giovedì 3 maggio 2012

Da Barcellona a Parigi, una miccia pronta a far saltare l’Europa


Da Barcellona a Parigi, una miccia pronta a far saltare l’Europa

giovedì 3 maggio 2012
FINANZA/ Da Barcellona a Parigi, una miccia pronta a far saltare l’Europa
Mario Draghi, verrebbe da dire, ha scelto la cornice adatta per mettere a disagio i falchi della Bundesbank sul fatto che qualcosa non funziona nella terapia teutonica della crisi, tutta austerità e niente sviluppo. Oggi, infatti, come capita due volte l’anno, la Banca centrale lascia la confortevole sede dell’Eurotower di Francoforte per una tappa itinerante. Ma stavolta i membri del direttorio non verranno accolti dalla solenne e austera cornice della Berlino post-moderna, come accadde pochi mesi fa, bensì se la vedranno con Barcellona, turbolenta e arrabbiata capitale del dissenso della vecchia Europa. Tanto che, in vista del meeting dei banchieri, la Spagna ha sospeso l’accordo di Schengen e inviato 6.500 poliziotti di rinforzo alla polizia catalana.
In realtà, è da escludere che dietro la scenografia del summit più drammatico per l’Europa ci sia la mano di Draghi: le sedi dei summit sono scelte con largo anticipo. Anzi, c’è il sospetto che la decisione di far tappa a Barcellona, a suo tempo, sia stata presa nella convinzione che, di questi tempi, l’Ue si sarebbe lasciata alle spalle i problemi più drammatici, Grecia in testa. Ahimè, mai ottimismo fu più improvvido. Risuona sinistro il vaticinio lanciato meno di due settimane fa da George Soros a Berlino in occasione del meetig del suo Institute for New Economic Thinking: la situazione dell’Unione europea ricorda quella dell’Unione Sovietica all’inizio degli anni Novanta. Una provocazione? Vero, ma nemmeno peregrina vista la situazione.
Quindici Paesi su 27 della Comunità europea sono ufficialmente in recessione. Sul piano politico, l’elettorato anti-europeo conta un voto su tre in Francia (ammesso e non concesso che gli elettori di François Hollande e Nicolas Sarkozy siano tutti pro-Bruxelles) e si profila un voto di protesta anti-euro sia in Grecia che in Irlanda. L’involuzione finanziaria dello spazio comune è ancor più preccupante: il 39% delle risorse raccolte dalle banche italiane grazie all’operazione Ltro voluta da Draghi è servita a comprare titoli di Stato abbandonati dalle controparti del Nord Europa. La percentuale sale addirittura al 48% per la Spagna.
Insomma, il debito sta tornando “domestico”. E l’assenza di capitali, dirottato sul debito pubblico, riduce le già scarse risorse da destinare agli investimenti. L’austerità si traduce, in assenza della valvola di sfogo della svalutazione, in una brutale deflazione (meno occupati, più emigrazione, meno salario) per il Sud Europa che rischia, a giudicare dagli ultimi numeri, di infettare anche le capitali del Nord: un debitore che smette all’improvviso di far nuovi debiti mette in crisi anche il creditore. Di riflesso, nota Soros, alla Bundesbank si sta già studiando lo scenario di una possibile scissione, con l’evidente preoccupazione di ridurre ancora il rischio del non pagamento da parte degli Stati del Sud. Solo un esercizio teorico, ma, nota Soros, idee del genere possono accelerare processi destinati a diventare realtà.
Insomma, la riunione di Barcellona si apre in un clima incandescente. Le armi a disposizione della Bce, in assenza di scelte politiche “forti” sono limitate. Difficile un calo dei tassi, visto il livello dei prezzi dell’energia. Quasi impensabile la ripresa di operazioni non convenzionali, tipo l’acquisto di asset. Gli effetti dei prestiti di Draghi, pur così utili nel breve, oggi, in assenza di mosse politiche di rilievo, rischiano di rivelarsi dei “semplici palliativi”, nota l’ex segretario al Tesoro Usa Lawrence Summers. “La ricetta europea - scrive sul Financial Times - scambia le cause con gli effetti. L’Europa, con l’eccezione della Grecia che pesa per il 2%, non paga un eccesso di spesa o di dissipazione: Spagna e Irlanda cinque anni fa avevano numeri migliori della Germania, l’Italia ha un debito pesante ma ottimi fondamentali sul deficit. La crisi nasce dal terremoto della finanza internazionale che ha sconquassato le finanze nazionali. Non viceversa”.
