliche che ex Pci, all’interno del Pd». Quando ha incontrato la Merkel a Berlino, Renzi non ha spiegato di cosa abbiano parlato. D’Alema, ricorda Sapelli, ha auspicato che Renzi avesse detto alla Merkel che la sua politica è sbagliata. Invece: «Il fatto che non abbia detto nulla mi fa venire il dubbio che abbia offerto il suo assenso alla politica della Cancelliera». Il punto centrale resta l’industria, ovvero la piccola e media impresa, cuore del sistema-Italia: «Dobbiamo chiederci come saremo dopo la crisi: saremo ancora la seconda potenza manifatturiera o no?».
Sapelli denuncia le manovre di «un piccolo establishment che si sta muovendo per ottenere un’integrazione subalterna dell’Italia al capitalismo franco-tedesco». Letta e Alfano? «Hanno avuto un atteggiamento fermo nei confronti dell’Europa, e a questi signori non piace: vogliono quindi che il governo cada». Da chi è formato questo establishment? «Sicuramente da quella parte di Confindustria che fa riferimento a Montezemolo, così come da De Benedetti: basti vedere il comportamento di “Repubblica” che arriva a chiedere apertamente le dimissioni di Alfano», dopo lo scandalo kazako. Secondo Sapelli, una parte di Confindustria «vuol vedere l’Italia subalterna a Francia e Germania perché ormai non ha più nessuna fiducia in uno sviluppo autonomo manifatturiero del nostro paese», e quindi «lavora e pensa a un’integrazione subalterna di ciò che rimane dell’industria italiana sotto Montezemolol’ombrello protettivo franco-tedesco: in sostanza crede che l’Italia non ce la possa fare, e cerca di venderla al prezzo migliore».
La grande stampa riflette la battaglia in corso dietro le quinte: se “Il Sole 24 Ore” «ha preso solo una sbandata», bocciando il governo Letta, il “Corriere della Sera” «ha una posizione oscillante», e se “La Stampa” preme sempre di più su via Solferino, al “Corriere” è in atto uno scontro che mette in evidenza le divergenze radicali all’interno del mondo bancario, co-azionista del quotidiano milanese: «La linea subalterna e rinunciataria si scontra con quella di Bazoli e Guzzetti. Questi ultimi sanno che verrebbe messo in discussione il ruolo delle banche, anche grazie all’appoggio di una parte di Bankitalia». Il ministro Saccomanni, che viene da Bankitalia, in un recente convegno sulle soluzioni al “credit crunch” «ha aperto le porte ai credit fund, cioè allo shadow banking». Di fatto, per Sapelli, si tratta di un attacco frontale a Bazoli e Intesa, banca che «cerca ancora di difendere un po’ di rapporto con l’industria italiana», come già fatto dallo stesso Passera. «Non a caso anche le banche popolari, che hanno rapporti con le imprese sul territorio, sono De Benedettistate prese a bastonate da Bankitalia».
A partire dal drammatico esperimento-Monti, secondo Sapelli, Napolitano ha perseguito «un obiettivo chiaro: un’integrazione non subalterna dell’Italia nel processo europeo, una non-distruzione della nostra industria a seguito del cambiamento che ci sarà dopo la crisi». Secondo l’economista, «a questi signori, a questo establishment, il fatto che siamo la seconda potenza manifatturiera d’Europa sembra dare fastidio». Via Monti, ecco Letta e Alfano. Ma la regia è sempre la stessa, quella di Napolitano: «Con questo esecutivo, si erano messi insieme gli unici due schieramenti contrari all’egemonia tedesca: il gruppo sociale raccolto intorno a Berlusconi e Prodiquello che finalmente, grazie alla crisi e grazie a Letta, ha capito che l’Italia non può essere subalterna».
Oltre a Francia e Germania, poi, ad avere interessi sull’Italia «c’è anche la Cina, che ha un “ambasciatore” in Prodi: in pratica si tratta di trovare le imprese da vendere a Pechino, che sta espandendo sempre di più la sua influenza in Europa». La Cina ultimamente però vacilla, è in crisi, «grazie proprio al sistema dello shadow banking che Saccomanni invoca per l’Italia». Di certo, aggiunge Sapelli, questo disegno agli americani non sta bene, «perché gli Usa non vogliono un’Italia “tedesca”: la Germania è una potenza anti-americana, quindi non vogliono che aumenti il suo peso nel nostro paese». E questo per Sapelli «è un bene, perché non credo che l’Italia – da sola, in Europa, senza gli Stati Uniti – abbia un avvenire». Il professore pensa che l’avvenire italiano sia «organicamente legato al rapporto con gli Usa». Ultima annotazione, la Fiat: la banda Marchionne, secondo Sapelli, non fa parte del club che progetta la svendita del made in Italy. Per una sola ragione: per l’industria torinese, l’Italia non esiste già più. «La Fiat fa gli interessi degli Agnelli, che oggi vogliono diventare sempre meno italiani».

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