Se non abbiamo ancora trovato soluzioni alla crisi mondiale, forse ne stiamo comprendendo l'origine in quella dimensione psicopatica di decisioni finanziarie e industriali dannose per la comunità e vantaggiose per i pochissimi che l'hanno generata. Come è possibile che i tratti psicopatici, con una strutturale attività di “predazione intraspecie”, siano sopravvissuti all'evoluzione e in grado di condizionare anche pesantemente il potere a vari livelli?
Uno dei leitmotiv della criminologia è quello secondo cui la delinquenza economica non è spiegabile in termini psicologici o psicopatologici. Questa posizione, o preconcetto che sia, origina probabilmente dalla nota frase di Sutherland, uno dei primi criminologi ad occuparsi del tema e a coniare per i delinquenti economici la fortunata espressione "criminalità dal colletto bianco", che scrive: “I grandi imprenditori sono capaci, emotivamente equilibrati, e la patologia, nel loro caso, non gioca alcun ruolo. Non vi è alcuna ragione per ritenere che la General Motors abbia un complesso di inferiorità, che l’Aluminium Company of America abbia un complesso di Edipo, che la Armour Company abbia pulsioni di morte o che la DuPont desideri tornare nel grembo materno”. La posizione citata è forse anche dovuta alla preoccupazione di non dover "scusare" questi soggetti in quanto malati, ma il reperire tratti psicopatici in alcune persone non significa eo ipso giustificarle (anzi), ed è forse venuto il momento di aggiustare il tiro.
I tratti psicopatici
Uno psicopatico è una persona che non prova empatia, né è capace di fare esperienza del ventaglio variegato delle emozioni umane. La sua capacità di sentire è limitata a una rosa ristretta di protoemozioni primarie quali rabbia, frustrazione e accessi d'ira. Gli psicopatici tendono a divenire mentitori patologici ed esperti manipolatori, sino a rendere vittime le loro famiglie, i loro amici, le altre persone in genere.
All'apparenza possono presentarsi come persone affascinanti, carismatiche, popolari, ammirate, quando non amate, da parte di entrambi i sessi. In effetti non hanno una “malattia mentale” nel senso comunemente inteso (un disturbo che genera una significativa compromossione del funzionamento sociale), non sono deliranti, e spesso possono risultare più intelligenti e razionali (ma di una razionalità fredda) dei non psicopatici. Con buona probabilità sono promiscui e possono abbandonare i propri partner senza rimorso alcuno. Grandiosi, si sentono in diritto di essere come sono, non trovando niente che non vada in loro stessi.
Tipicamente danno la colpa agli altri per le conseguenze delle proprie azioni e si buttano a capofitto in discussioni moralistiche, spesso superficiali e al limite dell'assurdo. Non hanno paura se non in minimo grado delle conseguenze delle loro azioni: amano il rischio perché hanno bisogno costantemente di novità, di stimoli forti, di vivere “al limite”, per compensare il proprio vuoto emotivo. Sussistono alcune analogie con gravi disturbi di personalità, quali il disturbo borderline e quello narcisistico, benché questi ultimi siano connotati da spiccati livelli di sofferenza soggettiva e di egodistonicità. Lo psicopatico tuttavia fondamentalmente non prova angoscia e ha una gamma ristrettissima di emozioni.
Analisi evoluzionistica
Dal punto di vista della psicologia evoluzionistica gli psicopatici sembrano cercare di massimizzare gli sforzi per assicurarsi opportunità di accoppiamento in misura maggiore rispetto al resto della popolazione, restando allo stesso tempo completamente indifferenti alle esigenze dei partner e dei figli. Gli psicopatici considerano gli status symbol (soldi, posizioni professionali e sociali, beni di lusso) il modo migliore per raggiungere il livello più alto nella catena alimentare (intesa nel senso ampio di acquisizione di risorse energetiche in senso lato) e riproduttiva. L'economia postmoderna (ruolo dominante della finanza, aumento di volume e di complessità delle grandi corporation) ha generato una pletora di “nicchie ecologiche” per gli psicopatici, quali i frequenti cambiamenti di lavoro, l'orientamento a risultati di breve periodo, la depersonalizzazione delle relazioni professionali ecc.
