mercoledì 11 aprile 2012


FINANZA/ Tarantini: dagli Usa la soluzione per ridare soldi a famiglie e imprese

domenica 8 aprile 2012
FINANZA/ Tarantini: dagli Usa la soluzione per ridare soldi a famiglie e impreseFoto Infophoto

Alla fine del mese di gennaio, la Borsa aveva ricominciato a riprendersi e lo spread era sceso, fino ad arrivare sotto quota 300 punti base. Nessuno, con un minimo di buon senso, pensava che tutto fosse risolto e che ci si avviasse lentamente verso l'uscita di questa crisi. La ritrovata credibilità dell’Italia a livello internazionale, dovuta indubbiamente all’azione del “governo dei tecnici”, ha soprattutto un effetto psicologico. L’economia e la finanza vivono anche, ma non solamente, di questo. Il problema è che i fondamentali dell'economia italiana sono buoni, anche rispetto a quelli di molti altri Paesi, ma la crisi li sta mettendo a dura prova. La pressione fiscale è alta, la disoccupazione è in aumento, le imprese sono in difficoltà e la crescita non riesce proprio a vedere se non qualche accenno che in questo momento non fa “primavera”. Graziano Tarantini, Presidente di Banca Akros, guarda con molto realismo alla situazione e traccia un quadro complesso, dove sono necessarie sia azioni immediate che interventi a medio termine.

La Borsa, dopo un mini rally, è tornata ai livelli di gennaio. Lo spread, dopo essere sceso sotto i 300 punti, è ora tornato a 380. Come si può spiegare tutto questo dopo la manovra del Governo e la ripresa di credibilità internazionale del nostro Paese?

Non c’è poi tanto da stupirsi. Alla fine, la nostra Borsa riflette la situazione del Paese. Se non si riprendono i fondamentali della nostra economia, accade il ritorno ai valori che esprimeva due mesi fa. Bisogna pur prendere coscienza di un fatto incontestabile: se non ricominciamo a crescere non si può pensare di uscire da questa crisi. Si possono trovare delle soluzioni tampone, si possono sistemare i conti per un certo periodo, ma restano poi i problemi di fondo. Da almeno cinque anni l’Italia non cresce più.

C’è sempre la necessità di grandi riforme strutturali, che non si vedono all’orizzonte e che forse sarebbero più che mai necessarie.

Il problema delle grandi riforme strutturali esiste, ma se anche si approntassero, gli effetti si vedrebbero sul medio-lungo periodo. Grandi riforme strutturali non sono in grado di risolvere problemi immediati che abbiamo di fronte.

Di quali problemi si tratta?

C’è una questione che riguarda l’intera Europa. Senza una riforma di livello europeo, io non ho molto certezze sul futuro. Guardo al dibattito nelle elezioni francesi e mi sembra di sentire discorsi ottocenteschi. questo è molto preoccupante. Ma c’è poi il problema che dobbiamo 
affrontare noi italiani, soprattutto le nostre imprese. 

Quale?

Devono produrre mentre è in atto la cosiddetta stretta del credito, il cosiddetto credit crunch. Le banche raccolgono poco (c’è stato un lieve aumento), devono soddisfare i parametri che gli sono stati imposti dall’Eba e cercano di difendere il loro patrimonio. Tutto questo rende difficoltoso il credito alle imprese.

Quindi quello che è stato fatto dal “governo dei tecnici” di Mario Monti si sta rivelando insufficiente.

Un momento: al punto in cui eravamo arrivati, la manovra del “governo dei tecnici” era inevitabile. Il recupero dell’immagine internazionale dell’Italia è stato utile. Forse in quel momento non c’erano altre scelte. Ma poi, ripeto, problemi che già esistevano, sono riemersi, si sono ripresentati.

Il problema principale è quindi di nuovo quello della liquidità delle banche, per permettere che siano in condizione di assicurare credito alle imprese?

È questo il nodo centrale. In sede europea si poteva la questione dei coefficienti patrimoniali imposti dall’Eba, differenziando i parametri richiesti fra le banche commerciali e quelle di investimento. Sarebbe già stato un passo avanti.

