venerdì 3 maggio 2013

UE(anzi la Germania) sa giocando con noi ..Basta usciamo ha ragione Beppe


Ue: riforme o no stop procedura Italia

Bruxelles aspetta dettagli,dopo nuove stime piu' facile chiusura



(ANSA) - BRUXELLES, 3 MAG - Il deficit sotto 3% ''facilita'' la chiusura della procedura per l'Italia ma resta ''soggetta agli impegni di consolidamento'' e ''al dettaglio delle riforme'' contenute nel programma di stabilita' che Bruxelles si aspetta dal governo ''nelle prossime settimane'', avendo gia' avuto contatti col ministro Saccomanni.

Ma le Banche Italiane sanno che:Bce taglia costo denaro, 'Per rilanciare il credito'


Bce taglia costo denaro, 'Per rilanciare il credito'

Tasso d'interesse allo 0,50%: è minimo storico. Draghi: 'Torna la fiducia per l'Italia e la Spagna'


Mario Draghi

Nuovo minimo record per i tassi di Eurozona, con una Bce che torna a tagliare dopo quasi un anno sulla scia di Giappone e Usa. Intanto l'Eurotower promette liquidità 'a rubinetto' almeno fino all'estate 2014, avvia una "consultazione" per trovare misure in grado di rilanciare i prestiti alle imprese, e avverte i governi: niente dietro-front sulla riduzione dei deficit, da fare tagliando la spesa piuttosto che aumentando le tasse. A Bratislava, in una delle due riunioni che ogni anno vengono ospitate dalle banche centrali nazionali, il consiglio Bce ha accontentato le attese di molti: con un voto preso "a consenso molto molto forte" - spiega il presidente Mario Draghi - il tasso di riferimento Bce passa allo 0,50% dallo 0,75% deciso nel luglio scorso, di fronte a una ripresa che tarda e che presenta rischi. Draghi arriva persino a un passo dall'aprire la porta a un nuovo taglio: la Bce - dice "é pronta ad agire se necessario" e "valuterà molto attentamente" tutti i dati. Un'apertura che, tuttavia, non ha entusiasmato i mercati, con le Borse che chiudono in ordine sparso: Milano (-0,12%), Madrid (-0,15%), Parigi (+0,05%), Londra (+0,15%), Francoforte (+0,61%). L'euro è sceso sotto 1,31 dollari mentre lo spread Btp-Bund è salito a 272 punti prima di chiudere appena sotto i 260 punti (259). Non è chiaro se per l'aspettativa delusa per misure più incisive, o nel timore che la Bce intraveda un ulteriore peggioramento delle prospettive economiche. Pesa anche l'ipotesi (siamo "tecnicamente preparati", ma ci sono conseguenze indesiderate, spiega Draghi) di un taglio al tasso con cui la Bce remunera i fondi che le banche possono parcheggiare nei suoi forzieri. Più deludente quanto deciso dai governatori Bce per rilanciare i prestiti a famiglie e imprese, con molti operatori che si aspettavano misure specifiche già pronte per le piccole e medie imprese. C'é ancora uno spread fra i 150 e i 200 centesimi per la stessa banca che presti "a Milano piuttosto che a Monaco", rileva l'ex governatore di Bankitalia. La Bce ha deciso di prolungare fino all'estate 2014 le aste che forniscono liquidità illimitata alle banche: "le banche non possono portare la mancanza di liquidità come scusa per non dare prestiti", dice Draghi, che annuncia: stanno partendo "consultazioni con altre istituzioni europee su come far ripartire" il mercato "morto" degli Mbs, i titoli garantiti da prestiti alle aziende, un modo per consentire alle banche di girare alla Bce i crediti commerciali. Ma resta ancora tutto da definire, fra ipotesi di un coinvolgimento della Banca europea degli investimenti, ruolo delle banche centrali nazionali, resistenze tedesche e difficoltà tecniche nel raggiungere il segmento delle pmi. Certo Draghi non nasconde che "alcune banche dovranno ricapitalizzarsi per tornare a prestare", e avverte (nuovo segnale ai governi) che ripulire i loro bilanci non rientra nelle prerogative dell'Eurotower. Ci sono segnali positivi sulla crisi del debito: rientrano investitori esteri, si riducono gli squilibri all'interno dell'Eurosistema segnalati da Target2, scendono gli spread anche per Italia e Spagna. Ma l'invito principale della Bce, rivolto ancora una volta ai governi, è a "non disfare gli sforzi fatti finora" per risanare i bilanci pubblici: parole che sembrano scelte apposta per stoppare il dibattito sulla presunta antitesi fra 'austerity' e crescita, che va rilanciata invece intensificando liberalizzazioni e competitività delle imprese. E c'é anche spazio per un cenno velato a quei Paesi (viene alla mente l'Italia) che "purtroppo, in una situazione d'emergenza, hanno aumentato le tasse dove già erano molto alte", così ottenendo effetti recessivi: al contrario, l'invito della Bce è a "risanare agendo sulla spesa corrente".

