lunedì 4 marzo 2013

L’industria della paura


L’industria della paura

Le cazzate e le critiche
Vedo che qualche imbecille continua a propalare la scemenza della grande rimonta di Berlusconipropiziata da me e da Santoro a Servizio Pubblico. Altri superimbecilli mi rinfacciano quanto avevo scritto domenica scorsa, giorno delle elezioni, anticipando l’esito del voto: “Lunedì, salvo clamorose sorprese, il Pd sarà il primo partito e avrà il diritto-dovere di formare il nuovo governo, o almeno di provarci. Il tutto anche grazie alla truffa del ‘voto utile’ contro la presunta rimonta di B., mai esistita se non nella propaganda di Bersani e di B…”.Bene, sono felice di confermare parola per parola la mia previsione, alla luce dei numeri che qualcuno preferisce ignorare, ma che fortunatamente parlano da soli e fanno tabula rasa delle fesserie autoconsolatorie del centrosinistra sul miracolo di Berlusconi, che naturalmente è pura fantasia (B. ha perso milioni di voti, semmai è il Pd che è franato nell’ultime settimane di non-campagna elettorale, e anche questo l’avevo previsto in tempo utile). Per chi volesse fare due conti, segnalo l’analisi di Ilvo Diamanti su la Repubblica di oggi. L’altro giorno ho risposto sul Fatto alle obiezioni critiche più serie in un articolo che riporto qui.

Abolizione province, Crocetta ci prova


Abolizione province, Crocetta ci prova

M5s vogliono eliminarle e stasera giunta



(ANSA) - PALERMO, 4 MAR - Ore decisive per le sorti delle nove Province in Sicilia, che i deputati regionali 5 stelle chiedono di abolire sostituendole con i liberi consorzi tra comuni, come prevede lo statuto speciale, eliminando quindi gli organismi elettivi. Il governatore Rosario Crocetta sta incontrando i capigruppo della maggioranza all'Ars per cercare di trovare una linea comune in vista della riunione di domani della commissione Affari istituzionali. Dopo il vertice, Crocetta dovrebbe riunire la giunta

Frodi alimentari

http://www.addthis.com/bookmark.php

Crisi, anche l'Olanda piange


Crisi, anche l'Olanda piange

L'Aja chiede più tempo per rientrare sotto il 3% della soglia deficit-Pil. E Merkel resta sola sull'austerity.


Anche i falchi si trasformano in colombe quando la crisi bussa alle porte di casa. Così l'Olanda ha fatto il salto della barricata, abbandonando linea del rigore finora sostenuta al fianco della Germania e adottando una prospettiva più flessibile nel definire la propria road map per ridurre il debito pubblico.
«Dopo Parigi, anche L'Aia pretende che Bruxelles conceda un anno in più di tempo per riportare i debiti dello Stato al di sotto della soglia del 3% del Prodotto interno lordo», ha riportato la Neue Zürcher Zeitung, «dilazionando così dal 2013 al 2014 l'obiettivo di rientrare al di sotto della soglia di uno dei criteri di Maastricht».
PIANO DI AUSTERITY PER 4,3 MLD. La decisione è stata presa dal Consiglio dei ministri olandese riunitosi venerdì 1 marzo, nel quale è stato comunque varato un piano aggiuntivo di austerity per 4,3 miliardi di euro, ma alla condizione che le misure previste entrino in vigore nel 2014. Tra queste, la rinuncia all'adeguamento delle classi fiscali e delle detrazioni d'imposta al tasso di inflazione (che di fatto è destinato a produrre un aumento dell'imposizione fiscale), il blocco dei salari nella pubblica amministrazione e un non meglio precisato «congelamento volontario» degli stipendi per gli addetti al settore della sanità.
Proposte che devono prima essere concordate con le parti sociali e con i partiti delle opposizioni, giacché la grande coalizione fra liberali e socialdemocratici, emersa dalle ultime elezioni olandesi, tanto grande non è, almeno nei numeri del Senato, la seconda camera, dove manca la maggioranza.
RUTTE CERCA IL COMPROMESSO. Lo slittamento di un anno è dunque la carta di scambio che il governo di Mark Rutte vuol concedere alle controparti politiche e sociali per convincerle al compromesso.
Ma è anche una necessità, viste le previsioni congiunturali dell'economia olandese per l'anno in corso: «Le cifre fornite dall'Istituto di ricerca economica Cpb non sono state positive», ha aggiunto il quotidiano svizzero, «e prevedono che, senza manovre aggiuntive, il rapporto deficit-Pil del Paese è destinato ad assestarsi al 3,3% nel 2013 e al 3,4% nel 2014».

