lunedì 28 maggio 2012

Formigoni e le cene pagate da Daccò Il governatore: non cedo ai ricatti


Formigoni e le cene pagate da Daccò
Il governatore: non cedo ai ricatti

Il Pd e Verdi all'attacco: si dimetta






ROMA - Le cene a cinque stelle «erano destinate a mostrare ai miei conoscenti e clienti le mie conoscenze importanti con politici, esponenti delle forze dell'ordine,professori universitari nelle facoltà di medicina». È uno dei passaggi dell'interrogatorio dello scorso 19 maggio di Pierangelo Daccò, il faccendiere legato da una «grande amicizia» con il presidente della Lombardia Roberto Formigoni e in carcere nell'ambito delle inchieste sui casi San Raffaele e Maugeri.

Le cene. Daccò al procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco e ai pm Laura Pedio e Antonio Pastore ha riferito delle cene da lui offerte in ristoranti come «Lo Squero» di Rimini in occasione del meeting di Cl o come quella da Sadler a Milano. A proposito di quest'ultima Daccò ha aggiunto:«Si tratta di una delle cene che organizzo per le mie pubbliche relazioni» alla quale era presente anche Formigoni.

«Non cederò al ricatto», replica Formigoni in una lettera aperta diffusa oggi dopo le dichiarazioni del faccendiere Daccò. Il presidente della Lombardia sostiene che «probabilmente la pubblicazione illegale di atti» continuerà anche nei prossimi giorni ma che si tratta di atti che non contengono niente di penalmente rilevante ma che «danno spazio a speculazioni e attacchi politici senza precedenti, infondati, che hanno l'evidente scopo di mirare la credibilità mia e del governo di Regione. Dico subito che questi attacchi falliranno come sono falliti finora: non cederò al ricatto». In un altro passaggio il governatore ribadisce che Daccò non ha avuto «indebiti vantaggi» dalla Regione Lombardia grazie al fatto di conoscere lo stesso Formigoni e conferma che si assumerà tutte le sue responsabilità «se la stampa dimostrerà il contrario». «Ma ciò, mi si creda - conclude - è impossibile, ripeto, impossibile».

«Le spese al Meeting di Piero Daccò mi riguardano solo molto parzialmente». Fra quanto Formigoni intende «smentire o correggere» dopo la pubblicazione dei verbali dell'interrogatorio del faccendiere Daccò, ci sono anche le spese sostenute per il Meeting di Rimini, tradizionale appuntamento di Comunione e Liberazione. «Ho partecipato a tutte le 31 edizioni del Meeting - scrive il governatore in una lettera aperta diffusa oggi - e sono stato a colazioni o a cene con centinaia di ospiti; con Daccò soltanto 2 o 3 volte in tutto. E basta». Poi poche righe per correggere il tiro su altre vicende.

Primo: «Mai stato a Rio de Janeiro con Piero Daccò».Secondo: «Le spese attribuite a Daccò nei resoconti giornalistici non riguardano certo me o solo me. Ricordo che Piero Daccò è stato in tutti questi anni un imprenditore in campo sanitario soprattutto all'estero (Cile, Argentina, Israele...) con migliaia di rapporti in tutto il mondo». Terzo: «51mila euro per un volo da Milano a Nizza come oggi pubblicato??? Questa è una di quelle cifre inverosimili che tolgono ulteriore credibilità al tutto».

Formigoni ammette poi di esser stato «talora» ospite sulla barca «Ad Maiora di Antonio Simone» (ex assessore arrestato) un «amico da 40 anni», sempre su suo invito e «spesso» in compagnia di parenti o amici di Simone e di Daccò o di loro stessi. Ma solo «qualche weekend di giugno o luglio, alcuni giorni durante le vacanze di agosto. Altro che barche a totale disposizione per mesi e mesi». Il governatore spiega poi di limitarsi a «correggere o smentire» solo «alcune delle più grandi falsità che sono state scritte in questi giorni» perché «sarebbe impossibile per chiunque rispondere agli infiniti nuovi particolari verosimili, inverosimili o di fantasia».

Il Pd: ceda il passo. «La resistenza di Formigoni non ha più nessun rapporto con la situazione politica, è unicamente attaccamento alla poltrona mentre tutto il resto intorno crolla. Le ultime elezioni amministrative hanno dimostrato che il primo partito della Lombardia è il Pd, che la maggioranza consiliare che sorregge la giunta non è più maggioranza elettorale tra i lombardi, essendo franata in quasi tutti i Comuni al voto». Lo afferma in una nota Emanuele Fiano (Pd) osservando come «intorno a Formigoni, in questi anni, molti dei suoi assessori siano stati colpiti da provvedimenti d'indagine giudiziaria o addirittura d'arresto. E in più in questi giorni la cronaca continua ad aggiungere sospetti sempre più pesanti sui rapporti tra lui e Pierluigi Daccò». «Proprio oggi il leader in pectore della Lega Roberto Maroni, seppur annunciando di non voler far cadere la giunta lombarda, indica con chiarezza a Formigoni la strada di votare in Lombardia insieme alle elezioni politiche nel 2013. Infine anche gli esponenti del rinnovamento interno al Pdl, come quelle del sindaco di Pavia Cattaneo, invocano per la Lombardia e per Formigoni il tempo del ricambio. La resistenza di Roberto Formigoni - conclude - sta creando un blocco politico dannoso per la Lombardia e i suoi cittadini. Se ne renda conto e ceda il passo».

«Invece di prendersela con i giornalisti che fanno proprio mestiere - ossia quello di informare i cittadini - il presidente della Regione Lombardia farebbe meglio a dimettersi». Lo dichiara il Presidente dei Verdi Angelo Bonelli che aggiunge: «Ormai è evidente che in Lombardia è necessario un gesto di ecologia politica che porti all'azzeramento dell'attuale sistema che ormai sta nauseando i cittadini. L'unica strada per uscire da una situazione ormai insostenibile è quella di restituire la parola ai cittadini che, ormai, non ne possono più - conclude Bonelli -. Formigoni si dimetta e in Lombardia si vada a nuove elezioni ad ottobre».

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