I dati di Unioncamere. Nel 2013 oltre 5 mila imprese hanno già chiuso: +5,6% rispetto al 2012.
Il dato drammatico arriva dall'ultimo rapporto di Unioncamere, che il quotidiano La Stampa ha anticipato.
Si tratta dell'ultimo grido di dolore delle imprese italiane, da anni costrette a fare i conti con una crisi di cui non si intravede la fine. E che il governo non può più ignorare.
BOOM DEI CONCORDATI. Ma a crescere in Italia non sono solo i fallimenti. Anche le domande di concordato sono aumentate: secondo i dati sono addirittura triplicate, passando da 539 casi del 2012 a 904. Significa quindi un aumento del 68%.
In alcuni casi si tratta in realtà di un modo per procrastinare situazioni ormai compromesse, mentre per molti è la via più breve per riuscire a liberarsi dei creditori.
I CREDITI NON RISCOSSI. Secondo Unioncamere la ragione della drammatica moria di aziende riguarda i consumi in costante discesa, ma anche l'incapacità delle imprese di esportare. E soprattutto perché i clienti spesso non pagano. Quindi si fallisce non solo per i debiti, ma pure per i crediti che non si riescono a riscuotere. Perché se lo Stato ha iniziato a pagare i primi 20 miliardi di euro di arretrato, per i privati il discorso è opposto.
MANIFATTURA IN CRISI. I dati evidenziano che i settori più colpiti sono le attività manifatturiere, seguite da quello delle costruzioni e dal commercio.
Va male anche per le attività immobiliari, ma pure per quelle di trasporto e magazzinaggio.
Il boom di fallimenti riguarda i costruttori edili (+67,1%) e chi fa lavori di costruzione specialistici (+70%), ma soffrono pure i ristoratori e i fabbricanti di mobili.
MALE DIFFUSO DA NORD A SUD. Il primato dei fallimenti spetta a Milano, con il 10% di chiusure di tutta Italia (525 nel 2013 contro i 524 del 2012). Seguono Roma (466), Napoli (217), Torino (209) e Brescia e Firenze (143).
Il problema, quindi, è diffuso in tutto il Paese, anche nelle aree come Emilia Romagna, Toscana e Veneto tradizionalmente più dinamiche.
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