Scoppia tubazione, voragine all'Ilva


Scoppia tubazione, voragine all'Ilva

Rimorchio cade in una buca profonda un metro



(ANSA) - TARANTO, 3 MAG - In seguito alla scoppio di una tubazione di acqua marina che raffredda il sistema degli altoforni dello stabilimento Ilva di Taranto, ieri pomeriggio si é aperta una voragine profonda un metro sulla strada che collega l'Altoforno 2 all'Altoforno 4. Un loco trattore, rimorchio che tira i vagoni, che era parcheggiato davanti al capannone del reparto Man/Ref-Afo, è caduto nella buca. Il mezzo era privo di autista. Gli impianti non hanno subito danni, attività produttiva regolare.

Benvenuti all’inferno: oggi Bangladesh, domani Italia


Benvenuti all’inferno: oggi Bangladesh, domani Italia


Chi produce gli indumenti che indossiamo lavora per due dollari l’ora. Anzi, lavorava: perché ormai quei due dollari sono “troppi” persino in Cina, dove si fatica senza contributi, senza sanità e senza protezioni ambientali. Così, annunciaPaolo Barnard, le maggiori multinazionali mondiali del manifatturiero se ne stanno andando, dalla Cina: «Vanno in Vietnam, o altrove, dove il costo del lavoro è la metà», perché il margine di profitto delle grandi catene americane ed europee si è ridotto all’1-2%. «Pagando all’origine 2 dollari all’ora per i cinesi, non ci stanno più dentro. Dopo il Vietnam andranno in Sudan, poi faranno lavorare i bambini africani a 50 centesimi al giorno, poi i prigionieri di guerra e i carcerati gratis, poi le anime dell’inferno, e poi dovranno inventarsene un’altra». E’ un fronte spaventoso, le cui ultime notizie arrivano dal Bangladesh: almeno 300 operai sono morti nel crollo di Rana Plaza, una fabbrica fatiscente del sobborgo Dhaka di Savar, dove si confezionavano abiti per Benetton e per catene come Wal-Mart.
La lista degli “incidenti” è lunga e dolorosa, racconta Vijay Prashad su “Counterpunch”. Solo a Savar, i lavoratori uccisi erano già 75, più altri 18 Bangladesh, operaiemorti a Shaka nel 2006. L’ennesimo crollo ha provocato la morte di 25 operai, ancora a Dhaka, nel 2010. «Queste sono le “fabbriche” della globalizzazione del ventunesimo secolo: rifugi costruiti poveramente per un processo di produzione assemblato attraverso lunghe giornate lavorative, macchinari di terza mano e lavoratori le cui stesse vite sono sottomesse agli imperativi della produzione just-in-time». E’ il paesaggio desolato della globalizzazione, dal confine Usa-Messico ad Haiti fino allo Sri Lanka. Paesi sacrificati al nuovo schiavismo dagli anni ’90: «Nazioni silenziose che non avevano né la volontà patriottica di combattere per i propri cittadini né alcuna preoccupazione per la debilitazione a lungo termine del loro ordine sociale». I grandi produttori di indumenti, spiega Prashad, non volevano più investire nelle fabbriche. Così «sono diventati sub-appaltatori, offrendo margini molto ristretti di profitto e quindi forzando a dirigere le fabbriche come campi di prigionia del lavoro».
Il regime del sub-appalto ha permesso a queste aziende di negare ogni colpa, fino a godere dei benefici dei prodotti economici senza avere le coscienze macchiate dal sudore e dal sangue dei lavoratori. Ultimo anello della catena: noi, i consumatori. In Bangladesh si lavora anche solo per 35 dollari al mese, poco più di un dollaro al giorno. E gli operai cominciano a ribellarsi: blocchi stradali e scioperi in centinaia di stabilimenti. Per Atiqul Islam, presidente dell’associazione industriale di categoria, il problema non è la strage dei lavoratori-schiavi ma «il disordine nella produzione», che è «dovuto ad agitazioni e scioperi», un «duro colpo per il settore tessile». L’amministrazione, aggiunge Prashad, preferisce le esplosioni anarchiche di violenza al fermo consolidamento del potere dei lavoratori. La violenza ha spinto il governo del Bangladesh a creare una Crisis Management Cell e una Polizia Industriale: non per monitorare le violazioni delle leggi lavorative, ma per spiare i sindacalisti. «Nell’aprile 2012, agenti della capitale hannoSepolti vivi: la tragedia di Dhakarapito Aminul Islam, uno degli organizzatori chiave del “Bangladesh Center for Worker Solidarity”: è stato trovato morto pochi giorni dopo, con il corpo con evidenti segni di tortura».
Quello che oggi accade nel cosiddetto Terzo Mondo, dice Barnard, non è altro che il preludio dell’orrore che sta arrivando anche da noi. Mentre in Italia la disoccupazione esplode, in una recente riunione ad Atene con alcune grandi compagnie – tra cui la Barilla – è stato chiesto al governo di abbassare lo stipendio dei greci a 250 euro al mese, per consentire agli “investitori” di aprire stabilimenti a condizioni di vantaggio nel paese europeo più martoriato dalla crisi imposta da Bruxelles su ordine di Berlino. Gli operai italiani che ancora confidano nei sindacati, aggiunge Barnard, non hanno la più pallida idea di quello che sta per succedere, a loro e alle loro famiglie, se l’Italia non abbandonerà il regime della moneta unica che blocca l’unica via d’uscita possibile: la spesa pubblica come motore per la piena occupazione. Pessime notizie, ovviamente, dal nuovo premier Enrico Letta: «Il lavoro è il cuore di tutto: se riusciamo sul lavoro a dare dei segnali positivi ce la faremo», ha detto al “Sole 24 Ore”. Quanto alla riforma Fornero, «in un momento straordinario come questo è necessario un pochino meno di rigidità».