Gli psicopatici e la finanza
Secondo Ronald Schouten di Harvard Business Review, “la psicopatia viene erroneamente valutata come un fenomeno tutto-niente: o sei psicopatico o non lo sei. In questi termini, fra l'altro, sostenere che il 10% di chi opera a Wall Street è psicopatico, dovrebbe tranquillizzarci, visto che il restante 90% non lo è, cioè non dovrebbe essere fonte di preoccupazione. In realtà il comportamento psicopatico si sviluppa su un continuum e il vero pericolo è costituito da tutte quelle persone che si situano nel mezzo fra i due poli della 'normalità' e della psicopatia acclarata: sono persone che non verrebbero mai diagnosticate come psicopatici, ma che possono manifestare in grado variabile comportamenti tipici della psicopatia, mostrandosi ingannevoli, pericolosi, senza rimorso tanto quanto gli psicopatici conclamati”.
Secondo Schouten & Silver, autori del libro “Almost a Psychopath”, queste persone sarebbero infatti “psicopatici a livello subclinico” e rappresenterebbero ben il 15% dell'intera popolazione. Dunque, anche ammettendo che il tasso del 10% sovrastimi la quantità reale di psicopatici puri che operano nel mondo della finanza, lo stesso dato risulterebbe sottostimare i “quasi psicopatici”, altrettanto pericolosi per l'equilibrio del sistema economico mondiale. “E se consideriamo che il mondo della finanza può reclutare persone con caratteristiche molto vicine a quelle degli psicopatici, è ragionevole sostenere che la percentuale di persone che in questo settore cade nella classificazione di 'quasi psicopatico' è almeno del 15%: in altri termini, il numero delle persone predisposte alla frode, all'inganno, alla manipolazione, all'insider trading può essere di molto superiore a quella stima del 10% che aveva attirato così tanta attenzione”, affermano Schouten & Silver.
Come individuare le persone “a rischio”?
Da anni sono disponibili in ambito clinico una serie di test psicodiagnostici che potrebbero consentire di identificare le persone maggiormente “a rischio”. Uno screening di popolazioni specifiche, quali ad esempio le persone chiamate a svolgere lavori di particolare responsabilità, potrebbe essere di aiuto in termini di prevenzione della diffusione del fenomeno in esame. Fra questi test, la gran parte disponibili anche in Italia, possiamo citare lo “Psychopathy Checklist - Revised (PCL-R)” di R. Hare e colleghi e lo “Psychopathic Personality Inventory - Revised (PPI-R)” di S. Lilienfeld e colleghi, che misura in particolare il continuum di tratti psicopatici di personalità presenti in un ampio campione di persone e può essere utilizzato sia in ambito clinico - forense sia in ambito scolastico, nonché per lo screening della popolazione in generale.
Prevenzione, per arginare il fenomeno
Così, come succede per altri problemi ascrivibili alla sanità pubblica che interessano tendenzialmente l'intera popolazione, ragionare e operare in termini di prevenzione può costituire un primo passo verso la “presa in carico” del fenomeno da parte della collettività, vera parte lesa nella fattispecie. In questa direzione, la prevenzione potrebbe orientarsi alla sensibilizzazione della popolazione e – in particolare – di categorie specifiche di professionisti, coinvolgendo le stesse multinazionali che operano nel campo della finanza, delle grandi aziende e più in generale dell'economia di servizio, interessando ogni livello del management, mettendo in evidenza i pericoli reali legati a comportamenti psicopatici.
Tali iniziative potrebbero attuarsi mediante: programmi finalizzati alla diffusione della conoscenza scientifica e dell'informazione di servizio in merito alla psicopatia; strategie efficaci finalizzate a identificare e assicurare alla giustizia gli psicopatici che hanno commesso infrazioni alle norme socialmente condivise, considerando tutte le misure utili alla loro rieducazione; attivare servizi di supporto, individuali e di gruppo, a tutte le vittime delle azioni criminose commesse da queste persone senza scrupoli. Occorre quindi un atteggiamento proattivo, che si basi sulla conoscenza diffusa del fenomeno. Questo compito pertiene primariamente, benchè non esclusivamente, ai professionisti del “mentale” e ai criminologi clinici.