venerdì 13 febbraio 2015

Varoufakis, puoi salvare la Grecia: impara da Miles Davis

Varoufakis, puoi salvare la Grecia: impara da Miles Davis


Cosa fai quando una gabbia costruita in decenni e considerata sacra, intoccabile, ti inizia a soffocare? Cosa fai? E’ il 1959, New York City. Lui, lui e poteva essere solo lui, Miles Davis, si sveglia quasi senza più respiro, fradicio di sudore. Rimane seduto al margine del letto per mezz’ora e capisce: «Just make it sound like it’s floating», sono le parole che gli sfilano davanti agli occhi, cioè “suonalo come se galleggiasse”, il jazz, questo mostro sacro divenuto una prigione di accordi, sessioni, ritmi chiamati Bibop. No, basta, basta per Dio! “Suonalo come se galleggiasse”, nessuno mai prima aveva pensato a suonare il jazz in quei termini. Poco dopo Miles raccoglie cinque musicisti nel suo studio a Old Church della 30st, sotto l’Empire State Building. C’è, fra loro, John Coltrane, una divinità del jazz, e un altro mito, Jimmy Cobb, batterista. Sono tutti ignari di cosa accadrà quella mattina. E quel giorno verrà registrato il più celebre disco di jazz dellastoria. Ma come! Come! è il punto che ci interessa qui. Miles arriva con dei fogli… uno spartito? No, appunti. E la musica dov’è? C’è silenzio, quasi si sente in bruciacchìo dei tiri alle sigarette.
Ricorda Jimmy Cobb, unico superstite di quell’evento: «La cosa che sentivamo era nessuna pressione. Ci si guardava in faccia, Miles ci guardava. Bè, sai, quello era un gruppo di musicisti che… gli potevi tirare qualsiasi cosa e uscivano note… qual’era il Miles Davisproblema?». E infatti quando Miles Davis gli parlò, fece proprio questo, gli tirò una qualsiasi cosa, e quella cosa fu proprio: «Just make it sound like it’s floating». Null’altro. Non c’erano spartiti. Ne uscì un’invenzione dopo l’altra, e a ogni curva, a ogni sguardo fra loro, un colossale pezzo di jazz saltava in aria, calcinacci da dimenticare, finché l’album che ne usci, “Kind of Blue”, non ebbe trasformato il jazz per sempre. Demolito, e ritornato in vita in una giornata. New York City, 1959.
Yanis Varoufakis, non è scopiazzando le note ingabbiate di Galbraith o, peggio, di Lazard, che salverai la Grecia. Devi inventarti qualcosa ad ogni angolo, devi “Just make it sound like it’s floating”, far galleggiare idee incredibili, inaudite, senza gli spartiti dei Trattati e della paura. E il tuo Miles Davis oggi si chiama Warren Mosler. Io l’ho visto al Ministero del Tesoro a Roma appiattire al muro gli ‘esperti’ italiani “just like everythig was floating”, come se tutto stesse galleggiando. Quei poveretti non sapevano dove aggrapparsi. Cambiare la storia, Yanis, richiede questo. Poveri greci. Yes, “Kind of Blue”, e Blue in americano significa anche triste, mesto, come il loro destino. Chiama Mosler, Yanis. “Just make it sound like it’s floating”.


