giovedì 11 aprile 2013

Margaret Thatcher? «Privatizziamo il suo funerale. Lo mettiamo sul mercato e accettiamo l’offerta più economica. È quello che avrebbe voluto»


Inferno Europa: l’infame Margaret Thatcher è ancora viva

Il modo migliore per onorare Margaret Thatcher? «Privatizziamo il suo funerale. Lo mettiamo sul mercato e accettiamo l’offerta più economica. È quello che avrebbe voluto», dice il regista inglese Ken Loach, autore nel 1984 del drammatico documentario “Wich side are you on”, che racconta lo sciopero dei minatori britannici durante il quale il grande capitale internazionale fece leva sul governo conservatore per scatenare una crudele campagna di violenza e odio contro la classe operaia d’Oltremanica. Al pari di Ronald Reagan, la Lady di Ferro che oggi l’aristocraziapolitica europea piange fu inflessibile nell’applicazione dei dettami più brutali dell’ideologia neoliberista, la stessa che orientò le grandi scelte antipopolari del falso riformista francese Mitterrand e degli altri “padri” dell’attuale Europa del rigore, che la crisi trasforma in una sorta di macelleria sociale permanente.

La Crisi

Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.

La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi.
La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura.
E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere 'superato'.

Luxottica: le banche ci aiutino a creare lavoro, non finanza


Luxottica: le banche ci aiutino a creare lavoro, non finanza


Le banche? «Hanno perso la testa», gettandosi nella finanza: cercano soldi facili, trascurando il credito alle imprese, e così il paese va a picco. Parola di Leonardo Del Vecchio, l’ultimo grande imprenditore italiano, patron dell’impero Luxottica. Cominciò a 27 anni, in un capannone vicino a Belluno offertogli dalla Regione per far lavorare disoccupati provenienti dalle montagne. Oggi è presente in 132 paesi, ha oltre 75.000 dipendenti di cui 62.000 in Italia. Mai uno sciopero, né una protesta. «La discussione sull’articolo 18? Fuorviante: dei miei dipendenti nessuno rischia il licenziamento, se sei un vero imprenditore il tuo sogno non è licenziare, ma assumere». Del Vecchio produce lenti per occhiali e le vende in tutto il mondo. Tra i suoi clienti più famosi la polizia stradale della California, i celeberrimi “Chips”, e marchi come Christian Dior e Yves Saint Laurent. Di più: a comprare prodotti Luxottica è anche l’esercito cinese. Incredibile ma vero: Del Vecchio produce in Italia e vende in Cina.
«E’ il nostro fiore all’occhiello», rivela Sergio Di Cori Modigliani nel suo blog, in un commento ripreso da “Informare per Resistere”. Luxottica «è forse Leonardo Del Vecchiol’unica grande azienda italiana, leader planetario nel suo specifico settore merceologico, ad essere virtuosa, solida, in espansione». Unico titolo italiano positivo in Borsa nel 2012, più 32%. Fatturato: intorno ai 7 miliardi di euro, il 13% in più rispetto all’anno precedente. La storia di questa fabbrica, «nata nel 1961 ad Agordo dentro un garage», è oggi studiata come modello nei corsi di management di Harvard, esempio classico di “miracolo italiano” che coniuga impresa, creatività e rischio con una ricerca accurata del design, del gusto e del dettaglio che nasce dalla tradizione artigiana locale. Poco noto in Italia, il milanese Del Vecchio, classe 1935, è una specie di mito negli Usa, in Gran Bretagna e in Cina. Di famiglia poverissima, finì all’orfanotrofio ma riuscì a seguire i corsi serali dell’accademia di Brera e cominciò come semplice operaio. Oggi, mezzo secolo dopo, non ha cambiato idea: «Non investiamo neppure un euronella finanza, perché noi sappiamo come produrre e come inventare mercato, avendo come fine la ricchezza collettiva della comunità, altrimenti questo lavoro non avrebbe senso».
