Marò, gaffe mondiale: l’ultima infamia del governo tecnico
Mezza Italia si scandalizza per la vicenda dei marò. Invece non dovremmo stupircene, proprio per nulla. Il governo che sarà in piedi ancora per poco (salvo prorogatio per la quotidiana amministrazione), era un governo tecnico. Il che non significava, come hanno cercato di farci credere, “governo di persone specializzate e competenti ai posti giusti, invece di politici ignoranti”, ma ben altro: significava “governo incaricato esclusivamente di ottemperare alle richieste economico-finanziarie di organismi sovranazionali”. Questo, e basta. Non era un governo che doveva governare: e infatti ha trascurato gli affari interni, le questioni sociali, la sorte di terremotati e suicidi, e per finire non ha avuto alcuna attività in politica estera.
In pratica, si è completamente disinteressato del paese e ha ignorato tutti i gravosi compiti che deve affrontare chi lo governa. Tra i quali, appunto, esiste l’imprescindibile capacità di gestire con abilità tutte le sottigliezze e le trattative che servono alla nazione per mantenere il suo peso, la sua dignità e la sua affidabilità in campo internazionale. Stiamo parlando di un paese del G8, non di un’isoletta del Pacifico, ma questo aspetto non è interessato a nessuno per mesi. Qualche dichiarazione di aderenza alle solite amicizie, qualche inchino ai soliti potenti, e null’altro. A gennaio scorso, in un post titolato “Finisce la politica, e ci lascia soli”, scrivevo: «Governare significa occuparsi di un paese, e non solo dei suoi debiti e della finanza. Sembrano una confraternita di asceti dediti solo all’attuazione di un programma già scritto da qualcun altro, che attraversano il momento storico italiano conservando saldi i propri paraocchi».
Scrive oggi “Repubblica”: «In fondo, il caso dei marò è stato l’unico episodio di risonanza mondiale del governo dei tecnici. Ed è stato un episodio in due atti. Primo: darsela a gambe fedifraghe. Secondo: arrendersi senza condizioni al primo “bau”». Il caso marò dimostra a che punto è ridotta l’ormai nulla politica estera dell’Italia, sacrificata anch’essa sull’altare di euro, Bce, “riforme strutturali” e sacrifici di sangue al dio Europa. Siamo soli, anche su questo
Vogliono i nostri soldi: loro hanno un piano, noi non ancora
Esplode la voglia di fuggire dall’Europa, adesso che i suoi padroni aizzano i cani della crisi contro i popoli. I proprietari universali hanno fatto alcuni esperimenti da Shock Economy per vedere se gli azzannati riuscivano a difendersi. Volevano collaudare – su scala ridotta, ma non troppo – il modo in cui una società potrebbe essere annichilita da una burocrazia ottusa e feroce e trovarsi impedita se vuole rovesciare la politica dominante. La Grecia avrebbe potuto riassorbire la fase acuta della crisi in pochi mesi, e invece le sono state somministrate per anni ricette economiche prive di qualsiasi apparente logica. Mentre si licenziavano centinaia di migliaia di lavoratori, a quelli che conservavano il posto si imponevano stipendi decurtati e orari ben oltre le 40 ore settimanali. E ora siamo giunti al test di Cipro, non ancora concluso, eppure già adottato dagli eurocrati che gongolano perché lo vogliono ripetere su larga scala.
Pazzi e pericolosi, sembrerebbe. La tentazione è dunque fuggire, come invoca Debora Billi sul suo blog “Crisis”: «Fuggite, sciocchi!». Anche noi, come lei, abbiamo paura della dittatura dello spread: è un nuovo dispotismo mostruoso, diabolico, impersonale, disperante. Ma dobbiamo lo stesso chiedercelo: «Fuggire? Dove?». L’alternativa non è tra fuggire o rimanere in uno stato di schiavitù. La scelta, ora, è tra combattere o rimanere schiavi, laddove la fuga non sarebbe altro che una delle tante forme del rimanere schiavi. Esistesse un’isola dall’altra parte del mare, o una radura dall’altra parte della montagna, in cui regna la libertà, si potrebbe pensare di fuggire lì per immaginare un’altra vita, un nuovo mondo. Ma questo luogo non esiste: non c’è, ad esempio, per 60 milioni di italiani. Noi siamo qui, ora, e possiamo solo combattere o arrenderci.
Fuggire dalla dittatura europea vuol dire (ri)entrare nella dittatura dell’Italia comunque senza sovranità, sotto il comando atlantico. Film già visto? Sì e no. Stavolta sarebbe peggio. All’epoca della guerra fredda, c’era una sorta di “semi-sovranità”, un gioco sub-dominante in mano a partiti politici che facevano partecipare direttamente al sistema politico milioni di persone. Non era un pasto facile da divorare, quell’Italia, nemmeno per chi aveva messo gli stivaloni nel piatto. L’Italia di oggi ha invece una politica destrutturata, sindacati annientati, corpi sociali intermedi che agiscono solo a corto raggio. E’ pronta per essere spolpata da multinazionali occidentali, petromonarchi arabi, mega-imprenditori cinesi, magnati russi e mafiosi di ogni nazionalità, ordine e grado, che avranno gioco facile, purché gli sia chiara la vera regola: dove orbitano i soldi. La galassia del denaro deve ruotare ancora e sempre intorno all’asse Wall Street-Londra. Ora non c’è più simpatia per le distrazioni centrifughe dei paradisi fiscali. Non è più il tempo nemmeno per quelle zone ambigue e paramafiose che si ossigenavano in Vaticano o a Cipro.
Sembra disordine, sembra solo follia, ma non c’è da giurarci. Vediamo capitalisti in rovina, distruzione, ma non è nulla di nuovo. C’è semmai un ordine che vorrebbe emergere dal caos che esternalizza sui popoli e sulla natura. Proprio oggi, nientemeno che il settimanale statunitense “Time” dice che Karl Marx queste cose le aveva previste, che era stato proprio profetico. Se lo dicono anche gli americani, viene voglia di rileggere il libro primo del “Capitale”. Parlava forse di noi, di quel che accade ora? Senti un po’ che diceva il buon Marx: «Con la produzione capitalistica si forma una potenza del tutto nuova, il “sistema del credito”, che ai suoi primordi si intrufola di soppiatto come modesto ausilio dell’accumulazione e, mediante invisibili fili, attira nelle mani di capitalisti individuali o associati i mezzi monetari disseminati in masse più o meno grandi sulla superficie della società, ma ben presto diviene un’arma nuova e temibile nella lotta di concorrenza, e infine si trasforma in poderoso meccanismo sociale per la centralizzazione dei capitali».
