mercoledì 19 dicembre 2012

Barcellona, dramma Vilanova: il cancro è tornato


Barcellona, dramma Vilanova: il cancro è tornato


Tito Vilanova

Il Barcellona e il mondo del calcio in generale sono sotto shock per l’inattesa notizia del riacutizzarsi del tumore di Tito Vilanova, allenatore della formazione catalana. Il tecnico quarantaquattrenne, subentrato all’inizio di questa stagione a Pep Guardiola, sarà costretto alasciare la guida della formazione azulgrana per tornare a combattere la sua partita più dura, quella contro un cancro alla ghiandola parotidea che lo aveva tenuto lontano dai campi di gioco già lo scorso anno. Vilanova era stato operato il 22 novembre del 2011 e negli ultimi tempi sembrava che la situazione fosse definitivamentemigliorata.
Oggi, invece, la notizia della ricaduta, arrivata come un vero e proprio fulmine a ciel sereno. L’annuncio è stato dato dal Barcellona stesso; il club ha anche comunicato che verranno annullate tutte le iniziative di contorno, compresa la tradizionale conferenza stampa di Natale. Ironia della sorte, proprio domenica scorsa Vilanova aveva spiegato in uno speciale di “Tv3″, rete televisiva della Catalogna, come aveva superato il terribile male; martedì, invece, si è sottoposto a nuovi esami il cui esito non sarebbe stato per nulla quello sperato.
A breve la formazione del presidente Rosell dovrebbe diffondere un comunicato circa la situazione del tecnico. A questo punto si apre la ricerca del sostituto dello sfortunatissimo allenatore: secondo voci vicine al club catalano potrebbe essere l’ex mister della Roma ed ex grande calciatore del Barcellona, Luis Enrique, a sostituire Vilanova. Secondo altre fonti, a rimpiazzare Tito potrebbe essere addirittura lo stesso Guardiola, che interromperebbe il suo anno sabbatico per accorrere al “capezzale” della sua ex squadra, ritrovatasi improvvisamente senza allenatore.

Juncker,Bersani intelligente e onesto Ha le migliori intenzioni per l'Italia e l'Eurozona


Juncker,Bersani intelligente e onesto

Ha le migliori intenzioni per l'Italia e l'Eurozona



ANSA) - BRUXELLES, 19 DIC -''Bersani mi piace perche' è una persona intelligente,onesta ed ha le migliori intenzioni per l'Italia e l'eurozona''. Cosi' il Presidente dell'eurogruppo e Premier lussemburghese Jean Claude Juncker ha commentato l'incontro con il segretario del Pd aggiungendo di essere stato ''favorevolmente colpito''.

Ma la prima casa mica è un attivita' economica??Imu: ok Ue su beni Chiesa Giusta esenzione immobili usati per attivita' non economiche


Imu: ok Ue su beni Chiesa

Giusta esenzione immobili usati per attivita' non economiche



(ANSA) - BRUXELLES, 19 DIC - La Commissione Ue ha dato il suo via libera al regolamento emendato dell'Imu che prevede l'esenzione per le attivita' di carattere non economico, giudicando ''incompatibili'' le precedenti esenzioni Ici alle attivita' non commerciali. L'Italia non dovra' recuperare gli aiuti concessi tra 2006 e 2011 perche' ''impossibile''.

Per aiutare le banche i professori adesso si preoccupano..Cancellieri, rischio aumento disordini Guardia alta su antagonisti e anarchici


Cancellieri, rischio aumento disordini

Guardia alta su antagonisti e anarchici




(ANSA) - ROMA, 19 DIC - ''In un futuro non lontano il rischio di disordini potra' aggravarsi a causa della situazione economico-sociale e dell'esasperazione che ne deriva''. Lo ha detto il ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri, in un'audizione alla prima commissione della Camera sottolineando che ''terremo comunque alta la guardia'', monitorando antagonisti e anarchici. Al momento, tuttavia, aggiunge, ''i segnali che abbiamo non vanno oltre una generica situazione di preoccupazione''.

Derivati: condannate quattro banche e nove manager, confiscati 88 mln Deutsche Bank, Ubs, Jp Morgan e Depfa Bank riconosciute colpevoli per la presunta truffa sui derivati stipulati dal comune di Milano nel 2005


Derivati: condannate quattro banche e nove manager, confiscati 88 mln

Deutsche Bank, Ubs, Jp Morgan e Depfa Bank riconosciute colpevoli per la presunta truffa sui derivati stipulati dal comune di Milano nel 2005


