lunedì 14 gennaio 2013

Swartz, Anonymous hackera il sito del Mit «Rappresaglia contro una giustizia perversa»


Swartz, Anonymous hackera il sito del Mit
«Rappresaglia contro una giustizia perversa»

L'azione contro il ruolo dell'ateneo nel suicidio del fondatore di Reddit, finito sotto inchiesta per aver rubato 4,8 milioni di articoli

Il fondatore di Reddit Aaron Swartz morto suicida venerdì scorso a New YorkIl fondatore di Reddit Aaron Swartz morto suicida venerdì scorso a New York
Proteste e proposte. Polemiche e tentativi di hackeraggio (riusciti) di una delle principali istituzioni universitarie del mondo. La morte di Aaron Swartz, il ventiseienne talento della tecnologia suicidatosi a New York lo scorso 11 gennaio, provoca mobilitazioni, in rete e furoi, attorno alle posizioni della famiglia del giovane cofondatore di Reddit. E In Italia si annuncia un'iniziativa nazionale per condividere e diffondere pubblicamente documenti scientifici.
LA PERSECUZIONE - Il Massachusetts Institute of Technology è stato accusato di persecuzione giudiziaria, dopo che Aaron aveva messo in rete gratuitamente milioni di articoli accademici. Su Twitter ci sono i tristi messaggi di addio di grandi nomi del web, tra cui Tim Berners-Lee («Abbiamo perso un figlio») e Lawrence Lessig. E sul popolare sito di microblogging moltissimi ricercatori stanno pubblicando gratuitamente i documenti relativi ai loro studi, con l'hashtag #pdftribute, per ricordare la battaglia per la condivisione dell'informazione combattuta da Aaron.
LA VENDETTA - Da qui anche la vendetta di Anonymous:
i guerriglieri della rete hanno hackerato il sito di Mit (Massachusetts Institute of Technology) in rappresaglia per il ruolo che l'ateneo ha avuto nella morte del co-fondatore di Reddit. Il gruppo ha sferrato un attacco denial of service per mettere ko il sito dell'università affiggendovi poi un messaggio: «Se il governo ha contribuito o meno al suo suicidio, l'azione della magistratura contro Swartz è stata una grottesca ingiustizia, una distorsione perversa della giustizia per cui Aaron si batteva».
L'INCHIESTA - Swartz era finito sotto inchiesta due anni fa per aver prelevato 4,8 milioni di articoli accademici dal sito a pagamento JStor e averli messi in rete dopo aver avuto accesso alla rete del campus di Mit. Se condannato, il giovane genio del web rischiava di scontare oltre 30 anni di prigione e una multa di un milione di dollari. Nuovi particolari intanto sono emersi sulle ultime ore di Aaron. Due giorni prima di togliersi la vita, il ragazzo, che i difensori della libertà di rete considerano un loro Robin Hood aveva appreso che, anche in caso di patteggiamento, sarebbe finito in carcere.
L'IPOTESI DI ACCORDO - Secondo quanto ha appreso il Wall Street Journal, l'avvocato di Swartz, Elliott Peters, aveva discusso la possibilità di un accordo lo scorso autunno con il vice procuratore federale Stephen Heyman. Si era sentito rispondere che Aaron avrebbe dovuto dichiararsi colpevole per ogni capo di imputazione e che il governo avrebbe insistito comunque per un periodo di detenzione. Peters ha detto di aver parlato con Heyman di nuovo mercoledì scorso cercando di trovare un compromesso: il magistrato era stato implacabile. Swartz si è impiccato venerdì sera nella sua casa di Brooklyn.

Marchinne||impara daVolkswagen: record vendite 2012 (+11,2%) Ad Winterkorn, gruppo focalizzato al 100% su crescita


Volkswagen: record vendite 2012 (+11,2%)

Ad Winterkorn, gruppo focalizzato al 100% su crescita



(ANSA) - BERLINO, 14 GEN - Nuovo record di vendite per Volkswagen: nel 2012 il gruppo automobilistico tedesco ha piazzato sul mercato complessivamente 9,07 milioni di vetture, l'11,2% in piu' rispetto al 2011. Lo ha reso noto il ceo del gruppo, Martin Winterkorn, alla vigilia dell'inaugurazione del salone internazionale dell'auto di Detroit, negli Usa.

''Volkswagen e' focalizzata al 100% sulla crescita'', ha dichiarato Winterkorn da Detroit, secondo quanto riporta la stampa tedesca.

Fuoco su aereo,300 italiani fermi a Cuba Atterraggio emergenza dieci minuti dopo il decollo


Fuoco su aereo,300 italiani fermi a Cuba

Atterraggio emergenza dieci minuti dopo il decollo



(ANSA) - MASSA CARRARA, 14 GEN - Un aereo della Blue Panorama con 300 turisti italiani é stato costretto ad un atterraggio di emergenza a Cuba per l'avaria ad un motore. Paura, ma i passeggeri sono tutti illesi. Secondo quanto detto da uno dei passeggeri, un professionista di Massa, il Boeing 767 era partito da Cayo Largo sabato per Milano. Il principio d'incendio ad un motore subito dopo il decollo, da qui l'atterraggio di emergenza all'Havana. I turisti sono ora in attesa di un altro volo.

