martedì 24 luglio 2012

Giochi di guerra Usa, allarme inquinamento nel Pacifico


Giochi di guerra Usa, allarme inquinamento nel Pacifico

23 luglio 2012
Massimiliano Ferraro
Si chiamano sinkex (sink exercise), un termine militare con cui si indica la pratica di colpire e affondare una propria nave-bersaglio. Per la Marina degli Stati Uniti si tratta di un modo veloce per smaltire le vecchie navi da guerra e permettere allo stesso tempo l’addestramento dei militari all’uso di nuovi armamenti contro un obiettivo reale.

C’è solo un problema: i test di sinkex hanno un forte impatto ambientale a causa dei duraturi effetti nocivi degli inquinanti presenti a bordo delle imbarcazioni da far colare a picco. Per questo motivo suscita polemiche la decisione della US Navy di confermare l’affondamento di tre navi dismesse nel corso delle grandi operazioni militari che si svolgono questo mese al largo delle isole Hawaii. Si tratta della RIMPAC, una importante esercitazione navale svolta ogni due anni, alla quale parteciperanno i mezzi o il personale militare di Australia, Canada, Cile, Colombia, Francia, India, Indonesia, Giappone, Malesia, Messico, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Perù, Filippine, Russia, Singapore, Corea del Sud, Tailandia, Tonga, Regno Unito e Stati Uniti. Nel fitto programma di test previsti, le unità navali KilaueaNiagara Falls e Concord, saranno i primi vascelli-bersaglio ad essere affondati con siluri, bombe ed altri ordigni, dopo una moratoria sugli esercizi di sinkex di quasi due anni, messa in atto per i discussi effetti negativi sull’ecosistema marino.
Per decenni la Marina americana ha distrutto le sue navi senza che vi fosse alcun controllo sugli inquinanti rilasciati nell’ambiente. Le zone maggiormente interessate da queste operazioni sono state le aree del Pacifico a nord della Hawaii e quelle al largo della costa californiana. Solo negli ultimi dodici anni sono oltre cento le imbarcazioni da guerra affondate dalla Marina Militare USA. In alcuni casi si tratta di portaerei grandi come tre campi da calcio e contaminate da metalli pesanti, policlorobifenili e PBC, come la USS America o la portaelicotteri classe Iwo Jima. Soltanto a partire dal 1999, in seguito alle pressioni esercitate dall’opinione pubblica, l’Environmental Protection Agency (EPA) ha ordinato alla Marina, almeno sulla carta, di rimuovere buona parte del materiale tossico-nocivo presente a bordo delle imbarcazioni in disarmo e di stilare una relazione annuale con la stima approssimativa delle sostanze tossiche presenti.
Come sostanziosa contropartita, l’EPA ha esentato i militari dall’osservanza di alcune leggi federali antinquinamento che vietano espressamente tali pratiche in mare. Nel 2010, lo stop agli esercizi di sinkex era sembrato mettere la parola fine a questa pericolosa pratica militare, un’aspettativa rivelatasi un’illusione in seguito all’annuncio di un ritorno al passato da parte della US Navy. Una sgradita sorpresa che ha scatenato le proteste di molte organizzazioni ambientaliste e il ricorso ad una petizione da parte del Center for Biological Diversity. I militari vengono accusati di violare molti accordi Ocse e diversi trattati internazionali come la Convenzione di Londra sulla prevenzione dell’inquinamento marino, la Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti e la Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti.
”Chiediamo alla Marina di rispettare la moratoria sui sinkex”, ha detto Sé Colby, responsabile delBasel Action Network, ”se le navi continueranno a finire sui fondali sarà troppo tardi per rimediare ai danni procurati alle nostre preziose risorse marine”. Affondare una nave da guerra obsoleta è infatti una pratica altamente pericolosa per via delle sostanze nocive presenti in molti suoi componenti. In linea generale i materiali tossici che possono venire dispersi nell’ambiente sono l’amianto, usato per l’isolamento, le acque stagnanti di zavorra, i refrigeranti dei motori, i metalli usati per la costruzione, gli agenti chimici del materiale antincendio, gli oli e i combustibili e vari prodotti chimici. Tuttavia, per la US Navy il nuovo ricorso agli esercizi di affondamento non è in discussione. I sinkex vengono ritenuti una preziosa risorsa per lo studio e la progettazione delle future navi da guerra. Ma fino a che punto il progresso dell’ingegneria bellica può giustificare la dispersione nell’ambiente di pericolosi inquinanti? La Marina rassicura che nel corso dei test verrà rispettato scrupolosamente quanto previsto dalle direttive dell’Epa, ovvero una distanza della nave bersaglio di cinquanta miglia nautiche rispetto alla costa, in acque profonde almeno seimila metri.
C’è però anche un altro tema ad infiammare il dibattito contro il ricorso ai sinkex: l’enorme spreco di risorse. Si pensi che soltanto le tre navi che verranno mandate a picco questo mese sono composte da circa 38mila tonnellate di acciaio, alluminio, rame e piombo che potrebbe essere riciclato. Questi test non sono quindi soltanto una minaccia per l’ambiente, sottolinano dal Basel Action Network, ”la scelta della Marina di scaricare i suoi veleni nell’Oceano mette anche a rischio centinaia di posti di lavoro nell’industria americana del riciclaggio navale”. E mentre la polemica non si placa, le manovre al largo delle Hawaii sono già cominciate. Dureranno fino al prossimo 3 di agosto e vedranno in azione migliaia di uomini, quarantadue navi da guerra, sei sottomarini e una decina di aerei da combattimento.

