martedì 27 marzo 2012

PASSERA: MASSIMO IMPEGNO, MA ESITO NON GARANTITO - ma Passera sai cosa significa avere fame quando si perde il lavoro??e tu non garantisci il risultato?? ma quando eri ad di san paolo e ti dicevano che non garantivano il risultato come reagivi???


Alcoa in piazza a Roma, fumogeni e petardi

Circa 350 persone protestano sotto il ministero dello Sviluppo.

27 marzo, 11:54
Manifestazione degli operai dell'Alcoa a Roma
Manifestazione degli operai dell'Alcoa a Roma

Alcoa in piazza a Roma, fumogeni e petardi
ROMA - I lavoratori dell'Alcoa, arrivati dalla Sardegna, sono in sit-in davanti al ministero dello Sviluppo economico di Via Veneto. Tra i lavoratori c'é tensione: gettano petardi, battono incessantemente gli elmetti da lavoro a terra, intonano cori di protesta e sventolano striscioni contro la multinazionale dell'alluminio ("Toia - amministratore delegato di Alcoa Italia - hai tradito la terra madre").
Il corteo di 350 operati dello stabilimento di Portovesme (Sulcis Iglesiente) è giunto davanti al Ministero dello Sviluppo economico dopo essere passato per Via Bissolati e Via Barberini, con l'interruzione del traffico per alcune vie del centro, che ha creato problemi anche agli automobilisti romani. I lavoratori intendono seguire il tavolo sulla vertenza al ministero, facendo sentire la loro protesta.
"Ci stanno chiudendo lo stabilimento, siamo pronti a qualsiasi iniziativa possa dare risalto alla vertenza", fanno sapere i lavoratori di Portovesme, aggiungendo "chiediamo di lavorare". Un operaio, Sandro P. (52 anni), sottolinea: "Ricordiamoci che si tratta di una zona con il più alto tasso di disoccupazione in Italia". Un altro lavoratore, Nicola Barca (26 anni), alla domanda se tra gli operai ci fosse molta tensione risponde: "Non è ancora niente, dipenderà dall'esito dell'incontro".
PASSERA: MASSIMO IMPEGNO, MA ESITO NON GARANTITO - Alcoa "é tra le vertenze su cui c'é il massimo impegno del ministero, del sottosegretario De Vincenti e mio personale. Come governo stiamo facendo il massimo per facilitare le trattative, ma tutti sappiamo bene che non è garantito il risultato, perché ci muoviamo in un settore molto difficile". Lo ha detto il ministro Corrado Passera
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Venezia continua a sprofondare. La laguna affonda sempre più velocemente