Monti: no pulsioni devastanti, scontri No Tav-polizia Manifestanti lanciano oggetti, carica polizia fuori porta Susa


Monti: no pulsioni devastanti, scontri No Tav-polizia

Manifestanti lanciano oggetti, carica polizia fuori porta Susa


MONTI INAUGURA STAZIONE TORINO, IN PIAZZA NO TAV E CUB

"'Occorre vincere le pulsioni istintive, pero' devastanti, che talvolta hanno bloccato la realizzazione di infrastrutture che sono importanti per il sistema dei trasporti e la competività del nostre Paese". Lo ha detto il premier Mario Monti, *  alludendo alla Torino-Lione, pur senza mai nominarla.
Tensioni fuori dalla stazione di Torino Porta Susa, dove e' il presidente del Consiglio Mario Monti. La polizia ha effettuato una carica di alleggerimento nei confronti di un gruppo No Tav che manifestava in piazza XVIII Dicembre, di fronte alla stazione. La carica e' scattata in seguito al lancio di alcuni oggetti verso le forze dell'ordine da parte dei No Tav, che hanno anche tentato di aggirare lo sbarramento della polizia per avvicinarsi a Porta Susa.
I No Tav che protestano sono un centinaio. Dopo la carica della polizia, alcuni manifestanti si sono dileguati nelle vie limitrofe alla piazza di fronte alla stazione. La situazione è poi tornata alla calma e il presidio No Tav si è ricostituito. Le forze dell'ordine, secondo quanto si apprende, hanno fermato due manifestanti per identificarli.
La nuova stazione di Porta Susa "è una immagine concreta del paese che avanza, aperto, dinamico, coraggioso che sa rinnovarsi e non ha paura del nuovo". Così il presidente del Consiglio, Mario Monti, all'inaugurazione della rinnovata stazione di Torino Porta Susa.
 "Desidero ringraziare il presidente del Consiglio, che per la seconda volta è venuto a Torino, e manifestargli la stima e l'apprezzamento della città per l'opera faticosa a cui si è dedicato in questo anno cruciale per il Paese". Lo ha detto il sindaco di Torino, Piero Fassino, all'inaugurazione della stazione di Porta Nuova, rivolgendosi al premier Mario Monti.
*lo dice uno che non ha il cuore che per la ragion di stato farebbe morire il popolo..ma allora non è uno statista!!perche' votarlo!!

Vento forza 8 a Napoli, stop ad aliscafi In servizio solo i traghetti, condizioni meteo in peggioramento


Vento forza 8 a Napoli, stop ad aliscafi

In servizio solo i traghetti, condizioni meteo in peggioramento



(ANSA) - NAPOLI, 14 GEN - Vento di libeccio forza 8 e mare agitato forza 4-5 stanno causando disagi ai collegamenti marittimi nel golfo di Napoli: fermi gli aliscafi, sono in attivita' solo i traghetti.

Nella prima mattinata un solo mezzo veloce e' partito da Napoli con destinazione Capri. Le previsioni annunciano un peggioramento delle condizioni del mare nelle prossime ore.

Signoraggio bancario, l’origine sconosciuta del debito pubblico….


Signoraggio bancario, l’origine sconosciuta del debito pubblico….





Signoraggio bancario, l’origine sconosciuta del debito pubblico
di Gianfredo Ruggiero
In molti pensano che il debito pubblico sia il saldo negativo tra le entrate e le uscite del bilancio statale causato dai quei governi spendaccioni che negli ultimi decenni ci hanno fatto vivere al di sopra delle nostre possibilità. Non è così. L’incapacità, gli sprechi e le ruberie dei politici contribuiscono solo ad alimentarlo. La causa è ben altra.
All’origine del debito pubblico, che ha generato nei conti dello Stato una voragine in continuo aumento, vi è un meccanismo ben congeniato definito “Signoraggio”. Un termine, non a caso, di origine medioevale.
Partiamo dalla Banca d’Italia che non è la Banca dello Stato Italiano, bensì un consorzio di banche private. Lo Stato è presente attraverso l’INPS e l’INAIL con un minuscolo 5,6%, questo per giustificare la definizione di Ente di Diritto Pubblico.
La Banca d’Italia – ora filiale della Banca Centrale Europea, anch’essa privata – svolge sostanzialmente due compiti. Il primo è quello di organo di controllo sull’operato degli Istituti di credito (in pratica le banche controllano se stesse). Il secondo gli viene attribuito dallo Stato che concede loro il diritto esclusivo di stampare banconote, poi cedute al governo in cambio dei titoli di debito pubblico (BOT, CCT, CTZ, ecc.).
Queste “cambiali” sono a loro volta piazzate dalle banche sui mercati finanziari internazionali a tassi stabiliti dagli stessi mercati. In pratica l’entità del debito pubblico, da cui deriva la politica finanziaria di una Nazione, non la decidono i governi bensì gli onnipotenti mercati. Ossia una dozzina di banche e società finanziarie che attraverso potentissimi software, con un clic del loro mouse fanno crollare intere economie al solo scopo di incrementare a dismisura i loro guadagni e preparare il terreno per il successivo indebitamento degli stati, e rattrista assistere al timore reverenziale espresso nei loro confronti dai nostri politici ed economisti.
Allo Stato rimane la proprietà delle sole monete metalliche coniate dalla Zecca, senza interessi e costi aggiuntivi, che valgono però solo il 2% della massa monetaria circolante.
Il meccanismo in sintesi è questo: la Banca d’Italia, che in questo caso si comporta come una semplice tipografia, stampa una banconota, ad esempio da 500 euro, il cui costo di produzione è di circa 30 centesimi tra filigrana e inchiostro e la cede alla Stato, non al costo di produzione maggiorato del suo guadagno, come logica vorrebbe, bensì al suo valore nominale: 500 euro. E’ come se il tipografo, a cui è stata commissionata la stampa dei biglietti d’ingresso di un cinema, si facesse pagare l’importo scritto sul biglietto.
Non è finita: questo foglietto di carta colorata non viene venduto allo Stato, seppur ad un prezzo assurdo, bensì dato in affitto e, cosa ancora più scandalosa, senza alcun possibilità di riscatto. Lo Stato per tutta la sua esistenza pagherà alle banche private gli interessi su delle banconote che in teoria gli dovrebbero appartenere. Un gran bell’affare, con c’è che dire…
Analizzando i dati ISTAT del periodo 1990/2008 si può notare come il debito pubblico, per effetto dell’anatocismo (interessi sugli interessi), è costituito nella sua totalità da interessi (96,5%).
Se lo Stato si riappropriasse del diritto di stampare moneta l’Italia non avrebbe debiti e le risorse rese disponibili sarebbero impiegate esclusivamente il benessere del popolo italiano.




