venerdì 4 maggio 2012

Con 'lambiente che va a pezzi puo' ancora avere credibilita' questo tizio^^Passera non molla: l'Italia deve produrre più gas e petrolio


Passera non molla: l'Italia deve produrre

 più gas e petrolio

corrado_passera2Rispuntano le trivelle nella strategia energetica nazionale. L’ha ripetuto il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera (nella foto a sinistra), durante un’audizione alla commissione Industria del Senato. Le riserve nazionali d’idrocarburi potrebbero coprire il 20% circa dei consumi italiani di questi combustibili, secondo il ministro, rispetto all’attuale 10%.
Come ha spiegato Passera, si potrebbero sbloccare investimenti per 15 miliardi di euro e garantire 25.000 nuovi posti di lavoro, sfruttando al massimo i giacimenti italiani di petrolio e gas. Inoltre, la nostra bolletta energetica sarebbe più leggera di oltre sei miliardi di euro l’anno grazie alle minori importazioni di greggio e metano. Il Pil aumenterebbe di quasi mezzo punto percentuale, mentre avremmo 2,5 miliardi in più di entrate fiscali.
Per riuscirci, però, "dobbiamo adeguare agli standard internazionali la nostra normativa di autorizzazione e concessione, che oggi richiede passaggi lunghissimi", ha commentato il ministro. Quindi burocrazia più snella, autorizzazioni più rapide, semplificazione delle norme, tutto per favorire l’esplorazione e lo sfruttamento di nuovi giacimenti. Non è certo una novità: più volte Passera ha sostenuto apertamente la necessità per l’Italia di sviluppare l’industria degli idrocarburi. A prescindere dalla strategia che adotterà il Governo per il mix energetico, la CISL è preoccupata per le ripercussioni sull’occupazione. "Se queste dichiarazioni non si traducono in un piano operativo immediato, l'unica certezza […] sarà solo il taglio dei finanziamenti alle rinnovabili, con la messa in cassa integrazione di migliaia di giovani lavoratori", ha dichiarato il Segretario confederale Gianni Baratta. La Cisl chiede così di passare dalle dichiarazioni a un vero programma, coinvolgendo Regioni, sindacati e imprese del settore, per attivare gli investimenti previsti. La Basilicata è uno dei territori più promettenti, come ha ricordato Stefano Saglia del Pdl, ex sottosegretario allo Sviluppo economico. Questa regione potrebbe soddisfare fino al 10% della domanda nazionale di petrolio e gas e, difatti, è al centro dell’interesse governativo (già del precedente esecutivo Berlusconi) in materia.
Di tutt’altro parere Legambiente. Innanzi tutto la critica è sui numeri: le riserve stimate d’idrocarburi, pari a 187 milioni di tonnellate, si legge in un comunicato dell’associazione ambientalista, si esaurirebbero in soli due anni e mezzo agli attuali tassi di consumo. Per quanto riguarda l’occupazione, una strategia fondata con maggiore slancio sulle rinnovabili porterebbe 250.000 nuovi addetti, dieci volte tanto la cifra indicata da Passera per il settore degli idrocarburi. "Il ministro Passera ha svelato le sue carte: frenare con ogni mezzo le rinnovabili per favorire le fonti fossili", ha commentato il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza. "Il Governo dovrebbe dare certezze allo sviluppo di uno scenario energetico sostenibile, cambiando i decreti attraverso il coinvolgimento delle aziende e delle associazioni del settore e presentando, finalmente, i decreti sulle rinnovabili termiche che si attendono da settembre 2011", ha terminato la nota dell’associazione ecologista
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Cara Italia, sei pronta a dare trent’anni di carcere a un politico che ruba?


Cara Italia, sei pronta a dare trent’anni di carcere a un politico che ruba?