Ecco il concetto, centralizzazione dei capitali. Questa Europa giustamente esecrata da noi e da Debora Billi, l’Europadi questo Euro, è stata anche un gigantesco meccanismo di «centralizzazione dei capitali»: prima si è presentata come un ambiente vivace per la concorrenza, poi come un sistema che (ancora Marx) causa la «rovina di molti capitalisti minori, i cui capitali in parte finiscono nelle mani di chi vince, in parte scompaiono» (assieme alle prospettive di milioni di persone), infine un processo di centralizzazione che si addensa là dove vuole la politica dominante. Noi vediamo il nuovo volto terribile della Germania e dell’eurocrazia che produce governi “tecnici” e governi maggiordomi, con una mezzogiornificazione del Sud Europa, l’area perdente in questa fase della centralizzazione. Sopra questo processo si avanza però qualcosa di più vasto ancora. Faremo bene ad abituarci quanto prima a discutere della nuova Agenda Atlantica, ossia l’area di libero scambio (con tanto di istituzionisovranazionali euroamericane) che è già materia di pre-negoziato a Washington e presso l’élite europea.
In una crisi sistemica montante, non possiamo realisticamente escludere che la “fuga dalla dittatura” non la faremo noi, ma la stiano progettando loro per noi, per gettarci in quest’altro bel baratro, per una forma suprema di centralizzazione dei capitali, l’ultimo giro di giostra dei redditieri. Intanto fuggiamo dalla dittatura, dice Billi, e poi si vedrà? No, poi non sarà possibile vedere niente. È mentre si combatte che si costruisce il “poi”, non mentre si fugge. I partigiani che hanno scalato la montagna, e che sono morti, che ne sapevano della “svolta di Salerno” di Togliatti? Poi hanno avuto cinquanta anni di americani e Democrazia Cristiana. Avevano forse scalato la montagna e sono morti per avere quello? No, e ciononostante hanno avuto la possibilità per decenni di lasciare contrappesi e contropoteri nel sistema. Oggi rischieremmo per paradosso di consegnarci mani e piedi a una Bruxelles più invadente ancora, e più atlantizzata. Un incubo.
No, Debora, noi non vogliamo fuggire. Vogliamo combattere. E speriamo, vogliamo, essere con te dalla stessa parte. Parliamo, nientemeno, di una rivoluzione politica. In grado di immaginare una sfida europea. Una nuova Costituzione europea, perché no? L’importante, non sappiamo se è un fuggire, è che si abbandonino gli attuali trattati in vigore, Lisbona e Maastricht. Chi può farlo? I popoli, se fanno politica e si sentono sovrani. Uno dei più colossali fraintendimenti del fenomeno Cinque Stelle è stato quello di Wu Ming, che lo ha visto come una sorta di anestetico dei conflitti, tanto da metterlo in contrapposizione alla presunta maggiore radicalità di Occupy Wall Street e Indignados. Invece la presenza nelle istituzioni, questo volerci essere, ha fatto una differenza enorme per il movimento italiano. Al momento esso è infinitamente più dirompente rispetto alle piazze spente dei movimenti più radicali di altri Paesi. Se vogliamo immaginare un processo costituente internazionale che riesca a contrastare l’Agenda Atlantica, dovremo comunque pensarlo molto proiettato dentro le istituzioni. Anche la Nato e la Ue sono da aprire come scatolette, purché si sappia che lì dentro non ci sono esattamente tonni.
Ma pericoloso introdurre principio banche non vengono pagate
se il governo non provvede ad una moratoria ,peer crif,cai e centrale rischi,fra un anno nessuno avra' piu' il merito creditizio.
il governo ipotizza un ''ordine cronologico in due fasi: prima i soggetti non finanziari (le aziende) poi le banche''. Lo dice il ministro dell'Economia, Vittorio Grilli spiegando che su questo sono in corso contatti con l'Abi. Grilli ha comunque precisato che sarebbe ''pericoloso introdurre il principio che le banche non vengono pagate''. Se si introduce questo principio l- spiega - la possibilita' per le imprese di ricevere credito sparisce''.
Aldrovandi, la mamma: stanno usando Federico per la notorietà
La donna e' scesa in strada mostrando un'immagine del figlio morto, i poliziotti hanno voltato la faccia
"Stanno usando il nome di mio figlio per cercare notorietà, celebrità. Se è così l'hanno avuta, adesso basta, mi lascino in pace e lascino in pace la memoria di mio figlio. Non so che cosa vogliono dimostrare, non so che cosa cerchino da noi. Non ho nessuna voglia di parlare con loro. Trovo disumano il comportamento di quelle persone che vengono a manifestare solidarietà agli assassini cercando la famiglia e gli amici di Federico". Così Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovandi, per la cui morte avvenuta nel 2005 quattro agenti sono stati condannati in via definitiva per omicidio colposo, ha commentato a SkyTg24 la manifestazione promossa ieri dal sindacato indipendente di polizia Coisp davanti al Comune di Ferrara, dove lei lavora.