Petrolio, gas e uranio: la Guerra Infinita ora trasloca in Mali


Petrolio, gas e uranio: la Guerra Infinita ora trasloca in Mali


Tripoli e Gaza, Damasco e Kabul, Baghdad e Mogadiscio. Missili, droni e petroliere che salpano con scorta militare, per paura dei pirati. Ricchi contro poveri, secondo un copione sempre più confuso: la secessione filo-occidentale del Sud-Sudan petrolifero appena infrastrutturato dalla Cina e il rapido congelamento della “primavera araba”. Eliminato Gheddafi, ora tocca al Mali, il “nuovo Afghanistan”, raccontato come ultimo terreno di lotta scelto dal radicalismo islamico per battersi contro l’Occidente. Non è solo quello, avverte Ennio Remondino: al contrario dell’Afghanistan, il Mali custodisce immense riserve di petrolio e gas algerino, accanto a nuovi giacimenti scoperti in Niger e in Mauritania. Inoltre, il Mali confina con le maggiori riserve mondiali di uranio, ed è al centro delle rotte europee dei clandestini e della droga. Dall’aprile 2012, “Al Qaeda nel Maghreb islamico” (Aqim) controlla questo territorio: e da lì può influire sulla trasformazione radicale delle rivolte nei paesi arabi.
Se il regime di Gheddafi poteva qualificarsi come “stabilizzatore” dell’area, arginando il fondamentalismo armato, la regione ha perso l’ultimo grande Parà francesi in Malipolitico autorevole nel lontano 1978: Thomas Sankara, padre fondatore del Burkina Faso, era divenuto il leader del riscatto nonviolento dell’Africa. Non sopravvisse allo storico discorso del vertice di Addis Abeba sulla cancellazione del debito con cui l’Occidente perpetua la schiavitù finanziaria del continente nero e la rapina delle sue risorse: Sankara fu assassinato in un attentato che inchieste indipendenti attribuiscono alla Francia, con l’appoggio della Cia e di forze africane, dalla Costa d’Avorio alla Libia di Gheddafi. Unico capo di Stato africano a chiedere formalmente la liberazione di Nelson Mandela, allora detenuto, Sankara guidò una rivoluzione radicale e senza violenze, con un unico obiettivo: restituire sovranità politica ed economica all’Africa, cominciando dal Burkina Faso. Era una rivoluzione pericolosa, perché potenzialmente contagiosa: mentre il Burkina è poverissimo, i suoi vicini sono ricchi di materie prime. Niger, Mauritania. E appunto: Mali.
Una guerra contro i “crociati”: questo l’odierno proclama di “Aqim”, che minaccia i 5.000 francesi tuttora residenti nel paese sub-sahariano. Sul fronte opposto, l’esercito maliano è appoggiato dalla Cedeao, Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale, con 3.500 soldati provenienti da Niger, Nigeria e Togo, più Senegal, Benin, Ciad e Burkina Faso, a bilanciare la defezione di Costa d’Avorio, Mauritania e Liberia, mentre l’Algeria resta su posizioni attendiste perché non gradisce “aiuti” occidentali nell’area. Venti di guerra: «Sul fronte occidentale – scrive Remondino su “Globalist” – da sempre Usa e Francia si sono dichiarati favorevoli a una soluzione armata stile Libia, disponibili per fornire logistica e addestramento». Secondo “Washington Post”, “Le Figaro” e “Jeune Afrique”, gli Stati Uniti potrebbero utilizzare droni, mentre Parigi ha già dato il via alle forze speciali già presenti nella regione, dotate di supporto aereo. Con 500.000 sfollati su 15 milioni di abitanti, l’opzione militare era data per scontata da mesi: Onu, Cedeao, guerriglieri malianiUnione Africana e Ue condividono il timore di un’implosione del Mali attraversato da spinte secessioniste, col radicamento di gruppi islamici radicali e la destabilizzazione dell’intera regione.
Pesa l’incertezza del potere locale, tra scosse e colpi di Stato come quelli organizzati da Amadou Toumani Touré, ex generale, alle prese con le ribellioni nel nord del paese e i movimenti Tuareg dell’Azawad, un milione e mezzo di nomadi. Clientele tribali: «Il favoritismo verso dirigenti mediocri, la corruzione, l’incanalamento delle risorse verso la capitale che assorbe il 90% di abitanti a danno delle regioni del nord e la penetrazione dei gruppi jihadisti di matrice qaedista nel Sahel – scrive Remondino – hanno progressivamente eroso le capacità mediatrici di Touré», convinto di poter controllare Aqim anche grazie al supporto occidentale – uomini e mezzi – nella “lotta al terrorismo”. Ma il vento che spira dal Mediterraneo cambia in fretta, aggiunge Remondino: tra l’Africa che assaggia la democrazia e l’estremismo c’è di mezzo la Libia. Sono almeno 2-3 mila uomini ben addestrati i reduci Tuareg della guerra libica combattuta al fianco di Gheddafi: tornati a casa, nel nord del Mali, hanno chiesto l’indipendenza Thomas Sankaradella regione, pena l’avvio della guerriglia, affrontata da un esercito maliano «demotivato» e assistito dai francesi.
La situazione precipita a marzo, con il golpe del capitano Amadou Sanogo, che spacca in due in paese sbriciolando l’esercito. Risultato: qaedisti insediati a Timbuctù e in gran parte del territorio, fino alla periferia della capitale, Bamako. La guerriglia islamica diretta da comandanti algerini si prepara a esercitare la “legge coranica” nelle città conquistate e i militari invocano l’aiuto internazionale. Capitola il golpista Sanogo, che si impegna a restituire il potere formale al Parlamento, mentre l’Onu rifiuta di intervenire con una forza armata, lasciando così esplodere lo scontro – militare, politico e religioso – tra i Tuareg dell’Azawad e i jihadisti. Vincono questi ultimi, scacciando i Tuareg. «Su invito del “Consiglio per la Sicurezza e la Pace” riunito a luglio dall’Unione Africana ad Addis Abeba – racconta Remondino – si cerca di ottenere l’invio di una forza militare internazionale per fronteggiare i qaedisti ed evitare il loro radicamento nel nord», mentre il Mali torna a invocare l’aiuto dell’Onu. «Nell’attesa, la Francia decide per tutti, con i propri parà ma con l’aiuto dei droni Usa». Servirebbe un politico prestigioso, ma non c’è più. L’ultimo è stato ucciso 35 anni fa. Era pericoloso: sosteneva che la ricchezza dell’Africa dovesse restare agli africani.