Un piano di risparmio per riportare ordine nei conti

Causa di tali squilibri è la dura recessione in cui sta sprofondando anche l'apparentemente solida economia olandese, determinata soprattutto dal crollo dei consumi privati e dalla diminuzione degli investimenti nel settore immobiliare.
Per il 2013 il Cpb prevede una diminuzione del Pil dello 0,5%. La ripresa è prevista solo nel 2014, determinata dal recupero delle esportazioni. Per questo motivo, pur non rinunciando a varare misure di risparmio per riportare i conti in ordine, il governo de L'Aia ha intenzione di non far coincidere l'introduzione del piano di austerity con la congiuntura negativa dell'economia.
LA LEZIONE DEGLI STATI DEL SUD. Una lezione imparata a spese degli Stati del Sud Europa, nei quali le ricette del risparmio hanno ulteriormente aggravato la situazione. C'è chi teme che l'ammissione dell'esecutivo olandese possa spingere le agenzie di rating a rivedere la tripla A che ancora caratterizza la valutazione di solidità e solvibilità del Paese, ma Bruxelles sembrerebbe orientata a venire incontro alle richieste di Rutte: i numeri in possesso della Commissione europea hanno confermato le preoccupazioni olandesi e il commissario all'Economia Olli Rehn si è detto disponibile a concedere più tempo a quei Paesi che mantengono l'impegno a seguire le direttive europee per l'abbattimento strutturale del debito, ma non riescono a centrare l'obiettivo per inattese difficoltà congiunturali.
Tempi difficili un po' ovunque in Europa per le politiche di austerity sostenute con ostinazione da Angela Merkel.
TEMPI PIÙ LUNGHI PER I PRESTITI. Secondo l'Handelsblatt, anche Irlanda e Portogallo starebbero negoziando con i ministri finanziari dei Paesi dell'euro «un prolungamento dei tempi per la restituzione dei miliardi di crediti di sostegno ottenuti nei mesi passati per affrontare le emergenze finanziarie». Si tratterebbe in particolare di spalmare gli ammortamenti di singoli prestiti, ricevuti nell'ambito dei pacchetti Efsm e Efsf.
Un primo incontro, nel quale devono essere valutate diverse opzioni, dovrebbe svolgersi a Bruxelles lunedì 4 marzo. La trattativa appare delicata, dal momento che l'inizio della restituzione dei prestiti dovrebbe coincidere per i due Paesi con il rifinanziamento dei titoli di Stato in scadenza: c'è il rischio di danneggiare il ritorno sui mercati finanziari di Dublino e Lisbona, un'eventualità che potrebbe essere evitata solo con un ulteriore intervento di sostegno dei partner dell'Eurozona. Un nuovo finanziamento che, per quanto riguarda la quota tedesca, dovrebbe essere approvato dal Bundestag. Esattamente la situazione che Merkel, a pochi mesi dalle elezioni, vorrebbe evitare.
MERKEL SEMPRE PIÙ ISOLATA. Secondo indiscrezioni raccolte dall'Handelsblatt in ambienti del governo tedesco, la cancelliera sarebbe disposta solo a piccole concessioni nei confronti di Irlanda e Portogallo, ma non a rimettere in discussione l'impostazione generale dei programmi di salvataggio.
È evidente tuttavia che la Germania vada incontro a una fase difficile del suo rapporto con i partner europei. L'apertura di troppi tavoli per rinegoziare i sentieri stretti dell'austerity, le pressioni sempre più forti di tanti Paesi per avviare finalmente quei piani di crescita promessi e mai elaborati sono segnali di un isolamento sempre crescente di Merkel, sulla quale è piombato il carico da novanta del voto italiano.