Per questo l’austerità rischia di aggravare i problemi. “Per carità, l’intervento sulle pensioni o sulla burocrazia o regole più flessibili sul lavoro - continua l’economista - sono ottime cose, che produrranno effetti nel tempo. Ma ora bisogna intervenire sulle cause, non sui sintomi, Altrimenti, come sa ogni buon medico, il malato peggiora”. Di qui il suggerimento di mettere a disposizione i “tesoretti nazionali” a suo tempo affidati alla Bce per dar vita a un vero piano espansivo. Parole del genere, solo pochi mesi, avrebbero suscitato reazioni stizzite a Berlino o a Parigi. Ma il clima è cambiato, come dimostra l’accoglienza attenta alla Bundesbank di uno degli economisti “eretici” più noti: il chief strategist di Nomura, il taiwanese Stephen Koo, che ha studiato a fondo la crisi giapponese.
In questi casi di recessione, ha detto ospite della banca centrale di Francoforte, le recessioni del nostro tempo, ha detto, non bastano i tassi bassi o nuovo credito che tanto non verrà usato. O le riforme strutturali che accresscono sì la competitività, ma richiedono anni per produrre i primi effetti. Perciò, l’unica strada sensata è una politica fiscale espansiva. L’esatto opposto di quanto è stato fatto nel Vecchio Continente.
Eppure, va riconosciuto, l’Europa non è rimasta ferma: Atene ha evitato il default; Draghi ha messo sul piatto mille miliardi di prestiti a costo quasi zero per le banche, azzerando il rischio della mancanza di liquidità; è stato ratificato il Fiscal Compact; sono state aumentate le dotazioni comunitarie in materia anticrisi, sommando i mezzi dell’Efsf a quelli dell’Esm. Infine, proprio alla vigilia del vertice in terra di Catalogna, l’Unione europea sta raggiungendo un compromesso sull’applicazione di Basilea 3, a proposito del capitale necessario per le banche.
Già il solito compromesso che salvaguarda le banche tedesche e francesi (in difficoltà con criteri più severi) dalla concorrenza altrui anche a costo di “annacquare” l’accordo già siglato presso la Bri. Ma tutto questo, che forse poteva essere sufficiente un paio d’anni fa quando nemmeno il critico più feroce avrebbe scommesso sul rischio della frattura dell’Unione europea (non solo o non necessariamente dell’euro), oggi rischia di non bastare più.
È l’opinione che si fa strada in Usa, ma anche in Cina a giudicare dall’appello lanciato da Li Kequiang, prossimo leader del Drago. Per questo molti guardano con attenzione alle prossime elezioni francesi come alla miccia che può far saltare il castello di carte montato con tanta fatica da frau Merkel e Nicolas Sarkozy. Un castello che forse oggi vacillerà sotto i fischi di Barcellona.



Signori Ma questa è l'italia che disegna monti?? ma l'europa??


E noi dobbiamo pagare l'IMU......?? >FATE GIRARE!!! 

Per il bene dell'europa tifo FRANCOIS HOLLANDE


NICOLAS SARKOZY E FRANCOIS HOLLANDE: LO SCONTRO FINALE METTE IN DISCUSSIONE I SONDAGGI

3 MAGGIO 2012.  A partire dalle 21.00 di mercoledì 2 maggio, Nicolas Sarkozy e François Hollande hanno giocato il tutto per tutto per convincere gli elettori che ciascuno di loro era il candito migliore, per continuare ad essere o divenire, il Presidente della Repubblica Francese.
