giovedì 18 aprile 2013

Quirinale, la piazza per Rodotà e contro l'accordo Pd-Pdl


Quirinale, la piazza per Rodotà e contro l'accordo Pd-Pdl

Protesta a Montecitorio. Piddini delusi e M5s lo acclamano. Attaccano Bersani. E gridano «all'inciucio col Caimano».


È surreale che tra la piccola folla radunata nella piazza di Montecitorio sin dall'inizio del primo scrutinio per eleggere il presidente della Repubblica, si faccia così fatica a trovare un solo sostenitore di Franco Marini. Ma sono introvabili anche quelli di Giuliano Amato, Massimo D'Alema, Sergio Mattarella e di tutti gli altri nomi «quirinabili» che sono stati snocciolati nelle ultime ore.
IL PRESIDIO PRO RODOTÀ. Le 200 persone che animano la mattinata romana all'ombra dei palazzi del potere appaiono scettiche, scocciate, deluse dalla politica. I più ottimisti fanno parte del nugolo di sostenitori di Stefano Rodotà, che lanciano decine di cori da stadio a supporto dell'ex presidente della Corte Costituzionale.
LA DELUSIONE DEI PIDDINI. Tra loro si mescolano sostenitori del Movimento 5 stelle. Ma anche ex iscritti e votanti del Partito democratico come la signora Franca, 72 anni ben portati, romana ed ex attivista di Pds e Ds. «Non voterò mai più il partito degli inciuci, siamo caduti troppo in basso», taglia corto con Lettera43.it. «Con Rodotà le cose possono cambiare, è una persona seria», gli fa eco Massimo, pensionato Cgil, che al Pd fino a qualche anno fa donava persino una piccola parte della sua pensione. «Ogni mese 50, 100 euro, per credere a un progetto che è miseramente fallito facendo l'accordo con il Caimano», sentenzia il disilluso ex militante democratico. La rabbia è palpabile. Tanto che qualcuno arriva persino a bruciare la tessera di partito.
LA RIVOLTA DEI GIOVANI. Accanto agli attempati supporter dell'ex garante della Privacy ci sono i rappresentanti di un'altra generazione, tutti 20enni o poco più. Sono i ragazzi del circolo dei Giovani democratici di Roma Tiburtino, quartiere orientale della Capitale. «Marini è il fallimento, Rodotà il cambiamento», hanno scritto su un cartello. «Così non funziona, siamo seccati dall'atteggiamento del nostro partito», dicono a chi chiede loro perché hanno voltato le spalle al segretario Pier Luigi Bersani.
CENNI DI INTESA COL M5S. «È inaccettabile», ragionano, «che il bene del Paese passi attraverso un accordo da vecchia politica con il nostro peggiore avversario». E quando il vicepresidente della Camera, il 27enne deputato del M5s Luigi De Maio esce da palazzo Montecitorio, si avvicina alle transenne i giovani agitano i cartelli, il dialogo e i cenni di intesa sembrano naturali. Qualcuno tra dei ragazzi romani del Pd azzarda: «Con voi abbiamo molte cose in comune…».

La rabbia dei sindaci dei piccoli Comuni: «Siamo al collasso, senza risorse»

Nella piazza dei delusi ci sono anche i sindaci, una quindicina, in rappresentanza dell'Associazione nazionali piccoli comuni, che raccoglie i municipi con meno di 5 mila abitanti. Ce l'hanno contro il sistema, contro Grillo, Berlusconi, Bersani e Monti. «Questi qui oggi prendono decisioni così importanti senza neppure conoscere cosa siano i piccoli comuni», urla Franca Biglio che è la presidente nazionale dell'associazione e sindaco del paesino di Marsaglia in provincia di Cuneo. «Siamo al collasso, senza risorse, con tanti primi cittadini che sono disperati e si dimettono. E questi ci tengono dietro le transenne qui in piazza, non accettano di dialogare con noi perché devono pensare a trovare chissà quali accordi…».

LA POLEMICA SULLE COMMISSIONI. La protesta giunge fino in parlamento e dopo qualche minuto si affacciano una decina di deputati grillini che provano a discutere con le fasce tricolori. Dialogo difficile. «Noi vogliamo iniziare a fare leggi anche per i piccoli Comuni», spiega il pentastellato Massimo Baroni, «ma ce lo impediscono perché non vogliono far partire le commissioni». Gli ribatte il sindaco di Pomarico, in porvincia di Matera, Peppino Casolaro: «Ma quali commissioni, qui bisogna far partire l'attività del governo, non bisogna intralciarlo come fate voi».