Sempre lontano dalla politica, inutilmente corteggiato da destra e sinistra, si è confidato con Daniele Manca del “Corriere della Sera”: «Basta con i manager mitomani finanzieri». Un’intervista esplosiva, osserva Di Cori Modigliani, «volutamente passata sotto silenzio e rimasta priva del dibattito che avrebbe meritato». Del Vecchio è sceso in campo andando all’attacco del cuore della finanza italiana, dopo essersi dimesso dal Cda delle Generali, di cui è stato grande azionista, così come di Unicredit. Un clamoroso atto d’accusa: «La mia è una protesta contro il management imprenditoriale di questo paese, composto da individui superficiali che non sanno nulla del loro lavoro, sono semplici contabili mitomani». Il vero problema? «Quando da assicuratori si vuole diventare finanzieri comprando le più disparate partecipazioni senza comunicare nulla ai propri azionisti, non si fa un buon servizio né per l’azienda, né per gli azionisti, né per il paese. Mentre questo è un periodo in cui ciascuno dovrebbe fare il proprio dovere, ovverossia: fare ciò che sa fare. E chi crede che lo spread sia domato, si sbaglia di grosso. Basta un nulla per farlo schizzare a 600 e mandare la nazione a picco. E’ ciò Chipsche stanno facendo gli imprenditori italiani, le banche e i colossi assicurativi, perché insistono nell’investire nella finanza: il rischio è alto ed estremo».
«Il problema dell’Italia nasce quando si vuole fare finanza». Ovvero: «Quando, le aziende, usando i soldi degli investitori e soprattutto dei risparmiatori, comprano un pezzettino di Telecom, e un pezzetto di una banca russa; si mettono a repentaglio ben due miliardi di euro – come nel caso delle assicurazioni Generali – alleandosi con il finanziere ceco Kellner e ci si impegna con la Citylife in una percentuale che nessun immobiliarista al mondo avrebbe mai accettato, com’è avvenuto nel 2009 quando hanno investito 800 milioni in fondi di investimento greci». Miliardi di euro andati in fumo: «Erano soldi di imprenditori italiani che avevano investito con l’idea di poter poi spostare i profitti nel mercato del lavoro per tirar su imprese e creare lavoro». E i manager responsabili di questi atti perdenti – aggiunge Del Vecchio – sono stati tutti promossi e saldati con stipendi multimilionari: «Non si va da nessuna parte, così». Mesi e mesi di dibattito sull’articolo 18, nella “crociata” guidata da Marchionne? Falso problema: «Ogni imprenditore – parlo di quelli veri – ha come sogno autentico quello di assumere, non di licenziare. Il paese si rialza assumendo, non licenziando. E la colpa è delle banche».
Del Vecchio attacca la gestione inconcludente degli istituti di credito, affidati a «personale e personalità poco affidabili». Racconta la parabola di Alessandro Profumo, una favola con un brutto finale. «Finché Unicredit e le Generali facevano le banche andava bene, poi si sono buttati nella finanza e hanno perso la testa. Ho visto sotto i miei occhi trasformarsi Profumo. Partecipazioni, fusioni, investimenti a pioggia inutili e perdenti, con l’unico fine di agguantare soldi veloci e facili invece che produrre impresa, con l’unico risultato di ottenere perdite colossali e bonus di uscita per diverse decine di milioni di euro». Troppa disinvoltura: «Alle Generali l’amministratore delegato poteva disporre investimenti fino a 300 milioni di euro senza comunicare niente a nessuno. Lo stesso a Unicredit, Intesa SanPaolo, Mps. La verità è che nessuno sa dove vanno a finire quei soldi». Al contrario, Luxottica – che ogni anno investe 700 milioni – consulta ogni azionista prima di spendere un solo milione di euro: «Pretendiamo che siAlessandro Profumodiscuta dell’investimento e si ascolti l’opinione di tutti, compreso il rappresentante sindacale dei lavoratori, perché l’azienda è anche loro».
Se troppi imprenditori si sono “finanziarizzati” le stesse banche italiane hanno smesso di fare il loro mestiere: finanziare l’economia. Il patron di Luxottica ricorda come, senza il Credito Italiano, nel 1981 non sarebbe mai riuscito a sbarcare negli Usa: «Dissi che volevo iniziare acquistando Avantgarde, un marchio americano che sarebbe stato il cavallo di Troia, ma non avevo i soldi. Presentai il progetto, il business plan, il programma, i rischi». Dieci giorni dopo, la convocazione: la banca accettò. «Mi presentai negli Usa e mi ridevano in faccia. Dissero la cifra. Tirai fuori il libretto degli assegni e firmai senza neppure chiedere lo sconto di un dollaro». Un anno dopo aveva restituito alla banca tutto il capitale, compresi gli interessi, aveva aperto quattro nuovi stabilimenti e assunto 4.500 persone. «Questo deve fare una banca: o in Italia lo capiscono e si danno una smossa, oppure si rimane alle chiacchiere e si affonda».