E poi?

C’è il nodo delle banche italiane che non riescono al momento ad assicurare credito necessario alle imprese. Scarsa liquidità, difesa del loro interesse, poca raccolta. Anche l’emissione di nuove obbligazioni sarebbe troppo onerosa. A questo punto si potrebbe pensare di facilitare la cartolarizzazione dei crediti delle banche con la garanzia dello Stato. È un’operazione che si fa negli Stati Uniti. Questo permetterebbe alle banche di ricominciare a erogare credito alle imprese e alle famiglie.

Rispetto alla situazione che stiamo vivendo, lei è ottimista o pessimista?

Si continua ad alimentare un’immagine degli italiani, soprattutto all’estero, di un popolo di evasori. Al contrario occorre partire da una considerazione: quella degli italiani che rispondono sottoscrivendo i titoli di Stato, come si è visto con i Btp Italia. Quando penso a questo divento ottimista.

Perché Monti non piace più ai mercati?


 Perché Monti non piace più ai mercati?

mercoledì 11 aprile 2012
CROLLO BORSA/ 2. Perché Monti non piace più ai mercati?Infophoto
La giornata finanziaria di ieri ha dato segnali decisamente inquietanti; quelli più evidenti sono l’incredibile -5% della borsa italiana e il netto peggioramento dello spread Btp-Bund che ha perso più di 30 punti riportandosi oltre quota 400 a livelli che non si vedevano da fine gennaio; quelli meno evidenti ma, se possibile, ancora più preoccupanti sono il rendimento del decennale americano sceso durante la giornata sotto il 2% e il cambio euro-franco svizzero che ha visto scambi sotto la quota difesa dalla banca centrale elvetica di 1,20. Ciò che colpisce è che questo sia avvenuto solamente a poco più di un mese dall’ingente immissione di liquidità a tre anni della Bce; il tema dominante è stato la ricerca del rifugio sicuro a qualsiasi prezzo e la fuga disordinata da tutto quello che viene percepito come incerto indipendetemente dal rendimento.
L’intervento della Bce che doveva risolvere la crisi dei debiti sovrani dei paesi periferici è passato da poco più di un mese e l’effetto sembra già abbondamente finito; ai primi segnali di indebolimento dei dati macroeconomici americani, dopo l’inverno più caldo di sempre che ha inciso positivamente sulle statistiche in modo anomalo, dopo qualche scricchiolio dell’economia cinese, dopo due notizie negative sulle aste spagnole e italiane il mercato è tornato a vendere come e più di prima.
Quello che emerge in modo netto è che qualsiasi soluzione sia stata via via attuata negli ultimi mesi non viene in nessun modo ritenuta dal mercato una “soluzione”, altrimenti giornate come quelle di ieri non avrebbero spiegazioni possibili. Il prossimo intervento risolutivo potrebbe diventare una nuova iniezione di liquidità sui mercati, questa volta dopo la Bce è il turno della Fed, ma sinceramente la durata dell’ultima dose non lascia grandi speranze.
Con le stime di crescita che continuano a essere riviste al ribasso, la montagna di debiti, presente in varie forme private o statali, a tutte le latitudini, sembra sempre più difficile da scalare. Che non si sia trovata una soluzione alla crisi del debito in Europa è poi abbastanza palese con differenze sul costo del debito all’interno dell’area euro estremamente marcate in una situazione in cui, nonostante tutto, un greco può ancora andare con i risparmi a New York a comprare con lo stesso sconto di un tedesco.
