domenica 10 giugno 2012

A L'Aquila gli scienziati della Commissione Grandi Rischi sono sotto processo.


A L'Aquila gli scienziati della Commissione Grandi Rischi sono sotto processo.


Accusati di non aver previsto quella scossa che ha distrutto la città e causato quelle morti.


In Emilia adesso ci sono dei sindaci che minacciano di denunciare gli scienziati, ma per procurato allarme. Colpevoli di aver annunciato la possibilità di un nuovo violento terremoto. Facile pensare che il recente comunicato sia figlio di quell'azione giudiziaria frutto dell'emotività e dalla voglia di ricercare un colpevole a ogni costo, non volendo accettare che ci sono eventi e casualità che non dipendono dall'uomo e che nonostante lo sviluppo tecnologico non siamo in grado di prevedere e contrastare. Non ci vogliamo arrendere alla constatazione che la Natura sia più forte di noi. Ma non è storia di oggi. È un vizio antico. La caccia alle streghe risale alla notte dei tempi. E la superstizione accompagna l'uomo fin dalle origini. Nei Promessi Sposi, Manzoni, parlando della peste di Milano del 1630, si occupa della caccia agli untori, uomini ingiustamente ritenuti responsabili di aver provocato la diffusione del morbo. Anche allora il colpevole non poteva essere il caso. Ci volevano dei responsabili. A L'Aquila gli uomini della scienza, non sapendo leggere il futuro, hanno ritenuto giusto non allarmare la popolazione. Del resto a che sarebbe servito fare il contrario? Sulla base di ipotesi tre quarti dell'Italia dovrebbe vivere in tenda. Perché tutti o quasi siamo a rischio. Nella memoria di ogni persona nata nel dopoguerra ci sono i ricordi del terremoto del Belice del 1968, del Friuli del '76. Poi l'Irpinia nel 1980. E ancora quello dell'Umbria e delle Marche, Molise, poi l'Aquila e ora l'Emilia. Solo per citare i fenomeni più gravi. Da Nord a Sud l'Italia, lo dicono le statistiche e gli esperti, è a rischio. Il dato drammatico è che nonostante questo siamo sempre impreparati. Non perché non prevediamo i terremoti (cosa impossibile), ma perché edifici pubblici, scuole e strutture industriali sono vulnerabili. In Emilia sono caduti capannoni costruiti senza le necessarie precauzioni. Così questa fragilità diventa preoccupazione che si manifesta con atteggiamenti contraddittori: si rassicura comunque per non creare panico, oppure si crea allarme quasi a giustificazione futura. Luciano Maiani, presidente della Commissione Grandi Rischi, ha precisato il senso dell'intervento. Ha confermato l'imprevedibilità dei terremoti, ma ha confermato la probabilità che il fenomeno si ripeta e dunque c'è la necessità di non lasciarsi trovare impreparati. E dunque l'allarme, a suo avviso è stato equivocato, non voleva essere un invito a una fuga generale, ma a verificare la vulnerabilità degli edifici. Importante, precisa Maiani, è fare prevenzione. E chi non concorda? Il problema è che questo sembra essere un ritornello che va avanti da anni. Dopo ogni calamità se ne parla, si garantisce, ci si impegna. Superata l'emergenza le promesse diventano un ricordo. Stavolta però c'è una novità. La decisione di non proseguire sulla strada delle rassicurazioni ha creato allarme. Ma se non determina solo panico può essere la strada giusta. Dobbiamo sempre stare attenti. Magari evitando uscite casuali che, se non sono seguite da atti concreti, rischiano di essere solo dei proclami per salvarsi la coscienza. Un atteggiamento difensivo per chi ha delle responsabilità e non a favore delle popolazioni. Appelli che rischiano di apparire come quei foglietti illustrativi presenti nei medicinali: c'è scritto di tutto. Dalle possibili controindicazioni, agli effetti secondari e ai rischi, fino a quello della morte. Meno male che chi fa uso di farmaci si fida del proprio medico e dunque non darà molta importanza a quello che c'è scritto. Pensate se fosse il medico ad esprimersi e ripetere alla lettera quello che c'è scritto nel foglietto, creerebbe solo paura. Il paziente ha bisogno di risposte, di indicazioni di cui fidarsi. Per mettergli paura non ha bisogno di apporti esterni. Così con i terremotati. La paura ce l'hanno dentro. Non c'è bisogno che qualcuno, soprattutto se autorevole, la incentivi. Chi ha il potere per farlo spinga invece sulla prevenzione e più che comunicati pubblici non sarebbe meglio dare indicazion precise ai prefetti, ai sindaci, alla protezione civile? Non sarebbe meglio agire? Ma questo è un antico vizio. Sono decenni che i responsabili di governo parlano di fisco ingiusto. Già ma a chi lo dicono? Ai cittadini? E si salvano la coscienza. Così ricordiamo che dopo l'emozione per il disastro in quella scuola di San Giuliano di Puglia si denunciarono i rischi nelle scuole, si invocarono controlli. Sono passati dieci anni da quel tragico episodio, i controlli sono stati fatti ovunque? Le scuole italiane non sono più a rischio? Lo speriamo, ma non ne siamo per nulla certi. Allora è ora di fare meno denunce pubbliche e più azioni. Sono più utili.