Gallino: agenda Monti impraticabile, senza moneta sovrana


Gallino: agenda Monti impraticabile, senza moneta sovrana


L’agenda Monti, cioè quella di Bruxelles, è tecnicamente impraticabile: 50 miliardi l’anno di tagli extra, più 80 miliardi di interessi sul debito pubblico. Tutto questo grazie al Fiscal Compact, il grande tabù della campagna elettorale, chi si evita accuratamente di analizzare. Lo denuncia il sociologo Luciano Gallino: gli impegni-capestro contratti dal nostro paese e dagli altri Stati membri dell’Unione Europea con il Trattato sulla stabilità e la governance nell’unione economica e monetaria, imporranno all’Italia decenni di impoverimento. Secondo l’articolo 4 del trattato sui bilanci europei, ogni Stato deve infatti ridurre di un ventesimo all’anno la quota del proprio debito. Per il 2013 significa tagli per 50 miliardi, ma la cifra nei prossimi anni potrebbe ulteriormente crescere, visto l’aumento continuo del nostro debito, senza più l’argine di una banca centrale sovrana che emetta denaro a costo zero.
Un simile impegno, riconosciuto come fondamentale della cosiddetta agenda-Monti, imporrebbe al nostro paese continue manovre “lacrime e Mario Montisangue” fino al dimezzamento del debito pubblico. «Ma anche il programma del centrosinistra si guarda bene dal rimettere in discussione gli impegni assunti con l’Europa», osserva Gad Lerner nel suo blog. «Uno sforzo così significativo, che in una simile fase di contrazione economica è stato sospeso dalle stesse autorità comunitarie: un regolamento del Consiglio Europeo ha infatti dilazionato al 2015 l’applicazione cogente dell’articolo 4 del Fiscal Compact, ma non è escluso che anche questo trattato sarà “pensionato” come già successo al Patto per la Stabilità e la Crescita». In un’Europa oberata dal debito, privato e sovrano, l’economia di molti paesi non ha la capacità di ripagare simili “rate”, pena la propria autodistruzione.
Con un Pil annuo pari a 1600 miliardi di euro, la cui crescita è debole da molti anni, secondo Gallino il nostro paese non ha la capacità di generare simili risorse economiche, a meno di ridurre in povertà larga parte della popolazione tramite la cancellazione di ulteriore spesa sociale e l’inasprimento della tassazione. «Il problema – aggiunge Lerner – è inoltre aggravato dal fatto che il debito si autoalimenta quando il tasso di crescita reale è inferiore al costo reale medio del debito». Una situazione che l’Italia vive da molto tempo, e che non pare poter mutare nel breve o medio periodo, a meno di un’ulteriore stretta della repressione finanziaria attuata da governi e banche centrali a livello mondiale.
Nell’editoriale dell’8 gennaio su “Repubblica”, Gallino rimarca come le proposte “classiche” per ridurre l’indebitamento – ovvero le privatizzazioni, la dismissione del patrimonio pubblico, il taglio di svariati punti di spesa pubblica secondo la teoria chiamata “Affamare la bestia”, cioè togliere risorse allo Stato – siano in realtà incapaci di generare entrate finanziarie tali da permettere il rispetto del Fiscal Compact. «La stessa storia recente, come il parziale fallimento delle privatizzazioni nei paesi in eurocrisi, oppure Luciano Gallinol’esito negativo delle cartolarizzazioni di Tremonti, rendono assai deboli queste misure».
Gallino propone allora una diversa misura, attualmente vietata dai Trattati europei, ovvero il finanziamento diretto del deficit attraverso l’intervento delle banche centrali, che tornerebbero ad essere prestatrici di ultima istanza, in una prospettiva di recupero della sovranità finanziaria. Il sociologo torinese cita il programma “Ltro” lanciato dalla Bce a fine 2011 per fornire circa 1000 miliardi di liquidità al sistema creditizio europeo, al fine di evitare o almeno mitigare il cosiddetto “credit crunch”. L’Eurotower ha fornito questa imponente somma ad un tasso di interesse assai contenuto, solo l’1%, ma si tratta di un intervento rivolto alle banche. Per Gallino, anche gli Stati dovrebbero beneficiare di un simile intervento: una misura che dovrebbe portare ad una profonda revisione dei Trattati europei, mutando definitivamente il ruolo della Bce.