Sì, trent’anni. Tanto rischia John Edwards negli Stati Uniti per aver distratto 925mila dollari dai soldi del suo partito per nascondere una sua relazione extraconiugale. Così funziona in America, per i politici o chi non paga le tasse. E noi italiani che cosa scegliamo? Il rigore a stelle e strisce o la mollezza di casa nostra? Tertium non datur. 
John Edwards

Storie che corrono in parallelo ci raccontano due paesi molto diversi e distanti come America, nel senso degli Stati Uniti, e Italia. Sullo sfondo c’è la politica con tutte le sue imperfezioni, e le debolezze umane che ne conseguono. Al centro, come sempre e come dev’essere, la persona, alla quale tocca il destino che ha deciso di scegliere per sé. Probabilmente non ci sono persone più lontane di John Edwards e Luigi Lusi, l’ex tesoriere della Margherita. Il primo è attualmente sotto processo per avere distratto fondi elettorali a fini «molto, molto» personali. Sul secondo, più vicino alle nostre vecchie, care cose ne sapete già abbastanza.
Edwards era un talentino che è riuscito a sprecare tutto. Sembrava uno di quei predestinati, nell’America dei buoni sentimenti, uno di quelli che, anche misteriosamente, riescono a entrare in quel circuito più intimista che così tanto appassiona gli americani, da diventarne la possibile traduzione politica per la guida del Paese. Già vicino alla Casa Bianca nel 2004, come vice di Kerry, nel 2008 si era giocato le sue carte a titolo assolutamente personale. Oggi, il suo destino – che si è scelto autonomamente, ma che ora viene direttamente gestito dall’amministrazione giudiziaria – pencola in modo avventuroso, al punto di rischiare una condanna a trent’anni.
No, Edwards non ha sgozzato consapevolmente la moglie. E poi ha fatto a fettine l’amante. E poi è uscito nudo sul boulevard davanti casa e si è messo a urlare: «Questa è l’America, signori!!». No. Edwards ha «semplicemente» distratto dei fondi del suo partito (925mila dollari) per nascondere l’orribilità della sua condotta personale. Intrecciata una relazione con una regista, proprio mentre la moglie si ammalava di cancro, ha cercato di nascondere il fatto di avere avuto una figlia da lei, spingendo il suo aiutante a dire che ne era lui il legittimo padre. Poi la moglie è morta e ora lui, accompagnato a ogni udienza dalla figlia, lotta per evitare una galera infinita.
Da noi, qui in Italia, tutto questo farebbe sostanzialmente ridere i polli. Perché proprio ieri, mentre Edwards era a processo, la Procura di Roma ha spedito a Palazzo Madama una richiesta d’arresto per il senatore Lusi, e tra le altre cose ci sarebbe anche l’associazione a delinquere. Come primo commento, il protagonista ha parlato di «provvedimento abnorme». Secondo lui, in un Paese normale, chiedere l’arresto per un signore che ha distratto una valanga di soldi per fini personali (beninteso, questa è l’accusa) è un «provvedimento abnorme».
Come già per Papa, Milanese e altri, ora entrerà in scena il solito cerimoniale nostrano. Prima voterà la Giunta, e magari dirà sì all’arresto, ma il cui parere è solo consultivo, e poi si esprimerà l’Aula, che decide davvero, e magari dirà no. O viceversa. Perché mai non si esprima solo l’Aula è il vero, grande mistero gaudioso.
Si impone una domanda, una riflessione, guardando a due casi così diversi e lontani, come quello che coinvolge John Edwards e la storia più prossima a noi che vede come protagonista Luigi Lusi. Che è la seguente: siamo nella condizione - noi italiani - di poterci sottrarre all’inclinazione oramai pelosamente garantista che protegge indistintamente buoni cristiani e tagliagole senza speranza, per aderire al progetto meno tortuoso e più efficace sul piano dell’immagine sociale del «chi sbaglia, paga», così caro agli Stati Uniti d’America?
Temiamo che tra i due sistemi non ci sia una vera via di mezzo, sarebbe persino pretestuoso andarsela a cercare come organismo geneticamente modificato. Si tratta di stare o di qui o di là, si tratta di capire - da vero, autentico popolo di evasori fiscali - se l’idea che chi non paga consapevolmente le tasse o, appunto, le evade, non avrà altro destino che la galera. Sì, la galera, avete capito bene, quel luogo scuro e poco incoraggiante dal punto di vista delle compagnie (non proprio scelte).
Perché è così bello sciacquarsi la bocca con l’America, è meraviglioso farsi trascinare nel gorgo etico che ci fa sentire – tutti – cittadini sicuramente migliori, ma poi balbettiamo con l’infame stagnino che non ci fa la ricevuta e lo ringraziamo anche perché ci ha tolto l’iva. È anche ora di finirla con questo doppio registro, il cui spettacolino riproponiamo come replica stanca del teatrino dell’assurdo-Italia.