Il giudice di Milano Oscar Magi ha condannato a una pena pecuniaria quattro banche - Deutsche Bank, Ubs, Jp Morgan e Depfa Bank - per la presunta truffa sui derivati stipulati dal comune di Milano nel 2005. Si conclude così uno dei primi processi a livello internazionale con al centro i derivati.
Magi nel processo sui derivati ha stabilito anche la confisca di circa 88 milioni di euro alle quattro banche condannate per la truffa.
Il giudice, oltre a dichiarare responsabili per la legge 231 del 2001 quattro banche, ha condannato nove persone fisiche, tra manager ed ex degli istituti di credito a pene comprese tra i sei mesi e gli otto mesi e 15 giorni. Tutte le condanne per i nove imputati sono con sospensione della pena, con il riconoscimento delle attenuanti generiche e con l'incapacità di contrattare per un anno con la pubblica amministrazione.
DEUTSCHE BANK, PRONTI A RICORRERE IN APPELLO - "Deutsche Bank rimane convinta di avere agito correttamente, come pure i suoi dipendenti. La banca intende, quindi, ricorrere in appello confidando in una risoluzione positiva del processo". E' quanto fa sapere l'istituto di credito in una nota diffusa dopo la lettura del dispositivo della IV sezione Penale.

Frana sulla statale del Sempione Isolata l'abitato di Iselle di Trasquera, disagi per i pendolari


Frana sulla statale del Sempione

Isolata l'abitato di Iselle di Trasquera, disagi per i pendolari

Frana sulla statale del Sempione

DOMODOSSOLA (VCO), 19 DIC - Chiusa da ieri sera la strada del Sempione, che collega l'Italia alla Svizzera. Isolata la frazione di Iselle - una trentina i residenti - , nel comune di Trasquera (Vco). Anas ha deciso di vietare la circolazione a causa della caduta di massi avvenuta poco prima di mezzanotte. La statale 33 unisce la val d'Ossola al canton Vallese. Disagi, questa mattina, per molti frontalieri che dovevano raggiungere la stazione di Iselle per recarsi al lavoro in Svizzera

Fuga notizie,inchiesta su Messineo a Csm

Fuga notizie,inchiesta su Messineo a Csm

Fuga notizie,inchiesta su Messineo a Csm

 Sono all'attenzione della prima commissione del Csm, titolare dei trasferimenti d'ufficio, gli atti relativi all'inchiesta della procura di Caltanissetta sulla fuga di notizie per usura bancaria che coinvolge il procuratore di Palermo Francesco Messineo. Al Csm e' intanto arrivata anche la revoca della domanda da lui presentata per la nomina a procuratore generale del capoluogo siciliano; ieri Messineo lo aveva gia' annunciato ai suoi sostituti.

Spread oscilla sui 300,e l'Italia muore di fame!!Grazie Monti


Spread oscilla sui 300

Rendimento del decennale al 4,45%. Positivi i titoli bancari.


Un monitor indica il calo sotto i 300 punti dello spread.

Avvio di seduta positivo per Piazza Affari il 19 dicembre.
Il Ftse Mib ha segnato un rialzo dello 0,54% a 16.241 punti.
Corrono Buzzi Unicem (+2,88%), Mps (+1,71%), Bpm e Unicredit (entrambe +0,8%).
SPREAD SOTTO 300. Buone notizie sul fronte dello spread. Il differenziale tra il Btp e il Bund tedesco è tornato sotto i 300 punti, a quota 299,3 per poi oscillare attorno ai 300. Il rendimento del decennale è al 4,45%.
Il ribasso è frutto dell'allentarsi delle pressioni sul debito in Europa dopo la fumata bianca sul buyback della Grecia, ma anche dell'ottimismo generale sui mercati internazionali dopo il voto in Giappone e la fiducia su un accordo per scongiurare il fiscal cliff Usa.
9.42 - SPREAD OSCILLA SUI 300 PUNTI. Il differenziale tra il Btp e il Bund tedesco risale a 300 punti base (302) dopo essere scivolato fino a quota 299. Il rendimento del decennale è in rialzo al 4,45%. Il divario tra i titoli a 10 anni spagnoli e tedeschi è a 389 punti base con il tasso dei Bonos al 5,31%.
9.23 - LONDRA APRE IN RIALZO. Parte in rialzo la Borsa di Londra. L'indice Ftse-100 sale dello 0,3% a 5.953,69 punti.

9.15 - PARIGI APRE A +0,3%. Il Cac-40 della Borsa di Parigi apre in lieve rialzo dello 0,3% a 3.662,19 punti.

9.09 - FRANCOFORTE APRE POSITIVA. Avvio di seduta in rialzo per la Borsa di Francoforte (+0,28%): l'indice Dax segna 7.675,33 punti.

9.03 - MILANO APRE IN RIALZO: +0,54%. Avvio di seduta positivo per Piazza Affari. Il Ftse Mib segna un rialzo dello 0,54% a 16.241 punti. Corrono Buzzi Unicem (+2,88%), Mps (+1,71%), Bpm e Unicredit (entrambe +0,8%).

Apocalisse, la falsa profezia dei Maya Calcoli sbagliati e allarmismi astronomici infondati. Parola degli scienziati. E dei discendenti dell'antica popolazione


Apocalisse, la falsa profezia dei Maya

Calcoli sbagliati e allarmismi astronomici infondati. Parola degli scienziati. E dei discendenti dell'antica popolazione

La Pietra del Sol degli aztechi, che riprende il calendario dei Maya, custodita al Museo antropologico di Città del Messico.

