Napoli: emergenza ambientale nel Golfo
Inizia la stagione estiva e buona parte della costa campana non è balneabile. Viaggio lungo le bandiere nere.
Un tuffo dove l'acqua è più blu? Difficile. Almeno nel Golfo di Napoli. Soprattutto se si considerano i problemi di inquinamento persistenti malgrado le decine di milioni di euro spesi (o, comunque, programmati) per la costruzione e la manutenzione dei depuratori. È questa la vera grande piaga della imminente stagione balneare.
IL 20% DELLA COSTA NON È BALNEABILE. Secondo le rilevazioni dell'Arpac, l'agenzia regionale, il 20% delle coste della provincia partenopea non è balneabile. Il che significa chilometri e chilometri di spiagge, scogliere e insenature rubate a sdraio e ombrelloni. Anche (e soprattutto) a causa di una gestione assai discutibile delle politiche ambientali sul territorio che hanno obbligato per ben due volte, negli ultimi tre anni, la magistratura a intervenire in maniera massiccia con sequestri e arresti per lo scempio in cui versano alcune delle aree più belle (ma inquinate) della regione.
RIVO SAN MARCO, BOMBA ECOLOGICA. Uno dei casi più emblematici è l'impianto di foce Sarno, al confine tra Torre Annunziata e Castellammare di Stabia. Recentemente rimesso a nuovo, con una spesa di 25 milioni di euro, è quasi neutralizzato nella sua funzione da un'autentica piccola bomba ecologica che gli scorre affianco: il rivo San Marco. Un corso d'acqua carsico che sfocia nei pressi della villa comunale, appestando il lungomare con il suo carico di veleni. A valle finiscono, infatti, le acque reflue delle costruzioni abusive di gran parte dei sovrastanti Monti Lattari e gli scarichi delle fabbriche che, per risparmiare sugli alti costi di smaltimento dei rifiuti speciali, insozzano il fiumiciattolo con vernici, resti di lavorazione alimentare, carcasse di animali e materiale di risulta edile.
L'ECCEZIONE DI SORRENTO. Tranne piccolissime porzioni a ridosso della costiera sorrentina (dove l'unica isola felice è una parte di Sorrento e dove pure dovrebbe essere costruito un impianto dei depurazione), le coste che vanno da Castellammare fino a Ercolano (passando per Torre Annunziata e Torre del Greco) non sono balneabili.
La Regione Campania ha stanziato 214 milioni di euro per completare gli impianti
Poi succedono i miracoli, quando uno meno se l'aspetta. Tra le due zone rosse di Ercolano, appunto, e di San Giovanni a Teduccio c'è Portici dove, incredibile ma vero, i tuffi non sono vietati (almeno secondo l'Arpac).
IL PARADOSSO DI SAN GIOVANNI. Ma le buone notizie finiscono qua. A San Giovanni, per esempio, la situazione è ancor più paradossale perché, pur essendoci, l'impianto di smistamento acque non può entrare in funzione perché il Comune di Napoli e la Regione Campania non riescono a mettersi d'accordo su chi debba firmare la convenzione con l'Enel per l'avvio del servizio. Una spesa di 150 mila euro, mica una finanziaria. Nell'attesa, l'alveo Pollena continua a riversare su quelli che un tempo erano pescosissimi fondali ogni genere di rifiuto organico provenienti dal circondario vesuviano finendo per mandare in tilt il depuratore di Napoli est che pure inizia a soffrire un po' i segni del tempo.
SI SALVA IL LUNGOMARE CITTADINO. Stranamente, le zone più pulite sono quelle del lungomare cittadino (dove un poco abbronzato sindaco De Magistris, qualche tempo fa, improvvisò una bracciata proprio a ridosso di Mappatella Beach) e di Posillipo, la collina che chiude l'insenatura del golfo a occidente.
Ma superati gli scogli dove sorge la residenza presidenziale di Villa Rosebery, perdete ogni speranza di trovare refrigerio nelle calde acque di Bagnoli.
L'INFERNO DI BAGNOLI. La costa del rione dove un tempo sfumacchiava la ciminiera dell'Italsider è infatti sotto sequestro della magistratura che ha indagato imprenditori, politici e manager pubblici per disastro ambientale a causa di una bonifica costata 107 milioni di euro rivelatasi del tutto inutile, anzi dannosa secondo il gip. Dal momento che l'intervento ha comportato «una miscelazione dei pericolosi inquinanti su tutta l'area oggetto della bonifica con aggravamento dell'inquinamento dei suoli rispetto allo stato pre bonifica». I veleni che negli anni si sono accumulati sui fondali e lungo la spiaggia rendono impossibile anche l'elioterapia.
ISCHIA E CAPRI SENZA DEPURATORE. Risalendo lungo la dorsale flegrea, la situazione è quasi la stessa: bandiera nera a Licola, a Giugliano e a Pozzuoli. Meglio per le isole, anche se a Ischia e Capri un depuratore non è che sarebbe sprecato. Qualche progetto c'è (a Barano d'Ischia, per esempio), ma sono anni che se ne parla e non si riesce a portare a termine.
Pochi giorni fa, la Regione Campania ha ufficializzato lo stanziamento di 214 milioni di euro che dovrebbero servire per completare gli impianti rimasti finora allo stato di idea in Autocad e potenziare quei pochi che sono in funzione ad Acerra, Cuma e Napoli Nord.
E, proprio sulla funzionalità dei depuratori, due anni fa la magistratura aprì un'inchiesta-terremoto che portò all'arresto di 13 persone e all'iscrizione nel registro degli indagati di altre 26 accusate di aver fatto scivolare in acqua tonnellate e tonnellate di percolato, il liquido velenoso secreto dalle discariche piene zeppe di rifiuti, proprio servendosi degli impianti di depurazione.
