mercoledì 29 gennaio 2014

Caso marò, Barroso: «No alla pena di morte La decisione dell’India avrà un impatto sull’Ue»

Caso marò, Barroso: «No alla pena di morte
La decisione dell’India avrà un impatto sull’Ue»

Il n. 1 della Commissione europea avvisa New Delhi. Poi loda l’Italia per gli sforzi nei conti, anche se il Paese resta «fragile»

Enrico Letta e José Manuel Barroso a colloquio (Ansa)

Enrico Letta e José Manuel Barroso a colloquio (Ansa)
Latorre e Girone, i due marò trattenuti in India da quasi due anni: la fotostoria
  • Latorre e Girone, i due marò trattenuti in India da quasi due anni: la fotostoria   
  • Latorre e Girone, i due marò trattenuti in India da quasi due anni: la fotostoria   
  • Latorre e Girone, i due marò trattenuti in India da quasi due anni: la fotostoria   
  • Latorre e Girone, i due marò trattenuti in India da quasi due anni: la fotostoria   
  • Latorre e Girone, i due marò trattenuti in India da quasi due anni: la fotostoria
«L’Unione europea è contraria alla pena di morte in qualunque situazione» ed è convinta che «qualunque decisione» dell’India sul caso dei due marò «avrà un impatto su tutta la Ue»: questa è la posizione del presidente della Commissione José Manuel Barroso al termine dell’incontro con il presidente del Consiglio Enrico Letta e 5 ministri del governo. Ogni decisione sul caso dei due militari italiani sotto processo in India «può avere un impatto sulle relazioni complessive fra l’Unione europea e l’India e deve essere valutata con attenzione». Di conseguenza, l’Ue , che ricorda di essere «impegnata a combattere la pirateria», «continua a seguire caso molto da vicino». Da parte sua Letta ha ribadito: «Vogliamo che la vicenda si concluda presto». Più tardi, su Twitter, il premier ha aggiunto: «A Bruxelles incontro con Barroso che ha risposto positivamente e con forza alla nostra sollecitazione di rendere europea la questione #Marò».
LA PRESIDENZA ITALIANA - Il semestre di presidenza italiana dell’Unione europea, nella seconda parte del 2014, è «ancora più importante» del solito perché coincide con «un momento di transizione per le istituzioni» ed «è importante che l’Italia la gestisca senza che si interrompa il lavoro su alcuni temi europei importanti» come l’Unione bancaria e il patto per la crescita e l’occupazione.
I CONTI PUBBLICI - Riguardo al risanamento dei conti pubblici, Barroso riconosce che l’Italia «ha compiuto notevoli sforzi per uscire dalla procedura di deficit eccessivo nel 2013 e questo è stato il più importante risultato per ristabilire la fiducia e ridurre gli spread». Il presidente della Commissione ha anche aggiunto che «il successo dell’Italia dipende dalla riduzione del debito».
PAESE VULNERABILE E FRAGILE - Anche perché, «nonostante inizi l’anno senza emergenze finanziarie, le sfide per l’Italia restano: il debito alto è ancora lì e la competitività è bassa, è ancora un Paese vulnerabile e fragile e non c’è motivo di compiacersi, l’aggiustamento strutturale deve proseguire». Il paese non deve «crogiolarsi sugli allori» e fare «in fretta sul percorso di riforme» per trovare la «stabilità strutturale» necessaria a inviare messaggi chiari e di fiducia agli investitori e ai mercati. «I dubbi negativi sull’Italia persistono, di investitori e cittadini», e per questo «l’Italia deve raggiungere la stabilità strutturale con misure a lungo termine perché gli altri partner ritrovino la fiducia». Inoltre l’Ue avvisa di attendere le stime di fine febbraio sulla «clausola» degli investimenti.