"Siamo vittime di un'allucinante strumentalizzazione", ha ribattuto agli stessi microfoni il segretario generale Coisp, Franco Maccari, che ha voluto esprimere "un sentimento di assoluta solidarietà nei confronti della signora, che ha tutto il diritto di esprimere il suo dispiacere e soprattutto il suo dolore. Noi stiamo portando avanti da un mese un tentativo di dialogo su un aspetto procedurale che non c'entra niente con la vicenda, su cui c'é una sentenza confermata in Cassazione che, seppure si può non condividere, va rispettata da tutti. Discutiamo sul fatto che in Italia chi deve scontare meno di un anno di carcere viene affidato ai servizi sociali e va agli arresti domiciliari, tranne quei quattro poliziotti". Il Coisp ribadisce di "aver chiesto la piazza principale di Ferrara una settimana fa a sindaco, questore e prefetto: non l'avremmo mai fatta lì se avessi saputo anche lontanamente che ci lavorava lei. Abbiamo poi mandato a dire 'signora ci scusi' tramite un'altra persona, l'abbiamo detto tramite questore e prefetto, ma non ha voluto parlarmi. La capisco, ha ragione, dispiace che dica che le abbiamo girato le spalle (quando è scesa in piazza assieme ad alcune colleghe mostrando la foto del figlio massacrato, ndr), ma non è assolutamente vero". Di diverso avviso la madre di Federico, che si dice anche umanamente confortata dai molti messaggi che le sono giunti, a cominciare dal ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri: al Coisp "sanno benissimo che lavoro lì. Ed era una manifestazione nei confronti delle istituzioni che mi hanno sempre sostenuta".
Il Coisp ha improvvisato ieri a Ferrara un presidio di solidarietà verso gli agenti condannati per la morte di Federico Aldrovandi, sotto le finestre dell'ufficio della madre Patrizia Moretti. Lei prima ne ha dato notizia, con tanto di foto, su Facebook, quindi è scesa in strada mostrando un'immagine del figlio morto. E' accaduto questa mattina, il giorno seguente l'assoluzione della Moretti per diffamazione verso la pm Mariaemanuela Guerra. Al sit-in hanno partecipato circa una ventina di agenti: "Sono poliziotti. Sono come quei quattro?", ha scritto la Moretti sul proprio profilo. Una volta che la notizia si è diffusa, è intervenuto anche il sindaco Tiziano Tagliani che ha chiesto ai manifestanti di spostarsi per evitare provocazioni. Ne è nata anche una vivace discussione tra il primo cittadino e l'eurodeputato Potito Salatto che partecipava al sit in con gli agenti. Il Coisp organizza in città il proprio congresso regionale, al quale aveva invitato proprio la Moretti.
Quando Patrizia Moretti è scesa in strada con l'immagine del figlio morto, i manifestanti del presidio Coisp si sono girati, le hanno dato le spalle ignorandola e hanno lasciato la piazza. La madre di Federico era accompagnata da due colleghe e avrebbe deciso di lasciare il proprio ufficio (é una dipendente comunale) a seguito del trattamento riservato al sindaco Tiziano Tagliani che aveva tentato di far spostare il sit-in anche per evitare che la stessa Moretti scendesse in strada. "Sapete quanto mi costi vedere e far vedere quella immagine, che mi distrugge profondamente. Però quando è necessario bisogna farlo", ha raccontato la Moretti a 'Radio Citta' del Capò. "Non mi hanno mai rivolto lo sguardo - ha aggiunto -. Non mi guardavano nemmeno in faccia si sono girati dall'altra parte e piano piano se ne sono andati", ha proseguito sottolineando: "E' stata veramente una provocazione".
L'intera aula del Senato, compresi i componenti del Governo, si sono alzati per esprimere lo sdegno, su sollecitazione di una senatrice del Pd, per la protesta organizzata dai poliziotti del Coisp contro Patrizia Moretti, madre del giovane Aldrovandi, picchiato a morte da agenti PS.
Per il Coisp, quella di Patrizia Moretti è definita "una "contromanifestazione improvvisata" e quindi "priva di autorizzazione", e quell' immagine di Federico, "per onore di verità, non fu ammessa al processo perché ritenuta non veritiera". In un altro passaggio, inoltre, si sottolinea come la Moretti abbia inscenato la propria protesta con altre persone, "pare tutte in servizio in Comune e che hanno quindi abbandonato il posto di lavoro". "Tutto quanto accaduto - spiega Maccari nella newsletter - la dice lunga sul totale rifiuto di ogni confronto, sull'unica volontà imperante che è quella di strillare le voci di chi ha qualcosa di diverso da dire o, meglio, di impedire che altri possano manifestare il proprio pensiero". Tanto che, prosegue, "avevamo invitato Patrizia Moretti a partecipare al confronto pubblico fissato per oggi" e, auspicando la sua presenza, avrebbe dimostrato "così che non identifica con il diavolo tutti gli appartenenti alla Polizia di Stato e chi parla con loro, ma che si possono esternare pubblicamente le proprie idee in un contraddittorio serio e corretto".
Mai più manifestazioni di questo tipo. E' la reazione del sindaco di Ferrara, Tiziano Tagliani, al presidio organizzato dal Coisp, regolarmente autorizzato. "Ho chiesto a loro di spostarsi di qualche decina di metri, perché la manifestazione non risultasse provocatoria. Invece sono stato allontanato dalla piazza, nonostante abbia spiegato che la mia richiesta era nell'ottica di salvaguardare rapporti che in questi anni sono stati ripresi con difficoltà", ha spiegato Tagliani, sceso in strada, dopo aver visto che la madre di Federico Aldrovandi stava per fare lo stesso. Tagliani ha avuto un duro scontro verbale con il segretario del Coisp Franco Maccari e soprattutto l'eurodeputato Potito Salatto. "Credevo di trovare un uditorio più sensibile a quella che è la serenità e il rispetto dell'ordine pubblico", ha proseguito Tagliani, secondo il quale "siccome entrambi mi hanno allontanato dalla piazza, prendo atto che questo sindacato non vuole un processo di rasserenamento a Ferrara su un tema gravissimo". E di questa "indisponibilità", Tagliani ha annunciato che si farà portatore verso Questura e Prefettura. "Manifestazioni di questo genere non si faranno più, perché hanno un tono provocatorio. Fino ad oggi sono stato zitto e sereno, ma vedo che probabilmente sono stato male interpretato
Il premier incaricato: 'Non siamo a Ballarò, il governo è una cosa seria'. Crimi:'No alla fiducia'
Guarda le foto1 di 30I capigruppo M5S Crimi e Lombardi dopo l'incontro con Bersani
Ultimo giorno di consultazioni per il premier incaricato Bersani, che ha visto M5S. Ieri sera i 5 stelle hanno ribadito il no al sostegno al leader pd. Farò una proposta e ognuno si assumerà le sue responsabilità, ha detto il segretario democratico. Meglio il voto, incalza il centrodestra.