Il mito delle soluzioni “tecniche” condite da qualche consiglio amorevole di commissioni e fondi internazionali è decisamente appannato. Il caso greco è lì da vedere: con il Pil in picchiata, la disoccupazione ai massimi di sempre e con il Paese commissariato dall’Europa nessuno crede che si riuscirà a ripagare il nuovo debito che pure è stato tagliato. La ricetta di tasse e riforme, magari fatte male in fretta e furia per accontentare i mercati e i partner europei che pensano innanzitutto a salvare se stessi e le loro banche, non sembra funzionare. Il caso italiano è abbastanza emblematico: dopo la riforma delle pensioni, l’aumento delle accise sulla benzina, l’aumento dell’Iva, una riforma del lavoro che lascia più di una perplessità, lo spread è peggiorato di cento punti in meno di dieci giorni con il Pil in calo.
C’è almeno un altro aspetto che merita di essere sottolineato. La percezione che i rischi siano ancora tanti e ultimamente imponderabili deriva anche dalla stessa finanza. L’ultimo caso che ben esemplifica la situazione è relativo a un singolo trader di Jp Morgan (Bruno Iksil) che avrebbe accumulato una posizione per circa 100 miliardi di dollari sul mercato dei cds al punto tale da influenzare gli indici con la propria operatività. Il singolo fatto rende bene l’idea di come sia “cambiata” la finanza dopo il fallimento di Lehman e soprattutto di quali siano i rischi intrinseci nel sistema.
Il livello del dibattito attuale non aiuta gli ottimisti, soprattutto in Europa, che sembra sempre di più perdente sullo scenario globale, nonostante le palesi difficoltà di Cina e Stati Uniti. La crisi greca è diventata portoghese e sta passando a Italia e Spagna con conseguenze imponderabili prima sulla Francia e alla fine anche sulla Germania e sull’euro.
In Italia a breve ci attendiamo proposte di privatizzazione di alcune delle ultime partecipazioni statali che purtroppo investono ancora in Italia e sono strategiche per la politica energetica di un Paese che non ha petrolio, gas e ha consapevolmente scelto di rinunciare per sempre al nucleare. Contemporaneamente arriverà il turno del sistema finanziario così obsoleto e antiquato e che quindi si deve aprire alla superiore governance e competenza estera. Cosa possa essere proposto dopo per accontentare mercati e partner europei è una domanda lecita.
Nessuno si sogna di poter evitare riforme e riduzione della spesa pubblica improduttiva oltre che degli sprechi, ma pensare di tirarsi fuori da questa situazione solo con le ricette tecniche, tanto più in uno scenario in cui ognuno bada a salvare se stesso, è un peccato di ingenuità incredibile; sempre ammesso poi che esistano ricette tecniche neutre, valide sempre e comunque dalla Finlandia alla Grecia e che non riflettano sempre una certa idea di economia e società.
Sarebbe ora, e non è mai troppo tardi, per qualche idea sullo sviluppo, sulla crescita e su cosa voglia essere l’Italia nel mercato mondiale. Se il metro per tutto è il mercato, sotto forma di spread, sia a gennaio che ad aprile allora il giudizio non è buono. Accontentare i “mercati” e “l’Europa” come unico scopo da perseguire acriticamente è un mestiere rischioso anche perché il caso greco è ormai perfettamente noto. 