FonSai Unipol/Allora qualcuno mi ha ascoltato 3 mesi fa!!


Ligresti, l’Antitrust costringe le banche a trattare anche con Arpe

L’Antitrust potrebbe ammorbidire lo stop alla sospensione della fusione a condizione che il salvataggio dei Ligresti resti aperto al mercato. In sostanza, si potrà procedere con l’aumento di capitale della holding Premafin, ma l’accordo di ristrutturazione con le banche andrà aperto anche a investitori diversi da Unipol, allentando di fatto l’esclusiva concessa a quest’ultima. Premafin ha già inviato una richiesta in tal senso alle banche creditrici.  
Il banchiere Matteo Arpe
Il banchiere Matteo Arpe
AGGIORNAMENTO - Nella riunione del 3 maggio il collegio dell’Antitrust ha autorizzato Premafin a procedere con l’aumento di capitale e a stipulare gli accordi di ristrutturazione con le banche creditrici, mentre sono sospese le fasi di sottoscrizione degli aumenti di capitale UGF e Premafin. Contrariamente a quanto anticipato dalle agenzie di stampa, sarà possibile procedere alla definizione dei concambi, mentre resta sospesa «l’approvazione del progetto di fusione e ogni attività che riguardi la condivisione del piano industriale congiunto della fusione». Su tutta l’operazione resta «impregiudicata la valutazione dell’Antitrust», che arriverà entro i termini previsti dall’istruttoria (45 giorni più eventuali 30 dalla notifica). 
La marcia di Unipol verso Fondiaria Sai si fa più impervia. Le trattative fra le società interessate e l’Autorità Antitrust – che giovedì 26 aprile ha vietato «ogni attività e/o delibera prodromiche e funzionali» alla fusione – non hanno prodotto gli esiti sperati da Carlo Cimbri, amministratore delegato della compagnia bolognese. Il succo è che, nell’attesa della decisione finale dell’Antitrust, si potranno fare solo le attività per così dire “ad esito aperto” sul mercato, che non rafforzino cioè i legami esistenti fra i due gruppi e la galassia Unicredit-Mediobanca-Generali. L’effetto concreto è che si apre un varco inaspettato per la cordata concorrente formata dalla Sator di Matteo Arpe e dalla Palladio di Roberto Meneguzzo e Giorgio Drago. Oltre che per qualunque altro investitore istituzionale interessato a intervenire ma fin qui tagliato fuori dall’atteggiamento di Mediobanca, ideatrice e perno di tutta l’operazione di salvataggio via Unipol. 
Le indiscrezioni filtrate dopo gli incontri di questo pomeriggio fra il presidente dell’Antitrust Giuseppe Pitruzzella, e Carlo Cimbri, amministratore delegato di Unipol, suggeriscono infatti che le richieste di quest’ultimo sono state accolte solo a metà. Ma né l’atteggiamento di riverenza istituzionale di Cimbri né le aperture  dell’a.d. di Mediobanca Alberto Nagel «a vendere nei tempi convenuti con l’Autorità ogni partecipazione in Fonsai e Unipol che derivasse dalla fusione», hanno smosso più di tanto Pitruzzella.
Via libera all’aumento Premafin. Nessun problema per l’assemblea di Premafin, la holding che controlla il 35,7% di Fondiaria Sai, convocata il 17 maggio per deliberare un aumento di capitale da 400 milioni di euro. Aumento che è riservato in prima battuta, ma non esclusivamente, al gruppo Unipol. La proposta di delibera prevede, infatti, che possano essere presi in considerazione «altri operatori del settore assicurativo e/o investitori istituzionali», solo nel caso in cui vengano meno le condizioni previste dall’accordo Unipol-Premafin (fra cui, appunto, una bocciatura dell’Antitrust). 
Stop sui concambi. Non così, invece, per la determinazione dei concambi della fusione Unipol-FonSai-Premafin-Milano Assicurazioni. Qui, secondo quanto riferisce l’agenzia AdnKronos, Pitruzzella sarebbe stato piuttosto fermo, tanto con Cimbri quanto nel precedente incontro del 30 aprile fra l’Antitrust e i vertici della Premafin. Prima di procedere nel negoziato, dunque, bisognerà attendere l’esito dell’istruttoria avviata lo scorso 26 aprile, che ha una durata di 45 giorni, prorogabile di altri 30. Cimbri, al contrario, contava di poter continuare le trattative. 
L’accordo con le banche va “aperto”. Il punto più delicato da sciogliere – sempre se domani il collegio dell’Antitrust confermerà l’orientamento –  è l’accordo di ristrutturazione del debito di Premafin (368 milioni) concordato con le banche creditrici (Unicredit, Mediobanca, Banco Popolare, Bpm, Cariparma, Interbanca/Ge Capital). Sebbene non vi siano ancora impegni vincolanti, le banche si sono dichiarate favorevoli al piano di risanamento «sul presupposto della sottoscrizione da parte di Unipol Gruppo Finanziario dell’aumento di capitale Premafin». Ciò, secondo l’Antitrust, può produrre effetti irreversibili: su tali basi, perciò, ogni prosecuzione nella fase di realizzazione del salvataggio resta vietata. La via d’uscita è “liberare” l’accordo di ristrutturazione di Premafin dal vincolo della fusione Unipol, allentandone l’esclusiva. In concreto, le banche dovranno essere disponibili ad accettare una libera competizione di mercato sul salvataggio di FonSai. 
Un varco per Sator e Palladio? L’eventuale caduta del vincolo alla fusione Unipol-FonSai, nell’ambito della ristrutturazione del debito Premafin, avrebbe un effetto molto concreto: rimetterebbe in pista la cordata formata da Sator e Palladio, la cui offerta non è mai stata presa in considerazione, a causa del veto di Mediobanca e di Unicredit. Domani, peraltro, l’Antitrust sentirà anche Arpe, che un mese fa aveva presentato un esposto contro l’abnorme concentrazione che si potrebbe determinare con l’operazione Unipol e gli intrecci con la galassia Unicredit-Mediobanca-Generali.
Lettera di Premafin alle banche creditrici. I vertici della Premafin si sono già mossi nella direzione indicata dall’Antitrust. Secondo quanto Linkiesta ha appreso da fonti vicine alla holding, Premafin ha già inviato alle sei banche una lettera in cui chiede di svincolare la loro disponibilità alla ristrutturazione dal progetto di aggregazione Unipol-FonSai.  


