domenica 11 novembre 2012

“Spaventoso e agghiacciante” è l’emiro del Bahrein


“Spaventoso e agghiacciante” è l’emiro del Bahrein

BAHRAIN-POLITICS-UNREST-DEMO

Nell’indifferenza della comunità internazionale, l’emiro che si è promosso a re si lascia andare alla repressione più delirante
Il regime sembra aver preso fiducia, e come dargli torto se dopo oltre un anno di torture, arresti arbitrari, condanne lunari e persecuzione scientifica della popolazione ribelle, la comunità internazionale si è limitata a qualche comunicato preoccupato, mentre lo accoglieva tra i “liberatori” dei paesi arabi in rivolta contro le autocrazie. Di più, gli Stati Uniti che lì hanno la base della loro Quinta Flotta hanno continuato a vendergli armi, giustificando la cosa con la necessità di mantenere buoni rapporti e così influenzarlo ad assumere atteggiamenti meno medioevali. Recentemente il Dipartimento di Stato ha alzato il tiro, passando da “concerned” a “deeply concerned”, molto preoccupati.

Oggi il regime si permette azioni che un anno fa sembrava timoroso d’intraprendere, gli esponenti delle associazioni per i diritti umani sono in galera insieme a migliaia di altri cittadini, mentre altre migliaia sono stati licenziati per rappresaglia. Nel paese non possono entrare che i giornalisti autorizzati, in genere quelli inviati da riviste glamour o i giornalisti sportivi al seguito del GP di Formula uno, che dopo un anno di stop si è svolto “regolarmente” in mezzo a scene orribili che il circo delle corse ha ignorato come un sol uomo. Niente solidarietà dai team, nessun comunicato, solo Ecclestone, Todt e qualche servile cronista a dire che nel paese non ci sono problemi.