TERREMOTO INDONESIA/ L'esperto: lo tsunami? Ecco come non farsi cogliere di sorpresa come nel 2004


TERREMOTO INDONESIA/ L'esperto: lo tsunami? Ecco come non farsi cogliere di sorpresa come nel 2004

mercoledì 11 aprile 2012
TERREMOTO INDONESIA/ L'esperto: lo tsunami? Ecco come non farsi cogliere di sorpresa come nel 2004Foto: InfoPhoto

TERREMOTO IN INDONESIA, L'ESPERTO: COME EVITARE IL PERICOLO TSUNAMI - La televisione indonesiana sta trasmettendo in queste ore le immagini girate subito dopo la forte scossa di terremoto di 8.7 gradi sulla scala Richter registrata al largo della costa sud-occidentale dell’isola di Sumatra, in Indonesia: la gente lascia le abitazioni e si riversa in strada in preda al panico, correndo disperata verso le montagne in cerca di un luogo sicuro. Il terremoto è avvenuto alle 10.38, ora italiana, praticamente nella stessa zona in cui avvenne il tragico sisma del 2004, di 9,1 gradi, che provocò in totale quasi 230 mila vittime. L’epicentro del terremoto di oggi è stato localizzato a una profondità di 33 chilometri, lungo la fascia di subduzione della placca indo-australiana sotto quella asiatica. A differenza di quanto accadde nel 2004, secondo quanto riferiscono gli esperti, lo spostamento sarebbe stato più orizzontale che verticale. «Quando un grande terremoto si genera in mare c’è sempre la forte preoccupazione che possa crearsi uno tsunami, però non è detto che questo accada», spiega in questa intervista per IlSussidiario.net il professor Nevio Zitellini, dell'Istituto di Scienze Marine del CNR (ISMAR) ed esperto di tsunami. «Quindi normalmente delle agenzie come il Pacific Tsunami Warning Center (PTWC), gestito dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) cominciano a lanciare il cosiddetto “warning”, un allarme che viene diramato nel momento in cui si verifica il terremoto. Dopo di che bisogna stabilire se lo tsunami si è effettivamente generato, cosa che ancora non è possibile fare con precisione». Dagli ultimi aggiornamenti riguardo il forte sisma di oggi, sembra che l’allarme stia lentamente rientrando, nonostante un debole tsunami si sia effettivamente generato. Sembra infatti che alcune onde arrivate sulle spiagge di Sumatra siano alte appena diciassette centimetri. «Quello che si è cercato di fare dopo il tragico evento del 2004 – continua a spiegarci Zitellini - è stato posizionare delle boe per rilevare la generazione di uno tsunami: in mare aperto l’onda di uno tsunami risulta molto bassa, dell’ordine della decina di centimetri, quindi spesso ci si può accorgere della sua esistenza. L’onda invece si alza e diventa pericolosa solo quando si avvicina alla costa, così dopo la forte scossa di terremoto, si attende che un’onda passi su queste boe che sono state disseminate nella zona. Il NOAA ha fatto sapere attraverso l’ultimo bollettino che uno tsunami si è generato, anche se probabilmente non fa parte di uno di quelli devastanti. Come detto, si comincia dal “warning”, cioè il livello più basso di pericolo, che poi in base a quanto rilevato viene confermato o cancellato. In questo caso il livello si è spostato di un grado, quindi sempre un livello basso, ma hanno comunque fatto sapere che uno tsunami si è generato». 
Ma come nasce uno tsunami e cosa invece ancora non è chiaro? Il professor Zitellini ci spiega che ad oggi «sono chiare le modalità con cui si genera uno tsunami: dopo un forte terremoto avviene uno spostamento del fondo, che si solleva o si abbassa repentinamente spostando tutta la colonna d’acqua. Questo chiaramente destabilizza tutto l’equilibrio gravitazionale e in questo modo nasce un’onda che si propaga in tutte le direzioni. Questa è la ragione principale, ma quello che non si riesce a stabilire con chiarezza è perché molte volte, a seguito di un grande terremoto, non si generi uno tsunami. Le informazioni riguardanti il terremoto non sono quindi ancora sufficienti a stabilire con certezza la creazione di uno tsunami, ma è necessario aspettare che un’onda passi su uno dei sensori e avverta che lo tsunami si è effettivamente creato». Dopo che l’allarme tsunami è stato lanciato dalle agenzie competenti e dalle autorità locali, c’è praticamente solo una cosa da fare: «Bisogna semplicemente allontanarsi dalla costa. Può sembrare banale, ma in particolare chi abita vicino alla zona costiera deve allontanarsi il più possibile, mentre per edifici e manufatti non c’è niente da fare: bisogna lasciarli lì e allontanarsi immediatamente».  

