giovedì 28 marzo 2013

Marò, gaffe mondiale: l’ultima infamia del governo tecnico


Marò, gaffe mondiale: l’ultima infamia del governo tecnico


Mezza Italia si scandalizza per la vicenda dei marò. Invece non dovremmo stupircene, proprio per nulla. Il governo che sarà in piedi ancora per poco (salvo prorogatio per la quotidiana amministrazione), era un governo tecnico. Il che non significava, come hanno cercato di farci credere, “governo di persone specializzate e competenti ai posti giusti, invece di politici ignoranti”, ma ben altro: significava “governo incaricato esclusivamente di ottemperare alle richieste economico-finanziarie di organismi sovranazionali”. Questo, e basta. Non era un governo che doveva governare: e infatti ha trascurato gli affari interni, le questioni sociali, la sorte di terremotati e suicidi, e per finire non ha avuto alcuna attività in politica estera.
In pratica, si è completamente disinteressato del paese e ha ignorato tutti i gravosi compiti che deve affrontare chi lo governa. Tra i quali, appunto, I due marò del San Marcoesiste l’imprescindibile capacità di gestire con abilità tutte le sottigliezze e le trattative che servono alla nazione per mantenere il suo peso, la sua dignità e la sua affidabilità in campo internazionale. Stiamo parlando di un paese del G8, non di un’isoletta del Pacifico, ma questo aspetto non è interessato a nessuno per mesi. Qualche dichiarazione di aderenza alle solite amicizie, qualche inchino ai soliti potenti, e null’altro. A gennaio scorso, in un post titolato “Finisce la politica, e ci lascia soli”, scrivevo: «Governare significa occuparsi di un paese, e non solo dei suoi debiti e della finanza. Sembrano una confraternita di asceti dediti solo all’attuazione di un programma già scritto da qualcun altro, che attraversano il momento storico italiano conservando saldi i propri paraocchi».
Scrive oggi “Repubblica”: «In fondo, il caso dei marò è stato l’unico episodio di risonanza mondiale del governo dei tecnici. Ed è stato un episodio in due atti. Primo: darsela a gambe fedifraghe. Secondo: arrendersi senza condizioni al primo “bau”». Il caso marò dimostra a che punto è ridotta l’ormai nulla politica estera dell’Italia, sacrificata anch’essa sull’altare di euro, Bce, “riforme strutturali” e sacrifici di sangue al dio Europa. Siamo soli, anche su questo