Assurdità  della provincia di Foggia, è meglio che sia la prima ad essere abolita


L’associazione culturale Conarteatro, e l’AICS (Associazione Italiana Cultura e Sport) di Foggia denunciano con rammarico un episodio accaduto in occasione di uno spettacolo di beneficenza.
Lo spettacolo in questione, che si svolgerà al teatro del Fuoco il prossimo 15 e 16 maggio 2012, consisterà in due rappresentazioni teatrali e servirà a raccogliere fondi in favore dell’Associazione Vangelo della Vita che punta alla realizzazione di un’officina meccanica a Lubango in Angola, progetto “Un Patto per lo Sviluppo” avviato con il Conart e suggellato il 29 ottobre 2007 con la presenza dell’Ambasciatore della Repubblica dell’Angola in Italia, che nell’occasione fu ricevuto in visita e dal vice Presidente della Provincia di Foggia e sottoscrisse il registro delle visite ufficiali.
L’incresciosità dell’episodio che AICS e Conarteatro denunciano sta nella richiesta, da parte della Provincia di Foggia nella persona della vice Presidente Maria Elvira Consiglio, di 400 euro a serata, per un totale di 800 euro, per poter utilizzare il teatro del Fuoco nelle due serate in questione.
Una somma spropositata e assurda, considerato lo scopo delle due serate, ovvero fare beneficenza. AICS e Conarteatro, pur restando sconcertati da quanto richiesto dalla Provincia di Foggia e nella speranza che la manifestazione del 15 e 16 maggio raccolga quanto più fondi possibili a scopo benefico, vigileranno in futuro sull’effettivo rispetto degli accordi economici relativi all’utilizzo del Teatro del Fuoco da parte di altre associazioni culturali e/o teatrali.