Caro Monti


Caro Monti
tu che sei un professore ,perche' stai operando come se fossi una persona normale??in inghilterra ,impara stanno effettuando delle manovre utili alla crescita.
Come ti stai muovendo è solo per suicidarsi secondo le regole della germania, grazie professore stai immolando un popolo ,e le sue industrie, per fare un favore ai sassoni.
La vuoi capire che dalla crisi si esce in un'altro modo??minaccia di uscire dall'europa per stampare piu' lire,cosi' compreremo e compreranno  i prodotti italiani che saranno concorrenziali e piu' vantaggiosi di quelli tedeschi.
La vuoi capire che alla germania conviene stare  in europa per sfruttare l'euro e i paesi piu' deboli!!
La vuoi capire che in questa maniera ci affami,  e rischiamo,come dice Di Pietro ,la rivoluzione ???
Spero che ti dai una mossa


un cittadino italiano europeo e non globale

Lorenzo Jovanotti e i fondi raccolti con la canzone Domani in favore delle zone colpite dal terremoto in Abruzzo


Lorenzo Jovanotti e i fondi raccolti con la canzone Domani in favore delle zone colpite dal terremoto in Abruzzo


A tre anni dal violento sisma che scosse l'Abruzzo il 6 aprile del 2009, resta ancora tanto da fare. In quella tragica occasione furono in molti a organizzare raccolte fondi e a mobilitarsi per offire un aiuto concreto alle vittime del terremoto. Ma dove sono finiti i fondi e perché i lavori proseguono a rilento?
Il 21 aprile 2009, a due settimane dal terremoto, 56 artisti italiani parteciparono a un'iniziativa corale senza precedenti e con la vendita del cd Domani raccolsero quasi 1,2 milioni di euro. I fondi, versati dall'allora ministro Sandro Bondi su un conto corrente intestato al Mibac, vennero destinati alla ricostruzione del Conservatorio Alfredo Casella e in piccola parte (69.000 euro) a quella del Teatro comunale. In questo secondo caso i lavori sono cominciati, contando sulla raccolta di Bruno Vespa tramite Porta a Porta (1,6 milioni), ma la maggior parte dei fondi, quelli per la ricostruzione del Conservatorio, restavano inutilizzati. 
A smuovere la situazione è stato un tweet di Lorenzo Jovanotti, promotore dell'iniziativa, che dal sito di microblogging ha chiesto conto al ministro Barca sulla situazione dei fondi raccolti in quell'occasione:
"L'incasso di "Domani" (diritti d'autore compresi) - ha scritto - è in un conto del Ministero della Cultura, non manca nemmeno un euro, manca la politica" @lorenzojova
Da lì è cominciato il tam tam che ha coinvolto anche il ministro Fabrizio Barca, delegato alla Ricostruzione:
"sarebbe bello se il ministro Fabrizio Barca, che ha la delega per la ricostruzione, ci dicesse dove sono finitii soldi raccolti con la canzone Domani che aveva visto riunite praticamente tutte le star della musica italiana in un grande momento di solidarietà", aveva chiesto Jovanotti
La risposta non tarda ad arrivare: il ministro, in visita all'Aquila nel giorno del terzo anniversario del terremoto, dà finalmente la risposta che in tanti aspettano: la somma ammonta a poco più di un milione di euro, ed è sempre rimasta al ministero dei Beni Culturali.
Come riporta Repubblica:
"se i cantanti accetteranno di cambiare le destinazione, rinunciando al restauro del Conservatorio Casella per concentrarsi su un teatro, saranno subito sbloccati. I cantanti diranno sì: già due anni fa lo stesso Jovanotti scrisse una lettera aperta all'allora ministro Bondi chiedendogli di utilizzarli su un progetto diverso visto che quello prescelto si era rivelato troppo complesso. Non ebbe nessuna risposta e questa vicenda dei soldi di Domani è diventata il simbolo della gestione opaca delle donazioni per l'Abruzzo".

