giovedì 9 febbraio 2012

Usa Italia

Diario italiano (perché l’amministrazione Obama sostiene il premier Monti)



Ci troviamo nel bel mezzo della contesa elettorale americana: Mario Monti, in partenza oggi per Washington, ne trae grande vantaggio.

Appare sempre più evidente, in particolare dopo il recente declassamento della Francia da parte di Standard and Poor’s e gli obliqui avvertimenti lanciati all’Italia da Carlo Cottarelli e Olivier Blanchard, alti funzionari del Fondo monetario internazionale, con qualche giorno di anticipo rispetto al downgrading decretato da Fitch, che le agenzie di rating intendono impartire severe lezioni alle socialdemocrazie europee, ancor più se latine o mediterranee; che rispondono con mirati, tempestivi interventi depressivi ai periodici accenni di ripresa delle economie in difficoltà; e che obiettivo ultimo dell’offensiva finanziaria è Obama, l’”europeo” (nella corrosiva descrizione che ne danno il suo maggiore rivale a oggi, Mitt Romney, repubblicano; e Rick Santorum, lo sfidante).

Irresponsabili politiche di welfare riducono o eliminano del tutto la selezione sociale: questo risulta intollerabile per una destra che si vuole (con un’enfasi etnico-religiosa che a noi pare del tutto fuorviante e ottenebrata) di “mercato”.

Obama, per contro, non può che confidare nell’alleato europeo: se un’Italia virtuosa può esercitare un’efficace moral suasion sulla Germania e spingerla a varare gli Eurobond; se l’Europa esce dalla crisi l’argomento polemico degli avversari viene meno. Dunque avremo grandi sorrisi, già manifestati peraltro da Hillary Clinton a Monaco, nell’incontro del 4 febbraio; e una sincera partecipazione. La transizione italiana (e la sopravvivenza dell’euro) è per gli USA oggi un tema di politica interna.

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