Un pochino meno di rigidità. Testualmente: «Ci sono alcuni punti che in una fase recessiva stanno creando dei problemi, come ad esempio le limitazioni sui contratti a termine, che sono necessarie in una fase economica normale, ma che in una fase di straordinaria recessione come quella l’attuale non sono utili». L’economista democratico Emiliano Brancaccio si scandalizza: Letta non esce dai binari ideologici di chi ha promosso la devastazione che stiamo soffrendo. Contratti super-precari e  fluttuanti in base alle circostanze? «Un’argomentazione simile era stata sostenuta poco prima dal ministro del welfare Enrico Giovannini». Il premier l’ha ribadita il Primo Maggio. «Nel giorno della festa dei lavoratori – rileva Brancaccio – Letta dunque si accoda agli ultimi pasdaran del liberismo, che ripetono da anni la tesi secondo cui una maggiore precarietà dei contratti di lavoro favorirebbe l’efficienza economica e il riassorbimento della disoccupazione. Questa tesi tuttavia è Brancaccio e Lettafalsa». Brancaccio cita gli studi dell’Ocse, che «smentiscono l’esistenza di una correlazione tra riduzione delle tutele dei lavoratori e riduzione della disoccupazione».
Analisi confermata da Tito Boeri e Jan van Ours, autori di ricerche condotte negli ultimi anni sull’“economia dei mercati imperfetti”: la precarizzazione demolisce il settore produttivo. E per Olivier Blanchard, attuale capo-economista del Fmi, «le differenze nei regimi di protezione del lavoro appaiono largamente incorrelate alle differenze tra i tassi di disoccupazione dei vari paesi». In definitiva, osserva Brancaccio, sugli effetti occupazionali delle tutele del lavoro Letta dichiara tecnicamente il falso, nel senso che tenta di promuovere una modifica della disciplina dei contratti sulla base di relazioni di causa ed effetto che non hanno trovato adeguati riscontri nella letteratura scientifica di questi anni. «Per non parlare dell’idea bizzarra, da lui evocata, secondo cui la normativa sul lavoro dovrebbe variare in funzione delle fasi di espansione o recessione della produzione: una sorta di legislazione à la carte, da modificare ogni volta in funzione della congiuntura».
Se così fosse, conclude Brancaccio, ci troveremmo al cospetto dell’ennesimo colpo sparato su una disciplina dei contratti di lavoro ormai ridotta a colabrodo, che da un punto di vista economico finirebbe al limite per accrescere l’instabilità dell’occupazione e del monte salari, e potrebbe persino arrivare a deprimere i loro già disastrosi andamenti medi. Niente di strano: Letta è allievo di Beniamino Andreatta, lo stratega della grande privatizzazione italiana avviata col distacco della Banca d’Italia dal Tesoro, che ha avviato la crisi finanziaria dello Stato e quindi la tragedia della disoccupazione, con il crollo delle tutele, proprio mentre la globalizzazione spingeva le aziende a delocalizzare gli stabilimenti nei paesi poveri. La corsa scellerata all’export caldeggiata dagli economisti mainstream è un vero suicidio, dice Barnard: semplicemente, gli operai italiani ed europei non possono reggere la concorrenza. Unica soluzione: la piena occupazione interna finanziata dallo Stato, secondo il piano messo a punto dalla Me-Mmt, Vijay Prashadla Modern Money Theory di Warren Mosler, fondata proprio sulla sovranità monetaria dello Stato democratico.
L’alternativa? Non esiste. Tra noi e il Bangladesh le differenze si stanno assottigliando, giorno per giorno. E dopo due secoli di democrazia, si possono rileggere come minaccia diretta – a tutti noi – le profetiche parole che Marx affida al decimo capitolo de “Il capitale”, evocate da Vijay Prashad. «Nel suo smisurato e cieco impulso, nella sua voracità da lupo mannaro di plusvalore», il capitale «scavalca non soltanto i limiti massimi morali della giornata lavorativa, ma anche quelli puramente fisici. Usurpa il tempo necessario per la crescita, lo sviluppo e la sana conservazione del corpo. Ruba il tempo che è indispensabile per consumare aria libera e luce solare». La globalizzazione del XXI secolo, osserva Prashad, è esattamente l’incubo delle fabbriche inglesi dell’800. E’ il mostro che «riduce il sonno» e porta l’organismo umano all’esaurimento. E’ il despota che «lesina sul tempo dei pasti e lo incorpora, dove è possibile, nel processo produttivo stesso, cosicché al lavoratore viene dato il cibo come a un puro e semplice mezzo di produzione, come si dà carbone alla caldaia a vapore». Per fortuna, nel 2013, quel che resta degli eredi dei partiti un tempo marxisti oggi raccomandano «un pochino meno di rigidità».