In Cina, un contadino 80enne ha costruitotre bunker giganti a forma di palla in carbonio e acciaio, per salvare la sua famiglia dall'armageddon del 21 dicembre.
In Russia, la psicosi sui Maya ha fatto andare a ruba i kit anti-apocalisse, con dentro fiammiferi, candele e beni di prima necessità per l'emergenza.
Negli Usa, spopolano i prepper - cittadini comuni che, nel weekend si allenano contro i disastri - e i ricconi rintanati nei loro bunker extra-lusso, fatti costruire alla bisogna.
ITALIANI IN FUGA. Per trovare fifoni, creduloni o adepti del 'non ci credo, ma è vero', non c'è neanche bisogno di andare tanto lontano.
Nella pugliese Valle d'Itria, come nel villaggio francese di Bugarach benedetto dagli sciamani, fioccano le prenotazioni per il borgo di Cisternino, dove il maestro indiano Babaji ha fondato la comunità religiosa «isola felice» per scampare all'imminente fine del mondo.
Da marzo, intanto, 38 famiglie italiane della setta esoterica Quinta essencia vivono barricate in un'antica località Maya dello Yucatan, in ville fortificate con porte a prova di esplosivo e tunnel sotterranei.
I DISCENDENTI MAYA. Eppure, per smitizzare i presagi più catastrofici basterebbe osservare con quanta serenità i veri sacerdoti della comunità Maya (circa 800 mila persone) aspettano l'apocalisse. Nessun allarmismo sul disastro universale. Solo la fine di uno dei tanti cicli di 400 anni, rassicurano serafici dal Parco Chapultepec, non lontano da Città del Messico, durante uno dei riti propiziatori per l'avvento della nuova era Baktun.

Le bufale sulle collisioni spaziali. Dai Maya nessuna profezia

Posto che i calcoli sulla fine della 13esima era Baktun siano davvero esatti - il che è tutto da vedere - per i discendenti dei Mayanon c'è alcuna profezia dell'antico popolo precolombiano che colleghi il calendario, giunto alla fine dell'ultimo ciclo astronomico iniziato nel 1618, a un evento di proporzioni catastrofiche. Come invece profetizzato nel tam tam mediatico del mondo dei profani.
In arrivo insomma non c'è nessuna repentina inversione dei poli magnetici della Terra, fenomeno alieno alle elementari forze della fisica finora conosciute.
D'altronde, se così fosse, di certo i potenti telescopi della Nasa avrebbero già identificato il terribile impatto di fantomatici asteroidi come Nibiru diretti contro il nostro Pianeta.
LE BALLE ASTRONOMICHE. Men che meno, al momento, il sistema solare è entrato nella funesta cintura fotonica che ha prospettato, nel suo astruso libro sulla fine del mondo, il geofisico russo Alexei Dmitriev: i fotoni esistono da sempre e sono normali particelle che trasportano la luce.
Anche l'annunciata tempesta solare è un fenomeno ordinario, tutt'altro che traumatico per il cosmo, che, tra l'altro, si prevede abbia uno dei suoi picchi nel 2013.
Mentre il temutissimo allineamento tra Sole, Terra e il centro della galassia, spacciato come evento raro che si ripresenta ogni 25.625 anni, è in realtà una geometria che si realizza, con minore o maggiore precisione, a ogni solstizio d'inverno.
NESSUN GIUDIZIO UNIVERSALE. Quelle della fine del mondo sono tutte storie, insomma, raccontate alle masse di inesperti per motivi di business. Tanto più che, a corredo del calcolo astronomico del calendario originario, custodito nel Museo antropologico di Città del Messico, i Maya non hanno lasciato alcuna raffigurazione dell'armageddon.
Certo, tra i geroglifici ci sono bassorilievi con scene di distruzione, ma slegati al 21 dicembre 2012. Sulla data, l'unica profezia dei Maya, riportata su un monumento, è la discesa in Terra di una divinità del loro pantheon. Di tutt'altro che cattivo auspicio.