Finanziamenti militari a progetti hacker, la comunità Usa si divide

Finanziamenti militari a progetti hacker, la comunità Usa si divide
© MICHAL CIZEK/AFP

Non è una novità il fatto che negli Usa il Pentagono si affidi alla capacità della comunità hacker per sviluppare nuovi sistemi avanzati di difesa. La notizia è che adesso questa collaborazione - considerata un tradimento dei principi posti alla base della filosofia dei pirati della conoscenza - comincia a suscitare lo sdegno di personaggi chiave coinvolti nella vicenda.
A far storcere il naso questa volta è il finanziamento concesso dalla Darpa (un'agenzia che si occupa delle nuove tecnologie applicate alla sicurezza) alla Maker Faire, l'annuale fiera del mondo hacker e Do it yourselfcapace di attirare decine di migliaia di appassionati da tutto il mondo. Quella messa in palio dalla Darpa è una sorta di borsa di studio, pensata per stimolare le capacità dei giovani smanettoni alle prese con la messa a punto di nuovi strumenti attraverso pratiche di produzione collaborative, all'interno di un progetto più ampio che ha "l'obiettivo di rivoluzionare il modo con cui i sistemi di difesa ed i veicoli sono concepiti". Se l'agenzia si trincera dietro termini vaghi, quello che è certo è che non tutti vedono di buon occhio questa deriva istituzionale del movimento. 
Mitch Altman, guru della comunità hacker statunitense, ha annunciato che non prenderà parte alla Maker Faire 2012 fintanto che la collaborazione con Darpa continuerà. La decisione riflette la volontà di Altman di restare fedele alle origini di un movimento radicale, politicizzato e militante, che difficilmente può giustificare il lavorare fianco a fianco ad un'agenzia inquadrata nel comparto industriale-militare. Del parere opposto è invece un'altra figura importante del panorama hacker, il direttore del magazine Make e della Maker FaireDale Dougherty. Secondo lui ogni tipo di collaborazione, soprattutto quelle che si traducono in finanziamenti concreti, sono ben accette anche se provengono da soggetti legati al mondo militare. Il fine giustificherebbe i mezzi insomma.
In ogni caso la vicenda è complessa, e questi non sono che gli inizi. Nuovi sviluppi potrebbero arrivare il prossimo luglio in occasione di HOPE #9, la conferenza hacker che si terrà a New York nel luglio prossimo. Per l'evento Altman ha un'idea ambiziosa, quella di chiamare a testimoniare Mudge, un ex hacker passato proprio tra le fila della Darpa.

Crisi: spread apre a 400 punti


Crisi: spread apre a 400 punti

Rendimento decennale al 5,73%

11 aprile, 08:16
Crisi: spread apre a 400 punti(ANSA) - ROMA, 11 APR - Sempre tensione sui titoli di stato decennali italiani che aprono la giornata a 400 punti. Ieri il differenziale aveva chiuso a 404 punti con un rendimento del 5,68%. Per la Spagna lo spread apre a 428 punti.
Caro Monti
tu che sei un professore ,perche' stai operando come se fossi una persona normale??in inghilterra ,impara stanno effettuando delle manovre utili alla crescita.
Come ti stai muovendo è solo per suicidarsi secondo le regole della germania, grazie professore stai immolando un popolo ,e le sue industrie, per fare un favore dei sassoni.
La vuoi capire che dalla crisi si esce in un'altro modo??minaccia di uscire dall'europa per stampare piu' lire,cosi' compreremo i prodotti italiani
La vuoi capire che alla germania conviene che stiamo in europa per sfruttare l'euro??
La vuoi capire che in questa maniera ci affami???
Spero che ti dai una mossa

Tensione sui mercati, attesa per asta dei Bot


Tensione sui mercati, attesa per asta dei Bot

Ieri giornata nera per le Borse con Milano a picco -4,98%. Torna a volare lo spread Btp-Bund

11 aprile, 07:59

Tensione sui mercati, attesa per asta dei Bot
Si apre con un 'martedi' nero per l'Europa, Italia e Spagna in testa, la ripresa dopo le ferie pasquali. La borsa di Milano, maglia nera d'Europa trascinata giù dal tracollo dei bancari, ha chiuso con -4,98%, mentre lo spread dei Btp italiani tornato per la prima volta in due mesi sopra i 400 punti base, fra paure di un effetto contagio da Madrid e timori per le aste di questa settimana. Per le borse d'Europa è un tracollo, fra nuove paure per la crisi del debito e occupazione al palo negli Usa.