Due visioni diverse che fanno a fatica a collimare nonostante la propensione al dialogo dei grillini.
È più diplomatica Patrizia Terzoni, un'altra giovane parlamentare 5 stelle, che nel marasma di Piazza Montecitorio evita scivolosi faccia a faccia con i sindaci e si avvicina a una signora che abita nella periferia romana, preoccupata per il degrado della piazza nel suo quartiere. «Mi lasci il numero di telefono, vedremo come muoverci», la tranquillizza.

PARLAMENTARI ASSENTI. Fino all'ora di pranzo non c'è traccia dei parlamentari degli altri partiti, nonostante la folla li invochi a gran voce. «Venite fuori, venite fuori». Appello inascoltato. Si vede solo l'ex ministro Renato Brunetta che, accompagnato dalla scorta, fugge verso l'auto blu, lontano da occhi discreti.

Intanto arriva la notizia della fumata nera su Marini. Il boato di Piazza Montecitorio è altissimo. Ripartono i cori: «Rodotà, Rodotà, Rodotà».



Italia, ancora più rigore: Bruxelles ordina, Monti esegue


Italia, ancora più rigore: Bruxelles ordina, Monti esegue


Torna a farsi sentire la frusta della Troika, preoccupata per l’inconsistenza provinciale della politica italiana ancora in stallo, ma i poteri forti sanno di poter contare sul loro uomo: Mario Monti. Che, «con la sua squadretta di demolitori», ha appena partorito il Def, documento di economia e finanza, primo passo dell’iter della “legge di stabilità”, erede della vecchia “finanziaria”. Obiettivo di Bruxelles: fare pressione per condizionare l’assetto del paese, gli orientamenti della spesa pubblica, i rapporti tra imprese e lavoro, il carico fiscale. «La Commissione Europea – scrive il blog “Contropiano” – ha “riscoperto” che l’Italia presenta molte “debolezze”: perdita di competitività dell’economia, forte indebitamento dello Stato, fragilità del settore bancario». Il tutto è contenuto in un rapporto sugli squilibri macroeconomici nell’Unione, che contiene anche un giudizio negativo sulle possibilità di evoluzione della situazione.
Viene visto infatti come «consistente» il rischio di un «potenziale contagio economico e finanziario» che parta dall’Italia e si diffonda a tutta l’Eurozona. crisi«Siamo peraltro in buona e numerosa compagnia: i paesi con “squilibri seri” sono, secondo la Ue, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Francia, Malta, Ungheria, Olanda, Finlandia, Svezia e Regno Unito», mentre altri due, Spagna e Slovenia, ne hanno di “eccessivi”. Silenzio assoluto, invece, sulla Germania, che ha un elevato surplus delle partite correnti, «ovvero è il paese che sta guadagnando sull’arretramento altrui», cioè di quasi tutti gli altri paesi. Non basta. «Nonostante siano state adottate nell’ultimo anno misure importanti per risolvere questi squilibri, la loro piena adozione rimane una sfida», sostiene Bruxelles. «Vi è ancora margine per introdurre ulteriori misure in alcuni campi». Nel frattempo, «il perdurare della crisi ha indebolito l’abilità del settore bancario italiano di sostenere il necessario aggiustamento economico». Probabilmente sarà necessario «salvare qualche banca», magari mettendo mano ai conti correnti, come a Cipro.
Dal 2008, aggiunge “Contropiano”, il Pil italiano ha perso oltre il 7%, mentre soltanto la Germania e pochi altri paesi sono tornati ai livelli pre-crisi. Ma naturalmente «una importante fonte di vulnerabilità» viene individuata nel debito pubblico, non nella scarsa capacità del sistema bancario di sostenere le attività produttive. E quindi una delle raccomandazioni principali resta la riduzione del debito statale: «Il che – come sanno anche gli asini – contribuisce seriamente alla riduzione del Pil e del benessere generale dei cittadini, e quindi va in senso contrario alla “crescita”». E non è finita. «Siccome l’aumento stagnante della produttività non si è riflesso pienamente nelle dinamiche salariali, la competitività dei costi dell’Italia si è deteriorata, come dimostrato dall’incremento dei costi unitari del lavoro in rapporto ai vicini europei». In pratica, dice la Commissione Ue, avete una produttività che fa pena (tradotto: avete imprese che fanno pochi Montiinvestimenti fissi, ma puntano soprattutto sullo sfruttamento intensivo del lavoro vivo), e quindi avreste dovuto per prima cosa tagliare i salari.