La vera storia dei due marò: colpevoli e mai incarcerati


La vera storia dei due marò: colpevoli e mai incarcerati

Hanno davvero ucciso due pescatori innocenti scambiandoli per pirati, sparando da una nave che non si trovava affatto in acque internazionali ma vicina alla costa indiana. Una volta arrestati, non hanno trascorso un solo giorno in carcere ma sono stati sempre ospitati in strutture confortevoli e hotel di lusso. Il governo italiano ha ammesso il loro errore e, intanto, ha provveduto in via extragiudiziale a risarcire le famiglie delle vittime. Questa la vera storia dei due marò del San Marco, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trasformati in eroi nazionali: per “Giap”, il magazine curato dalla Wu Ming Foundation, si tratta di «una delle più farsesche “narrazioni tossiche” degli ultimi tempi». Verso Natale, la “narrazione tossica” «ha oltrepassato la soglia dello stomachevole, col presidente della Repubblica intento a onorare due persone che comunque sono imputate di aver ammazzato due poveracci (vabbe’, di colore…), ma erano e sono celebrate come… eroi nazionali. “Eroi” per aver fatto cosa, esattamente?».
La fonte della ricostruzione di “Giap” è il giornalista Matteo Miavaldi, che vive in Bengala ed è caporedattore per l’India del sito “China Files”, I due marò con Napolitanospecializzato in notizie dal continente asiatico. «Il 22 dicembre scorso – scrive Miavaldi – Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i due marò arrestati in Kerala quasi 11 mesi fa per l’omicidio di due pescatori indiani, erano in volo verso Ciampino grazie ad un permesso speciale accordato dalle autorità indiane. L’aereo non era ancora atterrato su suolo italiano che già i motori della propaganda sciovinista nostrana giravano a pieno regime, in fibrillazione per il ritorno a casa dei “nostri ragazzi”, promossi in meno di un anno al grado di eroi della patria», anche se il semplice resoconti dei fatti – ormai accertati dal tribunale indiano e di fatto accettati anche dalle autorità italiane – racconta tutta un’altra storia, dolorosa e tragica ma non certo eroica.
E’ il 15 febbraio 2012 e la petroliera italiana Enrica Lexie viaggia al largo della costa del Kerala, India sud-occidentale, in rotta verso l’Egitto. A bordo ci sono 34 persone, tra cui sei marò del Reggimento San Marco col compito di proteggere l’imbarcazione dagli assalti dei pirati: un rischio concreto, lungo la rotta che passa per le acque della Somalia. Poco lontano, il peschereccio indiano St. Antony trasporta 11 persone. Intorno alle 16.30 si verifica l’incidente: l’Enrica Lexie è convinta di essere sotto un attacco pirata, i marò sparano contro la St. Antony e uccidono Ajesh Pinky (25 anni) e Selestian Valentine (45 anni), due membri dell’equipaggio. La St. Antony riporta l’incidente alla guardia costiera del distretto di Kollam che subito contatta via radio l’Enrica Lexie, chiedendo se fosse stata coinvolta in un I funerali dei pescatori uccisiattacco pirata. Dall’Enrica Lexie confermano e viene chiesto loro di attraccare al porto di Kochi.
La Marina Italiana ordina ad Umberto Vitelli, capitano della Enrica Lexie, di non dirigersi verso il porto e di non far scendere a terra i militari italiani. Il capitano – che è un civile e risponde agli ordini dell’armatore, non dell’esercito – asseconda invece le richieste delle autorità indiane. La notte del 15 febbraio, sui corpi delle due vittime viene effettuata l’autopsia. Il 17 mattina vengono entrambi sepolti. Il 19 febbraio Massimiliano Latorre e Salvatore Girone vengono arrestati con l’accusa di omicidio. La Corte di Kollam dispone che i due militari non finiscano in un normale carcere ma siano tenuti in custodia presso una “guesthouse” della Cisf (Central Industrial Security Force), il corpo di polizia indiano dedito alla protezione di infrastrutture industriali e potenziali obiettivi terroristici. «Questi i fatti nudi e crudi. Da quel momento – continua Miavaldi – è partita una vergognosa campagna agiografica fascistoide», capitanata dal quotidiano “Il Giornale”, che ha coinvolto persino l’ufficio stampa della Ferrari di Luca Cordero di Montezemolo, pronto a sventolare il tricolore mescolando Formula Uno e marò del San Marco.