Occhi puntati quindi sull'Italia, dopo l'asta spagnola non esaltante della scorsa settimana. Oggi il Tesoro offre 11 miliardi di Bot a tre mesi e un anno. Domani - giornata più critica - sono in asta i Btp, in particolare il tre anni marzo 2015 che ieri offriva il 3,909% contro il 2,76% risultato all'asta del mese scorso: un rialzo che, se confermato oggi, indicherebbe una spiacevole inversione di tendenza
.

Passera convoca Abi e imprese,dovra' iniziare a pensare come fare a sanare tutti i morti dopo la crisi. gli iscritti alla crif e centrale rischi


Crisi: Passera convoca Abi e imprese

Incontro prossima settimana, anche crescita su tavolo

10 aprile, 20:22
Crisi: Passera convoca Abi e imprese(ANSA) - ROMA, 10 APR - Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, a quanto si apprende, convochera' la prossima settimana l'Abi e le principali associazioni di categoria per fare il punto sulle misure per la crescita economica e per affrontare le problematiche relative all'accesso al credito.

Lega/il pianto del coccodrillo


Rosy Mauro: 'Non lascio'. Maroni: 'La dimetteremo noi'

Il Senatur a Bergamo: 'Uniti non scompariremo'. L'ex ministro: 'Il Congresso si fara' a giugno'

11 aprile, 07:57
La commozione di Umberto Bossi La commozione di Umberto Bossi
Rosy Mauro: 'Non lascio'. Maroni: 'La dimetteremo noi'

"Non vedo perché dovrei dimettermi". Rosi Mauro, la 'pasionaria' padana dai natali pugliesi, non si smentisce. E in barba alle pressioni dello stesso Umberto Bossi, non abbandona lo scranno di vicepresidente del Senato. Almeno, non ancora. Perché da lì vuole difendere la sua verità: "Non ho mai preso un euro", dice 'la Rosi', che "per la prima volta" dice 'no' al Senatur e non fa l'invocato passo indietro. Ma Roberto Maroni è categorico: "Ci penserà la Lega a dimetterla". Le poche righe della lettera di dimissioni, raccontano in ambienti della Lega, fin dal mattino sono scritte e pronte per essere inviate al presidente Schifani.
L'annuncio è atteso. Il triumvirato Calderoli-Maroni-Dal Lago che adesso regge il partito, sollecita "ufficialmente" il passo indietro. 'La Rosi' sente al telefono Umberto Bossi e con lui lamenta accuse infondate e un vero accerchiamento mediatico. Il Senatur, racconta anche Maroni, le chiede comunque di lasciare. Ma Mauro spiazza tutti. Osa sottrarsi a quell'uscita di scena toccata pure a Renzo, figlio del 'capo'. E annuncia: "Non mi dimetto. Ho tutti gli elementi per difendermi e lo farò anche nell'Aula del Senato. Ho parlato con Bossi e la Dal Lago. Mi dicono che per opportunità politica dovrei dimettermi. Ma per la prima volta - racconta - ho detto no a Bossi". Si sente accerchiata, la senatrice del Carroccio. "Come se mi avessero messo in croce...", confessa a Porta a Porta. "Io non ho fatto niente di male, di illegale. Non vedo perché mi dovrei dimettere per dimostrarlo".
Ma come, obietta Vespa, anche Bossi e suo figlio si sono fatti da parte... "Ognuno fa ciò che si sente", replica Mauro. "Mi costa molto dire no al partito", assicura. E si fa sfuggire qualche lacrima. Lei, la dura che Bossi volle alla testa del sindacato padano e poi al suo fianco (fino a guadagnarle i galloni di 'badante') per l'irruenza e la voce tonante ("A un'assemblea di tranvieri - racconta il primo incontro il Senatur - stà ragazzetta sale su un tavolo e urla mettendo tutti a tacere..."). Eccola, dunque, l'autodifesa, recitata davanti alle telecamere. "La Lega non mi ha mai dato un euro". I soldi di cui si parla erano "donazioni del partito al Sindacato padano". Ma "tutti lo sapevano, anche Bossi, perché non c'era niente di illegale".
E i "29 mila franchi alla nera", citati nelle intercettazioni? Mauro, che nel Carroccio ha anche il nomignolo di 'nera', assicura: "Non sono io: è l'infermiera svizzera di Bossi". E la laurea comprata con soldi del partito? "Ero asina a scuola, non mi ha mai neppure sfiorato l'idea di iscrivermi a una università. Posso escluderlo anche per il mio caposcorta, Paolo Moscagiuro", che "non è il mio compagno".
Ma all'autodifesa della Rosi sembrano sordi leghisti e avversari politici. Da Bergamo, dove i 'barbari sognanti' si preparano ad accogliere Bossi e Maroni, si levano gli slogan furenti: "Chi non salta Rosi Mauro è", "Badante puttana lo hai fatto per la grana". Molto più istituzionali, ma altrettanto dure, le reazioni di Pd e Idv (mentre il Pdl fa registrare un imbarazzato silenzio). Domani mattina la capogruppo democrat Anna Finocchiaro solleverà in Aula la questione delle dimissioni. E il partito di Di Pietro, annuncia il capogruppo Felice Belisario, uscirà dall'emiciclo ogni volta che Mauro presiederà.
E' sola contro tutti, 'la Rosi'. Lo 'ufficializza' il triumviro Calderoli: se non si dimetterà, anche in extremis, "il movimento dovrà assumere decisioni nei suoi confronti". Dal palco dell'orgoglio leghista di Bergamo Maroni (Bossi è a pochi metri, ma non fa cenno alla vicenda) tuona: "Mi spiace non abbia accolto la richiesta. Ci penserà la Lega a dimetterla". Ma dalle barricate la 'pasionaria' non scende: "Prima voglio difendermi. Faccio a modo mio"
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Addio Mr Commodore 64: è morto Jack Tramie