«Ricetta infame sul piano sociale, ma anche idiota su quello economico», commenta “Contropiano”, «perché se chi lavora guadagna ancora meno, spenderà ancora di meno, e la riduzione dei consumi non può che impattare sulle possibilità delle imprese di vendere quel che producono». Spirale negativa: deflazione. «L’unica cosa seria del documento Ue è la constatazione che le imprese italiane sono troppo piccole (poca economia di scala, quindi inefficienza generale del sistema) e sorpattutto specializzate in prodotti “a bassa intensità di capitale” (se non si investe, non si innova), che sono ormai appannaggio dei paesi emergenti». Le banche italiane, infine, risultano gravate da «uno stock importante di sofferenze creditizie», ovvero prestiti che fanno “fatica” a essere restituiti. E come compensano questa “sofferenza”? «Aumentando i tassi di interesse sui nuovi prestiti, in modo da guadagnare di più su ogni singolo prestito. Ma così facendo restringono l’accesso al credito proprio per le imprese che più ne hanno necessità». Quindi entrano in crisi anche lebanche, che reagiscono Barroso, Van Rompuy e Schulzaumentando il costo del denaro in una situazione recessiva, contribuendo così ad aggravare la recessione.
L’elenco delle indicazioni prescrittive per l’Italia, sommariamente definito dalla Commissione, è un ricettario di “sacrifici” che possono solo ammazzare un ammalato di denutrizione: «Rafforzare la concorrenza nei mercati dei prodotti e dei servizi, adottare un sistema fiscale più semplice, riformare la pubblica amministrazione, decentralizzare ulteriormente le contrattazioni salariali, rafforzare il sistema bancario». Soltanto la semplificazione del sistema fiscale potrebbe figurare tra le misure “intelligenti”; ma se si va a guardare in dettaglio si scopre che si tratta di una rimodulazione della pressione fiscale a totale vantaggio delle imprese e quindi, complessivamente, in un aumento della pressione fiscale sul lavoro, magari mascherata col passaggio dall’imposizione diretta – sul reddito – all’imposizione indiretta, tramite aumento dell’Iva sulle merci e quindi sui consumi.
«Di tutta questa impostazione – scrive “Contropiano” – Monti è da un anno e mezzo l’esecutore testamentario: e sta limando i testi relativi sia al nuovo “piano di stabilità” che al nuovo “piano nazionale delle riforme”, che vanno entrambi presentati entro la fine del mese». Nel Documento di economia e finanza 2013 appena varato dal consiglio dei ministri, le previsioni «sono come sempre abbastanza “ottimistiche”, ma egualmente tragiche: il debito pubblico salirà al 130,4% sul Pil, per “scendere” al 129,0% l’anno successivo e al 125,5% nel 2015. Il deficit scenderà invece al 2,9% quest’anno per arrivare all’1,8% nel 2014 e all’1,5% nel 2015». Per Francia e Germania, al contrario, l’Unione Europea «ha chiuso entrambi gli occhi davanti a cifre assai superiori». Il solo gettito Imu dovrebbe garantire entrate da 23,8 miliardi l’anno, anche per il 2014. Secondo il ministro Grilli, «solo se l’Imu Vittorio Grillisarà confermata anche dopo il 2014 potrà essere garantito il pareggio di bilancio».
In compenso, il raffreddamento dello spread dovrebbe far risparmiare 7,7 miliardi in spesa per interessi, che comunque rappresenterà il 5,3% del Pil quest’anno, crescendo rapidamente negli anni successivi. La spesa pubblica totale crescerà dunque dello 0,4%, raggiungendo il 51,1% del Pil, nonostante i tagli abnormi già realizzati e gli altri in cantiere. «Sprofonda quindi la spesa per investimenti fissi, mentre la spending review promette circa 30 miliardi di risparmi nel triennio 2012-2015». Il “Piano nazionale di riforma”, invece, promette lacrime e sangue in misura crescente. Senza contare la “semplificazione del sistema fiscale”, la continua “revisione della spesa” richiesta dai trattati europei, dal Fiscal Compact in giù, è prevista un’accelerazione sulle dismissioni del patrimonio immobiliare pubblico, clamorosa «svendita in favore dei palazzinari», mentre «non mancheranno misure tese a “rafforzare il decentramento della negoziazione salariale”, abolendo il già molto precario “contratto nazionale di categoria”». Strategia chiarissima, avverte “Contropiano”: «Che poveri e lavoratori si fottano, il loro reddito serve al “sistema”. Se non ci ribelliamo, se lo prenderanno per intero».