Gli errori nel calcolo della data e i diversi calendari dei Maya

Poi c'è l'annosa disputa sull'esattezza o meno del calcolo della data. Intanto, a causa di alcuni inciampi nella complessa trasposizione tra i calendari della civiltà precolombiana e quello cristiano, parecchi matematici e archeologi hanno spostato la data della presunta fine del mondo, avanti o indietro di qualche anno.
Per i fratelli cecoslovacchi Bohumil e Vladimir Böhm, per esempio, a causa di un errore dell'archeologo inglese John Eric Sidney Thompson - che per primo pose a confronto i due sistemi risalendo al 21 dicembre 2012 - il vero armageddon è destinato ad arrivare nel 2016.
Secondo il predicatore evangelista Harold Camping, al contrario, il giudizio universale si sarebbe già addirittura compiuto, nell'indifferenza di tutti, il 21 maggio 2011.
Per altri esegeti ancora, la famigerata lancetta dei Maya sarebbe dovuta scoccare nel 2005, a causa della svista del monaco Dionigi il Piccolo che ha creato un buco di sette anni nel calendario gregoriano in uso, dimenticando, nel suo computo per risalire alla nascita di Cristo, di conteggiare i sette anni del governo di Ottaviano.
I CALENDARI INCROCIATI. Ma il punto non è solo far quadrare i calcoli aritmetici tra due culture spazio-temporali molto lontane.
Da grandi appassionati d'astronomia e flussi planetari, i Maya nel 1.500 a. C. misuravano il tempo sulla base di molteplici, avanzatissimi, calendari, che tracciavano cicli perpetui di epoche.
Ce n'era uno religioso di 260 giorni, uno solare agricolo di 365 giorni e, come emerso dalle recenti scoperte archeologiche nel complesso di Xultún in Guatemala del 1200 a. C. (i più antichi geroglifici mai analizzati), anche un calendario sul ciclo del pianeta Venere di 584 giorni e uno sul ciclo di Marte, di 780 giorni.
Con un altro calendario, le date dei primi due computi erano inoltre combinate tra loro in cicli di 18.980 giorni, per un totale di 52 cicli ricorrenti.
I CICLI DEL LUNGO COMPUTO. E, in un ulteriore calendario del cosiddetto Lungo computo, si calcolava invece il tempo trascorso dalla creazione del mondo della mitologia Maya (datata nell'anno gregoriano dell'11 agosto 3.114 a. C.), in cicli di 144 mila giorni, suddivisi a loro volta in sottocicli Baktun.
Il chiudersi del 13esimo ciclo Baktun, l'attuale 21 dicembre, per i Maya segnava la fine della terza creazione, inaugurando l'era della quarta.
«Il popolo precolombiano aveva una visione ciclica del cosmo e del tempo. Il suo 13esimo Baktun era come il nostro anno 1.000. Concluse certe ere, i cicli riprendevano», hanno assicurato gli scienziati del Maya exploration center, fatte le loro estrapolazioni.
Insomma, tutto dice che c'è da stare tranquilli. In fondo, ha ironizzato l'astronomo americano Anthony Aveni, «per noi è come riavviare il contachilometri».


il debito pubblico è come il famoso " Pollo a testa"


il debito pubblico è come il famoso " Pollo  a 
testa"