Addio Mr Commodore 64: è morto Jack Tramiel

Ebreo polacco sopravvissuto ad Auschwitz, inventò il celebre computer (oltre al Vic 20 e al 128). E ne vendette a milioni 

Tramiel e la sua celebre creaturaTramiel e la sua celebre creatura
MILANO - Quella tastiera squadrata e quello schermo viola, hanno segnato l'infanzia di tantissimi italiani tra i 35 e i 45. Oltre ad aver alfabetizzato all'informatica milioni di persone in tutto il resto del mondo. Già, il Commodore 64, il leggendario e monolitico computer (ma anche il cugino Vic 20 e il concorrente Atari) non esisterebbero se non li avesse inventati Jack Tramiel. Che se ne è andato, domenica sera, all'età di 83 anni.
LA COMMODORE INC. - Figlio di ebrei polacchi, sopravvissuto ad Auschwitz, Tramiel emigrò negli Usa all'inseguimento di un sogno. Come tanti che poi avrebbero sfondato nell'informatica, iniziò anche lui con le macchine da scrivere. Prima facendo manutenzione per l'esercito americano, poi mettendosi in proprio e fondando appunto la Commodore Inc. Leggenda vuole che la chiamasse così perchè innamorato del gergo militaresco. E perché admiral coronel erano già stati presi da altre società.
INVASE IL PIANETA- Tramiel passò poi alla vendita di calcolatori elettronici e, con l'aiuto di valenti tecnici, lanciò all'inizio degli anni'80 prima il Vic 20, poi il Commodore 64 e infine il 128. Abbassando i prezzi e popolarizzando il computer per tutti, quando i contemporanei Pc e Mac erano fuori portata, la Commodore invase il pianeta. Ma con questa politica aggressiva spinse forse troppo l'acceleratore Tramiel, litigò con i soci e mollò l'azienda per passare alla nemica Atari, nel 1984. Poi il lento declino di questa generazione di computer coincise con il declino personale di Tramiel, mentre il testimone della missione telematica veniva trasmesso definitivamente a Microsoft e Apple. Ma se non ci fosse stato lui, con quella tastiera squadrata e quello schermo viola....