Esplode la voglia di fuggire dall’Europa,



Vogliono i nostri soldi: loro hanno un piano, noi non ancora

Esplode la voglia di fuggire dall’Europa, adesso che i suoi padroni aizzano i cani della crisi contro i popoli. I proprietari universali hanno fatto alcuni esperimenti da Shock Economy per vedere se gli azzannati riuscivano a difendersi. Volevano collaudare – su scala ridotta, ma non troppo – il modo in cui una società potrebbe essere annichilita da una burocrazia ottusa e feroce e trovarsi impedita se vuole rovesciare la politica dominante. La Grecia avrebbe potuto riassorbire la fase acuta della crisi in pochi mesi, e invece le sono state somministrate per anni ricette economiche prive di qualsiasi apparente logica. Mentre si licenziavano centinaia di migliaia di lavoratori, a quelli che conservavano il posto si imponevano stipendi decurtati e orari ben oltre le 40 ore settimanali. E ora siamo giunti al test di Cipro, non ancora concluso, eppure già adottato dagli eurocrati che gongolano perché lo vogliono ripetere su larga scala.
Pazzi e pericolosi, sembrerebbe. La tentazione è dunque fuggire, come invoca Debora Billi sul suo blog “Crisis”: «Fuggite, sciocchi!». Anche noi, Cipro protestecome lei, abbiamo paura della dittatura dello spread: è un nuovo dispotismo mostruoso, diabolico, impersonale, disperante. Ma dobbiamo lo stesso chiedercelo: «Fuggire? Dove?». L’alternativa non è tra fuggire o rimanere in uno stato di schiavitù. La scelta, ora, è tra combattere o rimanere schiavi, laddove la fuga non sarebbe altro che una delle tante forme del rimanere schiavi. Esistesse un’isola dall’altra parte del mare, o una radura dall’altra parte della montagna, in cui regna la libertà, si potrebbe pensare di fuggire lì per immaginare un’altra vita, un nuovo mondo. Ma questo luogo non esiste: non c’è, ad esempio, per 60 milioni di italiani. Noi siamo qui, ora, e possiamo solo combattere o arrenderci.
Fuggire dalla dittatura europea vuol dire (ri)entrare nella dittatura dell’Italia comunque senza sovranità, sotto il comando atlantico. Film già visto? Sì e no. Stavolta sarebbe peggio. All’epoca della guerra fredda, c’era una sorta di “semi-sovranità”, un gioco sub-dominante in mano a partiti politici che facevano partecipare direttamente al sistema politico milioni di persone. Non era un pasto facile da divorare, quell’Italia, nemmeno per chi aveva messo gli stivaloni nel piatto. L’Italia di oggi ha invece una politica destrutturata, sindacati annientati, corpi sociali intermedi che agiscono solo a corto raggio. E’ pronta per essere spolpata da multinazionali occidentali, petromonarchi arabi, mega-imprenditori cinesi, magnati russi e mafiosi di ogni nazionalità, ordine e grado, che avranno gioco facile, purché gli sia chiara la vera regola: dove orbitano i soldi. La galassia del denaro deve ruotare ancora e sempre intorno all’asse Wall Street-Londra. Ora non c’è più simpatia per le distrazioni centrifughe dei paradisi fiscali. Non è più il tempo Marxnemmeno per quelle zone ambigue e paramafiose che si ossigenavano in Vaticano o a Cipro.
Sembra disordine, sembra solo follia, ma non c’è da giurarci. Vediamo capitalisti in rovina, distruzione, ma non è nulla di nuovo. C’è semmai un ordine che vorrebbe emergere dal caos che esternalizza sui popoli e sulla natura. Proprio oggi, nientemeno che il settimanale statunitense “Time” dice che Karl Marx queste cose le aveva previste, che era stato proprio profetico. Se lo dicono anche gli americani, viene voglia di rileggere il libro primo del “Capitale”. Parlava forse di noi, di quel che accade ora? Senti un po’ che diceva il buon Marx: «Con la produzione capitalistica si forma una potenza del tutto nuova, il “sistema del credito”, che ai suoi primordi si intrufola di soppiatto come modesto ausilio dell’accumulazione e, mediante invisibili fili, attira nelle mani di capitalisti individuali o associati i mezzi monetari disseminati in masse più o meno grandi sulla superficie della società, ma ben presto diviene un’arma nuova e temibile nella lotta di concorrenza, e infine si trasforma in poderoso meccanismo sociale per la centralizzazione dei capitali».
Ecco il concetto, centralizzazione dei capitali. Questa Europa giustamente esecrata da noi e da Debora Billi, l’Europadi questo Euro, è stata anche un gigantesco meccanismo di «centralizzazione dei capitali»: prima si è presentata come un ambiente vivace per la concorrenza, poi come un sistema che (ancora Marx) causa la «rovina di molti capitalisti minori, i cui capitali in parte finiscono nelle mani di chi vince, in parte scompaiono» (assieme alle prospettive di milioni di persone), infine un processo di centralizzazione che si addensa là dove vuole la politica dominante. Noi vediamo il nuovo volto terribile della Germania e dell’eurocrazia che produce governi “tecnici” e governi maggiordomi, con una mezzogiornificazione del Sud Europa, l’area perdente in questa fase della centralizzazione. Sopra questo processo si avanza però qualcosa di più vasto ancora. Faremo bene ad abituarci quanto prima a discutere della nuova Agenda Atlantica, ossia l’area di libero scambio (con tanto di istituzioniCipro indignadossovranazionali euroamericane) che è già materia di pre-negoziato a Washington e presso l’élite europea.
In una crisi sistemica montante, non possiamo realisticamente escludere che la “fuga dalla dittatura” non la faremo noi, ma la stiano progettando loro per noi, per gettarci in quest’altro bel baratro, per una forma suprema di centralizzazione dei capitali, l’ultimo giro di giostra dei redditieri. Intanto fuggiamo dalla dittatura, dice Billi, e poi si vedrà? No, poi non sarà possibile vedere niente. È mentre si combatte che si costruisce il “poi”, non mentre si fugge. I partigiani che hanno scalato la montagna, e che sono morti, che ne sapevano della “svolta di Salerno” di Togliatti? Poi hanno avuto cinquanta anni di americani e Democrazia Cristiana. Avevano forse scalato la montagna e sono morti per avere quello? No, e ciononostante hanno avuto la possibilità per decenni di lasciare contrappesi e contropoteri nel sistema. Oggi rischieremmo per paradosso di consegnarci mani e piedi a una Bruxelles più invadente ancora, e più Grillini in Parlamentoatlantizzata. Un incubo.
No, Debora, noi non vogliamo fuggire. Vogliamo combattere. E speriamo, vogliamo, essere con te dalla stessa parte. Parliamo, nientemeno, di una rivoluzione politica. In grado di immaginare una sfida europea. Una nuova Costituzione europea, perché no? L’importante, non sappiamo se è un fuggire, è che si abbandonino gli attuali trattati in vigore, Lisbona e Maastricht. Chi può farlo? I popoli, se fanno politica e si sentono sovrani. Uno dei più colossali fraintendimenti del fenomeno Cinque Stelle è stato quello di Wu Ming, che lo ha visto come una sorta di anestetico dei conflitti, tanto da metterlo in contrapposizione alla presunta maggiore radicalità di Occupy Wall Street e Indignados. Invece la presenza nelle istituzioni, questo volerci essere, ha fatto una differenza enorme per il movimento italiano. Al momento esso è infinitamente più dirompente rispetto alle piazze spente dei movimenti più radicali di altri Paesi. Se vogliamo immaginare un processo costituente internazionale che riesca a contrastare l’Agenda Atlantica, dovremo comunque pensarlo molto proiettato dentro le istituzioni. Anche la Nato e la Ue sono da aprire come scatolette, purché si sappia che lì dentro non ci sono esattamente tonni.

