Larghe intese e larghi affari, a cominciare dal magico Tav
Si fingono avversari in televisione, ma dietro le quinte sono amici. Anzi: soci. Negli ambienti giudiziari la chiamano «larga intesa degli affari». Destra e sinistra: «Tutti insieme appassionatamente, in un gioco abilissimo e sotterraneo di nomi e prestanome», rivela Lirio Abbate in un reportage su “L’Espresso”. Professionisti e tecnici, segretari di partito e ministri, capi-corrente, deputati e senatori. «I pupari e le marionette. Per muovere affari di milioni, velocizzare pratiche di appalti pubblici, approvare decreti per favorire imprese amiche, cambiare componenti di commissioni di vigilanza e authority». Di fatto, questo significa «svuotare le istituzioni e piegare le regole democratiche in uno spoil system che genera un sistema viziato», che diventa «un magma rovente che fonde gli appetiti meno nobili, una suburra in cui tutti si scambiano favori e dialogano per concretizzare interessi senza badare a casacche e stemmi di partito», a cominciare dalla madre di tutti i subappalti, la famigerata Tav.
E’ l’inchiesta di Firenze sull’alta velocità, costata l’arresto a Maria Rita Lorenzetti, esponente Pd e presidente di Italferr nonché ex governatrice dell’Umbria, a far emergere la “larga intesa degli affari”. Prima ancora che nascesse l’esecutivo Letta, racconta Abbate, lungo l’alta velocità andava già in scena una “grosse koalition” tessuta da personaggi che si presentano come uomini di fiducia e consulenti di esponenti politici di primissimo piano, amici di Massimo D’Alema e Marcello Dell’Utri, Anna Finocchiaro e Angelino Alfano. «Al centro di questo giro c’è un geologo siciliano del Pd, Walter Bellomo, arrestato dai carabinieri del Ros di Firenze». Componente della commissione per la valutazione dell’impatto ambientale del ministero dell’ambiente, secondo gli inquirenti ha avuto un ruolo strategico: facilitatore di appalti. I pm scrivono che «ha tenuto una condotta assolutamente spregiudicata, svendendo la propria funzione non in maniera occasionale ma permanente», mettendosi «a disposizione del gruppo criminale» di cui faceva parte anche la Lorenzetti.
«Non molleranno, sul Tav, perché è il bancomat dei partiti», accusa il leader No-Tav valsusino, Alberto Perino. Le indagini di Firenze sembrano dimostrarlo con assoluta precisione. Per il Pd, quelle di Bellomo erano azioni «meritevoli di riconoscimenti», al punto che il funzionario “strategico” venne presentato alla senatrice Anna Finocchiaro, con la quale avviò un dialogo spesso mediato dal consigliere politico dell’esponente dalemiana, Paolo Quinto. «L’ex capogruppo delPd al Senato – continua Abbate – negli ultimi due anni si è mossa spesso per favorire Bellomo: intercedendo con l’allora ministro Corrado Clini perché lo riconfermasse nella commissione Via, o tentando anche un pressing sul governatore siciliano appena eletto, Rosario Crocetta, suggerendolo come assessore». Questo, ovviamente, avveniva nell’ombra. Alla luce del sole, invece, Anna Finocchiaro si espose nel febbraio 2012 per elogiare il giovane carabiniere che, in valle di Susa, evitò di reagire alle provocazioni di un No-Tav che l’aveva chiamato “pecorella”. Un clamoroso polverone mediatico, per tentare di far dimenticare il fretta l’incidente quasi mortale appena occorso all’anarchico Luca Abbà, precipitato dal traliccio sul quale si era arrampicato per protesta.