Quirinale e governo: ecco i veri potenti che decidono tutto


Quirinale e governo: ecco i veri potenti che decidono tutto


Commissione Trilaterale, Bruegel, Aspen, Astrid. E in primo piano la Fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema. Questi i soli e veri tavoli abilitati a giocare la partita per la guida del paese, tanto a Palazzo Chigi quanto al Quirinale: una ragnatela di interessi di potere e personaggi collocati in ruoli di vertice, dentro sigle e fondazioni che da tempo reggono le sorti dei paesi occidentali. A sorpresa, scrive “Dagospia” in un’analisi sui retroscena delle manovre, dentro gli organigrammi dei più “prestigiosi” istituti politici ricorre anche il nome di Giulio Napolitano, figlio del capo dello Stato uscente. «Partite che, alla luce di questi scenari, appaiono dall’esito scontato: proprio come ai tempi del Britannia», quando la transizione tra Prima e Seconda Repubblica fu “commissariata” dalle lobby mondiali delle privatizzazioni sul panfilo dei reali inglesi, nella cena in cui fu scelto il loro uomo: Mario Draghi.
All’inizio del 2013, Mario Monti «appariva quasi una certezza assoluta a quei poteri che da tempo tirano i fili della nostra economia, potendo contare su Enrico Lettauomini e apparati fidatissimi». Poi qualcosa è andato storto: lo smarcamento di Berlusconi e la rivolta elettorale di Grillo, che spacca il Parlamento in “tre minoranze”, mandando a gambe all’aria il Piano-A. Fallito l’aggancio di Grillo, che «non abbocca» alle offerte di Bersani, scatta il Piano-B, quello dei “dieci saggi” di Napolitano. Attenzione: sono uomini «prelevati dalle fila di Trilateral, Aspen, Italianieuropei ed altre “creature” tanto care a quella finanza internazionale che sta definitivamente espropriando gli italiani della loro terra e del proprio futuro». Stella polare della nuova commissione, il costituzionalista Valerio Onida, docente dell’ateneo milanese e già candidato alle primarie del capoluogo lombardo. «Meno nota – rileva “Dagospia” – è la comune presenza del professor Onida e di Giulio Napolitano, figlio del presidente della Repubblica Giorgio, nel comitato scientifico di Astrid, a sua Giulio Napolitanovolta costola primaria della Fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema».
“Fondazione per l’analisi, gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sull’innovazione nelle amministrazioni pubbliche” fondata nel 2009, Astrid si finanzia «con i proventi degli abbonamenti agli studi, ricerche e documenti di Astrid sottoscritti da imprese private, amministrazioni pubbliche, dipartimenti universitari e studi professionali e con i proventi derivanti da convenzioni o contributi per progetti di ricerca». Presieduta da Franco Bassanini, marito della montiana Linda Lanzillotta, la fondazione vede al vertice del comitato scientifico Giuliano Amato. E fra i componenti, oltre ad Onida e Napolitano, compaiono personalità come Stefano Rodotà. Nel marzo 2011, Bassanini fu ascoltato dalla Commissione Franco BassaniniBilancio della Camera nella sua doppia veste di numero uno Astrid e presidente della Cassa Depositi e Prestiti.
Nel gruppo dei cinque “saggi”, accanto al professor Onida figura Luciano Violante: «Anche questo non è un caso», scrive il newsmagazine di Roberto D’Agostino, «perché Violante – al di là dei fiumi d’inchiostro scorsi in questi giorni sulle sue rassicurazioni in aula a Berlusconi, nel 2003, a proposito dell’intoccabile conflitto d’interessi, che poi di fatto non fu mai toccato – è ovviamente da sempre un membro di primo piano dell’advisory board di Italianieuropei». Alla cui presidenza c’è Giuliano Amato, uomo-ovunque della cabina di regia del potere. Con Amato anche Giulio Napolitano, il vicesegretario del Pd Enrico Letta, l’ex ministro Vincenzo Visco, il ministro uscente Francesco Profumo e Marta Dassù, viceministro degli esteri, in primo piano dopo le dimissioni di Giulio Terzi per la vicenda dei due marò detenuti in India. Proprio la Dassù, aggiunge “Dagospia”, ci conduce dalle stanze della potente creatura dalemiana ad un’ancor più lobbistica compagine internazionale, e cioè il club di Aspen, nel cui organigramma l’ex vice di Terzi riveste ruoli di vertice. «Non meno rilevante la presenza della Marta Dassùpolitologa italiana all’interno della Trilateral, quel “cuore nero” della massoneria internazionale da cui dipendono i destini del mondo».