E' bello parlare con la pancia piena,Pa: Grilli, prima aziende, poi banche


Pa: Grilli, prima aziende, poi banche

Ma pericoloso introdurre principio banche non vengono pagate

se il governo non provvede ad una moratoria ,peer crif,cai e centrale rischi,fra un anno nessuno avra' piu' il merito creditizio.

il governo ipotizza un ''ordine cronologico in due fasi: prima i soggetti non finanziari (le aziende) poi le banche''. Lo dice il ministro dell'Economia, Vittorio Grilli spiegando che su questo sono in corso contatti con l'Abi. Grilli ha comunque precisato che sarebbe ''pericoloso introdurre il principio che le banche non vengono pagate''. Se si introduce questo principio l- spiega - la possibilita' per le imprese di ricevere credito sparisce''.

Aldrovandi, la mamma: stanno usando Federico per la notorietà


Aldrovandi, la mamma: stanno usando Federico per la notorietà

La donna e' scesa in strada mostrando un'immagine del figlio morto, i poliziotti hanno voltato la faccia


Madre scende con foto del figlio, gli agenti si voltano

 "Stanno usando il nome di mio figlio per cercare notorietà, celebrità. Se è così l'hanno avuta, adesso basta, mi lascino in pace e lascino in pace la memoria di mio figlio. Non so che cosa vogliono dimostrare, non so che cosa cerchino da noi. Non ho nessuna voglia di parlare con loro. Trovo disumano il comportamento di quelle persone che vengono a manifestare solidarietà agli assassini cercando la famiglia e gli amici di Federico". Così Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovandi, per la cui morte avvenuta nel 2005 quattro agenti sono stati condannati in via definitiva per omicidio colposo, ha commentato a SkyTg24 la manifestazione promossa ieri dal sindacato indipendente di polizia Coisp davanti al Comune di Ferrara, dove lei lavora.
"Siamo vittime di un'allucinante strumentalizzazione", ha ribattuto agli stessi microfoni il segretario generale Coisp, Franco Maccari, che ha voluto esprimere "un sentimento di assoluta solidarietà nei confronti della signora, che ha tutto il diritto di esprimere il suo dispiacere e soprattutto il suo dolore. Noi stiamo portando avanti da un mese un tentativo di dialogo su un aspetto procedurale che non c'entra niente con la vicenda, su cui c'é una sentenza confermata in Cassazione che, seppure si può non condividere, va rispettata da tutti. Discutiamo sul fatto che in Italia chi deve scontare meno di un anno di carcere viene affidato ai servizi sociali e va agli arresti domiciliari, tranne quei quattro poliziotti". Il Coisp ribadisce di "aver chiesto la piazza principale di Ferrara una settimana fa a sindaco, questore e prefetto: non l'avremmo mai fatta lì se avessi saputo anche lontanamente che ci lavorava lei. Abbiamo poi mandato a dire 'signora ci scusi' tramite un'altra persona, l'abbiamo detto tramite questore e prefetto, ma non ha voluto parlarmi. La capisco, ha ragione, dispiace che dica che le abbiamo girato le spalle (quando è scesa in piazza assieme ad alcune colleghe mostrando la foto del figlio massacrato, ndr), ma non è assolutamente vero". Di diverso avviso la madre di Federico, che si dice anche umanamente confortata dai molti messaggi che le sono giunti, a cominciare dal ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri: al Coisp "sanno benissimo che lavoro lì. Ed era una manifestazione nei confronti delle istituzioni che mi hanno sempre sostenuta".
Il Coisp ha improvvisato ieri a Ferrara un presidio di solidarietà verso gli agenti condannati per la morte di Federico Aldrovandi, sotto le finestre dell'ufficio della madre Patrizia Moretti. Lei prima ne ha dato notizia, con tanto di foto, su Facebook, quindi è scesa in strada mostrando un'immagine del figlio morto. E' accaduto questa mattina, il giorno seguente l'assoluzione della Moretti per diffamazione verso la pm Mariaemanuela Guerra. Al sit-in hanno partecipato circa una ventina di agenti: "Sono poliziotti. Sono come quei quattro?", ha scritto la Moretti sul proprio profilo. Una volta che la notizia si è diffusa, è intervenuto anche il sindaco Tiziano Tagliani che ha chiesto ai manifestanti di spostarsi per evitare provocazioni. Ne è nata anche una vivace discussione tra il primo cittadino e l'eurodeputato Potito Salatto che partecipava al sit in con gli agenti. Il Coisp organizza in città il proprio congresso regionale, al quale aveva invitato proprio la Moretti.