ALLARME SPREAD così la Germania "telecomanda" la fine dell’Italia


ALLARME SPREAD così la Germania "telecomanda" la fine dell’Italia

martedì 24 lugli o 2012
ALLARME SPREAD/ 1. Pelanda: così la Germania telecomanda la fine dell’Italia
L’Italia è in emergenza perché il mercato teme l’implosione dell’euro e/o la sua uscita al traino della crisi finanziaria spagnola. Per questo il premio di rischio richiesto dal mercato per comprare titoli di debito italiani e tedeschi è di 5 punti percentuali (spread), mentre in base ai fondamentali economici dovrebbe essere, come calcolato dal Centro studi di Confindustria, sotto il 2%.
Il costo complessivo di rifinanziamento del debito italiano sta andando oltre il 6%, verso il 7%. Il Tesoro italiano potrà reggerlo, ma solo per qualche mese. Poi, in caso, dovrà arrendersi e richiedere l’aiuto combinato della Ue, Fmi e Bce, perdendo la propria sovranità residua. Il punto: tale emergenza e conseguente scenario catastrofico sono del tutto ingiustificati perché dipendono da errori di percezione sul vero stato economico dell’Italia e dall’incapacità dell’Eurozona di dare un segnale di fiducia al mercato sulle sorti dell’euro.
Da un lato, l’Italia merita una valutazione guardinga da parte del mercato per l’enormità del suo debito complicata dall’assenza di crescita e dalla bassa qualità del suo sistema politico. Dall’altro, è una nazione industrialmente forte, seconda solo alla Germania in Europa e negli ultimi mesi ha avviato un riaggiustamento fiscale e di bilancio come nessun’altra nazione al mondo.
Infatti, meriterebbe uno spread sotto il 2% e un costo di rifinanziamento complessivo del debito attorno al 3%, in discesa. Ma, appunto, il mercato lo sta spingendo verso l’8%. Questo è il problema. Le soluzioni sono due. Per prima cosa differenziare l’analisi sulle situazioni di Italia e Spagna, diversissime, affinché la crisi della seconda (bolla immobiliare e crisi bancaria complicata dall’assenza di base industriale) non contagi la prima. Colpevolmente, il Fmi non ha voluto farlo nel recente passato e il mercato che viene orientato dalle sue analisi lo ha seguito.
Negli ultimi giorni tale errore (o pressione contro l’Italia?) è stato capito da alcuni attori del mercato e speriamo che ciò possa diffondersi e avere un effetto di riduzione dello spread. Ma è la Bce ad avere in mano la soluzione che chiuderebbe la crisi in un minuto: fornire liquidità illimitata ai fondi salva-stati e con questo segnalare che l’euro resterà in vita.
Ma la Germania non vuole, ritarda la soluzione, e per questo è responsabile di un eccesso di punizione dell’Italia da parte del mercato. In sintesi, due terzi della nostra crisi e impoverimento sono imputabili a Berlino e non a noi. Penso sia ora che Roma lo dica e ponga la nuova questione tedesca in Europa.