M5s, neoeletti a Roma: summit grillino


M5s, neoeletti a Roma: summit grillino

Grillini a Roma. Beppe blinda i suoi: «Nella Costituzione manca vincolo di mandato. Ma non potete fare come volete».


Il summit per farli conoscere.
A Roma i riflettori si sono accesi sull'Hotel Saint John: lì si sono ritrovati i neoeletti del Movimento 5 stelle (M5s). Prove di parlamento. Per organizzarsi, e magari ripassare la lezione: dov'è la sede del Senato, quanti sono i parlamentari da dimezzare.
Un vertice che ha fatto seguito alla visita guidata organizzata alla Camera dei deputati.
«SIAMO IN SILENZIO STAMPA». I primi ad arrivare nella capitale sono stati i siciliani Fabrizio Bocchino, Francesco Campanella e Azzurra Cancelleri. «Non sappiamo niente. Siamo in silenzio stampa», ha detto qualcuno per scoraggiare i giornalisti.
IN PULLMAN, STILE CAUSAL. Sono arrivati soli, in coppie, a gruppi. Da tutta Italia. I toscani hanno preso un pullmino, l'autista sembra aver saputo l'indirizzo della convention solo una volta arrivato in città, le 'falangi' lombarda e campana si fanno notare per numero e compattezza. Lo stile è casual. Poche delle giovani elette indossano i tacchi, per il resto scarpe da ginnastica, felpe e zaino in spalla.
COMUNICAZIONE CON GOOGLE GROUP. Alcuni degli eletti non si sono mai visti e neanche si sono accorti che tra loro era seduto qualche giornalista. Si è discusso, poi il voto: la comunicazione interna sarà gestita con un Google group; ci sarà un forum per la logistica; i gruppi parlamentari si vedranno una volta a settimana.
LA COMUNICAZIONE ESTERNA? DECIDE CASALEGGIO. Ma per decidere come e cosa comunicare 'fuori' si devono attendere Beppe e Gianroberto.
Un neoparlamentare siciliano ha spiegato: «Casaleggio ne sa più di noi, ha fatto un impero, parliamone domani con lui. Non tutto quello che diciamo o facciamo lo possiamo riportare all'esterno».
GRILLO FUGGE E ARRIVA IL 4 MARZO. Beppe Grillo, in partenza dalla sua villa a Marina di Bibbona, è atteso il 4 marzo. Ha mandato un messaggio chiaro agli eletti, tramite il blog: non potrete fare come vi pare.