BERSANI A M5S, NON AVETE L'ESCLUSIVA DEL CAMBIAMENTO - "Parto dal presupposto: governo sì, governabilità ok, ma senza cambiamento non ci può essere governo. Voi di questo cambiamento siete protagonisti, ma non siete esclusivi protagonisti.La mia forza sente questa esigenza. Io non farò governi che abbiano davanti l'impossibilità di cambiamento". Così Bersani parlando al M5S.
"C'é un aspettativa di governissimo, ma io dico 'non esiste'". Lo ha detto Bersani al M5S. Un no "non per preclusione verso la destra, che la pensa diversamente da me ma è in tutta Europa, ma perché metteremmo un coperchio politicista su una pentola che chiede cambiamento: finiremmo per bloccarci reciprocamente. Questo non si farà".
"A chi è più vicino chiedo responsabilità. Alle forze che vogliono avere più autonomia chiedo di non impedire questo percorso". Ha detto Bersani.
"Sono venti anni che sentiamo queste parole. Mentre parlava mi sembrava di sentire una puntata di Ballarò. Sono venti anni che voto e che sento parlare delle stesse cose e non vengono mai realizzate". Così Roberta Lombardi, capogruppo alla Camera del M5S, replica al programma esposto da Pier Luigi Bersani alla sua delegazione.
"Purtroppo non siamo a Ballarò; il governo è una roba seria". Ha detto il premier incaricato rispondendo agli esponenti di M5S che avevano rilanciato la richiesta di un governo guidato dal loro Movimento.
"Lei diceva che solo un insano di mente può avere la fregola di voler governare il Paese; ebbene, noi noi siamo quegli insani di mente perchéabbiamo un progetto per il Paese. Noi siamo disposti a prenderci la responsbilità, a riprenderci la sovranità, a riprenderci il nostro Paese". Ha detto Lombardi rispondendo a Bersani.
"Nell'ultima campagna elettorale il tema del cambiamento che abbiamo portato poi è stato recepito, chi più chi meno, persino con lo slogan 'uscite dal buio'". Così Lombardi spiega a Bersani come alcuni dei temi proposti dal M5S siano stati assimilati dagli altri partiti in campagna elettorale.
"Con tutti gli incontri che ho fatto, ritengo la mia proposta l'unica cosa realistica. Fuori da questo vedo un meccanismo, che passa dal 'faremo' all"avremmo potuto fare, avremmo potuto provarcì". Ha detto Bersani ai delegati di Movimento 5 Stelle durante il loro incontro.
"Ci sentiamo di dover respingere questa assunzione di responsablità sulla mancata partecipazione del governo perché siamo gli ultimi a doversi sentire responsabili. Non siamo noi la causa. Se c'é questo risultato é anche perché c'é una legge elettorale che non è stata modificata da nessuno". Lo dice il capogruppo al Senato del M5S Vito Crimi a Bersani.
"Escludo che usciamo dall'aula" del Senato per consentire la nascita di un governo Bersani. Ha detto Crimi ai cronisti, dopo l'incontro con Bersani. Crimi ha ribadito che M5S voterà no alla fiducia ad un governo Bersani.
"Noi abbiamo una credibilità che possiamo spendere: gli altri partiti hanno una 'non credibilita'', essendo lì da 30 anni facendo solo promesse". Ha sottolineato Crimi parlando della richiesta al Capo dello Stato di un incarico per un governo 5 Stelle. Ma i numeri - gli viene chiesto - dove li prendete? "La responsabilità deve essere degli altri partiti. Noi mettiamo in campo una cosa in più egli altri partiti: la credibilità. E poi un programma che è condiviso su molti punti".
Il capogruppo di M5S al Senato esclude che possano esserci dissidenti che consentano la nascita del governo Bersani. Parlando con i cronisti dopo l'incontro con Bersani, Crimi ha ricordato che la decisione sul "no" al governo Bersani è stata "presa all'unanimità". Non è possibile un parallelo con l'elezione del presidente del Senato: "lì la decisione - ha ricordato - non fu a unanimità, fu a maggioranza. Ieri c'é stato un voto compatto e all'unanimità".
Abolire il contante: e se la banca ci rapina, come a Cipro?
Ridurre o eliminare l’uso del denaro contante, in nome della lotta all’evasione fiscale? Proposta contenuta anche nell’ipotesi di programma sostenuta da Bersani. «Di colpo, grazie ad un atto normativo, il cittadino verrebbe privato, oltre che di questa forma di libertà, anche dell’unica forma di dissenso a sua disposizione nei confronti del sistema bancario», scrive Paolo Cardenà sul blog “Vincitori e vinti”. «Per contro, le banche verrebbero graziate in quello che per loro costituisce il vero e proprio incubo: la corsa agli sportelli». A quel punto, essendo il denaro smaterializzato e sostituito con un algoritmo astratto e intangibile, ne deriva che, se non esiste moneta contante da scambiare e da prelevare, viene meno anche il pericolo che la popolazione possa chiedere la restituzione di ciò che non esiste. «E’ evidente, e le banche festeggiano: il sistema bancario deterrebbe in deposito la maggior parte della ricchezza del paese». Che – Cipro insegna – porrebbe anche “scomparire”, per decreto, da un giorno all’altro.
Ciò che sta accadendo a Nicosia, sostiene Cardenà, dimostra che il tabù dell’inviolabilità e del rispetto dei risparmi e dei sacrifici di una vita, almeno nell’Europa meridionale, è stato violato: chi ha depositi bancari potrebbe rischiare di perderli. E sarebbe perfino ingenuo pensare che l’esproprio possa riguardare solo i conti correnti, poiché ogni genere di attività potrebbe essere colpita. «La linea di demarcazione tra debito e credito, di colpo, sembra essere divenuta più sottile, pallida, quasi inesistente». Per rendere solvibile il debitore, «non c’è nulla di più agevole che compensare posizioni a debito con quelle a credito, e il gioco è fatto: il debitore è stato reso solvibile e il creditore è stato espropriato». Ben poco rassicurante, quindi, la proposta di Bersani inclusa tra le “misure per la tracciabilità e la fedeltà fiscale”. Tradotto: assegnare alle banche il monopolio di qualsiasi transazione.