cimitero-Italia creato dai criminali del rigore

Suicidi, il cimitero-Italia creato dai criminali del rigore


Romeo, Annamaria e Giuseppe si sono uccisi uno dopo l’altro a Civitanova Marche. Come per i morti sul lavoro, non c è alcuna tragica fatalità nella strage che ha visto autodistruggersi una intera famiglia di sessantenni. Fanno bene i dirigenti della Cgil Marche a rompere il solito velo di ipocrisia che copre questa e le altre tragedie che si susseguono. Questi tre poveri morti sono vittime delle controriforma Fornero delle pensioni. Si può dire tutto quello che si vuole, ma se il lavoratore non avesse subito quella terribile condizione di non avere né lavoro né pensione a 62 anni, una età per cui se perdi il lavoro per il mercato sei già morto. Se a questa sua condizione non si fosse sommata quella della pensione di fame della moglie, e se tutto questo non si collocasse nel massacro dell’austerità, non ci sarebbe stata la terribile catena di suicidi che oggi ci lascia una rabbia tanto profonda quanto impotente.
Quanti sono oramai gli omicidi dell’austerità nel nostro paese? Il disoccupato di Trapani che si è impiccato con in mano la Costituzione, Elsa Fornerol’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. O quello che si è dato fuoco davanti al Parlamento. O l’ultimo piccolo imprenditore strangolato dalle banche che non ce l’ ha fatta più. Quanta gente dovrà morire ancora, prima che si capisca che le politiche di austerità sono assassine? Abbiamo da poco commentato una ricerca della rivista medica “Lancet”, che ha misurato in Europa il rapporto tra tagli allo stato sociale e distruzione della salute dei cittadini. Ci sono le patologie e gli omicidi da austerità, come nella strage che colpisce il lavoro. Ma su questa almeno si aprono le inchieste e a volte, come alla Tyssen Krupp di Torino, ci sono persino condanne esemplari dei colpevoli.
Tuttavia, nonostante i processi, la strage del lavoro continua ed è proprio l’austerità che l’alimenta. Anche perché la strage di austerità non rientra nel codice. Come per chi oggi provoca le vittime di guerra, essa gode di una assoluzione preventiva, non ha responsabili né colpevoli. Quella della austerità è una guerra che i governi e le classi dirigenti conducono contro il proprio popolo. Una guerra umanitaria naturalmente, come tutte quelle che si fanno oggi. Una guerra con il supremo obiettivo di rendere nuovamente virtuosa e competitiva l’economia e che inevitabilmente provoca danni collaterali. Che tutti i potenti deprecano e condannano, salvo poi continuare esattamente come prima. Se si bombarda una città mirando alle opere militari, gli esperti sanno perfettamente calcolare quale sarà la percentualeGiorgio Cremaschiminima inevitabile di vittime civili.
Se, per mantenere quel pareggio di bilancio a cui ci siamo impiccati obbedendo ai diktat della Troika europea, si devono tagliare spese per il lavoro, per le pensioni e la sanità; se così si taglia, una percentuale definita di persone verrà brutalmente colpita nelle condizioni di vita, nella salute e nella dignità. E una parte di esse non potrà reggere alla disperazione. Si sa benissimo che accade e perché accade, ma si continua. Il codice ed il mercato assolvono preventivamente gli autori di questa criminalità economica. Come diceva Charlie Chaplin in Monsieur Verdoux, se uccidi una persona sei un assassino, un milione sei uno statista. Quanta gente ancora dovrà essere uccisa dalla austerità, prima che essa sia cancellata e condannata come socialmente e moralmente esecrabile e i suoi responsabili chiamati a risponderne?