Tra i vertici della commissione fondata da David Rockefeller spicca il nuovo presidente del comitato esecutivo, Jean-Claude Trichet, l’uomo che firmò insieme a Draghi il “diktat” della Troika per far cadere Berlusconi, prima di cedere all’ex governatore di Bankitalia le redini della Bce. «Un ottimo amico di Mario Monti, Trichet: basti pensare che ha da poco dato il cambio all’attuale premier italiano come numero uno di Bruegel, la creatura montiana di cui si era occupata “La Voce” nel febbraio scorso, rivelandone l’esistenza e la potenza economica». Del resto, aggiunge “Dagospia”, lo stesso Monti è  tuttora indicato nell’organigramma della Trilateral Commission e compreso fra gli ex componenti di spicco attualmente impegnati in cariche governative. «Altro influente membro italiano della Trilateral è Enrico Letta, di cui viene ricordato l’incarico di sottosegretario durante il governo guidato da Romano Prodi. Circostanza, evidentemente, tutt’altro che trascurabile per il plenipotenziario Pd. Né manca, al tavolo dei potenti della Carlo SecchiTrilateral, Carlo Secchi, rettore della Bocconi e già per questo riconducibile sul piano culturale sempre allo stesso Monti».
In un’intervista rilasciata al “Fatto Quotidiano”, il professor Secchi ha ricordato che componente della Trilateral era stato lo stesso Prodi, mentre nel medagliere del rettore bocconiano spicca fra l’altro la presenza al vertice di un organismo chiamato “Centrale Finanziaria SpA”, fondato e presieduto dal massone Giancarlo Elia Valori. «Nessuna meraviglia, perciò, che nella nomenklatura 2013 di Trilateral ci sia anche, fra gli italiani, il patron della Techint, Gianfelice Rocca, da sempre collegato a Valori e alle sue potentissime trame internazionali, nonché uomo assai vicino all’Opus Dei. Nel 2010 “Centrale Finanziaria SpA” di Valori e Secchi dichiarava di amministrare patrimoni Giancarlo Elia Valoriper oltre un miliardo e mezzo di euro, avendo un capitale sociale da appena 10.000 euro».
Lungo la piramide Trilateral si incontra Stefano Silvestri, che con il suo Iai (Istituto Affari Internazionali) è strettamente collegato, anche attraverso appositi link, alla Fondazione Italianieuropei di D’Alema. Di Silvestri, racconta sempre “Dagospia”, si occupano Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato nel libro “Attentato al Papa” (Chiarelettere), in cui si legge, fra l’altro che l’agente “Nino”, già «vicedirettore dell’Istituto per gli Affari Internazionali», vicino ai ministeri italiani degli esteri e della difesa, «era un contatto confidenziale della Residentura del Kgb di Roma», nonché membro del comitato di crisi nominato da Francesco Cossiga nei giorni del sequestro di Aldo Moro. Nel libro “Doveva Morire”, sempre Imposimato analizza la relazione di Silvestri: «La forza delle Br è solo nel fatto di avere tra le mani Moro vivo. Se Moro muore, finisce il ricatto brigatista. L’altra soluzione sarebbe la liberazione di Moro. Il Silvestri liquida subito questa ultima ipotesi, ritenendola impraticabile e aggiunge che lo Stato faceva male a voler evitare il peggio. E Stefano Silvestricioè? Semplice: lo Stato sbaglia a curarsi della vita di Moro e a cercare di salvarlo».