Varese battuto anche nel ritorno: Sampdoria in A!


Varese battuto anche nel ritorno: Sampdoria in A!


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Dopo Pescara e Torino, è la Sampdoria la terza promossa in Serie A. I blucerchiati, retrocessi lo scorso anno, vincono i playoff di B, superando il Varese in finale. La squadra di Iachini si impone anche nel ritorno (dopo il 3-2 di Marassi), battendo 1-0 sotto il diluvio. Allo stadio "Ossola" i lombardi provano a ribaltare il risultato, ma si fermano sulla traversa colpita da Neto Pereira alla mezz'ora del primo tempo. Poi, al 91', la rete di Pozzi.

Privo degli squalificati Troest e Zecchin e con Terlizzi non al meglio dopo il fastidio muscolare accusato prima della gara d'andata, il Varese parte comunque all'attacco per cercare subito il gol qualificazione. Nonostante i tre corner conquistati in pochi minuti, però, la prima conclusione - peraltro debole e imprecisa - è tentata al 9' dal doriano Nicola Pozzi. L'ordinato 4-4-2 allestito da Maran si fonda come sempre sulle accelerazioni degli esterni offensivi Rivas e Nadarevic, e al 16' proprio la percussione centrale del bosniaco dà la scossa al Varese malgrado la conclusione finisca sopra la traversa. I biancorossi si riversano nella metà campo avversaria e collezionano occasioni da rete: al 18' Neto Pereira devia in modo pericoloso un calcio d'angolo, ma nessun compagno è pronto sul secondo palo; due minuti più tardi ci prova Rivas dalla sinistra, conclusione precisa ma bloccata dal brasiliano Da Costa; al 23' ancora l'esterno argentino del Varese si inserisce in area sfruttando la bella sponda di Granoche, senza però riuscire a centrare la porta da posizione defilata. Infine, dopo il tentativo impreciso di Nadarevic dalla distanza, l'occasione più grande capita sui piedi di Neto Pereira al 30', bravissimo a girare con il destro l'intelligente sponda aerea di Terlizzi ma sfortunato nel colpire la traversa.

Nel momento più difficile - schiacciata nel gioco e nel possesso palla (il Varese chiuderà il primo tempo con un eloquente 63%) - la Sampdoria prova a reagire e al 34' crea subito un'occasione clamorosa: il bel triangolo tra Munari e Soriano prende impreparata la difesa biancorossa, il cross dell'ex esterno di Lecce e Fiorentina trova libero Pozzi, ma il colpo di testa dell'attaccante è respinto da Pucini e subito dopo Terlizzi compie un vero e proprio miracolo salvando sulla linea la conclusione a botta sicura dell'accorrente Soriano. La Sampdoria prende coraggio e ci prova ancora con Munari e soprattutto Renan, sulla cui punizione è attento Bressan in due tempi. Forse spaventato dalle occasioni create dagli uomini di Iachini, il Varese si ritrae e - al di là dei quattro corner collezionati nei minuti finali del primo tempo - perde campo e nella prima parte della ripresa non riesce più a spaventare Da Costa. Dopo il doppio tentativo di Rispoli ed Eder all'11', la Sampdoria si accontenta di controllare la partita. Dal canto suo Maran - per nulla soddisfatto dalle improbabili conclusioni tentate da Granoche tra il 29' e il 35' - prova la doppia carta della disperazione inserendo De Luca e Plasmati, ma l'unica vera occasione arriva solo al 42', quando proprio Plasmati spreca malamente un semplice colpo di testa da due passi.

Poi la tensione sale, il Varese si arrende e Nicola Pozzi in contropiede mette il sigillo sulla promozione della Sampdoria, mentre davanti al maxischermo allestito a Genova in piazzale Kenney scoppia la gioia degli oltre 10mila tifosi blucerchiati.

Rai Ma Gubitosi non è laureato in archeologia??quindi la rai è da studiare come un fenomeno del passato??