Europa,cacciamo la Germania!!!

.Crisi: ride solo la Germania, che sta sfasciando l’Europa


Così forte, così fragile. Corsi e ricorsi storici: la Germania è tanto aggressiva e intransigente perché basa la sua potenza sul più incerto e rischioso dei mercati, quello dell’export, che secondo gli economisti democratici della Modern Money Theory produce ricchezza volatile al prezzo di fortissime compressioni salariali. Un regime in bilico, dominato dall’ansia commerciale? Non solo. Secondo Aldo Giannuli, la vastità dell’area germanica, estensibile all’Est, contribuisce a rafforzare la percezione di stabilità del paese, in proiezione pluriennale, anche qualora le economie del Mediterraneo – i “compratori” che hanno favorito il recente boom industriale tedesco – dovessero collassare sotto il ricatto finanziario dell’euro-rigore voluto dalla Merkel. In ogni caso, annota Gad Lerner, dalla grande crisi la Germania continua a guadagnare: i suoi “bund” costano sempre meno. Ma attenzione, c’è il trucco: è rimasto pubblico il controllo del capitale delle grandi banche di Berlino, che accedono all’euro a costi agevolati e, per prima cosa, acquistano titoli di Stato tedeschi.
L’eurocrisi non provoca solo perdite, scrive Lerner nel suo blog. Nell’unione monetaria c’è anche chi guadagna dalle inquietudini che scatenano le I tedeschi e il nazismoturbolenze dei mercati. «La Germania continua a trarne un profitto, visto che il costo del suo debito sta scendendo in modo costante da quando le elezioni politiche italiane hanno provocato una nuova ondata di difficoltà per l’unione monetaria, cristallizzatesi nella crisi di Cipro». I tassi di rendimento dei titoli di Stato di lungo periodo della Germania sono scesi ai valori più bassi degli ultimi otto mesi. «I timori per perdite significative sugli investimenti dei paesi in eurocrisi più a rischio tornano a spingere i capitali verso il lido più sicuro dell’unione monetaria, i titoli di Stato della Germania». I Bund, le obbligazioni decennali dalle quali viene calcolato anche lo spread, sono sempre più ricercati, e questo incremento di richieste – aggiunge Lerner – provoca l’abbassamento dei loro rendimenti, scesi ai livelli di fine agosto. Valori sempre più bassi, da otto mesi a questo parte, che testimoniano come la divergenza finanziaria dell’Eurozona, il vero problema di questacrisi, sia tornata a minacciare l’integrità dell’unione monetaria.
L’estate scorsa, aggiunge Lerner, la Bce aveva garantito per le finanze pubbliche dei paesi in crisi, convincendo così gli investitori sull’inutilità di scommettere sul fallimento dell’unione monetaria, ma l’ultimo mese è stato l’ennesimo campanello d’allarme sulla profondità dell’eurocrisi: prima il caos uscito dalle elezioni italiane, e poi il controverso salvataggio di Cipro hanno reso inquieti i mercati. Il ritorno in massa verso i Bund tedeschi sottolinea una situazione di tensione che potrebbe diventare alla lunga esplosiva: una divergenza così marcata del costo del debito tra i paesi membri rende insostenibile un’unione monetaria. E nel frattempo, Berlino continua ad accumulare vantaggio: «Come già si è verificato nel recente passato, la Germania guadagna dalle difficoltà altrui; il costo del suo debito scende, così da garantire al governo maggiori risorse. Allo stesso tempo il suo sistema creditizio ed il suo settore economico riescono a finanziarsi a costi più bassi», e non solo col contributo di investitori esterni. Come, esattamente? Lo spiega Pietro Cambi sul blog “Crisis”, di Debora Billi: “nascondendosi” dietro le sue grandi banche, il governo di Berlino accede Gad Lerneragli euro a costi bassissimi, quelli del settore bancario privato, per continuare a finanziare lo Stato. 
Sostanzialmente, è come se Berlino stesse barando: si avvantaggia a spese dei partner europei. Berlino, dice Cambi, ci impone lo spietato regime di austerity e il taglio della spesa pubblica, mentre – sottobanco – usa nientemeno che il proprio debito pubblico (quello che ci impedisce di utilizzare) per lucrare sulla nostra crisi, aggravandola e pilotandola attraverso il mercato finanziario dei titoli di Stato. La “virtuosa” Germania ricorre proprio alla vituperatafinanza pubblica per ricattare l’Italia e gli altri “Piigs”, grazie ad un semplice artificio bancario: «Se lo adottasse anche l’Italia, potrebbe abbattere di colpo gli interessi sul debito e tagliare lo spread dell’80%». Pochi lo ricordano, ma è tuttora largamente pubblico il controllo sul capitale delle maggiori banche tedesche, dalla Commerzbank alla Kwf. Soggetti di diritto privato, in base ai trattati europei accedono all’euro al tasso agevolato dello 0,75%. Ma la maggioranza azionaria, governativa, dirotta quel denaro verso il sostegno sistematico della finanza pubblica, attraverso l’acquisto massiccio di titoli di Stato.