SARKOZY E HOLLANDE
Il dibattito è stato trasmesso e seguito, non solo in Francia, ma anche in Europa, quasi come se quello di domenica sarà un risultato capace d’influenzare e modificare il futuro non solo della Francia ma anche dell’Europa visto che la possibile vittoria di uno dei due candidati potrebbe portare ad un profondo cambiamento della politica e degli assetti europei con conseguenze diverse su ciascuna nazione, non in ultima la nostra.
Il dibattito ha visto Nicolas Sarkozy e François Hollande presentare il loro programma e cercare di sminuire o contrastare il punto di vista o il pensiero dell’altro; a far da mediatori Laurence Ferrari di TF1 e David Pujadas di France 2 che per tutta la serata sono rimasti inespressivi come i croupier di un Casinò addetti solo a lanciare la palle e ritrarsi immediatamente dopo.
In prima battuta quello che emerge dall’incotro è la fedeltà del dibattito con quanto pronosticato dai media francesi e europei: Hollande avrebbe dato prova di calma e tranquillità, Sarkozy avrebbe perso la pazienza. E questo di fatto si è verificato durante quasi tutto il dibattito, ma in modo diverso da come lo si poteva immaginare.
Leggendo infatti i commenti su molti siti web francesi, inglesi e anche italiani è emerso che la serenità di Hollande, non appare ostentata, ma è quasi una dote innata; in lui, tecnocrate di origine ancor prima che politico di esperienza, la capacità di non perdere mai la calma qualsiasi cosa dica o per ogni cosa senta, che si è protratta per le quasi tre ore del dibattito, ha sorpreso tutti, fin quasi da non sapere come interpretare un autocontrollo tanto ferreo.
In molti hanno interpretato la calma sfoggiata da Hollande come eccessiva sicurezza di se. Tantissimi, soprattutto francesi hanno scritto che Hollande si è portato troppo avanti, ha parlato da vincitore, da nuovo Presidente e questo ancor prima di avere la vittoria in tasca. I sondaggi che inizialmente davano Hollande in netto vantaggio rispetto a Sarzoky ora rimettono in discussione l’esito delle votazioni di domenica.
Sarkozy per parte sua, ha rispettato a sua volta le aspettative, si è innervosito, lo ha dato a vedere, ma lasciando sorpresi tutti, non ha perso mai la lucidità nella sfida di questa sera. Sarkozy, nonostante il fastidio suscitato dall’uomo qualunque, Hollande, con il suo temperamento mite e l’aria dimessa, non ha perso occasione per ricordare che per essere Presidente delle Repubblica francese occorre essere un uomo speciale, e non un banale tecnocrate o un uomo che in passato fu il portaborse di Mitterand.
Difficile dire chi dei due abbia primeggiato durante il dibattito. Se fosse stata una partita di calcio avremmo parlato di un pareggio con una lieve tenuta di campo a favore di Sarkozy. Infatti, per quanto Hollande sia costantemente cresciuto nel corso della campagna elettorale, Sarkozy alla fine pare sia risultato più gradevole agli elettori o se non altro più sicuro di se, in un certo senso più adatto ad essere Presidente. Sembra difficile, se non impossibile, per Hollade levarsi di dosso l’aria da impiegato contabile.
Sarkozy  e Hollande hanno snocciolato una gran quantità di cifre e al contempo, solo raramente, hanno mostrato di essere in  disaccordo fin anche sui numeri e sui dati presentati, per il quali non poche volte si sono scambiati, molto poco gentilmente, l’accusa di dire menzogne.
Gli elettori hanno osservato che in più occasioni Hollande si sarebbe mostrato sgarbato rispetto a Sarkozy, perché lo avrebbe interrotto troppo spesso e perché avrebbe avuto la tendenza a parlare “su di lui”.
Sarkozy è partito all’attacco ricordando ad Hollande che dietro di lui c’era stato DSK (Dominique Strauss Kahn) e questo ha dato un po’ di vantaggio a Sarkozy, mentre per contro, ha imposto ad Hollande ricominciare sulla difensiva. D’altronde, Hollande non poteva fare altro che dire quanto sostenuto fin da subito, cioè che conosceva l’uomo politico e le sue capacità come economista non certo poteva entrare nel merito dalla vita privata di DSK.