Il sapere ci può salvare, per questo tagliano la cultura


Il sapere ci può salvare, per questo tagliano la cultura


Apprendo con il grande senso di nausea che accompagna, ormai, la lettura dei giornali mattutini, che l’Italia perderà lo spazio espositivo, presso il campo di concentramento nazista di Auschwitz, già chiuso da due anni perché mal curato, vecchio, illeggibile e fuori contesto.  Il giorno dopo il 25 Aprile, la notizia appare ancor più nauseabonda, ma in fondo, davvero ci si potrebbe aspettare qualcosa di diverso da questo paese votato all’autodistruzione? Il non attendersi altro è forse già il segno della fine, ma come non essere intellettualmente onesti? Il presidente dell’Aned, ex deportato, fa sapere che nulla potrà essere fatto in mancanza delle sovvenzioni dello Stato italiano. E questa ormai sembra la risposta preconfezionata a qualunque domanda, un po’ come quelle che ricevi dal risponditore automatico di e-mail.
Lo Stato non finanzia la cultura. Lo Stato non finanzia il sapere, e tantomeno gli incentivi alla civilizzazione del popolo. È uno dei pochi “tagli” scientifici Auschwitz, bambiniapportati negli ultimi nefasti anni di decadimento. Non facciamo finta che il problema sarà affrontato con la decenza che merita, semplicemente verrà sepolto da tutte le altre notizie più idonee a tener alto il morale degli italioti. L’Italia è l’unico paese europeo che ha tagliato la cultura, essendo proprietario di un immenso patrimonio culturale, che avrebbe potuto concorrere a risanare la carestia dovuta al ladrocinio capitalista radicalizzato dalle mafie al potere. Di qualche tempo fa la notizia dei “guadagni” del Louvre, che solo quelli superavano di gran lunga gli introiti annuali di “tutti” i musei pubblici italiani; notizia che non ha fatto inorridire, e non ha mosso a Rivoluzione (notoriamente i musei son pieni di vecchiume).
L’Italia è il paese che ha cancellato l’insegnamento della musica dalle scuole pubbliche, mentre in Venezuela con la musica si sono salvati i bambini di strada (ma Chávez era un dittatore). E in Italia chiudono i conservatori, i teatri, le biblioteche e le librerie (tanto i libri si vendono anche al supermercato). In Italia c’è gente delle istituzioni che, levato l’elmetto cornuto dalla testa e ripristinate così le sinapsi, si chiede: «Perché mai regalare soldi a Pompei, per quel cumulo di pietre?». E si potrebbe allungare la lista delle brutture, e dell’abbrutimento arrecato dalla devastazione del nostro patrimonio culturale e dell’abolizione del sapere, fino ad arrivare ai Rita Panigiorni nostri, quello del nuovo che avanza, e dell’imperativo assoluto: non sprecare.
Così che, in Toscana, salta su l’ultimo arrivato, il probo, che propone di tagliare lo spreco: niente più finanziamenti per “i viaggi della memoria” ad Auschwitz, appunto, per i ragazzi delle scuola; ma per fortuna la richiesta è restata inascoltata. Quindi, oltre la nausea, nessuno stupore. Se così non fosse stato, se il decadimento culturale non fosse una sorta di arma di distruzione di massa, certa feccia ce la saremo tolta di torno molto tempo fa. Sarebbero rimasti al chiuso delle loro fogne, e non sarebbero tornati mai in superficie. E nemmeno possiamo incoraggiarci a riprendercela, la cultura, perché questo sì, non ce lo faranno mai fare. Questo sì, potrebbe essere pericoloso. Sapere, studiare, conoscere, potrebbe anche salvarci la vita.

Lupi farà la guardia ai cantieri Tav, alla faccia della crisi


Lupi farà la guardia ai cantieri Tav, alla faccia della crisi