Addio ai partiti-vergogna, l’Italia collauda un nuovo sistema


Addio ai partiti-vergogna, l’Italia collauda un nuovo sistema


I nostri uomini politici e i loro consiglieri, spesso mascherati da giornalisti, sembrano tante Alici nel Paese delle Meraviglie. Per mesi non si sono accorti del fenomeno Grillo, saltabeccando da una Tv all’altra non ne parlavano mai se non per accenni generici al “populismo” o all’“antipolitica”. Solo negli ultimi giorni della campagna elettorale è affiorata qualche preoccupazione. Eppure bastava uscire dagli studi televisivi e dai teatrini compiacenti, uscire in strada, entrare nei bar, salire su un autobus per capire che aria tirava. Se chiedevi ad un adulto ti rispondeva: «Questa volta non voto, sono stufo di farmi prendere in giro, oppure lo do a Grillo». I ragazzi, ma a proporzioni invertite, si dichiaravano “grillini” oppure “apo”. Adesso i partiti sono colpiti da choc anafilattico. La scoppola che han preso è addirittura superiore a quella che appare.
In percentuale registrano ancora risultati apparentemente rilevanti (intorno al 30%), ma su un parterre dimezzato. In realtà Berlusconi, che si considera elezioniun mezzo vincitore, ha perso rispetto al 2008 più di sei milioni di voti e il Pd, fino a ieri inscalfibile partito monolitico con i suoi grandi apparati, quattro milioni. Il 25% delle astensioni più il 25 e passa andato a Grillo significano, puramente e semplicemente, che un italiano su due non crede più al sistema dei partiti. E non è finita. Ora Bersani, cui formalmente tocca il tentativo di formare un nuovo governo, colto dal panico, dopo avergli dato dell’«indegno», di «uno che porta la gente fuori dallademocrazia» e appioppato altre consimili gentilezze, corteggia Grillo e gli propone “un appoggio esterno” al suo futuribile esecutivo, la presidenza della Camera, un posto di ministro. Ma se conosco l’uomo e i suoi progetti, e un po’ li conosco, non è con questi mezzucci che lo si prende.
Non credo nemmeno che Grillo, nonostante si sia espresso in senso contrario, accetterà di votare singoli provvedimenti che rientrano nel suo programma (dimezzamento dei parlamentari, decurtazione dei loro stipendi, abolizione dei vitalizi, eccetera) su cui i partiti, fino a ieri inerti, hanno promesso, solo per paura, di impegnarsi. Perché non gli conviene. Non gli conviene insozzarsi in alcun modo, in nome di una sbandierata stabilità, con una classe dirigente che ha dichiarato di voler spazzar via, Grillotutta. Gli conviene attendere. Quello del 26 febbraio non è che il primo colpo.
L’unica possibilità di formare un governo è una “Grosse Koalition” fraPd e Pdl. Ma in questo caso i due ex maggiori partiti, dopo gli insulti che si sono lanciati in campagna elettorale, perderebbero ulteriormente la faccia, e per le sue insanabili contraddizioni interne un governo del genere cadrebbe nel giro di pochi mesi. Oppure si va ad elezionisubito, naturalmente dopo aver cambiato, in questa occasione sì anche con il voto dei grillini, la legge elettorale. In un caso o nell’altro, “5 Stelle” non conquisterebbe il 25,6 per cento dei consensi, ma il 40 o il 50. E l’avremmo fatta finita, una volta per tutte, con una classe dirigente degenerata.
Dice: è un salto nel buio. Grillo e Casaleggio (anch’egli ora rivalutato nella corsa a compiacere i nuovi vincitori) non vogliono semplicemente abbattere una classe dirigente, intendono rivedere da cima a fondo un modello di sviluppo, quello occidentale, che ci sta portando al tracollo economico dopo aver realizzato quello sociale, etico, umano. Per chi non l’avesse ancora capito Grillo e Casaleggio sono dei tradizionalisti che utilizzano abilmente mezzi modernissimi, il web, contro la Modernità. E’ una partita difficilissima e dagli esiti incerti che impegnerà le generazioni a venire. Ma almeno il 26 febbraio è stato dato, in Italia, paese storicamente laboratorio, il calcio d’inizio.

