venerdì 4 maggio 2012

Cara Italia, sei pronta a dare trent’anni di carcere a un politico che ruba?


Cara Italia, sei pronta a dare trent’anni di carcere a un politico che ruba?


Sì, trent’anni. Tanto rischia John Edwards negli Stati Uniti per aver distratto 925mila dollari dai soldi del suo partito per nascondere una sua relazione extraconiugale. Così funziona in America, per i politici o chi non paga le tasse. E noi italiani che cosa scegliamo? Il rigore a stelle e strisce o la mollezza di casa nostra? Tertium non datur. 
John Edwards

Storie che corrono in parallelo ci raccontano due paesi molto diversi e distanti come America, nel senso degli Stati Uniti, e Italia. Sullo sfondo c’è la politica con tutte le sue imperfezioni, e le debolezze umane che ne conseguono. Al centro, come sempre e come dev’essere, la persona, alla quale tocca il destino che ha deciso di scegliere per sé. Probabilmente non ci sono persone più lontane di John Edwards e Luigi Lusi, l’ex tesoriere della Margherita. Il primo è attualmente sotto processo per avere distratto fondi elettorali a fini «molto, molto» personali. Sul secondo, più vicino alle nostre vecchie, care cose ne sapete già abbastanza.
Edwards era un talentino che è riuscito a sprecare tutto. Sembrava uno di quei predestinati, nell’America dei buoni sentimenti, uno di quelli che, anche misteriosamente, riescono a entrare in quel circuito più intimista che così tanto appassiona gli americani, da diventarne la possibile traduzione politica per la guida del Paese. Già vicino alla Casa Bianca nel 2004, come vice di Kerry, nel 2008 si era giocato le sue carte a titolo assolutamente personale. Oggi, il suo destino – che si è scelto autonomamente, ma che ora viene direttamente gestito dall’amministrazione giudiziaria – pencola in modo avventuroso, al punto di rischiare una condanna a trent’anni.
No, Edwards non ha sgozzato consapevolmente la moglie. E poi ha fatto a fettine l’amante. E poi è uscito nudo sul boulevard davanti casa e si è messo a urlare: «Questa è l’America, signori!!». No. Edwards ha «semplicemente» distratto dei fondi del suo partito (925mila dollari) per nascondere l’orribilità della sua condotta personale. Intrecciata una relazione con una regista, proprio mentre la moglie si ammalava di cancro, ha cercato di nascondere il fatto di avere avuto una figlia da lei, spingendo il suo aiutante a dire che ne era lui il legittimo padre. Poi la moglie è morta e ora lui, accompagnato a ogni udienza dalla figlia, lotta per evitare una galera infinita.
Da noi, qui in Italia, tutto questo farebbe sostanzialmente ridere i polli. Perché proprio ieri, mentre Edwards era a processo, la Procura di Roma ha spedito a Palazzo Madama una richiesta d’arresto per il senatore Lusi, e tra le altre cose ci sarebbe anche l’associazione a delinquere. Come primo commento, il protagonista ha parlato di «provvedimento abnorme». Secondo lui, in un Paese normale, chiedere l’arresto per un signore che ha distratto una valanga di soldi per fini personali (beninteso, questa è l’accusa) è un «provvedimento abnorme».
Come già per Papa, Milanese e altri, ora entrerà in scena il solito cerimoniale nostrano. Prima voterà la Giunta, e magari dirà sì all’arresto, ma il cui parere è solo consultivo, e poi si esprimerà l’Aula, che decide davvero, e magari dirà no. O viceversa. Perché mai non si esprima solo l’Aula è il vero, grande mistero gaudioso.
Si impone una domanda, una riflessione, guardando a due casi così diversi e lontani, come quello che coinvolge John Edwards e la storia più prossima a noi che vede come protagonista Luigi Lusi. Che è la seguente: siamo nella condizione - noi italiani - di poterci sottrarre all’inclinazione oramai pelosamente garantista che protegge indistintamente buoni cristiani e tagliagole senza speranza, per aderire al progetto meno tortuoso e più efficace sul piano dell’immagine sociale del «chi sbaglia, paga», così caro agli Stati Uniti d’America?
Temiamo che tra i due sistemi non ci sia una vera via di mezzo, sarebbe persino pretestuoso andarsela a cercare come organismo geneticamente modificato. Si tratta di stare o di qui o di là, si tratta di capire - da vero, autentico popolo di evasori fiscali - se l’idea che chi non paga consapevolmente le tasse o, appunto, le evade, non avrà altro destino che la galera. Sì, la galera, avete capito bene, quel luogo scuro e poco incoraggiante dal punto di vista delle compagnie (non proprio scelte).
Perché è così bello sciacquarsi la bocca con l’America, è meraviglioso farsi trascinare nel gorgo etico che ci fa sentire – tutti – cittadini sicuramente migliori, ma poi balbettiamo con l’infame stagnino che non ci fa la ricevuta e lo ringraziamo anche perché ci ha tolto l’iva. È anche ora di finirla con questo doppio registro, il cui spettacolino riproponiamo come replica stanca del teatrino dell’assurdo-Italia.


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