REferndum contro gli stipendi d'oro dei parlamentari

Monti ha fatto la manovra per salvare le banche ..e loro licenziano??Ubi Banca taglia tutto: 1.500 esuberi

Ubi Banca taglia tutto: 1.500 esuberi

di Filippo Brunamonti

  • I componenti degli organi societari subiranno una riduzione del 20%
Rivedere la propria struttura organizzativa all'insegna dei risparmi ha i suoi pro ma soprattutto i suoi contro. Sono infatti 1.500 i dipendenti falciati via dal loro posto di lavoro e 44 gli sportelli chiusi o venduti a seguito del nuovo piano targatoUbi Banca, che già nel suo luogo porta con sé la minaccioso forbice appuntita.

Una revisione di questo genere era nell'aria, e così il tentativo di contenere i costi annui, con una riduzione dell'organico. Si parla di 115 milioni di euro a partire dal 2014 (di cui almeno 70 milioni già nel 2013) tra risparmi amministrativi e costo del personale.

L'operazione dell'istituto capitanato da Victor Massiah va ad accorparsi alle cure drastiche imposte dalle altre banche d'Italia. La sforbiciata di Ubi include un dimensionamento complessivo delle reti di filiali con pesanti interventi di razionalizzazione e semplificazione della struttura delle Banche Rete, della capogruppo, e di Ubi Sistemi e Servizi. 

Oltre ai preannunciati minisportelli, che saranno 78, la riduzione avanza e colpisce gli organici. Quest'ultima, si legge nella nota, deriverà dall'utilizzo "di fondi di solidarietà per l'accompagnamento alla quiescenza" e da una maggiore flessibilità dell'orario di lavoro. Ubi stima infine di ridurre "di almeno il 20%" i costi di governance, elidendo il numero e gli stipendi dei membri interni agli organi della società.

Ma il nostro professore non sa dei paradisi fiscali??non ha lavorato in USA presso le piu' grandi banche d'affari??allora perche' non fa i nomi di chi attacca l'italia facendo schizzare lo sread??

Crisi: 21mila mld dlr in paradisi fisco

Quanto le economie di Stati Uniti e Giappone messe assieme

 

 

(ANSA) - LONDRA, 22 LUG - Alla fine del 2010 una elite internazionale di super-ricchi aveva almeno 21 mila miliardi di dollari 'nascosti' in paradisi fiscali offshore, una cifra pari al volume delle economie americana e giapponese messe assieme: lo ha calcolato in uno studio James Henry, ex economista capo della societa' di consulenza McKinsey.

Secondo Henry, poi, la cifra di 21mila miliardi dovrebbe esser presa per difetto, e le dimensioni reali del fenomeno potrebbero arrivare a 32 mila miliardi di dollari.

Adesso Merkel tocca anche a te,ma la vuoi capire che se non fai l'europa politica andra sempre peggio??Moody's declassa la Germania ,gli Usa sono forti,anche se indebitati,perche' sono uniti!!

Moody's declassa la Germania




Sentite questa perché è straordinaria:
23:50 23 LUG 2012 (AGI) - Roma, 23 lug. - Moody's ha peggiorato da stabile a negativo l'outlook sul rating AAA di Germania, Olanda e Lussemburgo. Confermato invece a stabile quello sulla tripla A della Finlandia.

E certo: che gliene frega della Finlandia.

Andiamo avanti:
Agi, 23 lug. - Secondo l'agenzia di rating sulle prospettive dei quattro Paesi pesa innanzitutto "la crescente incertezza sugli esiti della crisi del debito nell'area dell'euro considerato l'attuale quadro politico e l'aumentata sensibilità all'eventuale rischio che deriverebbe dalla sempre più probabile uscita della Grecia dall'Eurozona, incluso l'impatto che tale evento avrebbe sui Paesi membri dell'area euro, in particolare Spagna e Italia".