banchieri truffa-debito-pubblico
Notizia di pochi giorni fa, data con gran pompa da tutti i media: “Italia: il debito pubblico sfonda i 2.000 miliardi”. L’Ansa, nell’occhiello, aggiungeva: “Pesa per ben oltre 33mila euro su ogni cittadino, bebè compresi”.
Mi dispiace essere ripetitivo, ma anche stavolta faccio appello a chi ha ancora mantenuto un residuo di facoltà razionali (e d’amor patrio). È mai possibile ridurre a barzelletta un tema così essenziale, coinvolgendo anche i neonati e, specialmente, mettendola su un piano di “responsabilità individuale”?
Che cosa vuol dire, altrimenti, “bebè compresi”, se non enfatizzare il fatto che “siamo tutti sulla stessa barca” e che dobbiamo dunque “rimboccarci le maniche” per “risolvere il problema”? Un “problema” che, oltretutto, vien fatto percepire come un capriccio del fato, come una sciagura ineluttabile capitataci tra capo e collo, e non come un esito perseguito metodicamente da qualcheduno a suo proprio ed esclusivo beneficio. Eh sì, il “debito pubblico” diventa come la casa che va a fuoco, e tutti sono tenuti a gettare secchi d’acqua, senza porsi il dubbio su chi ha appiccato l’incendio e perché. Una spada, una ghigliottina che pende sulla testa di tutti quanti, “bebè compresi”, quindi bisogna prenderne atto e frugarsi le proverbiali tasche. Con la nemmeno troppo velata insinuazione che se questo “debito” c’è, la colpa è di tutti noi, nessuno escluso, che viviamo “sopra le righe” e dobbiamo perciò “tirare la cinghia”. Questo intendono farci pensare, ‘sta genia di filibustieri.
Peccato che la “soluzione”, per chi imposta la faccenda del “debito pubblico” in questo modo truffaldino, sia regolarmente quella di dover versare sempre più soldi nelle casse di uno Stato imbelle, gestito da camerieri dei banchieri e burattini della grande finanza. Uno Stato in mano a personaggi che sanno benissimo come funziona la “fabbrica del debito”, ma che manco per sogno – visto che sono lautamente pagati per tacere e sviare l’attenzione – si azzardano a metterne in discussione il meccanismo perverso e diabolico. Anzi, sono messi lì apposta per dare veste “legale” al più grande crimine della storia.
Al riguardo, la confusione regna sovrana nella testa della maggioranza delle persone, cosicché la truffa della “moneta-debito” prosegue indisturbata. Che ci si può fare se sono stati raggirati con tutta una serie di falsi problemi: fino a un po’ di tempo fa c’erano le ideologie ed i “partiti ideologici” ad infervorare il popolo-bue (per i più attempati, esistono ancora i sindacati), e se da vent’anni a questa parte il “problema Berlusconi” ha rappresentato un ottimo diversivo, con “la crisi”, l’unica preoccupazione pare essere diventata “la casta” dei politici spendaccioni e dissoluti, che avrebbero, in quanto specchio di un’Italia con le tasche bucate, alimentato la “spirale del debito” e delle esangui casse dello Stato (e di ogni altro ente pubblico).
In questo contesto deprimente, l’unica stupidaggine che circola, a livello di massa, sul tema della moneta, è la diatriba tra i favorevoli e i contrari all’Euro, come se la questione si riducesse al “ritorno alla lira”, che furbescamente ogni tanto qualche demagogo rispolvera dall’armamentario degli argomenti per i gonzi.
Ma nessuno pone la questione centrale della proprietà della moneta, perché è quella che permette di stabilire cosa farne e a beneficio di chi.
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Ora, nel mondo cosiddetto “democratico”, la proprietà della moneta è in mani assolutamente private. Private come possono essere le mie o le vostre, o quelle di una qualsiasi S.p.A. Ma nell’informazione data in pasto al popolo non lo spiegano (e nemmeno i sedicenti “esperti” che scrivono sulle “pagine economiche”), non accennandovi nemmeno per sbaglio, privilegiando invece le baruffe chiozzotte sulle “primarie” o il “ritorno di Berlusconi”.
Eppure, se solo si pone caso ai dettagli, anche solo lessicali, delle notizie che circolano sugli stessi media ufficiali, ci si rende conto che c’è qualcosa che non va. Il problema è però che la maggior parte delle persone non presta attenzione ai particolari per risalire al generale, né è abituata a collegare tutti i pezzi di un “discorso” che nelle loro menti deve restare diviso in mille “argomenti” per essi senza alcuna interconnessione. A questo ci abituano sin dall’infanzia… Per questo è così facile per degli illusionisti da strapazzo confondere le idee in campagna elettorale e per tutto il resto dell’anno con argomenti di nessuna importanza elevati a livelli stratosferici per il solo fatto di parlarne di continuo.
Che cos’è, altrimenti, una cosa completamente insensata come “il costo del denaro” di cui si sente continuamente parlare? Sì, ogni tanto qualcuno si lamenta dei “tassi” che la BCE applica all’Italia piuttosto che alla Germania, ma sono discorsi fatti giusto per allungare il brodo e alimentare, già che ci siamo, un “nazionalismo” innocuo ed un sentimento anti-tedesco che ha fatto il suo tempo (e si faccia caso che nessuno s’azzarda mai a seminare sentimenti anti-inglesi).
Ora, se il denaro è un comodo strumento di pagamento (oltre che una misura del valore di un bene o un servizio), come fa ad avere un “costo”??? Mica è una merce! Non si vorrà credere che siamo giunti al punto da considerare “normale” il fatto di “comprare i soldi”!?