Il superministero di Corrado Passera non c’è più. Forse per esigenze di spartizione, forse per presa d’atto dei fallimentari risultati del banchiere prestato alla politica, Enrico Letta torna all’antico, separando sviluppo economico da infrastrutture e trasporti. Sul primo spezzone chiama il sindaco di Padova, Flavio Zanonato, bersaniano per fedepolitica e anche per riconosciuto pragmatismo. Sul secondo lascia accomodare Maurizio Lupi, 53 anni, uomo di Cl, da sempre vicinissimo a Roberto Formigoni e alla Compagnia delle Opere. La nomina di Lupi caratterizza il governo Letta in modo netto: chiude la strada a ogni ripensamento sulla politica delle grandi opere. L’ex assessore milanese è sempre stato schieratissimo in favore di ogni iniziativa che abbia un significativo contenuto di cemento. Il Tav prima di tutto, ma anche il ponte sullo Stretto di Messina, il Mose di Venezia, strade e autostrade e via elencando.
I critici della nuova ferrovia alta velocità della val di Susa sono considerati da Lupi «un’Italia del no che non si rassegna e continua a lavorare contro il Maurizio Lupibene del paese», come disse nel giugno del 2011 dichiarandosi solidale con le forze dell’ordine «impegnate in queste ore a fermare una guerriglia inutile e dannosa». Invece i critici del ponte sullo Stretto sono classificati dall’amico di Formigoni come «la sinistra dei no che bloccherà il paese annullando tutti i passi avanti che abbiamo fatto in questi anni», come spiegò nel 2006 all’insediamento del governo Prodi. Lupi sarà adesso impegnato in spettacolari derby con i suoi colleghi di governo. Al ministero dell’ambiente il tecnico Corrado Clini lascia in eredità al “giovane turco” Pd Andrea Orlando le delibere già pronte della commissione Via (impatto ambientale) che dovrebbero mettere la pietra tombale sul Ponte. Riuscirà Lupi a far riaprire la pratica in nome del sogno berlusconiano di indebitarci per generazioni per unire (ammesso che il progetto regga) Scilla e Cariddi?
Ancora più interessante è il derby che si profila con Zanonato. Il sindaco di Padova, 62 anni, è quello che si dice un vecchio comunista. La sera del 7 giugno 1984 era, giovane segretario provinciale del partito, a fianco di Enrico Berlinguer in piazza delle Erbe, quando il leader del Pci al termine del comizio fu colpito dal malore che gli risultò fatale. La sua carriera politica è legata quasi completamente alla città, salvo una parentesi a Roma, come responsabile dell’immigrazione, nei Ds guidati da Piero Fassino. È sindaco dal 2004, ma lo è già stato dal 1993 al 1999. Zanonato è uno degli uomini forti dell’Anci, l’associazione dei Comuni, che entra al governo anche con il suo presidente, il sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio. E negli ultimi Zanonatomesi il pragmatismo bersaniano di Zanonato si è ben sposato con la battaglia degli enti locali contro il miope rigorismo del governo Monti.
Due le rivendicazioni principali: lasciare ai Comuni il gettito Imu, del tutto o in parte, e allentare il patto di stabilità interno per consentire almeno a chi può di fare qualche investimento che faccia girare l’economia locale. Zanonato ha fatto la campagna elettorale sulla linea di Bersani: basta con le grandi opere inutili e costose, sono le piccole manutenzioni urbane che fanno girare l’economia e creano posti di lavoro. Mentre il ministero unico di Corrado Passera è stato del tutto consacrato a buttare altri miliardi nelle grandi opere (Torino-Lione e Terzo valico soprattutto), con i due ministeri distinti sarà subito duello tra il ciellino e il bersaniano su come usare le poche risorse disponibili: per far ripartire l’economia o per accontentare grandi imprese di costruzioni? Arbitreranno l’incontro Enrico Letta e, naturalmente, Giorgio Napolitano.