Arriva Anna Maria Tarantola ma l’ultimo si ricordi di spegnere la televisione…

8 giugno 2012

monoscopio rai 500x375 Arriva Anna Maria Tarantola ma l’ultimo si ricordi di spegnere la televisione...
E per la serie “l’ultimo si ricordi di spegnere la televisione” nel senso che si è venuto a sapere quello che la leggenda racconta. Ovvero, Anna Maria Tarantola è stata nominata nel senso che è stata nominata alla Rai insieme a Luigi Gubitosi.
Ovvero per Anna Maria Tarantola la leggenda racconta anche, ed anche pure, che ci sono degli oscuri sortilegi, ed anche per Luigi Gubitosi pare che oscuri incantesimi lo hanno avvolto nel senso che è finito tutto a tarallucci e vin santo. Cuindi e peronde avvisate anche la cugina del vecchio Mago Amaranto tanto quanto era stato avvisato il Professor Cortese chiamato a Palazzo a far quadrare le spese. Spese che non quadreranno mai perchè prima o poi arriverà il Grande Botto.
Indi e percui, e per la serie “L’ultimo di ricordi di spegnere la televisione” perchè la situazione è grave però non è seria, lasciamoci in allegria, nel senso che si fa per dire, con un bel Video del bel tempo che fù quando la Rai era la Rai,  e la Rai era seconda solo alla Bbc nella classifica del mondo. Ora dalla Bbc compriamo certe cose ed anche pure non le trasmettiamo. Tanto paghiamo noi…

Vaticano, dai dossier di Gotti Tedeschi spunta il giallo di JP Morgan


Vaticano, dai dossier di Gotti Tedeschi
spunta il giallo di JP Morgan

Interrotti da due mesi i rapporti tra lo Ior e il colosso Usa. I giudici lavorano sull’ipotesi di riciclaggio sul conto dell’istituto bancario americano



Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior
di Massimo Martinelli
ROMA - C’era un conto corrente particolare presso la banca Jp Morgan di Milano. Era il numero 1365, intestato allo Ior. In poco più di diciotto mesi, da quando era stato aperto, cioè dal 2009, su quella linea di credito è transitato più di un miliardo di euro. Un pozzo di San Patrizio per qualsiasi banca, dunque. Che però Jp Morgan ha deciso di chiudere alla vigilia della defenestrazione di Ettore Gotti Tedeschi, proprio quando la Procura di Roma aveva cominciato a farsi pressante per sapere cosa avveniva in quella filiale milanese. Fino a pochi mesi fa non c’era mai riuscita, perché le richieste in Vaticano (triangolate attraverso l’Unità di Informazione della Banca d’Italia) erano state respinte al mittente. Da due tre giorni, invece, cioè da quando Ettore Gotti Tedeschi è stato sentito dai pm romani e napoletani, molti degli interrogativi sulla Jp Morgan potrebbero aver ricevuto risposta.


A insospettire i magistrati di piazzale Clodio era una particolare caratteristica di quel conto 1365: la Jp Morgan prevedeva per il correntista (lo Ior) un’opzione riservata agli investitori abituali. In pratica, a fine giornata, tutte le somme eccedenti una determinata cifra venivano automaticamente investite in una maniera prestabilita. Tecnicamente si chiama «sweep facility» ed è un’operazione perfettamente legale. La particolarità del conto 1365 era che la cifra che rappresentava il tetto oltre il quale investire era «zero euro», e l’investimento prestabilito era il versamento su un altro conto dello Ior a Francoforte.



In altre parole per due anni, in chiusura di giornata, succedeva che il conto milanese dello Ior veniva azzerato e il denaro che era stato depositato quel giorno veniva trasferito in Germania. Per mesi, i magistrati hanno cercato di capire quale fosse la provenienza di quel fiume di denaro che usciva dall’Italia attraverso la porta dello Ior aperta a Milano nella filiale di Jp Morgan, senza mai riuscirci. E uno spezzone di indagine che si incrocia con quello napoletano con le tangenti sugli armamenti di Finmeccanica è arrivato ad ipotizzare che in quel fiume di denaro ci fossero anche le commesse per coloro che favorivano l’assegnazione di appalti per le consociate del colosso di piazza Montegrappa in India e in Africa.



I magistrati romani sono convinti che i vertici di Jp Morgan fossero assolutamente consapevoli della possibile opacità delle operazioni che avvenivano su quel conto corrente. E che abbiano deciso di interrompere unilateralmente ogni rapporto con lo Ior già alla fine di febbraio scorso, quando le richieste della procura di Roma si era fatte più insistenti. Ed evidentemente non si sentivano più tutelati da un presidente come Gotti Tedeschi che stava cercando di trasformare la banca vaticana in una casa di vetro, decisamente più trasparente. Come si è appreso ieri dalle colonne del Fatto Quotidiano, fin dal periodo natalizio l’ormai ex presidente dello Ior era finito nel mirino dell’ala «conservatrice» dell’Istituto per per Opere religiose, che addirittura in occasione di un rinfresco natalizio lo aveva sottoposto all’osservazione di uno psicologo aziendale che aveva poi stilato un sorta di perizia in cui parla di «tratti di egocentrismo, narcisismo e un parziale scollamento dal piano di realtà, assimilabile a una disfunzione psicopatologica nota come accidia sociale».



Ma non c’è solo il caso Jp Morgan nei fascicoli della procura di Roma. Nel suo incontro con i pm, Gotti Tedeschi avrebbe parlato che di incontri riservati avuti con politici di primo piano, riguardati probabilmente le linee di credito di compagini politiche aperte presso lo Ior. Anche questo argomento, probabilmente, sarà oggetto di accertamenti.