Per il governo Monti, scrive il giornalista italiano di “China Files”, il caso dei due marò ha rappresentato il primo grosso banco di prova davanti alla comunità internazionale, «escludendo la missione impossibile di cancellare il ricordo dell’abbronzatura di Obama, della culona inchiavabile, del lettone di Putin, della nipote di Mubarak, dell’harem libico nel centro di Roma e tutto il resto del repertorio degli ultimi 20 anni». Qualche esempio di strumentalizzazione? Margherita Boniver, senatrice Pdl, il 19 dicembre «riesce finalmente a fare notizia, offrendosi come ostaggio per permettere a Latorre e Girone di tornare in Italia per Natale». La segue a ruota Ignazio La Russa, Pdl, che il 21 dicembre annuncia di voler candidare i due marò nelle liste del suo nuovo partito, “Fratelli d’Italia”. «L’escamotage, che serve a blindare i due militari entro i confini italiani, è rimandato al mittente dagli Boniver e La Russastessi Latorre e Girone, irremovibili nel mantenere la parola data alle autorità indiane».
Il governo italiano, continua Miavaldi nella sua ricostruzione, ha sostenuto che l’Enrica Lexie si trovasse a 33 miglia nautiche dalla costa del Kerala, ovvero in acque internazionali, il che avrebbe dato diritto ai due marò ad un processo in Italia. La tesi è stata sviluppata basandosi sulle dichiarazioni dei marò e su non meglio specificate “rilevazioni satellitari”. Secondo l’accusa indiana, l’incidente si era invece verificato entro il limite delle acque nazionali: Girone e Latorre dovevano essere processati in India. Nonostante la confusione causata dai contrapposti campanilismi della stampa indiana e italiana, la posizione della Enrica Lexie non è più un mistero: hanno ragione gli indiani. Lo hanno dimostrato il 18 maggio gli investigatori: secondo i dati recuperati dal Gps della petroliera italiana e le immagini satellitari raccolte dal Maritime Rescue Center di Mumbai, l’Enrica Lexie si trovava a 20,5 miglia nautiche dalla costa del Kerala, nella cosiddetta “zona contigua”, cioè il tratto di mare che si estende fino alle 24 miglia nautiche dalla costa, entro le quali è diritto di uno Stato far valere la propria giurisdizione.
Sgombrato il campo da un’altra tesi fantastica (non sono stati i marò a sparare, ma qualcun altro, a bordo di una seconda nave che incrociava nelle vicinanze), a inchiodare i militari italiani è anche la perizia balistica, che parte dai 16 fori di proiettile rilevati sul peschereccio: gli esami confermano che a sparare contro la St. Antony furono due fucili Beretta in dotazione ai marò, fatto supportato anche dalle dichiarazioni degli altri militari italiani e dei membri dell’equipaggio a bordo sia dell’Enrica Lexie che della St. Antony, precisa sempre Miavaldi. Lo ammette persino il diplomatico Staffan De Mistura, sottosegretario agli Esteri del governo Monti: «La morte dei due Staffan De Misturapescatori è stato un incidente fortuito, un omicidio colposo: i nostri marò non hanno mai voluto che ciò accadesse, ma purtroppo è successo».
A questo punto, conclude “China Files”, possiamo tranquillamente sostenere che l’Enrica Lexie non si trovava in acque internazionali, e che i due marò hanno effettivamente sparato e ucciso. «Sono due fatti supportati da prove consistenti e accettati anche dalla difesa italiana, che ora attende la sentenza della Corte suprema circa la giurisdizione». Questo infatti è l’unico punto ancora in discussione: secondo la legge italiana e i suoi protocolli extraterritoriali, in accordo con le risoluzioni dell’Onu che regolano la lotta alla pirateria internazionale, i marò a bordo della Enrica Lexie devono essere considerati personale militare in servizio su territorio italiano (la petroliera batteva bandiera italiana) e dovrebbero godere quindi dell’immunità giurisdizionale nei confronti di altri Stati. La legge indiana dice invece che qualsiasi crimine commesso contro un cittadino indiano su una nave indiana – come la St. Antony – deve essere giudicato in territorio indiano, anche qualora gli accusati si fossero trovati in acque internazionali.