Venezia continua a sprofondare. La laguna affonda sempre più velocemente

Venezia continua a sprofondare. La laguna affonda sempre più velocemente
© AFP

Nuovi rilevamenti condotti da Yehuda Bock, geodeta dell’Istituto di oceanografia dell’Università di San Diego in California, in collaborazione con l’Università di Miami in Florida e con la società italiana Tele-Rilevamento Europa, hanno smentito studi precedenti che avevano suggerito un arrestarsi del fenomeno della subsidenza a Venezia.
"Venezia continua a subire una subsidenza con un tasso di circa 2 millimetri all'anno - spiega Yehuda Bock. "È un piccolo effetto, ma importante, perché il lieve cedimento del suolo (associato all’aumento del livello del mare) raddoppia il tasso al quale l’altezza dell’acqua sale rispetto alla città"
Secondo i ricercatori, il capoluogo non solo non ha smesso di sprofondare, ma ha cominciato un lento e progressivo spostamento verso est. Per stabilirlo, i il team di esperti ha combinato misure Gps con quelle raccolte dai satelliti che utilizzano la tecnologia Insar per verificare eventuali movimenti. Dall'analisi emerge che in media la città sprofonda tra 1 e 2 millimetri l'anno, le isole della laguna calano di 2-3 millimetri nella parte nord e 3-4 in quella sud, mentre il movimento verso est è di 1-2 millimetri:
"L'unione delle misure Gps e satellitari ha catturato i movimenti degli ultimi 10 anni con una precisione impossibile con uno solo dei due mezzi - spiega Shimon Wdowinski, dell'università di Miami - è uno spostamento minimo ma significativo"
Se questi i numeri hanno di fatto stupito gli esperti d'oltreoceano, i ricercatori di casa nostra non sembrano convinti:
"Sono d'accordo con i numeri trovati dalla ricerca, ma non con l'interpretazione che si dà dei dati - spiega Luigi Tosi, geologo dell'Istituto di Scienze Marine del Cnr - il fatto che la laguna si abbassi di pochi millimetri l'anno era stato già osservato da diverse ricerche precedenti, per cui la conclusione che 'Venezia ha ricominciato ad affondare' mi sembra forzata"
Come riporta il Corriere della Sera,
"la subsidenza di Venezia venne riconosciuta come un'importante concausa dell'aumento delle acque alte. Gli studiosi attribuirono parte del fenomeno all’emungimento di acqua dalla falda, messa in atto dagli anni Venti agli anni Settanta, per raffreddare gli impianti industriali di Porto Marghera. Venne calcolato che imputabile a questo prelievo sia l’abbassamento di circa 7 centimetri. Il pompaggio di conseguenza fu vietato e la subsidenza dovuta all’agire dell’uomo si fermò, ma la subsidenza per cause naturali, dovuta soprattutto all’inabissarsi dei suoli nelle zone umide, è sempre in atto. La media - secondo i dati finora noti - è però valutata in 4 cm al secolo e non di 4 cm in vent'anni, come prospetta il nuovo studio"
A questo antico problema si aggiunge poi quello legato all'innalzamento del livello del mare che potrebbe arrivare addirittura a 50 centimetri entro fine secolo, nonostante l'ormai prossima entrata in funzione del Mose, la diga contro l’acqua alta di cui è iniziata la fase finale di costruzione.
Tra le misure al vaglio per salvare Venezia c'è la soluzione messa a punto dall'Università di Padova che propone di sollevare la Laguna pompando acqua nel sottosuolo guadagnando così 30 centimetri. 

Londra 2012, il Coni mette il bavaglio agli atleti. "Niente notizie su Twitter


Londra 2012, il Coni mette il bavaglio agli atleti. "Niente notizie su Twitter"

Londra 2012, il Coni mette il bavaglio agli atleti.
© Peter Macdiarmid/Getty Images News
Gli atleti italiani impegnati nelle prossime olimpiadi dovranno limitare l'utilizzo dei social media, a stabilirlo è il documento messo a punto dal Coni e concordato con il Cio che stabilisce le linee guida per la partecipazione a Londra 2012. Oltre al divieto di doping (sanzionato con 100.000 euro di multa), di scommessa e di agevolazione o suggerimento a farlo, da quest'anno gli azzurri sono caldamente invitati a non esagerare con i social. Vietato diffondere notizie relative al proprio stato di salute (o a quello di altri atleti), il rischio è che questo tipo di informazioni possa influenzare eventuali scommesse. Invito o divieto, per chi sgarra è prevista una multa da100.000 euro anche in questo caso. La clausola è valida solo per gli atleti top, ed a monitorare la rete ci penserà il Comitato olimpico internazionale.
Quelle londinesi saranno le prime olimpiadi dell'era dei social network. Nel gennaio scorso il Comitato per Londra 2012 ha diffuso un regolamento valido per i circa 70.000 volontari impegnati nell'organizzazione della manifestazione. Tra i divieti c'è anche quello relativo ai social network, ai game makers è stato infatti impedito di diffondere notizie o immagini che rendano riconoscibili e dunque rintracciabili i backstage dei giochi. In questo caso la paura è legata alla sicureza degli atleti.

Child Focus ingaggia Rocco Siffredi e PussyKat, due pornostar contro la pornografia infantile


Child Focus ingaggia Rocco Siffredi e PussyKat, due pornostar contro la pornografia infantile

Torso nudo e braccia incrociate per dire "no" all'impiego di bambini nel loro mestiere: Rocco Siffredi e PussyKat prestano la propria immagine alla nuova campagna dell'associazione belgaChild Focus, che si occupa di tutelare i minorenni vittime di sfruttamento sessuale. 
"La pedopornografia non è pornografia, ma è un abuso su persone vulnerabili" recita il messaggio sotto alle foto, che distingue tra il mestiere dei due testimonial e lo sfruttamento di minori, e invita a segnalare all'associazione ogni video trovato su internet che abbia dei bambini come protagonisti. 
Il portavoce di Child Focus ha precisato che secondo l'Interpol negli ultimi due anni e mezzo circa 2.500 bambini provenienti da 40 Paesi sono stati vittime di abusi sessuali, ricordando che lo scorso anno in Belgio sono stati registrati 1.479 casi di sospetta pornografia infantile,il 9% in più rispetto al 2010