«Il sistema bancario – aggiunge “Vincitori e vinti” – deterrebbe in custodia i vostri investimenti in titoli, azioni, obbligazioni, i preziosi custoditi in cassette di sicurezza, e ora anche il denaro che, obbligatoriamente, deve essere depositato sul conto corrente». Il divieto di utilizzare contante potrebbe «rendere la macchina coercitiva del fisco ancora più efficiente, funzionale, perfetta e micidiale». Tra poche settimane, aggiunge Cardenà, le banche italiane dovranno trasmettere all’anagrafe tributaria tutte le movimentazioni dei nostri conti correnti: lo Stato, con un semplice clic, potrà conoscere in tempo reale ogni vostra ricchezza: sia la sua collocazioneche la sua dimensione complessiva. Ricchezza, a quel punto, più facile da tassare, ma anche eventualmente da «confiscare ed espropriare», per salvare le banche e i monopolisti del potere economico-finanziario.
E’ accaduto già nel 1992, con la patrimoniale di Amato: «Aziende e famiglie si sono viste confiscare ricchezza su delle somme derivanti da un finanziamento concesso dalla banca e temporaneamente depositato sul conto corrente bancario». Secondo “Vincitori e vinti”, lo stesso Bersani non nasconde di essere favorevole a un’imposta speciale sui grandi patrimoni, oltre il milione e mezzo di euro. A conti fatti, «il sospetto è che, quando si accorgeranno che il gettito derivante da un’imposizione patrimoniale a quei livelli sarà molto ridotto, probabilmente abbasseranno di molto il livello di patrimonio dal quale far scattare l’imposizione al fine di aumentare la base imponibile». Solo per citare un esempio, potrebbe essere ulteriormente tassato il patrimonio immobiliare. E così, la banca diverrebbe «una gigantesca camera di compensazione», un vero e proprio «soggetto giuridico al servizio dello Stato per espropriare ricchezza».
Vega si prepara ad affrontare il primo volo commerciale nella base europea di Kourou, nella Guyana Francese (fonte: ESA)
Sono diventati tre i 'passeggeri' del prossimo lancio di Vega, il lanciatore dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) che parla italiano: al satellite Proba-V dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) ee a quello vietnamita si aggiunge una piccola missione di ricerca dell'Estonia.
Vega intanto è già pronto sulla rampa della base di lancio europea di Kourou, in Guyana Francese, in attesa della data definitiva per il suo primo volo commerciale dove testerà la capacità di rilasciare satelliti in orbite diverse.
"Sarà un lancio molto importante - ha spiegato Francesco Caio, amministratore delegato della Avio, l'azienda responsabile del lanciatore - in quanto segna la fase di transizione dalla sperimentazione alla commercializzazione".
A distanza di poco più di un anno dal primo volo di qualifica, Vega si prepara ora a un nuovo e più complesso test del precedente. La missione durerà infatti circa 3 ore e il lanciatore dovrà portare i suoi due carichi principali, con l'aggiunta del mini-satellite estone, su due orbite con 'orientamenti' diversi e a quote differenti, a 600 e 800 chilometri di altezza. "L'ultimo stadio - ha spiegato Caio - dovrà accendersi e spegnerai ben 5 volte".
"Si tratta del primo volo commerciale - ha spiegato Francesco Depasquale, amministratore delegato di Elv - e dove ne testeremo la flessibilità, ossia la capacità di rilasciare più satelliti e in scegliere varie orbita diverse. Vega sarà l'unico lanciatore europeo ad avere queste capacità". Il lanciatore, hanno aggiunto i responsabili di Vega, si trova già sulla rampa di lancio e la data di lancio, intorno al 19 aprile, verrà ufficializzata solo nella prossima riunione con i responsabili di Esa in programma il 4 aprile.
Violato regolamento. Boldrini,se ne occupa Uff. Presidenza
(ANSA) - ROMA, 26 MAR - Rocco Buttiglione ha preso la parola in aula (durante il dibattito sul caso Maro') per denunciare la 'violazione del regolamento' da parte di alcuni deputati che 'scattano delle foto in aula'. La presidente Laura Boldrini ha fatto subito sapere che del caso verra' investito l'ufficio di presidenza' e ha richiamato ''tutti al rispetto delle regole''.
Nel suo profilo facebook nome fidanzata, Julia Tosti
(ANSA) - PERUGIA, 26 MAR - E' Alessandro Polizzi, di Perugia, nato il 30 agosto 1989, la vittima dell'omicidio avvenuto la scorsa notte in un appartamento del capoluogo umbro.
Secondo quanto si e' appreso in ambienti investigativi, lavorava come operaio nella ditta del padre, alla periferia di Perugia.
Nel profilo facebook del 24enne e' scritto anche il nome della fidanzata, Julia Tosti. Si tratterebbe della giovane rimasta ferita la scorsa notte nell'aggressione in cui Polizzi e' stato ucciso.
Guerra delle capsule da caffè, Vergnano batte Nespresso
Le capsule da caffè Vergnano sono compatibili con le macchine Nespresso. Lo ha stabilito una decisione del tribunale di Torino, che ha ordinato alla Spa Nespresso Italiana di "astenersi dalle attività denigratorie delle capsule prodotte da Vergnano" e di eliminare entro 60 giorni le "informazioni errate dalle istruzioni delle macchine per caffè espresso". Accolta quindi la richiesta di Caffè Vergnano, che aveva avviato il procedimento lo scorso febbraio.