Per l’Italia tempo scaduto, arriverà una tempesta perfetta


Per l’Italia tempo scaduto, arriverà una tempesta perfetta


Viviamo in tempi rivoluzionari, ma non vogliamo prenderne atto. Usiamo questa espressione in senso “tecnico”, non politico-ideologico. Non ci sono masse intorno al Palazzo d’Inverno, ma la fine di un mondo. Il difficile è prenderne atto. Si sta rompendo tutto, intorno a noi e dentro di noi, ma quando ci dobbiamo chiedere – fatalmente – “che fare?” ci rifugiamo tutti nel principio-speranza, confidando che le cose, prime o poi, tornino a girare come prima. Per continuare a fare le cose che sappiamo fare, senza scossoni. Non possono tornare come prima. Inutile prendersela più di tanto con le singole persone o le strutture – leader, partiti, sindacati, media, Confindustria, ecc – che hanno responsabilità pazzesche, naturalmente, ma sono anche totalmente impotenti di fronte a un mondo che si spacca. «Le cose si dissociano, il centro non può reggere». Non saranno i Bersani, i Berlusconi o i Napolitano a tenere insieme le zolle tettoniche in movimento.
Come interpretare altrimenti il fatto che le “elezioni più inutili della storia” – definizione nostra – abbiano prodotto la più seria rottura di continuità nel tempestapanorama politico italiano? Era tutto fatto. Un programma di governo “responsabile” scritto in sede europea e noto come “agenda Monti”; una coalizione costruita per “coprirsi a sinistra” senza spaventare i moderati; un polo moderato-centrista in realtà “estremista europeo”; un governo “ineluttabile” Bersani-Monti (con Vendola addetto ai “diritti civili”, che in fondo non costano niente). Gli antagonisti? Impresentabili in Europa, come il jokerman di Arcore e il comico di Genova; oppure riedizione minore di un arcobaleno fallimentare, fisicamente rappresentato da magistrati progressisti. Ma magistrati.
Un paese diviso ha prodotto una rappresentanza divisa. E non è colpa della “gente”, dell’“individualismo”, del menefreghismo. Perché queste tare italiche sono il corrispettivo esatto di una struttura produttiva che magari presenta ancora isole di eccellenza, ma “non fa sistema”; di una società frammentata nel modo di produrre ricchezza, di estrarre reddito, di sopravvivere. Ma un paese dove la produzione di ricchezza “non fa sistema” è un paese senza spina dorsale, senza baricentro, senza disegno. E che ha aggravato queste sue caratteristiche negative – addirittura esaltate come “potenzialità” ai tempi in cui gli imbecilli dicevano che “piccolo è bello” – in seguito allo smantellamento delle poche colonne portanti della produzione nazionale, nonché dalla privatizzazione delle banche di “interesse nazionale”. Metafora precisa, quest’ultima, di un paese senza un “interesse nazionale” identificabile; e quindi frantumato in tanti e diversi interessi privati, corporativi, locali, di nessuno spessore progettuale. Di nessuna precariincidenza sulla scala dimensionale – almeno continentale – su cui si prendono le decisioni vere.
Un paese composto in buona parte di figure sociali con “redditi spurii”, che presentano perciò “identità multiple”. Parliamo di redditi spurii in senso marxiano, non legal-giudiziario. Un mafioso che si arricchisce con il traffico di droga ha un reddito illegale, ma non spurio; la sua identità sociale è chiara anche per lui, non presenta ambiguità e tantomeno tentennamenti. Un pensionato o un lavoratore dipendente (o un piccolo negoziante o una partita Iva) che ha un salario (una pensione o dei ricavi d’attività), e magari “integra” affittando la seconda casa a dei migranti, cui può aggiungere qualche cedola dai Bot o dai fondi comuni di investimento… questo insieme è un reddito spurio, che fa vivere un’identità sociale mutevole e mutante. Che vota in un modo se pensa più all’Imu e in un altro se gli pesano maggiormente addosso le “riforme” Fornero delle pensioni o del mercato del lavoro. Berlusconi o Bersani, dipende da cosa offrono… E il primo sa vendere meglio.
Lo spappolamento sociale – se è ancor vero che “l’essere sociale produce la coscienza” – si è rivelato appieno in questo voto. E non è ricomponibile per via “istituzionale”, mettendo assieme frammenti di rappresentanza politica. Ma è quello che faranno, che sono condannati a fare e che Napolitano cercherà di costringerli a fare. Un “governissimo” pro tempore, per “fare poche cose”, alcune “riforme strutturali che i mercati si attendevano”. E una legge elettorale meno idiota. Nemmeno il tempo di scriverlo, ed ecco che Berlusconi si mostra disponibile, Bersani zittisce chi pensa a nuove elezioni, Monti tace preparandosi a indicare un nome tra i suoi possibili sostituti.BersaniInsomma: una risposta “normale” a uno smottamento rivoluzionario. Un suicidio al ralentì.
La domanda centrale, decisiva, posta da queste elezioni è soltanto una. E viene posta indirettamente, in ogni talk show, da quanti ci tengono a rappresentare il “senso di responsabilità”: si resta in questa Unione Europea o ci si mette nella prospettiva di uscirne? Qualsiasi risposta comporterà disastri inenarrabili e un terremoto prolungato nel nostro sistema di vita. “Restare” significa infatti accettare i vincoli del Fiscal Compact (50 miliardi tagli annuali alla spesa pubblica per i prossimi 20 anni), il pareggio di bilancio (impossibilità di mettere in campo una qualunque politica economica nazionale), la distruzione del “modello sociale europeo”, le allenze militari e i conflitti conseguenti. “Uscirne” significa affrontare le tempeste e la speculazione di mercati finanziari vendicativi, squilibri di grandi dimensioni e senza soluzioni a breve termine, cercando alleati mediterranei e “latini” – al momento in tutt’altre faccende affaccendati – per una zona monetaria “non euro” e non stupidamente nazionalista. Chi si aspetta ricette facili per “rimettere le cose a posto” si rivolga a un predicatore o alla neuro.
Il corpo elettorale italiano ha detto al 60% che le “politiche europee”, i diktat della Troika (Ue, Bce, Fmi) non possono essere più accettate. Il problema – gravissimo – è che questo rifiuto è per metà composto di interessi e immaginario reazionari, localistici, “personali”. E per l’altra metà di risposte variamente e soggettivamente “democratiche e popolari”. Ma senza un progetto, un’idea fondante, una visione all’altezza della “tempesta perfetta” che il mondo – non solo l’Italia o l’Europa – sta vendendosi velocemente addensare. Tutto, in teoria, affidato a un’infinita discussione da fare tra soggetti singoli che solo alla fine troveranno il consenso su qualcosa. Ma quel qualcosa, oltre che distillato per via di partecipazione democratica, sarà anche “efficace”? Non ci scommetteremmo. La complessità del mondo reale eccede di gran lunga le competenze individuali non strutturate in “sistema”, sia conoscitivo che “operativo”.
Sul rifiuto di rispondere chiaramente a questa domanda, infine, si è infranto in modo definitivo il “far politica” – proprio della “sinistra radicale” bertinottiana e post-bertinottiana – che avanzava molte e giuste critiche alle politiche europee e/o governative per poi acconciarsi a un’alleanza elettorale con chi rappresenta con assoluta nettezza queste politiche: il Pd. Sappiamo bene che in questo frangente non c’è stato un accordo elettorale in tal senso; ma per gran parte delle piccole forze racchiuse nella “lista IngroiaIngroia” (capitanate da Di Pietro, Diliberto, lo stesso Ingroia) ciò è avvenuto solo per il netto rifiuto da parte del Pd, non per una scelta “indipendente”. Una sindrome da “amici traditi” che si è avvertita per tutta la campagna elettorale ed è esplosa nei primi giudizi dopo i risultati.
È finita “la sinistra” discendente dalla cultura del Pci, indecisa via di mezzo tra accettazione dell’ordine capitalistico e tenue aspirazione a smussarne le asperità eccessive. Può non essere un male, se si parte dal rispondere in modo chiaro alla domanda principale. Perché ora questo paese ha davvero preso il “sentiero greco”, e non ci si deve più fidare di nessun “candidato nocchiero” che parte dal desiderio di “normalità”, invece di prendere atto della tempesta in atto. Ci sarà da tremare e lottare, da pensare correndo. In tempi rivoluzionari, occorre capire dove si va rompendo la faglia e avanzare proposte altrettanto di rottura. Non abbiamo bisogno di mezze pensate, di vecchi poltronisti, di dottor tentenna. Quel tempo è scaduto.