Se Internet fosse uno Stato sarebbe la quinta potenza mondiale


Se Internet fosse uno Stato sarebbe la quinta potenza mondiale

Se Internet fosse uno Stato sarebbe la quinta potenza mondiale, l'analisi di Boston Consulting Group
© FRANCOIS GUILLOT/AFP

I dati raccolti da Boston Consulting Group, portano alla luce un dato sorprendente: se Internet fosse un Paese, nel 2016 sarebbe la quinta potenza economica mondiale dietro solo a USA, Cina, Giappone e India.
Dal 1985, anno in cui è stato registrato il primo dominio,il ritmo di crescita di Internet non si è mai fermatodi fronte a crisi e recessioni. Una crescita destinata a continuare anche nei prossimi anni stando a quanto confermano le previsioni contenute nell'ultima ricerca della società di consulenza Boston Consulting Group"The 4,2 trillion opportunity: The Internet Economy in the G-20", secondo la cui l'Internet economy dei paesi appartenenti al G-20 raggiungerà i 4.200 miliardi di dollari nel 2016, registrando un tasso di crescita del 10%.
Forte crescita attesa sopratutto in Argentina e India, con un progresso rispettivamente del 24% e 23% l'anno. Tra i principali mercati sviluppati si metteranno in evidenza Italia e Regno Unito, con uno sviluppo del 12% per il Belpaese e dell'11% Oltremanica. Tra gli stati più digitali c'è il Regno Unito: secondo la ricerca di Bcg Internet contribuisce per l'8,3% all'economia del Paese inglese. Seguono poi la Corea del Sud (7,3%) e la Cina (5,5%). Quarto posto a pari merito per il Giappone e gli Stati Uniti (4,7%).
Dal punto di vista occupazionale tutto ciò si tradurrà nella previsione di oltre 32 milioni di nuovi posti di lavoro, con una media in zona UE del 5,7% di contributo al PIL.
Secondo il rapporto del Boston Consulting Group, le aziende che beneficeranno della spinta del Web saranno proprio quelle che investiranno nei prossimi mesi nei servizi online, che garantiranno loro una crescita del business del 22% rispetto a manager e professionisti che trascureranno questa opportunità.

Pinterest modifica termini di utilizzo e privacy policy. Ecco cosa cambia

Pinterest modifica termini di utilizzo e privacy policy. Ecco cosa cambia
Come avevano annunciato, i responsabili di Pinterest hanno modificato i termini di utilizzo e la privacy policy del social network più chiacchierato del momento. La decisione è stata comunicata da un post sul blog ufficiale di Pinterest nel quale si invitano gli utenti a leggere per intero il nuovo documento, definito "di più facile comprensione e capace di riflettere l'orientamento dell'azienda verso il futuro".
Sono due i cambiamenti principali che entreranno in vigore dal 6 aprile. Il primo è relativo ai contenuti che non possono essere condivisi dagli utenti, il secondo alle nuove modalità per segnalare le violazioni del copyright. A scatenare la discussione sui problemi che l'utilizzo di Pinterest rischiava di creare agli utenti a causa della poca chiarezza dei termini di utlizzo sono stati gli utenti stessi, e sotto accusa sono finiti la lunghezza eccessiva del documento ed una serie di disclaimer capaci di spaventare.
Secondo Ernesto Belisario, autore del blog Diritto 2.0, le modifiche non sono ancora soddisfacenti. Se Pinterest ha chiarito che la clausola relativa alla licenza che gli utenti che decidono di condividere i propri contenuti concedono alla società non è finalizzata alla cessione a terzi dei contenuti da parte di Piterest stesso (pur restando gratuita, irrevocabile e perpetua), rimangono in sospeso altre questioni: gli utenti restano autorizzati a condividere solo contenuti di cui siano titolari, si impegnano a non repinnare contenuti che ledano il diritto di proprietà intellettuale di terzi ed in caso di azioni legali da parte dei detentori dei diritti si impegnano a tenere i gestori di Pinterest al di fuori da qualsiasi azione legale.
Ancora troppo poco insomma per rassicurare gli utenti.