Secondo quanto riporta un comunicato dell'azienda piemontese, Vergnano, assistita dall'avvocato torinese Fabrizio Jacobacci, lamentava da parte della Nespresso Italiana, titolare dei negozi monomarca Nespresso, un comportamento concorrenzialmente scorretto oltre che ingannevole per i consumatori. Da un'indagine effettuata presso alcuni punti vendita Nespresso di Roma, Bologna, Milano e Torino, Vergnano aveva infatti appreso che gli addetti alle vendite descrivevano le sue capsule come "più o meno compatibili" se non "da buttare". Inoltre, informavano i clienti che le macchine del caffè a marchio Nespresso erano state modificate in modo da non funzionare con le capsule Espresso1882 e che la relativa garanzia non aveva effetto se la macchina veniva utilizzata con le capsule Vergnano. Anche i libretti d'istruzione di tali macchine, infine, esplicitavano che l'apparecchio funzionava solo con capsule Nespresso Club.
L'effetto di tali comportamenti è stato ritenuto da parte di Caffè Vergnano come lesivo per l'immagine dell'azienda, con conseguente danno commerciale, perdita della reputazione e della clientela. Per questo motivo, lo scorso 15 febbraio l'azienda piemontese ha avviato un procedimento legale, al termine del quale il tribunale di Torino ha ritenuto "sussistente l'attività denigratoria".
Warren Mosler: volete il benessere? Meno Iva e più deficit
Il problema dell’economia è che il deficit di bilancio è troppo basso: dev’essere molto maggiore. Ci deve essere più spesa pubblica o una minor tassazione, oppure una combinazione delle due. Comunque, il deficit è troppo basso. E il problema è che tutti i vostri leader politici pensano che il deficit sia eccessivo, e quindi fanno tutto il possibile per ridurlo. Il deficit, però, è uguale ai vostri risparmi: i vostri risparmi sono troppo bassi, voi non avete abbastanza reddito. Avete bisogno di più soldi. C’è disoccupazione e tutti sono praticamente a terra, perché il deficit è troppo basso. Purtroppo, per l’Italia – come parte del sistema euro – non si riesce a incrementare il deficit, perché i mercati vi taglierebbero fuori, e quindi è necessaria una garanzia dalla Banca Centrale Europea. Ne ho parlato fin dal ’95 e alla fine è successo: a maggio, quando Trichet ha proposto che la soluzione di tutti i problemi fosse la banca centrale.
Trichet è stato seguito poi da Draghi, che ha detto che avrebbero fatto tutto il possibile per fare in modo che l’Italia potesse auto-finanziarsi. Effettivamente questo è successo: i finanziamenti non sono più un ostacolo. Però, ancora, continuano a cercare di ridurre il deficit. E tutte le cose continueranno ad andare di male in peggio, fino a quando non capiranno che il deficit dev’essere maggiore. Le piccole e medie imprese di cosa hanno bisogno? Ovviamente, di persone che abbiano soldi da spendere. E come si trovano, queste persone? E’ necessario abbassare letasse e aumentare la spesa pubblica: dobbiamo aumentare il deficit. Il governo impone una tassa; a quel punto, deve spendere abbastanza per permettere alla gente di pagarla, questa tassa, e anche di accumulare dei risparmi. Perché, se non si spende abbastanza per pagare le tasse e riuscire a risparmiare, non c’è più economia: ed è quello che sta succedendo.
Le aziende si basano sulle vendite – è così che vivono – e continuano a competere per aggiudicarsi le spese dei consumatori. Quindi sta al governo, allo Stato, far sì che la tassazione non privi di troppi fondi la gente, non la privi del denaro necessario alle spese per vivere. Una volta stabilito un governo equo, quindi con tutti i servizi pubblici necessari, c’è un livello sufficiente di tassazione, in cui le persone hanno abbastanza soldi da spendere per comprare tutti i beni e servizi che si possono produrre, e contribuire così a una piena occupazione. Non è difficile ottenere tutto questo, ma i leader devono capire che questo può implicare un deficit: e a questo non sono pronti. Un’economia“domestica” Mmt, fondata sulla Teoria della Moneta Moderna, è in grado di garantire la prosperità? A tutt’oggi: sì. Noi possiamo garantire la piena occupazione, buoni posti di lavoro per tutti. E questo significa che tutti riescono a produrre ricchezza, beni e servizi che costituiscono la nostra prosperità.
Abbiamo bisogno delle esportazioni? Sono necessarie solo per pagare le importazioni. Il commercio ci rende tutti ricchi e prosperi: compriamo delle cose gli uni dagli altri, abbiamo degli scambi; se non ci fossero commercio e scambio, sarebbe necessario coltivarsi i propri prodotti nei campi, fabbricarsi le scarpe da soli, insegnare da soli ai figli. Noi ci specializziamo: alcune persone coltivano i campi, altri insegnano ai ragazzi, altri si occupano dei malati. Le persone che lavorano in agricoltura producono per tutti; quelli che curano i malati si occupano di tutti i malati; chi insegna ai ragazzi insegna a tutti i ragazzi. Quindi noi suddividiamo il lavoro, e questo si chiama commercio, scambio, ed è una buona cosa. Quando ci si specializza, si riesce a far meglio tutto.
Noi non vogliamo delle restrizioni in questo meccanismo di scambio, eppure abbiamo un enorme restrizione, a questo riguardo – nello scambiare servizi, fare le cose gli uni con gli altri – e questa restrizione si chiama Iva, imposta sul valore aggiunto. E’ una tassa imposta sullo scambio di servizi. Cioè: se mi voglio far tagliare i capelli da qualcuno, devo pagare l’Iva. Se voglio comprare un paio di scarpe, devo pagare un’imposta sul valore aggiunto. C’è un’Iva su tutte le transazioni: e questa è una tariffa – una restrizione – sul commercio. Ci rende tutti più poveri. E quindi è il tipo più sbagliato di tassa, da introdurre. Noi invece vogliamo incoraggiare questi scambi. E questo deve estendersi anche al resto del mondo: dobbiamo essere in grado di avere accesso a tutti i prodotti del resto del pianeta. Pagandoli come? Con nostri prodotti. Noi non vogliamo limitare questo meccanismo di scambio. E perché allora vengono applicate restrizioni? Perché pensiamo che l’importazione causi disoccupazione: pensiamo che, se importiamo prodotti, perdiamo posti di lavoro, qui.