Hollande però ha reso il favore a Sarkozy e prima che il dibattito finisse non ha perso occasione per ricordare a Sarkozy che c’era stato un tempo in cui era stato amico del nostro ex Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Sarkozy non ha certo difeso l’amicizia e l’ha smentito immediatamente mostrandosi anzi infastidito; Hollande imperterrito gli ha ricordato come lui e Berlusconi facessero parte dello stesso partito all’interno della rappresentanza europea, ma Sarkozy ha respinto anche questa possibilità ricordando che Berlusconi faceva riferimento solo a Berlusconi.
Sarkozy si gioca il tutto per tutto sul tema dell’immigrazione comunicando di voler commisurare il numero degli accoglimenti alla situazione economica del paese che al momento non può garantire gli stessi numeri che aveva offerto nel passato, imponendo dei limiti anche nella politica dei ricongiungimenti famigliari che devono essere ulteriormente limitati da alcuni fattori quali: reddito, abitazione, permanenza nel paese, conoscenza della lingue francese e delle istituzioni etc.
Hollande invece su questo tema appare più fumoso, chiaramente non vuole deludere le aspettative che la sinistra ha sempre difeso come l’accoglimento degli stranieri in numero maggiore rispetto alla destra. Su questo tema Hollande ha riproposto il tema del voto degli immigrati alle elezioni municipali.
Questa possibilità agli inizi del duemila era stata già ventilata dallo stesso Sarkozy, ma come dice ora, i tempi sono cambiati, e la componente musulmana non può essere trascurata. Questo tema per qualche istante ha rischiato di far finire Sarkozy alle corde, perché Hollande continuava ad incalzarlo rimproverandogli di legare il tema dei diritti a quello della religione. Tuttavia, Sarkozy, da politico consumato qual’è non ha dimenticato gli elettori di Marine Le Peni. Così alla fine ha giocato la carta della franchezza e senza temere di cadere in quello che potrebbe essere considerato politicamente scorretto ha dichiarato: “il diritto di voto per gli stranieri, non significa canadesi, norvegesi o americani, ma i nordafricani, africani sub-sahariani, algerini …” così che con poche battute torna il tema del burqa e della carne “halal”. Prima però di introdurre questi temi, astutamente fa un cenno alle sue origini ungheresi e dice: “so da dove vengo” . Hollande che all’inizio sembra più sicuro di se, su questo punto ha iniziato a incespicare sulle procedure per immigrati illegali e Sarkozy ne ha approfittato per ricordare che tra le sue intenzioni c’è quella proprio di dimezzare il numero degli immigrati e limitare agli stranieri non europei i benefici che le istituzioni francesi concedono ai propri cittadini.
Sarkozy, nonostante le esperienze recenti e drammatiche del Giappone, riesce a togliersi d’impiccio egregiamente anche sul tema delle centrali nucleari. Hollande infatti aveva impostato parte della sua campagna elettorale sulla volontà di chiudere la  centrale nucleare di Fessenheim ormai vecchia di trent’anni e di ridurre per la Francia il ricorso all’approvvigionamento di energia elettrica da fonte nucleare. Sarkozy ha preso però la palla al balzo, ricordando come in Francia esista un ente indipendente che si occupa di energia nucleare con il quale il Presidente della Repubblica deve sapersi confrontare. In oltre, ha ricordato ai francesi, come l’utilizzo delle centrali nucleari in Francia abbia permesso di tenere i costi dell’energia elettrica del 30% inferiori rispetto a quelli di altre nazioni europee che perseguono nella strada delle energie da fonti tradizionali e rinnovabili più costose comunque dell’energia nucleare e in un momento di crisi questo argomento non può essere ignorato dall’elettorato e Sarkò lo sa bene.
Hollande si è dimostrato per contro più brillante sul tema dell’occupazione e della scuola, spazio che ha usato per ricordare ai francesi, il grave stato di abbandono in cui si trova la scuola francese  e il bisogno che essa ha di rilanciarne competenza e meriti. Questo può avvenire solo attraverso un piano di nuove assunzioni (parla di migliaia) e della ripresa di corsi di formazione che invece erano stati sospesi durante il governo Sarkozy, per dare la precedenza invece alla formazione universitaria degli insegnati, così per lo meno lo ha inteso Sarkozy.
