martedì 16 giugno 2015

Per Atene pronti 15 miliardi di euro da Russia e Cina

Per Atene pronti 15 miliardi di euro da Russia e Cina



Quin­dici miliardi di euro. Que­sta è la somma che potrebbe pre­sto arri­vare ad Atene dai governi di Rus­sia e Cina.
A rive­larlo, ieri, organi di stampa greci (i set­ti­ma­nali Arfí e Agorá), ma anche il sito web dell’autorevole perio­dico tede­sco der Spiegel.
L’interminabile que­relle sull’ultima tran­che di pre­stiti da Unione euro­pea e Fondo mone­ta­rio (7,2 miliardi) si arric­chi­sce dun­que di un ele­mento nuovo, che dovrebbe raf­for­zare la posi­zione nego­ziale dell’esecutivo di Ale­xis Tsi­pras nei con­fronti delle isti­tu­zioni inter­na­zio­nali (la ex tro­jka), tut­tora con­tra­rie a con­ce­dere gli aiuti per la solita, immo­di­fi­ca­bile ragione: «le riforme pro­gram­mate sono insod­di­sfa­centi». Cioè: non obbe­di­scono ai det­tami della reli­gione dell’austerità.
Il denaro pro­ve­niente da Mosca sarebbe legato al pas­sag­gio in Gre­cia del gasdotto «Tur­kish Stream»: forse già mar­tedì i due Paesi potreb­bero siglare l’intesa che por­te­rebbe nelle lan­guenti casse del governo elle­nico una somma sti­mata intorno ai cin­que miliardi.
Dagli ambienti gover­na­tivi russi è arri­vata una mezza con­ferma: «nel loro recente incon­tro — ha affer­mato il por­ta­voce del Crem­lino Dmi­tri Peskow — Vla­di­mir Putin e Tsi­pras non hanno discusso di aiuti finan­ziari, ma hanno affron­tato que­stioni di poli­tica energetica».
Tra­du­zione: «non ci stiamo sosti­tuendo alla Ue come nuovi cre­di­tori, i nostri sono affari fra stati sovrani». Natu­ral­mente, entrano in gioco anche deli­cate que­stioni geo­po­li­ti­che: l’eventuale gasdotto con­sen­ti­rebbe alla Rus­sia di rifor­nire l’Europa senza pas­sare dall’Ucraina.
La stessa idea che era alla base del pro­getto «South Stream», can­cel­lato lo scorso dicem­bre per effetto della crisi diplo­ma­tica fra Mosca e l’Ue. Da Pechino arri­ve­reb­bero circa 10 miliardi — ripor­tano i media elle­nici — sia come paga­mento anti­ci­pato per l’utilizzo di alcuni moli del porto del Pireo, sia come inve­sti­menti nel sistema fer­ro­via­rio greco. Un’ipotesi che non deve stu­pire: Tsi­pras e il suo mini­stro delle finanze Yanis Varou­fa­kis hanno sem­pre detto di non essere a priori ostili a ogni forma di pri­va­tiz­za­zione, ma di essere con­trari a quelle che si tra­du­cono in pure e sem­plici sven­dite del patri­mo­nio pubblico.
Scelte certo dif­fi­cili e con­tro­verse (anche den­tro Syriza), ma adot­tate con moda­lità e scopi ben diversi da quelli cono­sciuti nel periodo in cui ad Atene era la tro­jka a det­tare legge.
Tra le prime rea­zioni del mondo poli­tico euro­peo, quella del mini­stro delle finanze tede­sco Wol­fgang Schäu­ble. «Mi ral­le­gro per la Gre­cia, se le cose stanno così» ha dichia­rato il vete­rano espo­nente demo­cri­stiano (Cdu), in mis­sione a Washing­ton per il mee­ting di pri­ma­vera di Fmi e Banca mon­diale. «Tutto ciò che aiuta la Gre­cia va bene». Nel nego­ziato con la ex tro­jka, però, non cam­bia nulla: «I pro­blemi restano, e la Gre­cia deve con­ti­nuare nella discus­sione con le tre isti­tu­zioni», ha chia­rito Schäu­ble. Nes­sun com­mento — rife­ri­sce lo Spie­gel online — è venuto invece dalla Com­mis­sione europea.

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