Quando le persone contraggono prestiti, spendono e l’economia si surriscalda, letasse automaticamente aumentano. Quando si guadagna di più, si paga di più: quando ci sono degli utili, si pagano automaticamente più tasse. E questo si chiama: stabilizzazione fiscale automatica. Per cui, gli adeguamenti necessari che deve attuare il governo possono essere molto limitati, o addirittura superflui. Purtroppo, però, a causa del fatto che lo Stato si occupa sempre di deficit e vuole arrivare a un “deficit zero” o al 3%, quindi ridotto al massimo, invece di pensare alla prosperità e fare in modo che ci sia la piena occupazione per tutti, quindi senza stare a pensare all’entità del deficit perché in fondo non importa – purché tutti abbiano un lavoro e non ci siano troppi problemi – lo Stato adotta misure che non hanno alcun senso. Come quelle di adesso: in cui si decide che, anche con un’elevata disoccupazione, il deficit è accessivo, e quindi si cerca di ridurlo. Persino se lo lasciassero così com’è, probabilmente, l’economia si riprenderebbe: certo non sarebbe una ripresa veloce, ma graduale nel corso degli anni. Ma non lo stanno facendo: cercano anzi di ridurlo, il deficit. E peggiorano le cose. E sono assolutamente responsabili delle condizioni attuali del paese.
(Warren Mosler, estratti dell’intervento “Il deficit è troppo basso”, condotto al meeting sulla Modern Money Theory promosso da Paolo Barnard a Rimini il 20-21 ottobre 2012 e riportato sul sito MeMmt).
L’intervento - Durante Servizio Pubblico, il giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, come oramai tutti sanno, ha portato un durissimo attacco al neo Presidente del Senato Pietro Grasso. I punti fondamentali sono tre. In primis ha sottolineato la non grande differenza tra Schifani e Grasso. Il deputato PdL, infatti, sarebbe stato il ponte – ben accettato dal PD di Veltroni nel 2008 – per l’inciucio tra PdL e opposizione. Nessuno, a sinistra, si oppose allora alla sua nomina, anzi, i complimenti piovvero anche dal Partito ora guidato da Bersani. Ma tutti, già allora, erano ben consapevoli della figura di Schifani. L’ex procuratore antimafia, similmente – definito come un uomo di mondo – si sarebbe sempre tenuto a debita distanza dall’invischiarsi nell’argomento dei rapporti tra mafia e politica, anzi, da procurato a Palermo, avrebbe rimosso tutti i magistrati interessati alla questione. A dimostrazione vi sarebbe, tra le altre cose, il rifiuto di apporre la firma alla richiesta di appello contro l’assoluzione in I grado di Giulio Andreotti, nel noto processo riguardante l’ex leader della DC. Anche per questo sarebbe ben visto dal PdL. Una sorta di ripetizione di quanto avvenne, a parti inverse, nel 2008. Un personaggio, Grasso, che per Travaglio non ha “mai pagato le conseguenze di un indagine”. Inoltre, dulcis in fundo, il Presidente del Senato, avrebbe ottenuto tre leggi – opera del governo di Berlusconi – per essere nominato procuratore nazionale antimafia a discapito di Caselli, nel 2005.
Caselli vs Grasso – Il primo errore in cui è caduto Travaglio è stato un uso stranamente errato della lingua italiana. Nel dire che Grasso “ha ottenuto” tre leggi al fine di essere nominato a capo del pool, stupisce l’uso tanto leggiadro – da parte di un fine conoscitore della nostra lingua – del termine ottenuto. Tale vocabolo presuppone sia stato l’attuale Presidente del Senato ad aver avuto un ruolo in qualche modo attivo nei fatti del 2005, insinuando, inoltre, una certa vicinanza o responsabilità nell’operato di Berlusconi e nell’approvazione della legge Castelli, che eliminò – per sopraggiunti limiti d’età – il giudice Caselli dalla corsa per la nomina. Ma cosa accadde nel 2005? Ad Agosto il CsM avrebbe dovuto eleggere il nuovo procuratore nazionale antimafia, dopo la scadenza del mandato di Pier Luigi Vigna. Il PdL inserisce, nella riforma Castelli, un emendamento secondo cui non può candidarsi a incarichi giudiziari elettivi chi ha superato i 66 anni. Caselli, il favorito – secondo molti – ad occupare la carica, è così tagliato fuori. In pochi, però, sanno che alla votazione preliminare, la Commissione competente assegnò tre voti ad entrambi i candidati. La prassi voleva che il plenum si riunisse quindi per decidere. Questo non avvenne e si rinviò tutto, comportando, ad ottobre, l’assegnazione del ruolo a Pietro Grasso, favorito dall’emendamento sopracitato. Se la prassi fosse stata seguita, però, la realtà dei fatti ci dice che sarebbe stato comunque nominato Grasso. Perché? Molto semplice. Il neo Presidente avrebbe ottenuto la maggioranza dei voti, potendo contare, Caselli, solo sull’appoggio di Magistratura Democratica e di Luigi Berlinguer. Questo non toglie l’assurdità della legge fatta approvare da Silvio Berlusconi, ma, di sicuro, le cose sono andate ben diversamente da quanto sostiene Marco Travaglio. Grasso non ha ottenuto per sua interposta persona alcun tipo di legge. E scusate se questa infelice uscita non è diffamante.