Di parare completamente opposto a quello di Hollande,  Sarkozy per gli insegnanti ha anzi proposto un’ulteriore riduzione di numero e l’incremento per quelli rimasti delle ore di attività che dovrebbero passare dal 18 a 26. Per contro gli insegnanti riceverebbero un incremento del proprio stipendio del 25% circa.
I due aspiranti presidenti si sono ritrovati nuovamente agli antipodi sul tema dell’Afghanistan: secondo Hollande occorre ritirare le truppe francesi entro il 2012, perché l’operazione è costosa, le truppe sono esposte inutilmente ad un ingiusto pericolo per via della guerra talebana e i risultati, nonostante gli aiuti alla popolazione, sembrano ben lontani dall’essere prodotti.
Per le stesse ragioni Sarkozy ha detto che la Francia non può venir meno agli impegni internazionali, per rispetto dei parenti delle vittime e per i sacrifici compiuti non può abbandonare il campo ora che la situazione non è ancora normalizzata e che la Francia rispetterà gli accordi internazionali fino a riconsegnare l’Afganistan alle truppe di Karzai non appena si creeranno le condizioni di sicurezze stabilite in accordo con i Partner europei e americani.
Da qui, il passo è breve per parlare di Europa, lasciando indietro le polemiche di Hollande sulla Merkel e la Germania (polemiche che sono condivisibili da chiunque dotato di un minimo di buon senso), sono finiti a scontrarsi Hollande patrocinando la causa delle rivisitazione del Fiscal Compact e Sarkozy, che ha rimproverato ad Holland di essere anacronistico e di non rispettare gli impegni internazionali per eccesso di fantasia e mancanza di lungimiranza, di rivedere gli accordi di Schengen qualora non sarà posto un argine ai flussi migratori che dal Magreb e dall’Africa Subsahariana confluiscono in massa all’interno dei territori francesi.
Alla fine del dibattito, quello che ha colpito di più è stato che Hollande ha continuato a parlare agli elettori di sinistra, cercando di portarli tutti al voto domenica, mentre Sarkozy, ha tenuto un dibattito in cui non ha mai perso d’occhio il suo vecchio elettorato, non a caso è sempre stato considerato il presidente della classe medio alta, ma ha fatto il possibile per conquistare gli orfani di Le Pen, che sono quasi un buon 20% che secondo le indicazioni della propria leader dovrebbero restare a casa o votare scheda bianca. Ma Sarkozy non ha smesso neppure di strizzare l’occhio alla piccola percentuale degli aventi diritto che domenica scorsa è  finita per restare a casa.
Per capire però chi sarà il vero vincitore dello scontro televisivo, che altro non è che il fulcro di una campagna elettorale combattuta fino all’ultimo giorno senza esclusione di colpi, occorrerà attendere il 6 maggio, e forse aspettare fino all’ultimo quando ogni scheda sarà contata e controllata. Secondo un sondaggio condotto alla fine del dibattito dal quotidiano francese (versione online) Le Figarò, solo il 18,08″ degli spettatori ha cambiato opinione sui candidati dopo aver assistito al dibattito televisivo, mentre l’80,92% ha ammesso di aver tenuto la propria opinione invariata.
Quindi come dicevano all’inizio, finora né vinti né vincitori; però sarebbe utili capire com’è ripartita la percentuale di quelli che hanno votato si, così da poter pronosticare se Sarkozy sarà riuscito nell’intento, quasi disperato stando alle votazioni di domenica scorsa, di far flettere l’ago della bilancia dalla sua parte.

