venerdì 27 febbraio 2015

Bersani: «All’incontro non vado, il Jobs act incostituzionale»

Bersani: «All’incontro non vado, 
il Jobs act incostituzionale»

L’ex segretario Pd attacca il premier e sull’incontro di venerdì spiega: «Non ci penso proprio ad andarci, che gli organismi dirigenti diventino figuranti di un film non ci sto»



 Non andrà all’incontro con i parlamentari Pd convocato da Renzi per venerdì, e annuncia che se il disegno di legge Boschi sulle riforme costituzionali non voterà la legge elettorale. L’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani attacca a muso duro il presidente del Consiglio, in un’intervista che uscirà venerdì su Avvenire, e lo fa alla vigilia dell’incontro che proprio il premier aveva convocato per vedere i suoi, un incontro al quale non parteciperà. «Non ci penso proprio. Perché io m’inchino alle esigenze della comunicazione, ma che gli organismi dirigenti debbano diventare figuranti di un film non ci sto», sottolinea l’ex leader dei democratici. Lanciando anche un secco avvertimento al premier Matteo Renzi su Italicum e riforma costituzionale: «Il combinato disposto» tra i due testi «rompe l’equilibrio democratico. Se la riforma della Costituzione va avanti così io non accetterò mai di votare la legge elettorale». Durissimo anche sul Jobs act, che «mette il lavoratore in un rapporto di forze pre-anni ‘70» e perciò si pone «fuori dall’ordinamento costituzionale».

La replica di Renzi: «Sono stupito»

Matteo Renzi ha diffuso una nota in cui si dice stupito per la posizione di Bersani e le critiche di diversi esponenti della minoranza dem, che non hanno apprezzato l’iniziativa. «Non capisco la polemica di queste ore sulle riunioni di venerdì al Pd», ha detto Renzi, «noi siamo per il confronto, sempre» e «stupisce che vi sia chi in questo momento gioca la carta della polemica interna». «Nessuno ha la verità in tasca» ha aggiunto Renzi nella sua replica, «e nessuno vuole ricominciare con “i caminetti ristretti” vecchia maniera: meglio un dialogo aperto, senza che nessuno si senta escluso».

«E’ ora di fare le cose seriamente»

La scelta di Bersani era nell’aria. Solo mercoledì, rispondendo ai cronisti a proposito della riunione dei parlamentari convocata da Renzi per venerdì, aveva spiegato: «Siamo al limite, è ora di fare le cose seriamente», sottolineando le regole del gioco secondo cui «i gruppi li convocano i capogruppo, stabiliscono gli odg e invitano il segretario». «Non c’entra il Pd, non c’entrano i bersaniani o i renziani, c’entra il tema di come concepiamo la democrazia e il rapporto tra governo e Parlamento», aveva detto l’ex segretario Dem. Che già in passato aveva lanciato stoccate a Renzi e al suo governo. In una lunga intervista a Che tempo che fa, dopo l’elezione di Mattarella a capo dello Stato, aveva parlato del premier definendolo «non spregiudicato, ma molto agile: ha delle grandissime qualità e anche il tempo giusto per migliorare ancora perché è giovane». E aveva anche avanzato le sue perplessità per le riforme: «Non c’è problema a fare le riforme, il problema è: le stiamo facendo per bene?». E, poi, un avviso al partito, che deve essere «radicalmente riformista al servizio del paese» e unire le «buone culture che ci sono dentro di noi».

La sinistra Dem pronta a disertare

Intanto il Pd Alfredo D’attorre fa sapere che Bersani non sarà l’unico a disertare la riunione di venerdì: anche lui e Gianni Cuperlo non andranno. «Non ci siamo mai sottratti al confronto né ci sottrarremo ad ogni convocazione vera, ma questo modo di comprimere in un’ora la discussione su problemi importanti dell’agenda politica parlamentare viene vissuto da molti come una presa in giro», ha spiegato D’Attorre sottolineando la fine prematura del Metodo Mattarella: «Purtroppo allo stato il metodo Mattarella si sta rivelando una parentesi che si è chiusa rapidamente».