È proprio così: gli Stati comprano i soldi (di cui ovviamente hanno bisogno i loro cittadini, le imprese private e gli enti pubblici), da organismi privatissimi che sono le Banche centrali. Chi ha aderito all’euro adesso deve rivolgersi alla Banca Centrale Europea (BCE, che tra l’altro non è nemmeno la proprietaria dell’euro), che lo “presta” a fronte dell’emissione di titoli del “debito pubblico”, gravati da un interesse e garantiti, come ogni prestito che si ‘rispetti’, da beni (pubblici) concreti in caso d’insolvenza (la fine che sta facendo la Grecia).
Pensate un po’ che capolavoro: i diciassette Stati dell’Unione europea che hanno aderito all’euro, sono obbligati, se hanno bisogno di denaro, a prenderlo a prestito, ad usura, dalla BCE. Ecco il perché di tutta quest’attesa salvifica prima di ogni “asta” di titoli: c’è da capire se ce li prenderanno e a quale interesse verranno piazzati presso gli “investitori istituzionali”.
Si noti, per inciso, che è proprio l’applicazione d’un interesse a questa “moneta-debito” prestata di proprietà dei banchieri privati a creare uno dei grandi problemi monetari che da quando siamo nati ci viene sbattuto sui denti a mo’ di ricatto: l’inflazione. Poniamo infatti che io presti un libro ad un amico. Quello, dopo un po’, cosa farà: mi riporterà il medesimo libro oppure un’enciclopedia? Evidentemente non può ridarmi quello che non ha, né sarebbe sensato che indietro gli chiedessi due, tre o più libri, ma coi soldi ha finito per funzionare diversamente perché s’è instaurato un meccanismo perverso: l’usura. Per far fronte a quest’esosa richiesta di soldi in più (gli interessi), ecco che un privato indebitato alzerà i prezzi di beni o servizi, mentre uno Stato indebitato aumenterà le tasse, inventandosene sempre di nuove. Ecco spiegato il “mistero” dell’inflazione: questo denaro perde costantemente di valore perché è gravato dagli interessi!
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È o no una follia? Uno Stato, che dovrebbe detenere la massima autorità, e tutelare i propri cittadini (compresa la loro capacità economica), prende a prestito il denaro che gli serve, e per far questo s’indebita con dei privati, che dunque si dimostrano più potenti dello Stato stesso! Lo Stato è ridotto per l’appunto come un poveraccio che per avere una casa si fa un mutuo e finirà per pagarla il doppio del suo valore di mercato. O come un malato terminale, che per sopravvivere si fa fare delle “iniezioni di liquidità” (il linguaggio è sempre rivelatore).
Ma questo può avvenire solo ad una condizione, ed è bene ripeterlo perché c’è in giro troppa sopravvalutazione della cosiddetta “casta” dei politici: che a governare gli Stati siano messi, da parte dei “signori del denaro”, delle mezze calzette acquiescenti e sempre disponibili ad indebitare sempre più i loro connazionali, “bebè compresi”.
Lo Stato, una volta che ha rinunciato alla prerogativa di “battere moneta” (oggi ce l’ha solo per quanto riguarda le monete metalliche), è perciò un puro contenitore vuoto. Da riempire, però, con il gettito di tasse e tributi che verranno richiesti con sempre maggiore insistenza ai cittadini, sotto forme sempre più esose, vessatorie ed assurde, com’è il caso dell’IMU, una tassa per poter stare in casa propria!
Si tratta, per chi ha capito l’essenziale del meccanismo perverso della “moneta-debito”, di un gorgo potenzialmente senza fondo, perché la spirale dell’indebitamento attraverso l’emissione di “titoli del debito pubblico” gravati da interesse – che finiscono per giunta in mano agli stessi “padroni dell’euro”, i quali potranno rimetterli sui “mercati” per specularci e far salire il tasso d’interesse (il famoso “spread” che sale è legato a questo) -, questa spirale, dicevo, è di quelle al cui fondo c’è solo la fagocitazione dei beni di tutti quanti non saranno in grado di esaudire le richieste in denaro di uno Stato sempre più tirannico perché con l’acqua alla gola, pressato dai “signori del denaro” che esigono il pagamento degli interessi (il capitale è praticamente inesigibile, ma la logica dello strozzino non prevede forse che lo strozzato gli rimanga perennemente legato?).
Ma, peggio ancora, alla fine c’è solo la schiavitù vera e propria, perché tutti (dall’imprenditore all’operaio) sono costretti a lavorare come asini da soma per procurarsi questi stramaledetti soldi che poi, tra tasse, imposte e “scadenze” (si pensi alle “assicurazioni”, alle “revisioni” eccetera eccetera) finiranno tutti di nuovo nelle mani dei loro autentici ed unici proprietari.
Quindi una cosa è da capire bene: che i “signori del denaro” usano lo strumento del denaro non per arricchirsi (questo è l’obiettivo della massa, dall’imprenditore al mentecatto che compra i “gratta e vinci”), ma per dominare le vite altrui derubando innanzitutto la cosa più preziosa di cui ciascuno dispone: il tempo.
Come dicevo, non veniamo mai abituati a mettere insieme i vari pezzi del discorso, sebbene la scuola insista sull’importanza del “ragionare”, ma se tanto mi dà tanto le famose “corvée” (le giornate di lavoro del servo della gleba destinate al “signore”) non sono forse la stessa cosa delle giornate che, conti alla mano, uno lavora per ridare tutto indietro allo Stato? E che dire della “decima”, questo spauracchio che deve terrorizzare gli ignari studenti, da abituare all’idea che la religione ha sempre tiranneggiato la vita delle persone? Magari oggi che la potessimo risolvere con un decimo!