L’UOMO E’ L’UNICO ANIMALE CHE ARROSSISCE, MA E’ L’UNICO AD AVERNE BISOGNO (MARK TWAIN)


L’UOMO E’ L’UNICO ANIMALE CHE ARROSSISCE, MA E’ L’UNICO AD AVERNE BISOGNO (MARK TWAIN)

Oggi il giudice sarà chiamato a pronunciarsi sulla sorte dei 12 attivisti, arrestati sabato, che hanno contribuito alla liberazione di alcuni cuccioli dall’allevamento lager di Montichiari. Le accuse sono pesanti: rapina, resistenza e violenza a pubblico ufficiale, furto aggravato in concorso e violazione di domicilio aggravata in flagranza di reato; rispetto ai reati contestati il giudice dovrà decidere se per i dodici ci sarà la liberazione o il fermo in carcere.
Un portavoce di Occupay Green Hill, si è dichiarato fiducioso in merito alla scarcerazione dei 12 arrestati. Ma il punto non è se questi signori ora saranno scarcerati o meno, il punto è che sono stati arrestati e questa è assoluta follia, ovvero, anziché arrestare e processare chi tortura gli animali ( e a Green Hill viene fatto, poiché forniscono i cuccioli per la vivisezione e fino al momento della sperimentazione vengono tenuti in condizioni deplorevoli), sono stati arrestate delle persone oneste che volevano salvare dei cagnolini che per altro la legge italiana protegge.
Tuttavia la polizia non avrebbe arrestato le 12 persone in “flagranza di reato” ma il tutto sarebbe avvenuto nell’area circostante la zona industriale di Montichiari. La notizia dei 30 cuccioli liberati ha fatto il giro del mondo, Brigitte Bardot ha scritto un messaggio al Ministro della Giustizia Paola Severnino a cui ha chiesto di ”vegliare alla liberazione” dei militanti di Green Hill, che considera dei ”resistenti”.
Nella sua lettera Brigitte Bardot scrive: “Dei cittadini italiani sono riusciti ad introdursi nel campo per liberare, simbolicamente, una trentina di cuccioli che non avrebbero mai visto la luce del giorno, condannati alla tortura o alla morte. Questi cittadini sono oggi dei resistenti, possono contare sul mio sostegno più totale perchè non è possibile accettare questa scandalosa vivisezione, non abbiamo il diritto di chiudere gli occhi davanti all’inferno promesso a milioni di animali sacrificati per una scienza senza coscienza (…) tredici militanti sono stati fermati, hanno agito senza premeditazione, con il cuore e la ragione, non devono essere condannati perche’ hanno dato prova di umanità in un mondo dove predominano vigliaccheria ed egoismo (…) I miei pensieri  vanno oggi a questi coraggiosi militanti e ai beagles usciti dall’inferno, salvati dalla Auschwitz a cui sono condannati i loro fratelli. In questo contesto, Le chiedo di vegliare alla liberazione di questi innocenti che non hanno fatto altro se non liberare altri innocenti. Conto su di lei”.
Ovviamente, rispetto a quello che sta accadendo a Green Hill e ai 12 arrestati, la politica resta indifferente, il paraocchi che indossa da sempre non gli consente di interpretare quelli che sono i desiderata degli italiani, infatti, secondo un sondaggio dell’Eurispes, l’86% degli italiani è contrario alla vivisezione e del resto lo è anche la gran parte del mondo scientifico che considera questa pratica come dannosa e inutile. Ricordiamo che lo scienziato per eccellenza, Albert Einstein, scriveva della vivisezione: “Nessuno scopo è così alto da giustificare metodi così indegni.”
Solo Michela Brambilla, ex ministro del Turismo, da sempre convinta sostenitrice dei diritti degli animali, si è recata in carcere per incontrare gli attivisti arrestati, dove per altro 4 hanno cominciato lo sciopero della fame. La Brambilla ha dichiarato che quanto fatto dagli attivisti è stato generato “dal livello di esasperazione dei cittadini che non intendono più tollerare la presenza di tale vergognosa attività nel nostro paese”.
La notizia dei cuccioli liberati e l’arresto  degli attivisti ha fatto il giro del mondo e il web è ricco di pagine dedicate alla causa e al sostegno per il movimento che chiede la chiusura di Green Hill.