Il regime si è barricato dietro una narrazione ridicola che vorrebbe l’Iran dietro la rivolta, un’eventualità esclusa categoricamente da tutti i servizi occidentali e non. Alcuni (arte)fatti che hanno scosso il regno hanno spinto il ministro dell’interno ad accusare anche di recente “elementi addestrati in Libano” da Hezbollah. Che li ha addestrati male, perché l’ultima e imprevista esplosione contemporanea di cinque bombe ha fatto appena due vittime e per di più straniere. Strani obiettivi. Imprevista perché l’opposizione non si è mai segnalata per gli attentati esplosivi, il massimo della reazione “militare” alla violenza del regime consiste nel fuoco di sbarramento con numerosi lanci di molotov con i quali gli abitanti cercano di tenere lontani gli uomini del regime che inondano di gas antisommossa, anche senza sommosse, i quartieri ribelli.
Una punizione collettiva che ha già provocato diffusi malori e la morte di animali da compagnia, bambini e anziani che hanno avuto la sfortuna d’inalare concentrazioni eccessive di gas, che sono sparati all’interno delle case, mentre all’esterno gli squadristi del regime devastano le auto parcheggiate, le proprietà e i negozi.
La teoria della ribellione degli sciiti non regge nemmeno a un’osservazione superficiale, poiché i sunniti che protestano finiscono ugualmente alla tortura e gli sciiti fedeli alla monarchia ottengono privilegi normalmente negati ai correligionari. Le follie del regime sono state numerose, spesso inutili e spiegabili solo scivolando nella psicologia e nella valutazione della cultura totalitaria dei reali del Golfo. Follia sono state le condanne dei medici che negli ospedali hanno curato le vittime della strage con la quale il regime ha sgomberato la locale piazza Tahrir allestita sulla Rotonda della Perla. Follia è stato radere al suolo il monumento nella piazza, simbolo nazionale come potrebbe essere la Torre Eiffel per la Francia, perché profanato e ormai divenuto simbolo del massacro. Una follia che si è spinta fino al ritiro delle monete che ne riproducevano l’immagine.
Con tali precedenti e con l’esempio di oltre un anno di repressione scientifica del minimo dissenso è lecito aspettarsi di tutto, ma la fervida fantasia degli Al Khalifa è riuscita a superare quella dei più paranoici tra i dittatori e ieri il governo ha annunciato che 30 uomini e una donna sono stati spogliati della cittadinanza. Una punizione che, anche se a qualcuno potrà sembrare possibile e meno terribile delle torture o di una condanna a morte è assolutamente esclusa dalle norme internazionali.
Il diritto alla cittadinanza è sacro come e forse più di quello alla vita, vi si può rinunciare, ma non si può esserne privati. Paradossalmente si tratta di uno dei diritti che gode della maggiore protezione, perché nel caso del  provvedimento adottato dal Bahrein, l’ONU e gli altri paesi del mondo continueranno a considerarli cittadini dell’emirato e la decisione avrà effetto solo per quanto sia possibile implementarla all’interno del paese. Diversamente dalla condanna all’esilio, ugualmente non ammessa, la privazione della cittadinanza ha anche una serie di effetti immediati anche sui parenti dei condannati, sullo status delle proprietà, sull’accesso al lavoro, alla sanità e altro ancora.
Tra i condannati ci sono alcuni che già vivono all’estero, due ex deputati e diversi tra religiosi e attivisti, la loro colpa è l’aver “provocato danno alla sicurezza dello stato”. Nessun reato quindi, sarebbero andati in galera e forse ci andranno, visto che tutti più o meno hanno anche incredibili accuse penali a loro carico. Ad aumentare la loro pena c’è il fatto che il regime ha già concesso la cittadinanza in premio ai mercenari provenienti da altri paesi, che hanno accettato di essere arruolati sul fronte della repressione.
Una mossa che Amnesty International non ha esitato a definite “spaventosa e agghiacciante” e che per ora ne ha fatto degli apolidi. Secondo Philip Luther, direttore di Amnesty per il Medioriente e Nordafrica: ”Le autorità hanno fornito le ragioni più vaghe per giustificare la privazione della nazionalità, che sembra essere stata presa sulla base delle idee politiche delle vittime”. Un espediente del regime che però “… è proibito secondo la legge internazionale”. Per questo Amnesty chiede “… urgentemente alle autorità del Bahrein di annullare quest’iniziativa spaventosa e agghiacciante”.
Resterà da vedere la reazione dell’Occidente a questa novità, la “rivoluzione sconveniente” come la definisce Maryam Al-Khawaja, un’attivista che ha il padre in carcere e la sorella Zainab che ne entra ed esce. Maryam vive in Danimarca, ma non può ad esempio andare in Egitto, anche il governo “rivoluzionario” l’ha respinta su chiara pressione di Manama e dei sauditi, i veri tutori e protettori degli Al Khalifa.
Una pressione che si estende ai media, clamorosamente distratti quando s’arriva a quello che accade in Bahrein e alle gravi violazioni dei diritti umani che ormai sono la quotidianità. Il processo ai medici del  Salmaniya Medical Centre colpevoli solo di aver curato i cittadini feriti che correvano in ospedale, per di più affidato ai giudici militari e senza alcuna garanzia per gli imputati, sarebbe interessante per molti se si svolgesse in Iran, invece è sulla sponda opposta del Golfo, anche per i media e le cancellerie dei paesi esportatori di democrazia.
Un vero peccato, tanto più che ad affrontare un regime ottuso e sanguinario c’è un’opposizione non-violenta che continua a protestare tutti i giorni da più di un anno e a marcare stretta la famiglia reale senza mai trascendere, battendosi incessantemente a forza di marce e comunicati, fortificata e alimentata proprio dalla delirante repressione che ha spinto sempre più cittadini verso una protesta che continua a dimostrare un contegno e una resistenza davvero encomiabili, che meriterebbero visibilità già per il loro essere esempio di lotta di popolo più unico che raro.














Sisma, dopo il Guatemala anche in Birmania

BIRMANIA, FORTE SISMA MAGNITUDO 6.8
RANGOON - Una forte scossa di terremoto di magnitudo 6.8 è stata registrata alle 7:42 ora locale (le 2:12 in Italia) nella Regione birmana nordoccidentale di Sagaing.
Secondo i rilievi del Servizio geologico degli Stati Uniti (Usgs), il sisma ha avuto ipocentro a 10 km di profondità ed epicentro 56 km a nord di Shwebo.
La scossa è stata sentita anche a Bangkok, capitale della vicina Thailandia.
Due repliche di magnitudo 5 sono state registrate alle 7:59 e alle 8:02 ora local.
Ancora incerto il bilancio delle vittime e dei danni.
La Birmania è regolarmente scossa da terremoti. A marzo del 2011 un sisma di magnitudo 6.8 ha colpito lo Stato birmano di Shan, al confine con Thailandia e Lahos, causando 74 morti.