Ma a questo punto arriva l’obiezione che mira a mettere k.o. ogni argomentazione alternativa al vigente andazzo: “Come si fa a garantire i “servizi pubblici” se lo Stato non (tar)tassa i cittadini? Vogliamo rinunciare all’acqua in casa, ai trasporti pubblici, all’illuminazione, alle scuole, alla sanità pubblica eccetera?”.
Certamente no, ma tra “municipalizzate” compartecipate da privati che ragionano in termini di profitto (fino allo scandalo dei tentativi di privatizzare l’acqua!); tasse che richiedono una copertura sempre più consistente del servizio erogato (è di questi giorni la novità della Tares, al posto della Tarsu, la quale oltre alla nettezza urbana coprirà anche le spese per l’illuminazione pubblica e la manutenzione delle strade); un biglietto di bus e metro carissimo (1,50 euro) che incoraggia l’uso dell’auto per tragitti medio-brevi e spostamenti familiari; una scuola pubblica sempre più “parcheggio”, destituita di autorevolezza, che infarcisce i giovani di un conformismo atto a farli diventare da adulti delle brave “pecore da tosare”; un’obiettiva insana abitudine a recarsi di continuo dal dottore e in ospedale da parte degli anziani (che anziché essere in pace con se stessi sono “attaccati” al mondo come solo la prospettiva atea può far fare); tra tutte queste cose, scelte a titolo d’esempio, ci rende conto che questi famosi “servizi” non sono poi così a buon mercato, né convenienti, né di buon livello (tranne le classiche eccezioni che confermano la regola), né utilizzati in maniera consapevole e sensata, ed infine nemmeno tanto “pubblici”, visto che il “privato” ci si è intrufolato sempre di più.
Allora, a fronte della fatidica domanda di cui sopra, uno si chiede: ma come faceva lo stesso Stato, ancora negli anni Settanta, a garantire servizi complessivamente migliori e a costi nettamente inferiori per le tasche dei cittadini? Si pensi solo alla nettezza urbana, con un personale (il famoso “spazzino”) che aveva un lavoro vero, sicuro, ancorché modesto (ma tanto, tale è rimasto); oppure agli autobus cittadini, dove esisteva la figura del bigliettaio… Questo non per fare del “passatismo”, ma per rispondere implicitamente a quelli che, con le bave alla bocca, imbeccati dai soliti in malafede, ritengono che nel “pubblico” ci sia solo da “tagliare” col machete.
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Come faceva allora quello stesso Stato (non stiamo parlando dell’Unione Sovietica o della Corea del Nord!) a garantire tutto ciò, in un contesto che non prevedeva affatto gli attuali esosi e soffocanti livelli di tassazione? Molto semplicemente, era uno Stato che ancora aveva un controllo della politica monetaria. Non era la situazione perfetta, ma molto molto meglio di adesso, per tutti quanti, sia per il dipendente pubblico, che neppure immaginava di dover diventare schiavo di qualche “cooperativa di servizi”, sia per l’utente del servizio. Stiamo parlando, inoltre, di una situazione reale, non di un’ipotesi, nella quale uno solo, il maschio, nella maggior parte dei casi mandava avanti la baracca più che dignitosamente. Ciascuno tragga le sue conclusioni.
Ora, di fronte ad uno Stato che s’indebita sempre più (il “debito pubblico” è ovviamente salito anche con questo “governo tecnico”), con la moneta saldamente in mano a privati che lo strangolano volutamente, la soluzione è d’una semplicità disarmante.
Basta rifiutarsi di “pagare il debito” (dove sono finiti i cantanti “alternativi” che indicavano questa strada ai “paesi del Terzo mondo”?) e contemporaneamente riprendere il controllo dello strumento monetario. In fondo non ci vuole molto a mettere su una tipografia, no? Perché è quello che è, a ben vedere, la BCE e qualsiasi altra “banca centrale” che fa pagare a chi s’indebita (gli Stati) il valore nominale scritto sulla banconota mentre i costi di stampa sono nell’ordine di qualche centesimo!
Avete capito bene: la Banca centrale – che ora è la superbanca centrale europea, sommatoria delle finte banche “nazionali”in realtà private – stampa le banconote e le presta agli Stati al valore nominale: 50 euro costano allo Stato 50 euro più gli interessi, eppure quei 50 euro hanno solo un costo tipografico! Un’altra truffa nella truffa.
Oltretutto, si rifletta su una cosa comica ma che in realtà è tragica: che differenza c’è tra i falsari dei film alla Totò e le banche di emissione? Nessuna, perché entrambi stampano soldi come una tipografia: anzi, allo Stato, se proprio non ci tiene a riappropriarsi della moneta, costerebbe certamente meno comprare i soldi dai falsari a Napoli, che magari 50 euro te li vendono a 10 facendoci comunque un superguadagno perché la stampa di una banconota costerà qualche centesimo di euro!
Non si capisce davvero razionalmente quale convenienza vi sia nel proseguire su questa strada, se non rammentandosi sempre che nelle posizioni che contano hanno piazzato esclusivamente uomini di loro fiducia. Gli Stati non sono interessati a riappropriarsi della proprietà della moneta, del diritto di “battere moneta” che da sempre è una delle prerogative dell’autorità (assieme a quello del “monopolio della forza”), perché sono occupati, in tutti i loro gangli, da fedelissimi del sistema bancario-finanziario, e tutti fanno “la bella vita” votando le leggi che danno “legittimità” a questo crimine che non ha pari nella storia dell’umanità.