Anche Anonymous, da sempre in difesa dei diritti dei più deboli, è intervenuto inviando un messaggio attraverso il sito del ANLAIDS (associazione italiana per la lotta contro l’Aids): “Vogliamo mandare un forte messaggio di solidarietà agli attivisti arrestati e a tutti coloro che si battono per dare voce a chi non ce l’ha. Ci scagliamo contro l’industria della vivisezione: pratica barbara, arretrata e sanguinaria finalizzata alla sofferenza e al profitto delle avide Lobbies”.
Anonymous chiaramente non condivide le pratiche del gruppo di ricerca dell’Anlaids e così scrive: “Salve, Mengele del nuovo millennio. La vostra Associazione deturpa il reale fine della ricerca scientifica con insanguinate atrocità: quelle della vivisezione. Pratica barbara, inutile e oramai superata da tecniche valide e prive di crudeltà, la sperimentazione animale è moralmente e scientificamente inaccettabile. Se Voi assaltate la Vita noi assaltiamo i Vostri siti.”
Anonymous ha attaccato anche il sito della Riccò Alete che è un azienda di Mantova fornitrice di Green Hill a cui ha scritto: “Salve, speculatori grondanti di sangue. Fate parte della macabra lista dei fornitori legati al lager Green Hill: non è forse deplorevole sostenere gli infami aguzzini di vite innocenti? Come potete supportare i Mengele del nuovo millennio? Offrite i vostri servizi a un’azienda di vili criminali senza scrupoli che, quotidianamente, ingrassano le loro sporche tasche con il dolore di centinaia di beagle considerati pura merce sulla quale lucrare. Ieri, alcuni di loro hanno finalmente potuto vedere la luce del sole e respirare aria pulita grazie all’intervento di meravigliosi attivisti. Angeli liberatori che sono stati prontamente incarcerati dalla pseudo legalità italiana. Coloro che han piegato quel maledetto filo spinato per donare Libertà alle vittime dello sfruttamento sono eroi. Noi siamo lì, accanto a loro, in quelle celle anguste ove ora si trovano reclusi. Liberazione ad ogni costo e con ogni mezzo! Questo è solo l’inizio. La libertà è eterea e non può essere arrestata.”
L’assurdità di quanto sta accadendo ai 12 attivisti è sotto gli occhi di tutto il mondo, in Italia ci sono ladri e delinquenti che rovinano le istituzioni e compiono danni alle persone, tutti queste persone sono libere, vedi per esempio Lusi, che ha ammesso spontaneamente di avere rubato milioni di euro di denaro pubblico, che sono a casa loro godendo degli agi che hanno guadagnato con il furto e l’inganno, e chi invece, come gli attivisti di Occupay Green Hill e Liberate Green Hill, sono stati arrestati con l’accusa di rapina, e per cosa? per aver liberato dei cagnolini che sarebbero finiti sotto le grinfie di quelli che come giustamente Anonymous scrive, sono i Mengele del nuovo millennio.
Come diceva Mark Twain “L’uomo è l’unico animale che arrossisce, ma è l’unico ad averne bisogno”; bene, se tra i politici italiani esiste ancora qualcuno in grandi di arrossire e provare vergogna, che rimedi ai mali del passato e si dia una mossa, perché è meglio tardi che mai.
La classe politica italiana, si era levata indignata, segnandosi la fronte e il petto, quando in passato si è parlato di eutanasia, di accanimento terapeutico. Tutti, nessuno escluso, parlavano del diritto alla vita, di Dio che da e Dio che toglie. Allora dove sono finiti tutti quei ben pensati trasudanti di buoni principi? Forse, per chi è religioso la vita degli animali non vale proprio nulla? Non mi pare che la Chiesa insegni questo e non a caso San Francesco è il Santo Patrono d’Italia, che adorava gli animali e li considerava propri fratelli perché come l’uomo figli di Dio.
Allora visto che in Italia, la morale cattolica è sempre stata attiva e presente in molte delle scelte politiche compiute dal nostro paese, è ora che si faccia sentire. E’ ora che si senta anche la sua voce. Nessuno può tacere davanti a 2500 cani allevati in Italia e che presto saranno spediti nei laboratori per essere torturati, nessuno può tacere davanti a 12 persone incarcerate per averne liberati alcuni.