Comunicato Stampa congiunto Conarteatro-AICS   

S e lo dice Draghi!!


Draghi: 'Crescita torni centro agenda, netti progressi bilancio Italia-Spagna'

Le piazze di Milano e Madrid le migliori

03 maggio, 20:35
dell'inviato Domenico Conti
BARCELLONA - Aumentano le incertezze sullo scenario di ripresa dell'Eurozona, e dunque la crescita va rimessa al centro del dibattito europeo: ma tocca ai governi con maggiore ambizione nelle riforme strutturali, pur nella cornice europea di un 'patto per la crescita' simile al 'patto di bilancio' che disciplina i conti pubblici. In una Barcellona blindata dalle forze dell'ordine per il consiglio della Bce, fra le proteste di lavoratori e studenti contro i tagli del governo spagnolo, Draghi loda i progressi fatti da Italia e Spagna, i due Paesi che costituiscono il fronte principale d'attacco dei mercati. L'Italia "ha raggiunto progressi notevoli", il governo Monti "é sulla strada giusta" e "merita di essere incoraggiato nei suoi forzi". "Piena fiducia" della Bce sulle misure che verranno prese dall'esecutivo spagnolo retto da Mariano Rajoy, con cui Draghi e gli altri governatori della Bce sono stasera a cena assieme al ministro delle Finanze Luis de Guindos, che proprio oggi ha sostanzialmente confermato la creazione di una 'bad bank' cui trasferire gli asset tossici delle banche. Poco prima Draghi aveva spronato la Spagna ad "affrontare" il problema delle banche I banchieri dell'Eurotower hanno preso atto - spiega Draghi - che gli ultimi dati economici "sottolineano un'incertezza prevalente".
E anche guardando avanti, sulla ripresa graduale attesa nel corso dell'anno gravano "rischi al ribasso". Uno scenario che rende "prematuro" parlare di 'exit strategy' dalle misure anti-crisi: la Bce oggi ha lasciato i tassi all'1% senza far intravedere un rialzo ma neanche un taglio, visto che la politica monetaria è "accomodante" - spiega Draghi - così com'é. Rischi e incertezze, dunque, che spingono Draghi a tornare sul "patto per la crescita" in Europa, auspicato la scorsa settimana: "dobbiamo rimettere la crescita al centro dell'agenda politica" - spiega - ma "senza alcuna contraddizione fra un patto per la crescita e un patto di bilancio". Significa - spiega Draghi - innanzitutto che occorre contrastare il freno alla crescita dovuto alle necessarie strette di bilancio con le riforme strutturali, su cui vi sono "progressi" ma "molti governi devono essere più ambiziosi". La lista delle riforme che Draghi chiede è lunga: si parte dal mercato dei prodotti, occorre aumentare la concorrenza e dunque liberalizzazioni. E poi c'é il mercato del lavoro, che Draghi chiede di riformare con "flessibilità, mobilità, equità" perché oggi è un mercato "sbilanciato contro i giovani", e con un'assicurazione per chi resta senza occupazione. Riforme strutturali che "sono compito dei governi nazionali", avverte l'ex governatore di Bankitalia allontanando dalla Bce l'onere di nuovi interventi. Ma a differenza di 10 anni fa - insiste Draghi - "oggi per fare queste riforme serve una disciplina comune europea, non dissimile da quella fatta per il monitoraggio dei bilanci a livello europeo".
Draghi, poi, si sofferma su "quello che possiamo fare nell'area euro per creare occupazione aumentando gli investimenti in infrastrutture: vi sono molte proposte, fra cui un rilancio dell'azione della Banca europea degli investimenti", e "ridirigere i fondi Ue verso aree a basso reddito". Proprio in funzione degli investimenti, Draghi ribadisce che "é certo molto meglio risanare i bilanci pubblici attraverso tagli di spesa che aumenti di tasse", e soprattutto "occorre ridurre la spesa corrente, non quella in investimenti". Ma soprattutto, occorre "specificare un percorso per l'euro, cosa vogliamo essere fra 10 anni". Ritrovare la visione che c'era negli anni '90 e che ha portato alla creazione dell'euro. Se l'Europa vuole un'unione fiscale, allora "dobbiamo accettare la delega di sovranità fiscale dai governi nazionali" all'Europa. Ma non si può cominciare da una 'transfer union' che vede alcuni Paesi pagare per altri: piuttosto - suggerisce appunto Draghi - "con il fiscal compact". Chissà se il ragionamento arriva fino agli studenti che marciano in piazza: "li capisco molto bene - spiega Draghi - ma la risposta che possiamo dare è che le politiche adottate siano quelle giuste"
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Elezioni in Grecia!! attenta italia pou' accaderti lo stesso