A me non risulta che ci sia una “sempre più probabile uscita della Grecia dall'Eurozona” , perché i greci hanno votato un partito che non vuole l’uscita dall’euro, così come non la vuole neanche l'oppositore Tsipras: basta leggere questo articolo. Dunque? cosa blatera Moody’s?
 Di conseguenza, essendo che la Grecia non si sogna neanche lontanamente di uscire dall’Euro,  non ci sarebbe neanche “l'impatto che tale evento avrebbe sui Paesi membri dell'area euro, in particolare Spagna e Italia". Ma se lo dice Moody’s che è notoriamente una fonte affidabilissima nonché neutrale, disinteressata e oggettiva, noi dobbiamo fidarci. Non erano loro che confermavano la tripla A a Lehman Brothers un giorno prima del fallimento? E allora?

 Per Moody's, inoltre, "anche se tale evento fosse evitato…
Ahhh…perché c’è questa possibilità? Infatti la Grecia non è uscita dall’Euro e neanche ci pensa, dunque Moody’s parla a spiovere, ma tanto che gliene frega: il loro è solo un parere.

Andiamo avanti:
“ c'e' una sempre maggiore probabilità che venga richiesto ampio sostegno per altri debiti sovrani dell'area euro, in particolare Spagna e Italia. E, data la maggiore capacità di assorbire i costi legati a questo sostegno, il peso cadrebbe probabilmente più  pesantemente sugli Stati membri dal rating più alto se l'area dell'euro dovrà essere preservata nella sua attuale forma".

Insomma Moody’ vuole aizzare i falchi tedeschi del rigore: niente più aiuti alla Grecia, alla Spagna, all’Italia.

Ormai avevamo capito da tempo che le agenzie di rating erano una conventicola di cialtroni al soldo degli speculatori, ma adesso vogliamo sapere: chi sta giocando a palla con L’Europa? Chi sta giocando a palla con i nostri destini e con le nostre vite?

In realtà un caro amico mi faceva notare anche un'altra cosa: se lo spread è il differenziale fra quelli che stanno peggio e quelli che stanno meglio, il nostro spread dovrebbe abbassarsi. Sarà così? Perché se non dovesse essere così allora vuol dire che anche lo spread è una bufala, o no?

In tutto questo la Germania reagisce con le dichiarazioni del ministro Schaeuble: “Il giudizio di moody's è unilaterale e ingiusto”. Ma dichiarazioni del genere le avevamo sentite di recente anche da Passera ( “il giudizio di Moody’s è ingiustificato e fuorviante”).

E se i tedeschi invece s’incazzassero per davvero e anziché tagliare gli aiuti ai paesi del sud Europa tagliassero Moody’s? Sogni bagnati.

Materne, sì al referendum contro il finanziamento alle private

Materne, sì al referendum contro
il finanziamento alle private

Il comitato Articolo 33 potrà raccogliere le firme per la consultazione popolare. Ne servono novemila in tre mesi

 

 Materne, sì al referendum contro il finanziamento alle private

 

 Via libera al referendum sui finanziamenti comunali alle scuole materne private. Il Comitato dei garanti del Comune, dopo più di quattro ore di discussione, ha giudicato ammissibile uno dei due quesiti presentati dal Comitato “Articolo 33”. Approvato è quello più generale, dove si chiede in sintesi se si è d'accordo con l'erogazione di fondi pubblici alle paritarie. 

Sulla scheda, insomma, i bolognesi potranno trovare questa domanda:  “Quale fra le seguenti proposte di utilizzo delle risorse finanziarie comunali che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con le scuole d’infanzia paritarie a gestione privata ritieni più idonea per assicurare il diritto all’istruzione dei bambini che domandano di accedere alla scuola dell’infanzia? Utilizzarle per le scuole comunali e statali o per le scuole paritarie private”. 

 Non è passato invece al verdetto dei “saggi” il quesito più specifico che faceva riferimento, pur non cambiando nella sostanza, all’utilizzo delle risorse finanziarie comunali indicate in un milione e 55.500 euro per l’anno scolastico 2011-2012.