A ripristinare una normalità ci vorrebbe solo un impavido manipolo di patrioti – o meglio ancora un santo – che, azzerando tutte queste “leggi”, riportassero la banca, finalmente nazionale per davvero, a svolgere un ruolo di sostegno all’attività politica dello Stato. Lo Stato, perciò, dovrebbe emettere per proprio conto, senza rivolgersi a nessun privato camuffato da “banca centrale”, il denaro  di cui ha bisogno per la propria vita economica.
Ma nel vigente regime, l’indebitamento è strutturale, non una “stortura”. Gli Stati, e perciò le nazioni, le collettività, s’indebitano per il semplice fatto che non detengono più la proprietà della moneta.
La situazione appena delineata, già allucinante, diventa follia allo stato puro quando si sente aleggiare la minaccia del “fallimento dell’Italia”, e per evitarlo si propone di “salvare le banche”! Punto primo, uno Stato, se con ciò s’intende correttamente una collettività nazionale che gli preesiste, non può fallire, eppure la cosa tragica è che fior fior di “esperti” assicurano il contrario. A questa gentaglia senza coscienza andrebbe posta una semplice domanda: “Secondo lei, la gallina smette di fare le uova se – accettando questa demenziale prospettiva – ‘l’Italia fallisce’?”. “E sempre nella medesima demenziale prospettiva, l’uovo non troverebbe nessuno che se lo mangia e sia disposto perciò a comprarlo?”. I soliti “esperti” hanno pronta la risposta: “Eh, ma se non ci sono i soldi per comprare l’uovo…”. Ma brutti delinquenti, allora ditelo che il problema è l’indisponibilità della moneta, dello strumento di pagamento!
E ci venite pure a raccontare – sempre col ricatto della volatilizzazione dei nostri risparmi – che dovremo dissanguarci per “salvare le banche”? Che sono aziende private, quindi soggette a fallimento come tutte le altre, ma evidentemente dall’orecchio del “libero mercato”, adorato quando fa comodo, non ci sentono proprio.
Mettiamocelo bene in testa, dal momento che ci si avvicina alle prossime elezioni, in un crescendo di promesse da marinaio, frasi ad effetto e cortine fumogene: uno Stato governato secondo sani principi è proprietario, per conto dei cittadini, della moneta nazionale, e le banche dovrebbero tornare fondamentalmente a svolgere la custodia di denaro ed altri valori, percependo per questo un compenso. Mentre adesso prestano ad interesse, sfruttando il fatto che solo una piccola parte dei depositi viene ritirata dai correntisti: se solo fossimo un minimo svegli pretenderemmo la corresponsione d’un interesse (che le banche non danno più), perché i soldi giacenti sui nostri conti vengono prestati di continuo a tassi usurari, magari proprio a noi stessi!
Tutto ciò è profondamente immorale ed ingiusto. Ma ci siamo mai chiesti perché tutte le religioni postulano l’illegalità d’ogni interesse? Perché stabiliscono che è proibito fare soldi dai soldi? No, meglio impressionare gli ignari studenti con la “decima” percepita dal clero: la scuola, si sa, dev’essere “progressista”!
Eppure, l’unica tassa che avrebbe senso sarebbe una tassa di natura religiosa, come l’islamicazakât, che trovando la sua ragion d’essere in una “purificazione” della propria ricchezza, ci riporta al piano che è più consono ad un ordinamento sano e a misura d’uomo, d’un uomo che intende elevarsi e non stare sulla terra a fare la pelle al prossimo. La tassa, dunque, come abitudine al distacco dal superfluo, incoraggiando la circolazione del denaro perché in questo modo tutti ne beneficiano. La zakât, infatti, colpisce i capitali fermi da un anno, e l’etimologia, collegata al  verbo zakkâ (“purificare”), ci ricorda la sua natura “edificante”.
Guarda caso, l’attuale “crisi” è “crisi di liquidità”: lo sa bene chi ha in mano il ‘rubinetto del denaro’. Per qualche anno apre il ‘rubinetto’ (erogazione di prestiti con estrema facilità, e tutti si comprano di tutto, pure esagerando), poi comincia a chiuderlo, e in un regime di esosa tassazione, cronica inflazione e disoccupazione crescente (gli stessi piccoli imprenditori, con l’acqua alla gola, devono licenziare), esplode il numero degli insolventi, di quelli che non ce la fanno a stare al passo, col risultato che mentre li han fatti trottare una vita per pagare rate ed interessi, beni reali (comprati “a rate”) finiscono fagocitati dai “prestatori di denaro”. Il gorgo di cui parlavo, alla cui fine c’è la schiavitù pura e semplice, perché cosa resterà a chi ha perso tutto se non prendere atto che la sua vita è nelle mani di costoro?
Il“debito” è poi già una cosa negativa di per sé, anche se non volessimo muovere da una prospettiva religiosa. Ma fanno di tutto per assuefarci ad una sua “normalità”. Dai “debiti scolastici” che abituano lo studente all’andazzo che lo attenderà da grande, a queste uscite senza senso secondo le quali un “bebè” verrebbe al mondo con un’ipoteca sulla sua piccola testolina di circa 33.000 euro.
Non so se si rendono conto dello schifo che fanno certe affermazioni, anche per il solo fatto di averle pronunciate. Come si fa a pensare ad un neonato, ad una creatura così pura e senza peccato, e collegarlo all’idea di un “debito”? C’è senz’altro della perfidia e della malvagità, dal chiaro marchio di fabbrica, dietro a quelle che non vanno valutate come innocue battute.
Questa storia dei 33.000 euro di “debito” sulla crapa di ciascuno di noi ricorda tanto quella del “pollo a testa”. Ma come esistono quelli che di polli ne mangiano a sazietà, con l’ovvia controparte di chi dovrà accontentarsi del ‘pollo’ della statistica, c’è chi sulla sua coscienza ha tutta l’esclusiva responsabilità dei 2.000 e passa miliardi di cosiddetto “debito pubblico”.