Sempre nella compagine Trilateral, infine, siede Enrico Tomaso Cucchiani, numero uno di Banca Intesa, nonché membro di Aspen Institute, think tank euroatlantica che presenta come presidenti onorari Giuliano Amato, Gianni De Michelis, Cesare Romiti e Carlo Scognamiglio. Attualmente il numero uno è Giulio Tremonti. Tra i suoi vice, Enrico Letta e John Elkann, entrambi presenti anche nella Trilaterale. Nel board, l’immancabile Marta Dassù, direttrice della rivista “Aspenia”, e la giornalista Rai Lucia Annunziata, ai vertici anche di Italianieuropei. «Va ricordato che, nella sua lunga attività di conferenziere in giro per il mondo, restano memorabili gli interventi di Giorgio Napolitano ad Aspen, Colorado». Nel comitato esecutivo di Aspen anche il piddino Letta, insieme allo zio Gianni, eminenza grigia berlusconiana, e gli stessi Monti, Cucchiani e Prodi. «Tutti insieme, tutti lì». Sulla opacità dell’istituto, «che rappresenterebbe un autentico buco nero della democrazia europea e italiana», si sono espressi molti commentatori: la miccia è stata accesa dalle stesse dichiarazioni d’intenti della “creatura”, nel cui sito si legge, alla voce “valori e leadership”: «Il “metodo Aspen” privilegia il confronto ed il dibattito “a porte chiuse”, Cucchianifavorisce le relazioni interpersonali e consente un effettivo aggiornamento dei temi in discussione»
Attorno al tavolo Aspen discutono leader del mondo industriale, economico, finanziario, politico, sociale e culturale «in condizioni di assoluta riservatezza e libertà espressiva». I fantasmi di queste compagini “riservate” aleggiano sull’Europa per stabilirne i destini. In prima linea il Bilderberg, blindatissimo vertice annuale dei super-potenti, cui nel 2012 hanno preso parte, fra gli italiani, gli stessi Enrico Letta e John Elkann, oltre alla giornalista Lilli Gruber e al manager Telecom Franco Bernabè. In Italia, è la fondazione Italianieuropei il vero «bunker degli affari», nel cui crogiolo maturano le scelte. Presidente il “padre fondatore” D’Alema, nel comitato di indirizzo a lungo presieduto da Alfredo Reichlin (padre di Lucrezia Reichlin, ricercatrice di spicco nella montiana Bruegel), troviamo anche il presidente John ElkannPd della Toscana Enrico Rossi e il “saggio” di Napolitano Luciano Violante, mentre Marta Dassù e Giulio Napolitano sono nell’advisory board.
Un perimetro di potere racchiuso fra pochi fidatissimi circoli, cui sembra richiamarsi la strana commissione convocata da Napolitano. Filippo Bubbico, un altro dei “saggi” convocati al Colle, per “Dagospia” ha rischiato di essere sfiorato dalle indagini di Luigi De Magistris sulla Basilicata, territorio scandagliato da un altro pm d’assalto, Henry John Woodcock, che nel 2006 a Potenza indagava su un «diffuso e metodico rapporto collusivo» tra un clan mafioso lucano e ambienti politici, amministrativi e imprenditoriali della regione, di cui il politico dalemiano è stato presidente. Nessun problema giudiziaro, però, per Bubbico, che «ha continuato al fianco di Bersani e D’Alema – dei quali è notoriamente un Pitruzzellafedelissimo – la sua escalation politica, oggi giunta ai massimi livelli con l’investitura da parte di Napolitano».
Dulcis in fundo, l’avvocato siciliano Giovanni Pitruzzella e il senatore berlusconiano Gaetano Quagliariello. «Un tandem che si compatta nel 2011, quando una ventata di polemiche accompagna l’investitura di Pitruzzella al vertice dell’Antitrust per volontà del nuovo primo ministro Mario Monti». Se insorge Claudio Fava di “Sel”, ricordando che Pitruzzella, «oltre che amico personale di Renato Schifani, è stato autore di libri insieme a Totò Cuffaro, condannato definitivamente per mafia», Quagliariello (altro “saggio” di Napolitano) scende subito in campo e tuona: «I presidenti del Senato e della Camera hanno nominato un valente giurista alla guida dell’Antitrust». Chiude il cerchio Massimo D’Alema, che in quella stessa circostanza si butta a corpo morto in sostegno di Monti e delle sue scelte, rivendicando «la collaborazione di molti esponenti del nuovo esecutivo con la Fondazione Italianieuropei».