Facebook si schiera contro i datori di lavoro che chiedono la password nei colloqui di lavoro


Facebook si schiera contro i datori di lavoro che chiedono la password nei colloqui di lavoro

Se da una parte i social network possono rappresentare un valido mezzo per trovare lavoro, in alcuni casi possono rappresentare un vero e proprio ostacolo. Sempre più spesso infatti durante i colloqui di lavoro, i candidati d'oltreoceano si vedono costretti a dover cedere le credenziali di accesso a Facebook per essere presi in considerazione per un posto di lavoro. Negli Stati Uniti si tratta ormai di una consuetudine al centro di forti polemiche che ha spinto il social network di Mark Zuckerberg ad attivarsi per salvaguardare i propri utenti.
Con un comunicato ufficiale, firmato da Erin Egan, il responsabile dell'Ufficio Privacy di Facebook, ha cercato di arginare la proliferazione di falsi profili, creati ad hoc per offrire al datore di lavoro la migliore immagine di sé, e ne ha approfittato per ribadire la normativa in tema di privacy.
In particolare, il comunicato, specifica che gli utenti del social network non dovrebbero mai rivelare la propria password, permettere a qualcuno di accedere al proprio account, compromettere la sicurezza dell'account stesso o violare la privacy degli amici. Rispondere alle richieste dei datori di lavoro cedendo la propria password quindi "indebolisce le aspettative di privacy e la sicurezza sia dell'utente che degli amici dell'utente" ed espone il dirigente a possibili "responsabilità legali" quando non si configura un vero e proprio "crimine federale".
"Abbiamo lavorato molto duramente su Facebook - precisa Erin Egan - per darvi gli strumenti per controllare chi vede le vostre informazioni non si dovrebbe essere costretti a rivelare le proprie informazioni private solo per ottenere un lavoro"
Ma per quale motivo i datori di lavoro sono così interessati agli account Facebook dei dipendenti? Tra le motivazione c'è sicuramente la volontà di controllare che il lavoratore non si lamenti della società, che non adotti comportamenti che potrebbero rovinare la fama del brand o, più facilmente, potrebbero essere alla ricerca di un pretesto per presentare un licenziamento per giusta causa. 
Alla crociata del social network contro i "dirigenti spioni" si sono uniti anche i senatoriCharles E. Schumer di New York e Richard Blumenthal del Connecticut che hanno chiesto al Dipartimento di Giustizia di valutare le violazioni di leggi federali legate a questa pratica scorretta. Proprio il senatore Schumer ha commentato così la sua azione:
"In un'era dove sempre più informazioni personali - comprese le interazioni private - sono online, è vitale che tutte gli individui siano messi in condizione di scegliere che informazioni vogliono rendere pubbliche e proteggere tali informazioni da potenziali datori di lavoro. Questo è particolarmente importante durante il processo di selezione, quando tutto il potere è da un lato solo".

Egomnia, il social network di Matteo Achilli per trovare lavoro


Egomnia, il social network di Matteo Achilli per trovare lavoro

Egomnia, il social network di Matteo Achilli per trovare lavoro
Un ponte tra università e aziende per far incontrare la domanda e l'offerta di lavoro. Ed è così che nasceEgomnia, primo professional network tutto italiano creato da Matteo Achilli, studente di 20 anni dell'Università Bocconi di Milano. 
Egomnia è nato a marzo 2012 e - come tiene a precisare lo stesso Achilli - ha ottenuto consensi fin da subito: "Nelle prime 24 ore, Facebook aveva 35o utenti, Egomnia 1000". A un mese dal lancio, il sito conta 3000 utenti e 25 società iscritte, tra le quali figurano ancheEricsson e Bialetti Industrie.
Ma come funziona? Achilli spiega che il suo sistema funziona un po' come il PageRank diGoogle, applicato però ai curriculum vitae dei candidati:
"Grazie a un algoritmo possiamo “pesare” le competenze degli iscritti e fornire alle aziende un parametro unico per giudicarli. Il sistema attribuisce un punteggio a ogni esperienza fatta ed elabora la classifica, che sarà visibile all’utente e alle aziende ma non agli amici"
Dall'altra parte, Egomnia permette alle aziende di fare una ricerca tra gli iscritti, secondo parametri precisi: laurea, esperienza, età lingue parlate. E il sistema selezionerà il candidato che meglio risponde a questi requisiti, perché, come conclude Achilli "spesso le aziende non sono in grado di valutare il percorso dei candidati perché certificati e parametri cambiano molto da Paese a Paese"