Accoltellata e uccisa giovane a Ostia


Accoltellata e uccisa giovane a Ostia

Trentenne trovata a terra nel sangue accanto al suo scooter



(ANSA) - ROMA, 3 MAG - Omicidio a Roma nella tarda serata di ieri. Una giovane romana di 30 anni e' stata accoltellata in strada a Ostia, sul litorale romano. La vittima e' stata trovata nel sangue a fianco del suo scooter in via Riserva del Pantano, a Dragona, ed e' morta poco dopo il trasporto all'ospedale Grassi di Ostia. Inizialmente si era pensato ad un incidente, ma i soccorsi giunti sul posto hanno poi rilevato le ferite da accoltellamento

Spread btp-bund apre sotto 260 punti rendimento al 3,75%


Spread btp-bund apre sotto 260 punti

rendimento al 3,75%



(ANSA) - ROMA, 3 MAG - Il differenziale tra il Btp e il Bund tedesco a 10 anni si mantiene stabile sui valori della chiusura di ieri (259 punti) a 258,6 punti con un rendimento al 3,75%.

Tenta omicidio nel vibonese,c'e'un video


Tenta omicidio nel vibonese,c'e'un video

Arrestato dai carabinieri, e' fratello assassino Nicholas Green


(ANSA) - VIBO VALENTIA, 3 MAG - I carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia, coadiuvati da quelli di Monza, hanno arrestato a Biassono (Monza) Fortunato Mesiano, 39 anni, per il tentato omicidio di Michele Tavella, avvenuto nel dicembre scorso a Mileto. Fortunato Mesiano e' fratello di Francesco, condannato in via definitiva a 20 anni di reclusione per l'omicidio del bambino americano Nicholas Green, ucciso sull'autostrada A3 nel settembre del 1994; e' stato ripreso da una telecamera mentre sparava.


Muore a 26 anni mentre ripara treno


Muore a 26 anni mentre ripara treno

E' successo in un'officina del Beneventano



(ANSA) - BENEVENTO, 2 MAG - L'operaio Alfonso Iannucci, di 26 anni di Sant'Agata dei Goti (Benevento), e' morto in un incidente sul lavoro avvenuto in serata a Limatola (Benevento), nell'officina Fermeccanica Sud, specializzata nella riparazione e manutenzione di vagoni e locomotori ferroviari.

L'operaio - secondo gli accertamenti dei Carabinieri - e' stato colpito alla schiena da un grosso componente di ferro di un mezzo ferroviario al quale stava lavorando. La Procura di Benevento ha disposto l'autopsia.