La battaglia dei referendari dura da due anni. L’anno

scorso il comitato dei garanti non si pronunciò perché mancava il consiglio comunale (Bologna era commissariata, c’era Annamaria Cancellieri al posto del primo cittadino). Con l’elezione di Virginio Merola e di un nuovo consiglio comunale il comitato dei garanti è stato rinominato. Ne fanno parte i professori di Istituzioni di diritto pubblico Antonio Carullo (riconfermato) e Francesca Rescigno, i costituzionalisti Tomaso Francesco Giupponi ed Edoardo Carlo Raffiotta, l’ avvocato Donatella Ianelli.

Le reazioni. La decisione dei garanti è il primo passo per avviare la consultazione popolare. Ora i referendari dovranno raccogliere novemila firme in tre mesi. Una volta depositate le firme, il refendum dovrebbe essere indetto. “Vuol dire che si può trovare il petrolio a Bologna”, commenta Bruno Moretto, anima del Comitato e voce di Scuola e Costituzione. “Finalmente si ridà parola ai cittadini, erano quesiti ripresentati secondo le indicazioni date dai garanti l’anno scorso. Festeggeremo”.

"L'entusiasmo è tanto, da parte delle centinaia di bolognesi che hanno promosso l'iniziativa per restituire la parola ai cittadini su un tema così importante come la scuola pubblica". Così Francesca De Benedetti, portavoce del nuovo comitato Articolo 33, alla notizia che i garanti del comune di Bologna hanno dato il via libera a uno dei referendum sulle scuole private. "Dopo più di un anno di impegno e qualche stop provvisorio, il traguardo del referendum è raggiunto. Raccoglieremo le 9 mila firme necessarie per l'indizione del referendum, certi che la nostra bologna, la città che è stata modello per la scuola dell'infanzia pubblica, saprà farsi sentire", chiosa De Benedetti.
 

Ecco perche' è a rischio l'aumento di capitale Unipol e diamo solo all'inizio

Fonsai, Salvatore Ligresti interrogato: faro della Procura su operazione Unipol

ultimo aggiornamento: 23 luglio, ore 20:25
Milano - (Adnkronos/Ign) - Il faccia a faccia con il pm di Milano, durato circa due ore, si è concentrato esclusivamente sull'accordo raggiunto tra il gruppo assicurativo e la compagnia bolognese.Milano, 23 lug. (Adnkronos/Ign) - La Procura di Milano punta sull'operazione tra Unipol e Fonsai. A quanto apprende l'ADNKRONOS, l'interrogatorio di Salvatore Ligresti si è concentrato esclusivamente sull'accordo raggiunto tra il gruppo assicurativo e la compagnia bolognese In circa due ore di faccia a faccia con il pm di Milano, Luigi Orsi, il patron di Fonsai ha ribattuto alle richieste di precisazioni all'operazione che, dopo cinque mesi di trattativa, porterà alla 'Grande Unipol'.Né l'indagine di aggiotaggio su Premafin compiuto attraverso i due trust off-shore riconducibili secondo l'accusa a Salvatore Ligresti, né il fallimento delle holding Sinergia e Imco, sono stati al centro dell'interrogatorio di giovedì scorso. Per due ore circa, il pm Orsi si è concentrato esclusivamente su alcuni aspetti dell'integrazione con la compagnia assicurativa bolognese.Un accordo, quello con la compagnia guidata da Carlo Cimbri, non 'entusiasmante' per tutti. In una lettera Paolo Ligresti attaccò Mediobanca e Unicredit, 'colpevoli' di aver sponsorizzato l'operazione con Unipol. Il pm titolare dell'inchiesta ha inviato, di recente, una lettera alla Consob per chiedere delucidazioni sulla solidità di Unipol, ma anche sull'esistenza di eventuali accordi, 'oscuri' al mercato, sul salvataggio di Premafin.Un'operazione, per alcuni sospetta, su cui la Procura sta indagando. Non si esclude che, a breve, la lista degli iscritti nel registro degli indagati possa incrementarsi.Jonella Ligresti, vice presidente di Fonsai, è stata ascoltata la scorsa settimana come testimone dai magistrati milanesi che indagano sulla galassia Ligresti.