Crolla parte fabbricato a Napoli


Crolla parte fabbricato a Napoli

Pompieri scavano per verificare se ci sono persone coinvolte



(ANSA) - NAPOLI, 4 MAR - Un fabbricato e' parzialmente crollato a Napoli in via Riviera di Chiaia, al civico 72, nella zona del lungomare, all'angolo con via Arco Mirelli. Sono intervenute sul posto quattro squadre dei pompieri, i carabinieri ed e' giunta anche un'ambulanza. Il traffico e' stato deviato. Attualmente si sta scavando nell'area del crollo dell'edificio, in muratura di tufo, per verificare se ci siano persone coinvolte.(ANSA).

Grecia: ripresi colloqui governo-troika


Grecia: ripresi colloqui governo-troika

Per assegnare due tranche del prestito accordato ad Atene



(ANSA) - ATENE, 4 MAR - Il primo colloquio fra il ministro greco delle Finanze Stournaras, con i rappresentanti della troika c'e' stato ieri. Tra le questioni affrontate la riduzione del numero dei dipendenti statali e il processo di ricapitalizzazione delle banche. La visita dei rappresentanti della troika coincide con l'assegnazione delle due tranche del prestito accordato alla Grecia per uscire dalla crisi.La prima, da 6 mld di euro, riguarda il primo trimestre del 2013 e la seconda, da 2,8 mld il mese di marzo 2013.