Foa: l’Italia è già in mano agli uomini di Mario Draghi

Foa: l’Italia è già in mano agli uomini di Mario Draghi


«Povero Renzi, non ha ancora capito che, se mai andrà al governo, non potrà comandare». Idem gli altri “volti nuovi” (o semi-nuovi) della politica, da Grillo a Vendola fino al leghista Salvini, tutti «destinati a vedere vanificate le loro riforme: che siano di destra o di sinistra, sono accomunati dallo stesso destino. Perché il vero potere è altrove. Così vicino, eppure invisibile», incarnato dagli uomini dislocati a Roma dal vero dominus dell’Italia, Mario Draghi. Secondo Marcello Foa, se la Seconda Repubblica ha portato ad esecutivi più longevi ma non troppo stabili – Berlusconi, Prodi – fino al super-tecnocrate Monti e alle larghe intese di Letta, è per via del «male endemico che però non spiega la cronica inefficienza dei governi», a cui è stato impedito di cambiare la politica. Chi frena? Per capirlo, si tratta di scoprire «chi ha in mano l’apparato del governo, chi pubblica sulla Gazzetta Ufficiale disposizioni di legge illogiche, incongruenti, contraddittorie al punto da vanificare, casualmente, la riforma generando sconcerto nell’opinione pubblica, che naturalmente se la prende con i soliti partiti».
La spiegazione: «Chi ha la facoltà di velocizzare o di rallentare l’immenso apparato dello Stato: le persone che hanno questa facoltà esistono e 
Daniele Franco, Ragioniere Generale dello Stato
possiedono le chiavi del potere», scrive Foa in un post sul “Giornale”, citando un articolo di “Italia Oggi” del maggio scorso, firmato da Roberto Narduzzi. Titolo: “Draghi ha già piazzato i suoi uomini in tutti i posti chiave dell’economia”. Per attivare lo scudo anti-spread, scrive Narduzzi, occorre «offrire garanzie manageriali ai prestatori che devono di fatto approvare la qualità della squadra italica chiamata a gestire il programma». Draghi lo sa bene, aggiunge “Italia Oggi”, e non ha perso tempo: «Non è affatto casuale l’arrivo di uomini di Bankitalia ai posti chiave della finanza pubblica. Fabrizio Saccomanni come ministro dell’economia e Daniele Franco alla Ragioneria dello Stato». Sono «persone di qualità e di cui Draghi si fida», ovvero «persone giuste per interagire con la Bce, il Fmi o la Commissione se l’attivazione dello scudo si fa realtà». Altre pedine strategiche: alla direzione generale del Tesoro un certo Vincenzo La Via, proveniente dalla Banca Mondiale, e all’Agenzia delle Entrate un tecnocrate come Attilio Befera, «molto stimato da Draghi». A questo punto, «soltanto il bilancio dell’Inps,
Vincenzo La Via e Attilio Befera
oggetto di feroci critiche per Inpdap ed esodati, sfugge al controllo tecnico di un Draghi boy».
Il “vero premier italiano”, quello che governa dall’Eurotower Bce di Francoforte in perfetta sintonia con Napolitano, ha messo a punto ogni casella chiave per gestire gli effetti operativi dell’attivazione italiana dello scudo anti-spread, osserva Foa, rileggendo “Italia Oggi”. «Il tono dell’articolo è compiaciuto e compiacente. Come dire: bravo Draghi!». Con questi sistemi, aggiunge Foa, si governano le istituzioni grazie a «tecniche di occupazione del potere», vanificando ogni dialettica politica fondata sul confronto democratico, grazie al super-potere di «membri altolocati delle élite che contano davvero». Lo conferma un altro servizio, firmato da Andrea Cangini sul “Quotidiano Nazionale”: “Leggi e governanti ‘ostaggio dei tecnici’. Così i grandi burocrati guidano la politica”. «Lo Stato sono loro», taglia corto l’ex ministro Altero Matteoli, «e la repubblica è appesa alle loro decisioni». Destra e sinistra non contano, di fronte al potere dei super-burocrati: ragioniere generale dello Stato, capi di gabinetto, direttori di dipartimento, capi dell’ufficio legislativo dei ministeri più importanti. «Hanno dunque in pugno il paese, e da quasi vent’anni sono 
Vincenzo Fortunato
sempre gli stessi», restando nel recinto di «una casta chiusa, irresponsabile ed autoreferenziale».
Osserva ancora Cangini: sono 15-20 individui, sempre quelli. «Il più noto è Vincenzo Fortunato, ex Tar, più di 500.000 euro di stipendio l’anno fino a poco tempo fa». I super-tecnocrati nostrani «sono il vero e inamovibile potere italiano», sintetizza un ex ministro diessino, confortato da un suo omologo ex forzista. Entrambi sostengono che le bollinature, cioè il via libera contabile della Ragioneria ad ogni provvedimento di spesa, «vengono concesse solo se il provvedimento rientra nella ‘visione’ politica del ragioniere generale. In caso contrario vengono negate o subordinate a scelte ‘politiche’ diverse». C’è un’altra cosa su cui i due ex ministri, pur di opposti schieramenti, concordano: «I burocrati ministeriali scrivono le norme e gestiscono le informazioni in maniera iniziatica, in modo da risultare indispensabili». Un monopolio difficile da scalfire, chiosa Foa. «Capito chi governa davvero l’Italia?». Loro, gli yes-men che rispondono al signore della Bce, privatizzatore del sistema bancario italiano, uomo del Bilderberg e della Goldman Sachs nonché esponente del Gruppo dei Trenta, vera e propria cupola del super-potere finanziario mondiale attraverso cui l’élite planetaria domina il nostro destino.