L'ombra nera di Alba dorata

Formazione estrema destra vola in sondaggi su onda crisi e paura

03 maggio, 20:11
Il logo del partito greco Chrysi Avgi Ii
L'ombra nera di Alba dorata
di Patrizio Nissirio
ROMA - Un'ombra nera si proietta sulle elezioni greche: quella del partito di estrema destra Chrysi Avgi, ovvero 'alba dorata', una simbologia luminosa che però cela idee che vengono da un passato oscuro. Una formazione che si fregia di simboli neanche troppo velatamente neonazisti e che ha un programma che molti greci, delusi dai partiti e spaventati dalla crisi e dall'immigrazione, trovano attraente: linea durissima contro il crimine, espulsione degli immigrati illegali, il tutto per "ripulire" la Grecia. Vestiti di nero, le teste rasate, col loro logo (un 'meandro', ovvero quello che in italiano si chiama 'la greca', che nella versione di Chrysi Avgi ricorda una svastica), i militanti di Alba Dorata sono instancabili nel portare con migliaia di volantini il loro messaggio di sicurezza e pulizia nei quartieri ateniesi dove la criminalità dilaga e gli abitanti sono esasperati. Distribuiscono alimentari, vestiti e scarpe ai poveri. Hanno proposte ben precise, come quella di minare i confini della Grecia, per evitare che gli immigrati varchino i confini (dalla Grecia passa il 90% dell'immigrazione illegale verso l'Ue). Si oppongono ai partiti tradizionali e pensano che "i responsabili della crisi devono stare in galera". E i sondaggi sembrano premiarli: Alba Dorata, dopo 20 anni ai margini della scena politica greca, il 6 maggio dovrebbe prendere qualcosa come il 5% dei voti, contro lo 0,23% del 2009. Per entrare in Parlamento basta il 3%. Il partito presenta circa 220 candidati. I gruppi per la difesa dei migranti accusano i membri di Chrysi Avgi di aver picchiato diversi stranieri, e anche l'Unhcr in Grecia segnala l'aumento delle aggressioni razziste, ma ogni domanda sull'uso della violenza viene abilmente dribblata: "Noi non facciamo nient'altro che proteggere i greci - ha detto in una recente intervista Epaminondas Anyfantis, un candidato del partito - Ora, se nel proteggere i greci, uno straniero si becca uno schiaffo o un calcio, credo che questo si inserisca nel quadro di questa protezione... perchè ormai i greci devono rivolgersi ad Alba Dorata per avere protezione. Noi non siamo politici, siamo soldati che combattono per una causa". A chi li accusa di essere dei neonazisti appena mascherati, i militanti di Chrysi Avri replicano dicendo di essere "semplici nazionalisti greci" e che molti dei loro padri fecero la Resistenza contro i nazisti. Ma il loro leader Nikolas Mihaloliakos, che nel 2010 conquistò un seggio nel consiglio comunale di Atene, scioccò l'opinione pubblica facendo il saluto romano alla sua prima partecipazione a una seduta. E successivamente ha fatto affermazioni come "Hitler è una grande personalità della storia", mentre in un video in sostegno alla sua campagna elettorale, afferma di voler reintrodurre la pena di morte per chi spaccia droga e mettere al bando i sindacati. Messaggi estremisti, ma che nella situazione estrema in cui si trovano molti greci, rischiano di avere un seguito sorprendente.