Stalking: si 'finge morto' poi ricompare


Stalking: si 'finge morto' poi ricompare

Si presenta sotto casa e la minaccia, arrestato dai carabinieri



(ANSA) - REGGIO EMILIA, 4 MAR - Aveva fatto credere all'ex moglie, tramite un amico, che era morto, ma sabato si e' improvvisamente presentato sotto casa sua nel Reggiano, suonando di continuo al citofono e minacciandola. La donna, impaurita e gia' vittima di stalking da parte dell'ex consorte, ha chiamato i Cc, che lo hanno arrestato in flagranza per atti persecutori.

Atti cominciati un anno fa. L'uomo, 41 anni, aveva gia' il divieto ad avvicinarsi all'abitazione e a qualunque altro luogo frequentato dalla vittima.

Vaticano: cardinali in aula sinodo, inizia la congregazione


Vaticano: cardinali in aula sinodo, inizia la congregazione


Vaticano: cardinali in aula sinodo, inizia la congregazione
I membri del Collegio cardinalizio, sia "elettori" che non, sono riuniti nell'Aula del Sinodo, in Vaticano, dove hanno dato inizio alla prima delle Congregazioni generali, in preparazione del Conclave che eleggerà il successore di Benedetto XVI.
Alcuni dei cardinali sono arrivati all'Aula Paolo singolarmente, uno alla volta, altri in piccoli gruppi. Il card. Ruini è giunto colloquiando con Giuseppe Betori, suo ex segretario generale alla Cei. Arrivati insieme, colloquiando tra loro, anche i tedeschi Marx e Kasper, come pure l'ex arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi con il cardinale di Cracovia Stanislao Dziwisz, ex segretario particolare di papa Wojtyla. In formazione compatta è arrivato il gruppo degli statunitensi, a bordo di una capiente monovolume, in due gruppi separati, invece, i brasiliani. Nessuno, all'arrivo, pur salutando da lontano gli operatori dei media, ha voluto fare particolari dichiarazioni. 
A quattro giorni dall'inizio della sede vacante, le attività preparatorie al Conclave, entrano nel vivo. Seguirà un'altra riunione alle 17.00, dopo di che saranno gli stessi cardinali a decidere se continuare a riunirsi due volte al giorno. Si tratta di riunioni a cui partecipano tutti i cardinali nel periodo di sede vacante, dove in genere cominciano a definirsi le prime cordate in vista dell'ingresso in Sistina, che vedono il Camerlengo cardinale Tarcisio Bertone e il decano del Collegio cardinalizio cardinale Angelo Sodano assumere ruoli-chiave, dovendone gestire il funzionamento.
Disciplinato, come per tutti gli altri aspetti riguardanti l'elezione del nuovo Pontefice, dalla costituzione apostolica Universi Dominici gregis, emanata da Giovanni Paolo II nel 1996. Che tra le tante disposizioni, non manca di indicare ai cardinali anche come dovranno vestire. D'ordinanza nel periodo di sede vacante sono la talare nera filettata e la fascia rossa, con zucchetto, la croce pettorale e l'anello. Al momento, non ci sono disposizioni-extra che obbligano i cardinali a mantenere un totale riserbo durante i giorni delle congregazioni: nel 2005 fu l'allora cardinale decano Joseph Ratzinger a imporre il silenzio a tutti i porporati.
Per quelle che cominciano, teoricamente i cardinali all'uscita possono parlare con chi vogliono. Innanzitutto, ci sono due specie di Congregazioni dei Cardinali: una generale, cioé dell'intero Collegio, fino all'inizio della elezione e l'altra particolare. Alle Congregazioni generali, spiega la Universi dominici gregis, devono partecipare tutti i Cardinali non legittimamente impediti. Tuttavia ai Cardinali, che non godono del diritto di eleggere il Pontefice, è concessa la facoltà di astenersi, se lo preferiscono, dalla partecipazione a tali Congregazioni generali. La Congregazione particolare, invece, è costituita dal cardinale Camerlengo e da tre cardinali, uno per ciascun Ordine, estratti a sorte tra i Cardinali elettori già pervenuti a Roma. Ma l'ufficio di queste tre porpore cessa dopo tre giorni, ed al loro posto, sempre mediante sorteggio, ne succedono altri tre con la stessa scadenza, anche dopo iniziata l'elezione.
Durante il periodo dell'elezione le questioni più importanti, se necessario, sono trattate dall'assemblea dei Cardinali elettori, mentre gli affari ordinari continuano ad essere trattati dalla Congregazione particolare dei Cardinali. Nelle Congregazioni particolari, invece, devono trattarsi solamente le questioni di minore importanza, che si presentano giorno per giorno o momento per momento. Ma, avverte la Costituzione, se sorgessero questioni più gravi e meritevoli di un più profondo esame, devono essere sottoposte alla Congregazione generale. Le Congregazioni generali, vero luogo dove si cominciano a studiare candidature e alleanze in vista del voto nella Cappella Sistina, si terranno quotidianamente nell'Aula Paolo VI e ad esse presiede il Decano del Collegio (Sodano) o, nel caso sia egli assente o legittimamente impedito, il Sottodecano (il cardinale Roger Etchegaray). Ma se uno dei due od ambedue avessero superato il limite di 80 anni e non godessero più del diritto di eleggere il Pontefice, all'assemblea dei Cardinali elettori presiederà il Cardinale elettore più anziano
La lettera di convocazione inviata ai cardinali dal decano Sodano ricorda inoltre che le Congregazioni continueranno fino a quando non sarà raggiunto il numero completo dei cardinali elettori e solo allora il Collegio deciderà la data di ingresso in Conclave. Al momento, oltre ai 75 cardinali residente permanentemente a Roma, altri 66 in arrivo hanno indicato la loro residenza nella capitale e stanno mano a mano confluendo. Altri potrebbero arrivare quando le congregazioni sono già in corso. Tra le decisioni più urgenti in vista del voto disposte dalla Universi Dominici gregis anche il compito per i cardinali di avviare "l'assegnazione per sorteggio delle stanze ai Cardinali elettori" nella residenza di Santa Marta, dove gli elettori andranno comunque solo alla vigilia dell'ingresso nella Sistina.