Confiscati 82 mln ad avvocato campano


Confiscati 82 mln ad avvocato campano

Sigilli ad auto lusso e villa con piscina a Sperlonga



(ANSA) - NAPOLI, 18 APR - Sale a 82 milioni di euro il valore dei beni confiscati all'avvocato Cipriano Chianese, di 62 anni, imprenditore campano del settore dei rifiuti agli arresti domiciliari e imputato per illecito smaltimento di rifiuti.

La Direzione Investigativa Antimafia sta eseguendo in queste ore un decreto di confisca emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) per una villa con piscina sulla costa di Sperlonga (Latina) e quattro auto di lusso, fra le quali una Mg e tre Bmw.

Ad Asti Fondo Papa Francesco per poveri


Ad Asti Fondo Papa Francesco per poveri

Aiutera' nelle spese di riscaldamento e nelle bollette




(ANSA) - ASTI, 18 APR - Un Fondo di Solidarieta' Papa Francesco destinato ad aiutare i meno abbienti per le spese di riscaldamento ed utenze varie: e' stato pensato ad Asti, capoluogo della provincia di cui il Pontefice e' originario e , domani si costituira' il comitato promotore alla presenza del vescovo Francesco Ravinale e del sindaco Fabrizio Brignolo. Il Fondo verra' alimentato attraverso iniziative itineranti sul territorio e per favorire opportunita' di lavoro attraverso buoni voucher.


Spread Btp-Bund apre sotto i 300 punti


Spread Btp-Bund apre sotto i 300 punti

Rendimento al 4,21%



(ANSA) - ROMA, 17 APR - Avvio di giornata in lieve calo per lo spread tra Btp e bund tedeschi sotto quota 300 a 298 punti, rispetto ai 302 di ieri in chiusura di giornata. Il rendimento del titolo decennale e' al 4,21%.

Usa: esplode fabbrica fertilizzanti, si teme strage


Usa: esplode fabbrica fertilizzanti, si teme strage

Almeno decine di morti, centinaia di feriti, dieci edifici in fiamme, una sessantina di case rase al suolo nel raggio di 5 km. Ancora non si conoscono le cause


Esplosione in Texas

Almeno decine di morti, centinaia di feriti, dieci edifici in fiamme, una sessantina di case rase al suolo nel raggio di cinque chilometri. Sono i numeri ancora parziali della strage provocata dallo scoppio di una fabbrica di fertilizzanti, la West Fertilizer. Co, nei pressi di West, un piccolo centro a trenta chilometri da Waco, in Texas. Ancora non si conoscono le cause dell'esplosione. In tutta l'aerea si continua a sentire un'intensa puzza di ammoniaca. E si teme che in seguito alla combustione si sia formata un'enorme nube tossica, tanto che i 2.800 abitanti della cittadina sono stati fatti evacuare nella notte.
Il racconto dei testimoni è raggelante: "E' stato come una bomba atomica scoppiata in giardino", racconta il sindaco Tommy Muska ancora sotto choc. "Dopo il botto terribile - aggiunge - abbiamo visto salire in cielo un'enorme palla di fuoco, quindi un altissimo fungo di fumo alto decine di metri". Sconvolto anche lo sceriffo locale: "Non ho mai visto niente come questo in vita mia: è come una zona di guerra". Come mostra un video amatoriale, nella fabbrica s'era sviluppato un incendio piuttosto vasto.
Quindi dopo qualche minuto, è arrivato il botto terribile. Tutte le case sono state abbattute, come bombardate, dal violentissimo spostamento d'area provocato dallo scoppio. Per dare un'ordine di grandezza della potenza dell'esplosione basta ricordare che nella strage di Oklahoma City, il 19 aprile del 1995, che provocò il crollo di decine di palazzi, vennero utilizzate due tonnellate di fertilizzante chiuse in un furgone. Stavolta, invece, è saltata in aria un'intera fabbrica.