A livello internazionale, spiega Miavaldi, vige la Convention for the Suppression of Unlawful Acts Against the Safety of Maritime Navigation (Sua Convention), adottata dall’International Maritime Organization (Imo) nel 1988, che a seconda delle interpretazioni, indicano gli esperti, potrebbe dare ragione sia all’Italia sia all’India. «La sentenza della Corte Suprema di New Delhi, prevista per l’8 novembre ma rimandata nuovamente a data da destinarsi, dovrebbe appunto regolare questa ambiguità, segnando un precedente legale per tutti i casi analoghi che dovessero verificarsi infuturo», aggiunge il reporter di “China Files”. «Il caso dei due marò, che dal mese di giugno sono in regime di libertà condizionata e non possono lasciare piratiil paese prima della sentenza, sarà una pietra miliare del diritto marittimo internazionale».
Descritti come “prigionieri di guerra in terra straniera” o militari italiani “dietro le sbarre”, Latorre e Girone in realtà «non hanno speso un solo giorno nelle famigerate carceri indiane». I due militari del San Marco, in libertà condizionata dal mese di giugno, come scrive Paolo Cagnan su “L’Espresso”, in India sono trattati col massimo riguardo e, in più di otto mesi, hanno sempre evitato le terribile celle dell’India, «alloggiando sempre in guesthouse o hotel di lusso con tanto di tv satellitare e cibo italiano in tavola». Tecnicamente, “dietro le sbarre” non ci sono stati mai. Un trattamento di lusso, accordato fin dall’inizio dalle autorità indiane che, come ricordava Carola Lorea sempre su “China Files” il 23 febbraio, si sono assicurate che il soggiorno dei marò fosse il meno doloroso possibile.
Tutto questo, mentre in Italia si scatenava la peggiore propaganda sciovinista. Lo stesso governo Monti non è rimasto certo con le mani in mano, cercando in ogni modo di «evitare la sentenza dei giudici indiani», ricorrendo persino all’intercessione della Chiesa. «Alcune iniziative discutibili portate avanti dalla diplomazia italiana, o da chi ne ha fatto tristemente le veci, hanno innervosito molto l’opinione pubblica indiana», rivela Miavaldi, che racconta come le autorità italiane abbiano coinvolto un prelato cattolico locale nella mediazione con le famiglie delle due vittime, entrambe di fede cattolica. Lo stesso De Mistura «si è più volte consultato con cardinali ed arcivescovi della Chiesa cattolica siro-malabarese, nel tentativo di aprire anche un canale “spirituale” con i parenti di Ajesh Pinky e Selestian Valentine, i due pescatori morti il pomeriggio del 15 febbraio». L’ingerenza della Chiesa di Roma «non è stata apprezzata dalla comunità locale» che, secondo il quotidiano “Tehelka”, «ha accusato i ministri della Giampaolo Di Paolafede di “immischiarsi in un caso penale”, convincendoli a dismettere il loro ruolo di mediatori».
Il culmine dell’ipocrisia risale al 24 aprile, quando il governo italiano e i legali dei parenti delle vittime hanno raggiunto un accordo economico extra-giudiziario: alle due famiglie, col consenso dell’Alta Corte del Kerala, vanno 10 milioni di rupie ciascuna, in totale quasi 300.000 euro. Dopo la firma, aggiunge Miavaldi, entrambe le famiglie hanno ritirato la propria denuncia contro Latorre e Girone, lasciando solo lo Stato del Kerala dalla parte dell’accusa. «Raccontata dalla stampa italiana come un’azione caritatevole, la transazione economica è stata interpretata in India non solo come un’implicita ammissione di colpa, ma come un tentativo, nemmeno troppo velato, di comprarsi il silenzio delle famiglie dei pescatori». Tanto che il 30 aprile la Corte Suprema di Delhi ha criticato la scelta del tribunale del Kerala di avallare un simile accordo tra le parti, dichiarando che la vicenda «va contro il sistema legale indiano, è inammissibile». Eppure, secondo il ministro della difesa, ammiraglio Giampaolo Di Paola, si è trattato solo di «una donazione», di «un atto di generosità» addirittura «slegato dal processo». Commovente, no?