Svizzera megastpendi

SVIZZERA: BASTA STIPENDI D'ORO, VINCE IL SI' CON IL 67,9%
Il referendum contro i megastipendi e i bonus milionari ha stravinto: indignati dall'avidità di top manager che hanno incassato somme astronomiche, gli svizzeri hanno oggi lanciato un segnale chiarissimo sostenendo con uno storico 67,9% % di voti l'iniziativa popolare lanciata da un piccolo imprenditore per porre un freno alle "retribuzioni abusive" e vietare liquidazioni e 'paracaduti' dorati per i vertici delle aziende quotate in borsa. "Sono orgoglioso del popolo elvetico. E' stata una bella dimostrazione di democrazia. Una vittoria contro avversari potenti che hanno paventato terribili conseguenze economiche e occupazionali con campagne di stampa aggressive e tendenziose", si è rallegrato stasera il "padre" del referendum, il 52enne Thomas Minder, a capo di un'impresa familiare nel cantone di Sciaffusa (nord-est) e parlamentare conservatore indipendente.
Ed è vero che il chiaro verdetto delle urne è giunto al termine di una campagna intensa, che ha visto i partiti di centro destra, ma soprattutto la potente Federazione svizzera delle imprese, Economiesuisse, investire milioni per tappezzare la Svizzera con manifesti per mettere in guardia dal pericolo di licenziamenti e la morte del modello svizzero provocati da un'approvazione dell'iniziativa. Per i fautori del No, la proposta approvata oggi doterà la Svizzera "del diritto degli azionisti più restrittivo al mondo". Ma questo ed altri argomenti non hanno fatto breccia. Tutti i 26 cantoni hanno approvato l'iniziativa: un'unanimità piuttosto rara nel Paese di 8 milioni di abitanti, dove convivono lingue e culture diverse. Un vero e proprio tsunami con punte del 77,1 % nel canton Giura e che ha superato la soglia del 70%, anche a Zurigo (70,2%), capitale economica della ricca Svizzera.