All’Italia, sostiene Cambi, basterebbe “imitare” la Germania e, ad esempio, nazionalizzare una banca, magari in cattive acque come il Monte dei Paschi di Siena, usandola come veicolo – attraverso l’acquisizione facilitata di euro – per sostenere i titoli di Stato italiani e abbattere rapidamente lo spread, senza la necessità di sottostare ai diktat del rigore, quelli che impongono il “massacro sociale” aggravando ulteriormente la crisi. In regime pre-euro, la funzione di “prestatore di ultima istanza” era prerogativa di Bankitalia: anche oggi, se fosse autorizzata, la banca centrale potrebbe approvvigionarsi presso la Bce di liquidità ad un tasso privilegiato, come tutti gli istituti bancari privati europei: in questo modo, Bankitalia potrebbe «comprare i titoli di Stato italiani immessi sul mercato» e «spegnere immediatamente la febbre da spread». In concreto: gli interessi su Bot e Btp lo Stato li pagherebbe a se stesso, perché «sarebbe debitore di una banca di cui è il proprietario». Quindi quei soldi «tornerebbero allo Stato o, cosa equivalente, andrebbero a ricostituire le riserve della banca stessa, che così potrebbe meglio adempiere alle proprie funzioni e, alla fine, fare da sé», Bruno Amorosoovvero «comprare i titoli Btp senza più chiedere soldi alla Bce».
Operazione oggi impossibile, grazie alla totale privatizzazione del sistema bancario italiano, “consigliata” da un uomo chiave della crisi europea: Mario Draghi. Nel ’91, ricorda l’economista italo-danese Bruno Amoroso, l’allora economista della Banca Mondiale divenne improvvisamente direttore generale del Tesoro e, «da quella posizione, promosse ufficialmente la privatizzazione di tutte le banche italiane», destinate a diventare veicolo dei titoli-spazzatura creati da Lehman Brothers, Ubs e il colosso statunitense Goldman Sachs, presso cui Draghi “migrò” per poi tornare in Italia come governatore della banca centrale e, a quel punto, “stupirsi” dell’indebolimento del sistema bancario italiano. Lettura della crisi: siccome ci hanno “rubato” 5 punti di Pil, dobbiamo riformare il mercato del lavoro, tagliare pensioni e sanità, riformare la scuola. «Ma che c’entrano il lavoro, la scuola, la sanità e le pensioni con la truffa dei banchieri-spazzatura?».
Chiusura del cerchio: la nomina al vertice della Bce, poltronissima da cui «riacquistare, anche dalle banche italiane, i “titoli spazzatura” in cambio di denaro contante». Tecnicamente: per Amoroso, Draghi «sta facendo il riciclaggio dei “titoli spazzatura” che la Goldman Sachs ha esportato in Europa e anche in Italia (e che noi oggi paghiamo per riciclare), cosicché poi nessuno riesca neanche più ad identificarli». Nel frattempo, la Germania ride: nessuno fa caso al “trucco” con cui il governo tedesco accumula euro a basso costo, approfittando di un sistema fondato sull’imbroglio che ha indotto i “concorrenti” a privatizzarsi. Di questo passo, l’Europa va incontro a una catastrofe, ripetono i Premi Nobel statunitensi Krugman e Stiglitz, che invocano un ritorno alla sovranità monetaria, passando per la nazionalizzazione delle banche e cancellando di Andreottifatto la politica europea imposta da Berlino.
Per gli economisti neo-keynesiani, la Germania non andrà lontano: è troppo vincolata all’export, quindi esposta all’instabilità dei mercati – l’industria Usa, ad esempio, è largamente vocata al consumo interno. Ma il punto è un altro: fino a quando il resto dell’Europa continuerà a sopportare vessazioni come quelle inflitte alla Grecia, ben oltre i confini della civiltà? Il guaio è che la Germania è incorreggibile, accusa Paolo Barnard: «Per tre volte hanno cercato di distruggere l’Europa, e stavolta ci sono riusciti». François Mitterrand, il politico che più di ogni altro promosse l’euro-sciagura della moneta unica non-sovrana allo scopo di imbrigliare Berlino, disse: «Amo così tanto la Germania che preferisco averne due». Riletta oggi, si ammanta di luce sinistra l’analoga battuta di Giulio Andreotti: «E’ bene che le due Germanie restino divise». L’euro? «Sarà la fine dell’Europa unita», profetizzò Ida Magli. E ancora una volta, non appena il copione collettivo scivola verso il dramma, la storia europea sembra costretta a fare i conti con la fatale Germania : così forte, e così fragile