Un anno e mezzo dopo, ecco che – più che di “pecorelle” e insulti – il gioco è fatto di maxi-appalti di cui non c’è da andare fieri. «Dalle carte degli inquirenti – prosegue il reportage dell’“Espresso” – emergono dettagli interessanti. Si comprende che Bellomo ha mire politiche e pensa, in base alle promesse e ai complimenti che riceve dall’ambiente del Pd, di poter aspirare a un’importante carica istituzionale. Dopo le ultime elezioni ne parla con l’ingegner Mauro Patti, altro componente della commissione Via, amico e testimone di nozze del ministro dell’interno Angelino Alfano». Bellomo e Patti, come annotano gli inquirenti, «sembra che abbiano affari in comune relativi a coinvolgimenti in progetti oggetto di valutazione della stessa Via di cui fanno parte», tra cui un Club Med a Cefalù. Il Ros intercetta la loro conversazione: è dicembre 2012 e i due prima scherzano sull’esito delle primarie del Pd e poi Mauro Patti si sbilancia, ritiene molto probabile che Bellomo possa essere chiamato a ricoprire l’incarico di sottosegretario: «È capace che tu vai a fare il sottosegretario, compà! all’ambiente». Bellomo si compiace e non esclude l’ipotesi: «Tutte le porte sono aperte, diciamo che la Finocchiaro è questo che vorrebbe che io facessi… però non è che lei ha solo me, c’è tutta una squadra da mettere in campo».
La Lorenzetti ha rivelato che durante il governo Monti alcune nomine istituzionali venivano decise ancora da Gianni Letta, l’ex sottosegretario di Berlusconi. «Ne parlò con il consigliere politico della senatrice Finocchiaro, il quale non apparve scandalizzato». Sempre la Lorenzetti puntava all’Authority dei Trasporti, per la quale però – secondo Enrico Letta – suo zio Gianni puntava su Pasquale De Lise, ex presidente del Consiglio di Stato. Così la Lorenzetti al telefono con il consigliere della Finocchiaro: «Secondo me devono acchiappare qualcuno del Pdl. Se la linea è quella che diceva Anna (Finocchiaro ndr) che Letta le ha detto, bisogna che ‘chiappino questi del Pdl, ma in particolare Gianni Letta. Me lo diceva ieri durante una telefonata imbarazzata Enrico Letta. Da parte sua ovviamente l’imbarazzo che suo zio, Gianni Letta, non vuole sentire ragioni a mollare De Lise».
Walter Bellomo, continua “L’Espresso”, lo scorso gennaio era intenzionato a giocarsi tutto pur di trovare un posto in lista per le elezioni nazionali. In Sicilia ilPd aveva eliminato dalle candidature Wladimiro Crisafulli e Antonio Papania. Il geologo pensava che, con tutti i favori politici assicurati, fosse la volta buona per approdare in Parlamento. Decise di puntare su un referente nuovo, Roberto De Santis, un imprenditore considerato molto vicino a Massimo D’Alema. Per Bellomo il tramite è un collega del ministero dell’ambiente, Giuseppe Chiriatti, che assicura il suo interessamento per procurare il contatto con De Santis: «Faccio io». Dopo un paio di ore è tutto fatto, scrive Abbate: «L’amico di D’Alema è disponibile a incontrare Bellomo». Dalle intercettazioni «emerge l’esistenza tra i due di un rapporto di confidenzialità se non di amicizia». De Santis non è un politico, ma avrebbe potuto introdurre Bellomo a D’Alema. «E a proposito di grandi alleanze – scrive Abbate – occorre ricordare che nel consiglio di amministrazione della società svizzera Avelar, che commercializza metano, Roberto De Santis sedeva accanto a Massimo De Caro, che le cronache giudiziarie indicano molto vicino a Marcello Dell’Utri».
Lorenzetti & C. vanno in fibrillazione anche nel luglio 2012, perché si ventila il taglio dei posti dei cda nelle società parastatali. «È una persona molto vicina a Renato Schifani (all’epoca presidente del Senato) ad avvertire la presidente di Italferr della manovra del governo. Lorenzetti sembra nel panico – continua “L’Espresso” – e chiama subito il consigliere politico della senatrice Finocchiaro, al quale espone “il pericolo” a cui vanno incontro: il taglio di manager nella pubblica amministrazione». Il consigliere della Finocchiaro tenta di consolare Lorenzetti: «Ho parlato con Anna e ho due novità: uno che si interesserà personalmente con Schifani per sapere se questa cosa è vera, però lei non ne sa nulla. Sicuramente nel partito non c’è stata nessuna discussione e quindi non è una linea del partito. È una linea del governo Monti, di Bondi, il super-consulente di taglio delle spese degli enti pubblici. Il partito non ha fatto assolutamente nulla. Assolutamente non è niente di certo». Così parlano, intercettati, i personaggi-ombra dei politici che, in televisione, raccontano di voler salvare l’Italia.
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