Delocalizzazioni e bugie: e gli americani han perso il lavoro

Delocalizzazioni e bugie: e gli americani han perso il lavoro


In America il saccheggio non si basa sull’indebitamento perché il dollaro è la valuta di riserva e gli Stati Uniti possono stampare tutto il denaro necessario per pagare i conti e riscattare il debito: in America il depredamento è stato fatto attraverso l’offshoring, cioè la delocalizzazione del lavoro. Grandi aziende americane hanno scoperto − e se non l’avessero fatto sarebbero state invitate da Wall Street a trasferire fuori i conti o a essere rilevate − che avrebbero potuto aumentare i profitti spostando all’estero le loro attività di produzione. Il minor costo del lavoro ha determinato maggiori profitti, valori delle azioni più elevati, enormi bonus manageriali basati su “prestazioni”, guadagni in conto capitale per gli azionisti. Negli Stati Uniti l’offshoring ha notevolmente aumentato la disparità nel reddito e nella ricchezza: il capitale è riuscito a depredare il lavoro. Laddove fossero in grado di trovare lavori sostitutivi, i ben pagati operai manifatturieri che hanno perso il posto lavorerebbero part-time a salario minimo da Walmart e Home Depot.
Economisti − ammesso che siano degni di essere chiamati così − come Michael Porter e Matthew Slaughter hanno promesso agli americani che l’immaginaria “new economy” avrebbe prodotto posti di lavoro migliori, con stipendi più alti e più puliti dei Usa, disoccupatilavori dalle “unghie sporche” che fortunatamente le nostre aziende stavano delocalizzando. Come ho definitivamente dimostrato, dopo anni non vi è alcuna traccia di questi posti di lavoro “new economy”. Ciò che abbiamo è invece un forte calo del tasso di partecipazione della forza lavoro, come i disoccupati che non riescono a ricollocarsi. Gli impieghi sostitutivi dei posti in fabbrica sono principalmente lavori part-time per servizi domestici, e la gente deve mantenere due o tre di questi lavori per sbarcare il lunario. Ora che questo fatto − che i polemici ci credano o no − si è dimostrato del tutto vero, gli stessi prezzolati portavoce di chi ha rubato il lavoro e di chi ha distrutto i sindacati sostengono, senza uno straccio di prova, che i posti di lavoro delocalizzati stanno tornando a casa.
Secondo questi propagandisti, ora abbiamo quello che viene chiamato “reshoring”, rimpatrio della produzione. Un propagandista del rimpatrio della produzione dichiara che la crescita di “reshoring” nel corso degli ultimi quattro anni è del 1.775%, un aumento pari a 18 volte. Non vi è alcuna traccia di questi presunti posti di lavoro rimpatriati nelle statistiche mensili Bls (“Bank Lending Survey”, indagine sul credito bancario) sugli impieghi regolarmente retribuiti. Il “reshoring” è solo propaganda per compensare la constatazione tardiva che gli accordi di “libero scambio” e delocalizzazione del lavoro non erano vantaggiosi per l’economia americana né per la sua forza lavoro, ma lo erano solo per i super-ricchi. Come è capitato alle persone nel corso della storia, gli americani sono diventati servi e schiavi perché gli sciocchi credono alle bugie che gli si dà in pasto. Si siedono davanti a “Fox News”, “Cnn” e roba del genere, leggono il “New York Times”. Se volete imparare come gli americani sono serviti male dai cosiddetti mezzi d’informazione, leggete “Storia del popolo americano dal 1492 ad oggi” (1980, Oliver Stone2003) dello storico Howard Zinn e guardate la serie di documentari “The Untold History of the United States” (2012) di Oliver Stone e Peter Kuznick.
media aiutano il governo, e gli interessi privati che traggono profitto controllando il governo controllano il lavaggio pubblico del cervello. Dobbiamo invadere l’Afghanistan perché una fazione che lotta per il controllo politico del paese protegge Osama bin Laden, che gli Stati Uniti accusano senza alcuna prova di infastidire i potenti Stati Uniti con l’attacco dell’11 Settembre. Dobbiamo invadere l’Iraq perché Saddam ha “armi di distruzione di massa”, che ha sicuramente nonostante le relazioni contrarie da parte degli ispettori dell’Onu. Dobbiamo rovesciare Gheddafi a causa di una lista di menzogne che è meglio dimenticare. Dobbiamo rovesciare Assad perché ha usato armi chimiche, anche se tutte le prove dicono il contrario. È la Russia la responsabile dei problemi in Ucraina: non perché gli Stati Uniti hanno rovesciato il governo democraticamente eletto ma perché la Russia ha accettato il 97,6% dei voti del referendum per il ricongiungimento della Crimea alla Russia, della quale era stata provincia per centinaia d’anni prima che un leader sovietico ucraino Krusciov unisse la Crimea all’Ucraina, allora parteCraig Robertsdell’Urss insieme alla Russia.
Guerraguerraguerra: questo è tutto ciò che Washington vuole. Arricchisce il connubio esercito/sicurezza, la voce più importante del Pil americano e il maggior contribuente, insieme con Wall Street e la lobby israeliana, delle campagne politiche Usa. Chiunque o qualsiasi organizzazione che opponga la verità alle menzogne è demonizzato. La settimana scorsa il nuovo capo della “Broadcasting Board of Governors” (Bbg, l’agenzia governativa indipendente responsabile per tutti i mezzi di comunicazione non militari), Andrew Lack, ha indicato il servizio Internet-Tv russo “Russia Today” come l’equivalente di Boko Haram e dei gruppi terroristici dell’Isis. Quest’accusa assurda è un preludio alla chiusura di “Rt” negli Stati Uniti proprio mentre il governo britannico, fantoccio di Washington, ha chiuso la rete televisiva iraniana “Press Tv”. In altre parole, gli anglo-americani non consentono notizie diverse da quelle che sono state loro servite dai “loro” governi. Questo è lo stato della “libertà” oggi in Occidente.