Telecom: +1,7% in Borsa, cda su 3Italia


Telecom: +1,7% in Borsa, cda su 3Italia

Si discutera' del progetto di integrazione


ANSA) - MILANO, 11 APR - Avvio in rialzo per Telecom nel giorno in cui al Cda del gruppo telefonico verra' presentata la proposta di 3Italia per una possibile integrazione tra le due societa'. Nelle prime contrattazioni il titolo sale dell'1,74% a 0,61 euro.

Corea Nord: missili pronti per lancio


Corea Nord: missili pronti per lancio

Network citano funzionari ministero Difesa, ma non escluso bluff



(ANSA) - TOKYO, 11 APR - Uno o due missili Musudan sarebbero in rampa di lancio, gia' orientati, e pronti per il lancio. E' l'ipotesi dei network tv nipponici, fatta in base a quanto appreso presso funzionari del ministero della Difesa. Il posizionamento dei vettori sulla costa orientale della Corea del Nord, capaci di coprire 3-4.000 chilometri, potrebbe pero' essere anche una mossa per confondere le intenzioni reali, un ''bluff'', sempre secondo le analisi fatte attraverso lo studio delle immagini satellitari.

Investito da treno a Roma, morto operaio


Investito da treno a Roma, morto operaio

Attraversava i binari, travolto da un Frecciarossa



(ANSA) - ROMA, 11 APR - Un operaio è stato travolto e ucciso da un treno Frecciarossa, che era in transito alla stazione Tiburtina a Roma. L'uomo indossava una pettorina e stava attraversando i binari. La dinamica dell'episodio non è ancora chiara. L'uomo stava attraversando i binari tra il 12 e il 13, quando è stato travolto da un treno dell'Alta velocità della linea Roma-Milano. Sono intervenuti i carabinieri, la polfer, il 118 e i vigili del fuoco.

Atenzione


Sequestrati falsi alimenti biologici

1.500 tonnellate soia, mais e grano contraffatte o contaminate



(ANSA) - ROMA, 11 APR - Maxisequestro della Guardia di Finanza in diverse regioni d'Italia di prodotti alimentari contraffatti o contaminati con pesticidi: si tratta di 1.500 tonnellate di soia, mais e grano tenero ucraino falsamente certificati come biologici ma in realtà ad alto contenuto di Ogm e di 30 tonnellate di soia provenienti dall'India e contaminate con pesticidi. L'indagine, coordinata dalla procura di Pesaro, ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati di 23 persone.