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 Rai tre, pentito mafia: “Aronica ‘sponsorizzato’ dalla ‘Ndrangheta, era presente al…”





“Il calcio in Calabria è quasi tutto controllato dalla ‘ndrangheta, ci sono decine di squadre controllate. Non è per una questione di soldi, ma di potere. Senza il calcio non diventi istituzione, non diventi antagonista allo Stato, non crei consenso popolare, quel consenso che ti crea un serbatoio di voti che, al momento giusto, puoi dirottare su chi ti fa comodo. A questo servono le squadre in Calabria: a esercitare controllo”. Sono dichiarazioni shock quelle del pentito Luigi Bonaventura, ex capo mandamento della cosca Vrenna-Bonaventura di Crotone intervenuto nella trasmissione Presa Diretta in onda su Rai 3. Il pentito oltre a tirare in ballo il calciatore della Lazio, Giuseppe Sculli, chiama in causa anche il difensore del Palermo Salvatore Aronica: “Ci sono carriere accompagnate, trattamenti di riguardo per chi è vicino alle famiglie, si fa in modo di mandarli a giocare lontano per avere dei referenti in altri club, in questo modo puoi avvicinare grandi nomi e realtà che altrimenti non potresti contattare”. Sullo schermo iniziano a scorrere le immagini di un giovane Bonaventura il giorno del suo matrimonio, nel 2000. Meno di 200 selezionatissimi invitati. Parenti stretti, uomini d’onore finiti in carcere o al camposanto. Poi arriva Salvatore Aronica, difensore del Palermo, fino a gennaio in forza al Napoli. “200 invitati sono niente per un matrimonio di ‘ndrangheta, hai idea di quanta gente ho lasciato fuori? Aronica era l’unico calciatore presente”. Sul perché Aronica sia al matrimonio del boss, Bonaventura non ha dubbi: “Aronica era accompagnato dalla cosca dei Vitale di Palermo, coi quali ero stato in carcere a Crotone. Gli dovevamo un trattamento di riguardo. Lui quel giorno veniva a portare rispetto, era un modo per far sapere a tutti che stava con noi. Facendosi vedere a quel tavolo suggellava un patto tra noi e la mafia”.

Lettera al direttore dell'avvenire

Al Direttore dell'avvenire

Egregio direttore Tarquini,
ho letto il 12/1/2013 quanto segue:
"Figli a coppie gay, la Cei contro la Cassazione. Sentenza pericolosa, crea grande sconcerto. L'Avvenire: "Decisione ambigua che crea sconcerto.Dalla Chiesa dure critiche alla Suprema Corte. Monsignor Paglia: "I bambini non sono merce".
 
Leggere simili affermazioni da parte di chi vive a diretto contatto 
con preti pedofili che una volta scoperti, non vengono denunciati e scacciati dalla chiesa ma trasferiti in un'altra parrocchia mettendo a rischio tanti altri bambini è avvilente, soprattutto in considerazione del fatto che una delle due donne è la madre e che essere gay non significa essere pedofili. 
 
Capito Tarquini? Diglielo a quell' "ignorante, supponente e arrogante" di monsignor paglia e ricordate tutti di parlare qualche volta, prima di morire, di carità, buone azioni, fede, religione, eccetera!!!

P.S 
Occupatevi di moda visto che il papa Papa Benedetto XVI è tra gli uomini più eleganti del pianeta. Parola dei lettori della rivista Esquire e dei responsabili del magazine americano che ha compilato l'annuale lista dei
 «meglio vestiti» al mondo. La rivista gli ha conferito il titolo di «accessorizer of the year» , ovvero l'uomo che indossa l'accessorio dell'anno, per le sue scarpe in pelle di color rosso. SIC!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!SIC!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Ma esiste davvero l'europa??non si mettono d'accordo sulla politica estera ,su quella economica!!ma che Europa è??


Mali: 'no' di Berlino a invio truppe

Westerwelle, bene che sia stata fermata avanzata integralisti



(ANSA) - BERLINO, 13 GEN - Il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha escluso l'invio di truppe tedesche per combattere i fondamentalisti nel Mali e ha proposto una soluzione politica per mettere fine alle violenze. Westerwelle si e' felicitato ''del fatto che l'esercito maliano, con il sostegno della Francia e dei Paesi africani, sia riuscito a fermare l'avanzata degli integralisti'' ed ha precisato che il ''dispiegamento di truppe da combattimento tedesche non e' all'ordine del giorno''.

Feto nato morto lasciato su barella in ospedale Ravenna Avviata indagine interna, errore comunicazione tra reparti


Feto nato morto lasciato su barella in ospedale Ravenna

Avviata indagine interna, errore comunicazione tra reparti


RAVENNA - Un feto nato morto ieri pomeriggio per complicazioni intervenute durante la gestazione, invece di raggiungere l'obitorio, e' stato lasciato per diverse ore in una barella di un corridoio dove a trovarlo, in mattinata, e' stato un addetto alle lettighe. E' accaduto all'ospedale di Ravenna dove la direzione sanitaria ha avviato un'indagine interna per capire come si sia potuto generare l'evidente errore di comunicazione tra reparti.

Secondo quanto ricostruito, le ostetriche hanno rilevato che il feto era morto e sono scattate tutte le pratiche del caso: il cadavere, corredato di relativa documentazione, e' stato avviato all'apposito locale interdetto al pubblico. E' li' che verso le 7 di oggi gli operatori dell'obitorio lo avrebbero dovuto ritirare. E invece cio' e' non e' accaduto perche' c'era un altro cadavere presente in quel momento nella stanza, che e' stato portato via. Quando verso le 9.20 un'addetta ha trovato il corpo avvolto tra le lenzuola in un punto dell'area barelle, ha dato l'allarme. All'inizio si era ipotizzato potesse trattarsi di un feto abbandonato da ignoti tanto che e' stato subito avvisato il posto di polizia interno e da qui la Questura. Poi sono emersi i fatti e il corpicino e' stato ritirato dagli operatori dell'obitorio.