Quando Patrizia Moretti è scesa in strada con l'immagine del figlio morto, i manifestanti del presidio Coisp si sono girati, le hanno dato le spalle ignorandola e hanno lasciato la piazza. La madre di Federico era accompagnata da due colleghe e avrebbe deciso di lasciare il proprio ufficio (é una dipendente comunale) a seguito del trattamento riservato al sindaco Tiziano Tagliani che aveva tentato di far spostare il sit-in anche per evitare che la stessa Moretti scendesse in strada. "Sapete quanto mi costi vedere e far vedere quella immagine, che mi distrugge profondamente. Però quando è necessario bisogna farlo", ha raccontato la Moretti a 'Radio Citta' del Capò. "Non mi hanno mai rivolto lo sguardo - ha aggiunto -. Non mi guardavano nemmeno in faccia si sono girati dall'altra parte e piano piano se ne sono andati", ha proseguito  sottolineando: "E' stata veramente una provocazione".
L'intera aula del Senato, compresi i componenti del Governo, si sono alzati per esprimere lo sdegno, su sollecitazione di una senatrice del Pd, per la protesta organizzata dai poliziotti del Coisp contro Patrizia Moretti, madre del giovane Aldrovandi, picchiato a morte da agenti PS.
Per il Coisp, quella di Patrizia Moretti è definita "una "contromanifestazione improvvisata" e quindi "priva di autorizzazione", e quell' immagine di Federico, "per onore di verità, non fu ammessa al processo perché ritenuta non veritiera". In un altro passaggio, inoltre, si sottolinea come la Moretti abbia inscenato la propria protesta con altre persone, "pare tutte in servizio in Comune e che hanno quindi abbandonato il posto di lavoro". "Tutto quanto accaduto - spiega Maccari nella newsletter - la dice lunga sul totale rifiuto di ogni confronto, sull'unica volontà imperante che è quella di strillare le voci di chi ha qualcosa di diverso da dire o, meglio, di impedire che altri possano manifestare il proprio pensiero". Tanto che, prosegue, "avevamo invitato Patrizia Moretti a partecipare al confronto pubblico fissato per oggi" e, auspicando la sua presenza, avrebbe dimostrato "così che non identifica con il diavolo tutti gli appartenenti alla Polizia di Stato e chi parla con loro, ma che si possono esternare pubblicamente le proprie idee in un contraddittorio serio e corretto".
Mai più manifestazioni di questo tipo. E' la reazione del sindaco di Ferrara, Tiziano Tagliani, al presidio organizzato dal Coisp, regolarmente autorizzato. "Ho chiesto a loro di spostarsi di qualche decina di metri, perché la manifestazione non risultasse provocatoria. Invece sono stato allontanato dalla piazza, nonostante abbia spiegato che la mia richiesta era nell'ottica di salvaguardare rapporti che in questi anni sono stati ripresi con difficoltà", ha spiegato Tagliani, sceso in strada, dopo aver visto che la madre di Federico Aldrovandi stava per fare lo stesso. Tagliani ha avuto un duro scontro verbale con il segretario del Coisp Franco Maccari e soprattutto l'eurodeputato Potito Salatto. "Credevo di trovare un uditorio più sensibile a quella che è la serenità e il rispetto dell'ordine pubblico", ha proseguito Tagliani, secondo il quale "siccome entrambi mi hanno allontanato dalla piazza, prendo atto che questo sindacato non vuole un processo di rasserenamento a Ferrara su un tema gravissimo". E di questa "indisponibilità", Tagliani ha annunciato che si farà portatore verso Questura e Prefettura. "Manifestazioni di questo genere non si faranno più, perché hanno un tono provocatorio. Fino ad oggi sono stato zitto e sereno, ma vedo che probabilmente sono stato male interpretato