Grasso, politica e mafia – E’ vero quanto sostenuto da Marco Travaglio, la firma del Presidente del Senato mancava tra quelle richiedenti l’appello alla sentenza di Andreotti. Ma la questione è stata subito chiarita. Bastino, quindi, le parole rilasciate dallo stesso Grasso a Repubblica, nel 2000: « Da parte nostra non c’ è alcun accanimento, anche se comprendo che un imputato può interpretarlo in questo senso. Si tratta semplicemente di continuare a sostenere con coerenza le proprie convinzioni di fronte a motivazioni di primo grado che non appaiono convincenti. Il codice di procedura prevede la piena autonomia dei sostituti che vanno in udienza, quindi l’ avallo del procuratore non è richiesto. Io non ho letto tutte le carte, ma per quello che mi è stato detto condivido l’ iniziativa dei miei colleghi: sono state individuate delle contraddizioni di carattere tecnico-giuridico che richiedono il vaglio del giudice d’ appello». Una firma di Grasso, inoltre, avrebbe impedito la sua testimonianza, in quanto giudice a latere del maxi-processo. Nessuna presa di distanze dai rapporti tra mafia e politica, dunque. Semmai, tali dichiarazioni, dimostrano quanto, 13 anni fa, pur non firmando, l’ex procuratore sostenne in pieno la necessità di un ricorso in appello. Meno chiara, invece, l’estromissione dei due procuratori aggiunti Scarpinato e Lo Forte (oltre che dei sostituti Ingroia e Natoli) dal pool antimafia di Palermo. Avvenne infatti con l’applicazione di una circolare del Csm, secondo la quale, dopo 8 anni di antimafia, i pm si sarebbero dovuti occupare d’altro. Sino ad allora, però, era stata applicata solo ai sostituti procuratori e non agli aggiunti. Un’interpretazione troppo rigida, forse, ma in linea con quanto deciso dal CsM. Come affermò nel 2003 Anna Maria Palma: “Il vero errore è la circolare del Csm che ci costringe ad abbandonare la Dda dopo otto anni. Se proprio dobbiamo dirla tutta, Roberto Scarpinato ha avuto assegnato un settore così importante non solo da equivalere alla Dda, ma addirittura da superarlo, cioè le Misure di prevenzione. Attraverso questo settore può avere il controllo completo delle indagini della Dda, e pure in tempo reale. Altro che epurazione…”
Responsabilità e conseguenze – Cosa intende, Marco Travaglio, quando afferma che Pietro Grasso non ha mai pagato le conseguenze delle proprie indagini? Un’asserzione del genere riporta alla mente le parole tanto ripetute da Silvio Berlusconi sulla necessità che la magistratura paghi anche in sede civile i propri errori. Per quanto naturalmente Travaglio non si riferisse a questo, i successi del Presidente del Senato nella sua attività da magistrato sono stati significativi. Se il giornalista intende dire che l’ex procuratore antimafia ha commesso gravi errori durante la sua attività, volontari o meno, lo dimostri chiaramente, portando alla conoscenza di tutti le sue colpe. Altrimenti, anche nel rispetto di chi ha pagato conseguenze quali la vita per aver perseguito la mafia, si risparmi uscite di questo tipo. Anche perché si contraddice – almeno in parte – rispetto a sue ben note parole “Buon senso vorrebbe che il Parlamento varasse al più presto una legge sulla responsabilità giuridica dei partiti. Invece colpo di genio: le Camere si occupano della responsabilità civile dei magistrati. Il tutto in un paese dove i giudici non godono di alcuna immunità, infatti vengono regolarmente indagati, talora arrestati e condannati da colleghi”. Grasso avrebbe goduto di privilegi non inciampando in indagini o condanne da colleghi per qualche motivo di forza maggiore, magari per qualche sua spontanea ritrosia ad occuparsi di certe cose? Ci spieghi il perché e in che modo.
Ma forse… – Da quando Marco Travaglio ha inaugurato l’idillio con il M5S – peraltro terminato, pare, poprio in questi giorni – anche per lui tra destra, sinistra, centro, falsi onesti e falsi disonesti sembra non esservi più differenza. Tutti, insomma, vanno condannati a prescindere in quanto membri del sistema. Talvolta anche forzando le fonti a disposzione. Errore nel quale, in realtà, il giornalista era già incorso varie volte negli anni passati. Allora, forse, i punti centrali del suo discorso, sono due. La frase iniziale, quando ha sostenuto l’equazione Schifani=Grasso, e la tirata di orecchie ai deputati M5S colpevoli di essersi fatti ingannare da una presunta onestà e purezza dell’ex procuratore antimafia. Tutto il resto, quindi, sembra più un contorno costruito ad hoc per sottolineare quanto, in Parlamento e nella politica, non esistano differenze tra i protagonisti. Altrimenti, appare strano che un personaggio come lui si sia reso protagonista di accuse tanto vaghe, scarsamente sostenute dai fatti e così facilmente smentibili. Penserò male. Forse, ma avere qualche dubbio non ha mai guastato.
Abramovich, voci di un fermo in Usa Ma l’Fbi e il portavoce smentiscono
Giallo sull’oligarca russo Roman Abramovich, che secondo fonti russe sarebbe stato arrestato dall’Fbi negli Stati Uniti. E’ stato il sito Internet dell’agenzia finanziaria Rbk a dare per primo la notizia del presunto arresto, rilanciata dalle tv russe e arrivata via Twitter in America, dove è ampiamente ripresa dai media digitali.
Le notizie pubblicate da Rbk parlano dell’arresto del proprietario del club di calcio Chelsea che sarebbe avvenuto a New York da parte dell’Fbi, forse nell’ambito delle indagini in corso sulla morte di un altro oligarca russo Boris Berezovzky, avvenuta sabato a Mosca. L’agente e portavoce di Abramovich, John Mann, smentisce da Mosca l’intera vicenda: «Non è stato fermano né detenuto, dall’Fbi o da nessun altro».
Anche i portavoce del Chelsea smentiscono mentre l’Fbi preferisce al momento trincerarsi dietro il «no comment». Abramovich tuttavia, per ammissione di Mann, si trova davvero negli Stati Uniti e dunque resta da appurare cosa vi sia all’origine delle voci. Le indiscrezioni sul miliardario, che ha 46 anni, hanno mandato sulle montagne russe la sua impresa Evraz, le cui azioni a Londra sono crollate del 6 per cento in pochi minuti prima di recuperare la metà delle perdite.
(ANSA) - BRUXELLES, 25 MAR - Si e' introdotto ad una festa di adolescenti dove non era stato invitato ed ha costretto un giovane di 17 anni a giocare alla roulette russa, riducendolo in fin di vita. Secondo i medici infatti Jason Denies e' in stato di morte cerebrale: ha un proiettile nel cranio ed un'emorragia cerebrale che gli comprime il cervello. L'episodio, avvenuto sabato sera a Charleroi, cittadina a sud di Bruxelles, e' riportato stamani dalla stampa locale.