Un tuffo dove l'acqua è più blu? Difficile. Almeno nel Golfo di Napoli. Soprattutto se si considerano i problemi di inquinamento persistenti malgrado le decine di milioni di euro spesi (o, comunque, programmati) per la costruzione e la manutenzione dei depuratori. È questa la vera grande piaga della imminente stagione balneare.
IL 20% DELLA COSTA NON È BALNEABILE. Secondo le rilevazioni dell'Arpac, l'agenzia regionale, il 20% delle coste della provincia partenopea non è balneabile. Il che significa chilometri e chilometri di spiagge, scogliere e insenature rubate a sdraio e ombrelloni. Anche (e soprattutto) a causa di una gestione assai discutibile delle politiche ambientali sul territorio che hanno obbligato per ben due volte, negli ultimi tre anni, la magistratura a intervenire in maniera massiccia con sequestri e arresti per lo scempio in cui versano alcune delle aree più belle (ma inquinate) della regione.
RIVO SAN MARCO, BOMBA ECOLOGICA. Uno dei casi più emblematici è l'impianto di foce Sarno, al confine tra Torre Annunziata e Castellammare di Stabia. Recentemente rimesso a nuovo, con una spesa di 25 milioni di euro, è quasi neutralizzato nella sua funzione da un'autentica piccola bomba ecologica che gli scorre affianco: il rivo San Marco. Un corso d'acqua carsico che sfocia nei pressi della villa comunale, appestando il lungomare con il suo carico di veleni. A valle finiscono, infatti, le acque reflue delle costruzioni abusive di gran parte dei sovrastanti Monti Lattari e gli scarichi delle fabbriche che, per risparmiare sugli alti costi di smaltimento dei rifiuti speciali, insozzano il fiumiciattolo con vernici, resti di lavorazione alimentare, carcasse di animali e materiale di risulta edile.
L'ECCEZIONE DI SORRENTO. Tranne piccolissime porzioni a ridosso della costiera sorrentina (dove l'unica isola felice è una parte di Sorrento e dove pure dovrebbe essere costruito un impianto dei depurazione), le coste che vanno da Castellammare fino a Ercolano (passando per Torre Annunziata e Torre del Greco) non sono balneabili.
La Regione Campania ha stanziato 214 milioni di euro per completare gli impianti
Poi succedono i miracoli, quando uno meno se l'aspetta. Tra le due zone rosse di Ercolano, appunto, e di San Giovanni a Teduccio c'è Portici dove, incredibile ma vero, i tuffi non sono vietati (almeno secondo l'Arpac).
IL PARADOSSO DI SAN GIOVANNI. Ma le buone notizie finiscono qua. A San Giovanni, per esempio, la situazione è ancor più paradossale perché, pur essendoci, l'impianto di smistamento acque non può entrare in funzione perché il Comune di Napoli e la Regione Campania non riescono a mettersi d'accordo su chi debba firmare la convenzione con l'Enel per l'avvio del servizio. Una spesa di 150 mila euro, mica una finanziaria. Nell'attesa, l'alveo Pollena continua a riversare su quelli che un tempo erano pescosissimi fondali ogni genere di rifiuto organico provenienti dal circondario vesuviano finendo per mandare in tilt il depuratore di Napoli est che pure inizia a soffrire un po' i segni del tempo.
SI SALVA IL LUNGOMARE CITTADINO. Stranamente, le zone più pulite sono quelle del lungomare cittadino (dove un poco abbronzato sindaco De Magistris, qualche tempo fa, improvvisò una bracciata proprio a ridosso di Mappatella Beach) e di Posillipo, la collina che chiude l'insenatura del golfo a occidente.
Ma superati gli scogli dove sorge la residenza presidenziale di Villa Rosebery, perdete ogni speranza di trovare refrigerio nelle calde acque di Bagnoli.
L'INFERNO DI BAGNOLI. La costa del rione dove un tempo sfumacchiava la ciminiera dell'Italsider è infatti sotto sequestro della magistratura che ha indagato imprenditori, politici e manager pubblici per disastro ambientale a causa di una bonifica costata 107 milioni di euro rivelatasi del tutto inutile, anzi dannosa secondo il gip. Dal momento che l'intervento ha comportato «una miscelazione dei pericolosi inquinanti su tutta l'area oggetto della bonifica con aggravamento dell'inquinamento dei suoli rispetto allo stato pre bonifica». I veleni che negli anni si sono accumulati sui fondali e lungo la spiaggia rendono impossibile anche l'elioterapia.
ISCHIA E CAPRI SENZA DEPURATORE. Risalendo lungo la dorsale flegrea, la situazione è quasi la stessa: bandiera nera a Licola, a Giugliano e a Pozzuoli. Meglio per le isole, anche se a Ischia e Capri un depuratore non è che sarebbe sprecato. Qualche progetto c'è (a Barano d'Ischia, per esempio), ma sono anni che se ne parla e non si riesce a portare a termine.
Pochi giorni fa, la Regione Campania ha ufficializzato lo stanziamento di 214 milioni di euro che dovrebbero servire per completare gli impianti rimasti finora allo stato di idea in Autocad e potenziare quei pochi che sono in funzione ad Acerra, Cuma e Napoli Nord.
E, proprio sulla funzionalità dei depuratori, due anni fa la magistratura aprì un'inchiesta-terremoto che portò all'arresto di 13 persone e all'iscrizione nel registro degli indagati di altre 26 accusate di aver fatto scivolare in acqua tonnellate e tonnellate di percolato, il liquido velenoso secreto dalle discariche piene zeppe di rifiuti, proprio servendosi degli impianti di depurazione.
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