A ,e piace questo Profumo


Mps: primo incontro Profumo-sindacati

Riunione informale durata circa un'ora

03 maggio, 19:11
Mps: primo incontro Profumo-sindacati(ANSA) - SIENA, 3 MAG - Primo incontro oggi tra la Rsa di Banca Monte dei Paschi di Siena e il neopresidente Alessandro Profumo. Alla riunione definita ''informale'' e durata circa un'ora era presente anche il direttore generale Fabrizio Viola che questo pomeriggio sara' nominato amministratore delegato dal cda. E' stata ''una prima presa di contatto'', dicono fonti sindacali e durante l'incontro le parti non sono entrate nel merito della vertenza sul piano dei tagli di costi del personale.

Perché il ministro Giarda snobba Elsa Fornero? ha capito che è falsa e cortese!!è una torinese!!mi perdonino i torinesi che sono eccezionali


Perché il ministro Giarda snobba Elsa Fornero? Il video fa discutere il Web

Il video sta facendo il giro del Web, suscitando inevitabili commenti ironici: ospiti allo stesso seminario sulla crescita organizzato dalla fondazione ItalianieuropeiElsa Fornero invita più volte Piero Giarda, ministro per i Rapporti con il Parlamento, a sedersi accanto a lei. Lui però prima adduce come scusa la borsa, che occupa la sedia alla sua sinistra. Prontamente, il ministro Fornero libera il posto e ripete l'invito: ma a questo punto Giarda decide semplicemente di ignorarla, lasciando il ministro con un velo di perplessità sul volto.

Lega/allora non è contro gli exstracomunitari


Renzo Bossi e la sua laurea presa in Albania - DOCUMENTO


E spuntò la laurea (albanese) del giovane Renzo Bossi (Credits: Mauro Scrobogna/LaPresse)

Per settimane si era detto che forse nemmeno esisteva. Ma la spesa era registrata, eccome, per una cifra di diverse decine di migliaia di euro. Adesso finalmente esiste anche l’immagine del tanto agognato e discusso “pezzo di carta”.
Eccola la laurea di Renzo Bossi, il “Trota”, l’ex consigliere regionale della Lombardia dimessosi dopo lo scandalo legato alle presunte spese fatte anche per lui ed i suoi studi con i soldi del partito.
Si tratta di una serie di documenti trovati tra i documenti dell’ex tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito, nella famosa cartella “The Family”. C’è il diploma di laurea, l’iscrizione di Renzo Bossi ed un elenco di voti conseguiti negli esami. Documenti rilasciati dall’Università Kristal di Tirana, in Albania, che attestano un diploma di primo livello (la nostra laurea breve) in Gestione Aziendale presso la facoltà di Economia dopo aver superato 29 esami.

La cosa davvero strana sono le date. Renzo Bossi, infatti, risulta diplomato in Italia nel luglio del 2009, a 21 anni. La data riportata sul diploma di laurea è quella del 29 settembre 2010. Insomma, il Trota avrebbe conseguito il diploma, e sostenuto 29 esami in poco più di un anno: Ma non solo, perché proprio in quel periodo di tempo è stato anche impegnato a lungo nella campagna elettorale proprio per le elezioni Regionali che lo hanno portato in Consiglio.
Tra le carte, nelle mani dei magistrati di Napoli e Milano, anche il diploma di laurea di Pierangelo Moscagiuro, il capo scorta di Rosy Mauro espulsa dalla Lega Nord. Gli inquirenti devono ora verificare se i soldi usati per pagare questi due corsi di studio provenissero, come sostiene Belsito, proprio dalle casse del partito.