Fréjus, Tir sui treni: cade l’ultimo alibi per la Torino-Lione
La Torino-Lione? Ormai definitivamente inutile. Lo “ammette” anche Rfi, la società delle Ferrovie dello Stato cui compete la gestione della rete ferroviaria: l’attuale traforo internazionale del Fréjus, che già collega Italia e Francialungo la ferrovia Torino-Modane che attraversa la valle di Susa, è in grado di accogliere anche maxi-convogli, persino i più ingombranti in circolazione in Europa. «La certezza – dichiara Tino Balduzzi, attivista No-Tav intervistato da Alessandra Fava per il newsmagazine “Manifestiamo” – viene da un documento di Rfi, scoperto durante una ricerca sui carri Modalohr». Il documento “svela” l’esatta capacità del vecchio tunnel, recentemente “limato”, e dimostra che le limitazioni che impedivano di caricare su treno i camion standard, alti 4 metri, non ci sono più». Via libera, dunque, alla decantata “autostrada ferroviaria”: cade l’alibi secondo il quale sarebbe necessario un nuovo super-traforo.
Si tratta di appena 44 centimetri di altezza, ma bastano a cambiare la classificazione della linea, ora perfettamente idonea al trasporto su rotaia dei mezzi stradali più pesanti: «La notizia suimedia è passata in sordina o non è passata affatto, ma ora l’Afa, la società che effettua il servizio di “autostrada viaggiante” tra Orbassano ed Aiton, fornisce un servizio simile a quello disponibile nei tratti Novara-Sempione-Loetschberg-Freiburg e Trento-Brennero-Regensburg, fino ad ora sbandierato dai Sì-Tav come l’obiettivo da raggiungere». Il risultato è frutto anche di un progresso tecnologico, continua Balduzzi: l’utilizzo dei recenti carri francesi Modalohr, che sfruttano meglio lo spazio in altezza guadagnando circa 16 centimetri rispetto ai carri utilizzati da svizzeri ed austriaci per effettuare lo stesso tipo di servizio. «Un’ulteriore dimostrazione che investire in tecnologia paga, sicuramente di più che fare dei buchi nelle montagne».
«Volendo diminuire la pressione del trasporto merci sulle loro strade – spiega Balduzzi – svizzeri e austriaci caricano su treni speciali i camion che arrivano ad un loro confine, ad esempio quello tedesco, e li trasportano fino al confine opposto, nell’esempio quello italiano. Ma alla fine del viaggio, a Novara o a Trento, quei camion vengono rimessi sull’asfalto, andando ad intasare le autostrade italiane». Quella che l’Europa considera una prassi virtuosa fa sì che un camion che va da Amburgo a Bari percorra su ferrovia meno di 500 chilometri su un totale di 2000. Per contro, una “cassa mobile” caricata ad Amburgo arriva fino a Bari percorrendo l’intero tragitto su treno, sulle ferrovie che ci sono, senza dover costruire nuovi tunnel e risolvendo con minor impatto ambientale il problema di svizzeri ed austriaci. «Questo semplice confronto è sufficiente a ribaltare l’accusa di favorire il trasporto stradale che i Sì-Tav fanno ai No-Tav».
Problema: la lobby degli autotrasportatori in Europa è fortissima, in grado di bloccare un continente con una serrata. «La Tav conviene a loro, alla lobby dei costruttori e a chi si occupa di movimento terra», continua Balduzzi. «Preoccupa il fatto che importanti politici italiani favorevoli alla cosiddetta Tav siano in qualche modo legati, ad esempio, al gruppo Gavio che si occupa di autotrasporto e, attraverso Impregilo, di costruzioni. E preoccupa ancora di più il fatto che il deposito in cave di pianura di molti milioni di metri cubi di terra da scavo provenienti dai tunnel della Tav rappresentino un’occasione d’oro per chi ha dei rifiuti da smaltire illegalmente», nel silenzio generale dei grandi media. L’Europa, aggiunge Balduzzi, dovrebbe correggere l’errore di fondo: alta velocità per i passeggeri e alta capacità per le merci sono tecnicamente incompatibili. «Troppa la differenza di velocità, troppa diversità nelle destinazioni, troppo pesanti i treni merci per linee costruite per i 300 chilometri orari».
Inutile girarci attorno: tutto il protocollo Tav deriva dall’influenza delle grandi lobby economiche sulla politica, fino al paradosso della valle di Susa, dove per la Torino-Lione si cercano disperatamente di adattare al traffico merci i succulenti progetti nati per il trasporto passeggeri e non più giustificati dagli scarsissimi volumi del traffico merci Italia-Francia. «L’Europa deve spostare i finanziamenti dal trasporto stradale a quello ferroviario», conclude Balduzzi, che invoca opere intelligenti e non inutilmente devastanti come la Torino-Lione. «In un’Europa dove quasi sempre le aziende distano troppi chilometri dal centro intermodale più vicino, le infrastrutture che servono non sono tunnel, ma strumenti e luoghi in grado di rendere più rapido e meno costoso il trasbordo delle merci tra strada a ferrovia». In questo scenario, «dichiararsi Sì-Tav pretendendo di essere a favore del trasporto merci in ferrovia è solo più un atto di fede, buono solo per i politici meno informati».
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